domenica 21 febbraio 2010

Chi conosce i Regni sardi? Durarono quanto oggi gli Usa

di Francesco Cesare Casula

Caro Gianfranco,
sei «... il prodigio che schiude la divina indifferenza», ovverosia sei l'unico "attivo" che ha capito l'inghippo implicitamente politico, sociale ed economico del “Grande Inganno” a danno di noi Sardi, e che ti sforzi, come me, di farlo entrare nella testa del nostro popolo sviato, comprensibilmente, da problemi contingenti di disoccupazione e lavoro.
Come mi sembra che tu stesso hai notato, gli intellettuali nostri conterranei, punta di diamante della nostra società, più che del “Grande Inganno”, preferiscono disquisire su temi scientifici di epoche lontane, esaltando una Sardegna antica, mitica, libera, felice. Parlano di Atlantide, di scrittura nuragica, di rivolte antiromane (sebbene Ampsicora fosse un cartaginese!)... Tutte cose belle, che mi guardo bene dal confutare (sono anch’io un accademico che si pasce di “epatte”, “numeri aurei”, cicli indizionali e scritture caroline e gotiche che mi fanno sentire colto e intelligente); ma l'accanimento e la coralità con cui sono vissute dagli intellettuali e dalla gente comune che segue questi antichisti mi fanno pensare che vivere troppo nel passato sia una vera e propria trappola perché ci trattiene in una realtà che non ci appartiene più, impedendoci di vedere quegli aspetti che ci legano al presente (Bacone diceva: «il sapere sta più nel presente che nel passato e più nel futuro che nel presente»). Pensa che uno dei miei Maestri più stimati, Giovanni Lilliu, in versione onirica ha inventato per l’epoche lontane un’età dell’oro sarda chiamata “civiltà nuragica”, dove tutto era armonioso e pacifico, mentre il resto sarebbe tutta una dolorosa “costante resistenziale sarda” fino alla “cacciata dei piemontesi” nel 1794 ed oltre.

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22 commenti:

Mauro Peppino Zedda ha detto...

Francesco Cesare Casula write: "Chi è il sardo che conosce i regni giudicali che pure durarono quanto la storia intera dell’America, con ciascuno un’organizzazione e una cultura che non trova l’eguale nell’Europa coeva (e te lo dice uno che ha sulle spalle cinquant’anni di studi storici comparati)?"
Bene professore su questo sono d'accordo, non concordo sul fatto che secondo lei i nuraghi sarebbero delle fortezze! Oltre a leggere Lilliu dia ascolto sulla funzione dei nuraghi anche a quanto scritto da Massimo Pittau o dal Generale Alberto de La Marmora (che di cose militari se ne intendeva un pochino più di lei), sull'argomento della funzione dei nuraghi e dei contenuti della società nuragica le consiglio la lettura de Archeologia del Paesaggio Nuragico. sarebbe gradita una sua critica.
Vi è un capitolo il 20° (il residuale nuragico nella Sardegna tradizionale) dove quanto da lei scritto sul periodo giudicale ben si armonizza con l'antico retaggio del periodo nuragico.
Tra le altre cose nel libro si mette in luce come la teoria del nuraghe fortezza fu proposta dal fascista Antonio Taramelli con lo scopo di gasare psicologicamente i sardi! Per renderli più abili alle necessità dell'imperialismo dello stato italiano.

Mauro Peppino Zedda

francu ha detto...

Prtof. Casula, il suo modo diretto di esporre i concetti mi intriga, perché non è uno che si lascia dietro una porta aperta per una ritirata strategica.
Stavo per intervenire sul commento nel precedente post di Gianfranco, in cui io per primo avevo detto che m'interessava più il presente e il futuro, che le recriminazioni sul passato. Lei ha scritto appunto che "ci vorrebbe un Bossi".
Vede quanto siamo d'accordo?
Mi è sembrato però che abbia le idee poco chiare sulla "civiltà" dei nuraghi, dicendo che forse neppure di "civiltà" si sia trattato. E pone dei numeri a correre. Vede, questi numeri, i rapporti fra di essi già mi avevano tolto il sonno un'altra volta. Se lei pensa, come pare che sia, che per ogni nuraghe ci fossero 10 individui (ma qualcuno dice solamente cinque); se lei li pensa anche sempre "a tirria" l'uno con l'altro; si è chiesto dove abbiano trovato il tempo di costruirli questi nuraghi? O chiamarono maestranze forestiere?
Vede che i conti non tornano?
Si comprende che per costruire un nuraghe medio ci sia voluto il lavoro e lo sforzo collettivo di svariate centinaia di uomini per anni interi. Quindi, di tanto in tanto posavano le armi questi nuracini, che dice?
Quanto alla storia dei Giudicati, anzi dei Regni sardi, sono sempre d'accordo con lei. Pensi che mi sono lanciato a dire, e a scrivere più volte, che la "Carta de Logu" viene prima ed è qualcosa di più, quasi una vera costituzione, della molto più famosa "Magna Charta" che era solo un accordo tra il re e i vari lord, mentre il popolo non era neppure previsto.
Magari mi sbaglio, ma fino a che nessuno mi corregge, vado avanti così.
Lei dirà che sono in pochi a impicciarsi di questo segmento della nostra storia e dunque semino su terreno vergine...

Anonimo ha detto...

Tralasciando la questione dei nuraghi fortezze - sulla quale ovviamente non concordo ma non è il punto in questione - mi unisco tuttavia al richiamo del Professor Casula, che ritengo doveroso (e sono un archeologo preistorico ci tengo a sottolinearlo).

Penso che i Sardi oggi abbiano troppa poca voglia di informarsi sulla loro storia più recente, pochi la conoscono e questo, naturalmente, non fa che giovare alla placida accettazione dello status quo e di una grande mistificazione culturale.

Ma quello che noi siamo oggi è qualcosa che nasce proprio in quelle vicende - medievali e postmedievali - che tutti dovrebbero conoscere, per alcune delle quali indignarsi, per alcune delle quali essere fieri.

L'interesse per l'antichità e soprattutto la preistoria nuragica della Sardegna è relativo soprattutto - ultimamente - a chi promette grandi scenari di vittoria, epiche gesta panmediterranee, tutte cose che ovviamente non si possono fare con la storia scritta e ben documentata perché nessuno può prendersi l'autorità - come invece accade per il passato preistorico - dello specialista Storico.

E le nostre classi dirigenti naturalmente non fanno che incoraggiare questo attegiamento, se non fare di peggio.
Esempio macroscopico: è stata rifatta ultimamente la piazza roma ad Oristano, ebbene al centro della piazza l'unica cosa che si è pensato di mettere a commemorare un evento - e ce ne sarebbero! - o a fungere da insegnamento, da invito culturale all'approfondimento che so, è stato uno sgorbio marmoreo che indica la data della venuta del papa!!! Una cosa di cui vergognarsi profondamente e che dovrebbe farci riflettere.

La Storia è vero non dovrebbe essere una età dell'oro a cui è piacevole pensare; per quello è meglio leggersi Passavamo sulla terra leggeri di Sergio Atzeni, e non pensando che sta parlando di archeologia ma pensando che parla col cuore di un sardo che sente la sua terra e la sua anima e basta, non c'è bisogno di altro.
La Storia deve farci capire, insegnarci, farci riflettere e rimboccare le maniche.

Daniele Addis ha detto...

I regni sardi? Li conoscono in pochi. Se io un minimo li conosco devo ringraziare il Prof. Casula e il suo "La Storia di Sardegna" che mi son fatto come regalo durante le scorse vacanze di natale.
Da poco, sul forum di Alguer.it, stavo parlando con una persona che sosteneva che la Sardegna fosse stata per 300 anni un possedimento pisano... in pratica i giudicati erano solo delle provincie pisane per lui.
Ci ho parlato (avrò anche commesso qualche errore, non avevo il libro sotto mano quando rispondevo) e gli ho illustrato un pochino di storia (molto a grandi linee) dei regni giudicali.
È stato un dialogo a due, ma mi sono reso conto che in molti ci hanno seguito con attenzione tanto che, quando praticamente non avevamo più nulla da dirci, ci hanno invitato a continuare.
Visto questo interesse chiedo il permesso di citare questo e gli altri brani pubblicati dal prof. Casula su questo blog (ovviamente con tanto di link).

Infine concordo pienamente con quanto detto da Castangia, ossia che la storia non deve essere un'età dell'oro sulla quale costruire un nazionalismo popolare, ma purtroppo in Sardegna è diventata, al contrario, un qualcosa a cui ci si attacca per giustificare la rassegnazione di essere un popolo dominato e controllato da altri... il fatto è ce quello a cui ci si attacca è falso (Sardegna pisana ad esempio).

Saluti

Alessandro. ha detto...

Rileggendo queste righe ho avuto uno shock notevole.
Pensavo che simili cose fossero ormai superate.
Che queste idee fossero estinte, che simili concetti fossero ormai ingabbiati in volumi vecchi e polverosi che si tengono sul fondo delle librerie.
Evidentemente perdurano ancora certe bislacche idee, quelle che ci son state propinate fino ad oggi, ne più ne meno...da chi (in teoria) avrebbe dovuto scrivere la storia di un popolo che (ufficialmente) è stato solo bistrattato e sottovalutato.
Alcune frasi mi hanno letteralmente fatto rizzare i capelli in testa:
"rivolte antiromane (sebbene Ampsicora fosse un cartaginese!)..."
Oltre che (molto in generale) tutta la serie di stereotipi e luoghi comuni sui Nuraghi e la civiltà Nuragica.

Anzitutto non capisco quest'ostinazione a definire Amsikora Circonciso, Fenicio, Punico, Semita, anche Levantino o tutto quello che preferite...ma ASSOLUTAMENTE, NON SARDO, PER CARITà!
Vorrei capire perchè ci si ostina a paragonare il nome Ampsicora ad un fiume nord Africano (Amphsiaga), pur di dimostrare che l'origine del nome sia assolutamente esterna alla Sardegna!
Ma dico io: è necessario avere un nome "Sardeggiante", una certa percentuale di SAMBENE, il cognome "giusto" o chissà quali altri attributi per essere definito SARDO?

A scanso di facili fraintendimenti, non penso che Amsikora sia l'eroe dell'ottocento, eroe romantico appunto, mitizzato in alcuni racconti.
Sicuramente aveva FORTI interessi per fare quello che fece.
Ma vorrei capire chi ha l'ardine, la presunzione di poter dire che Amsikora durante la rivolta non fosse animato anche da un genuino sentimento resistenziale contro quella che fu una vera e propria invasione!
Il primo passo per negare l'identità di un popolo è togliergli i propri eroi.
Perchè a quest'eroe, con le sue luci ed ombre, è dedicato solo un vecchio stadio decadente?
Perchè nessuno ha pensato di fargli una statua?

Come per William Wallace, Giovanna D'Arco e via discorrendo...!
Dite ai francesi che Giovanna D'arco aveva possibili parenti inglesi, che la madre fu messa incinta da un longbowman di passaggio...! Vorrei vedere se non s'infiammeranno!

Alessandro. ha detto...

Quanto alla parte Nuragica (ho fallito il mio proposito iniziale di inserire un commento pacato....l'admin mi perdoni) come al solito la "Storia" è falsata dalla visione distorta di chi l'analizza.
JRR Tolkien, scriveva: "ad occhi strabici un sorriso sincero può apparire un ghigno malevolo".
Se si analizza la Civiltà Nuragica con scarsa competenza, pressapochismo e procceddu accompagnato da una o più bottiglie di cannonau (comodamente seduti a tavola), i Nuraghi sembreranno Castelli ciclopici a difesa di valli e fiumi, torri "arcigne e malevole" che si guardano di traverso l'un l'altre.
Se invece si andrà OLTRE tutto ciò, con maggiore apertura mentale e meno pregiudizi, ci si renderà conto che i Nuraghi di fortezze hanno solo l'aspetto esteriore, che le feritoie non sono feritoie, i piombatoi non sono piombatoi, i bastioni non servono a "resistere ai colpi d'ariete" (oddio) o alle catapulte dei romani e che tutte queste panzane colossali, propinateci fino ad oggi, si stanno sciogliendo più in fretta della neve sulla punta dei sette fratelli a gennaio.
L'eguaglianza è sempre stata ovvia!
Nuraghi=fortezze=lotte continue!
Come poteva esistere una civiltà, forte e coesa, con simili presupposti?
Invece molto probabilmente è proprio l'esatto contrario! Forse in Sardegna la civiltà che ha edificato i Nuraghi era prevalentemente pacifica. Innegabile che ci fossero quelle pulsioni violente, spesso irrazzionali, che accompagnano l'uomo da sempre!
Innegabile, certo, ma non PREVALENTE!

L'unico pensiero confortante (per me almeno) è vedere che giovani archeologi, come Mr. Castangia vanno oltre queste FOLE, indagano per conto loro, vedono il mondo con occhi e cervello abituati a ragionare e vedere autonomamente!

Deu gratzias!
Il futuro della Sardegna e dei Sardi è anche nelle loro mani!

daniele ha detto...

Credo che il suo intervento voleva
svegliarci, farci presente che ci sono delle priorità. Sulla storia,
penso che "faire feu de tout bois" come fa il sig. Pintore per servire il suo pragmatismo
d'emergenza, sia la scelta giusta.
Rivendicare tutto quello che ci
appartiene, senza lasciare niente
fuori.

alberto areddu ha detto...

Nell'intervento del Prof.Casula non è chiaro cosa intenda per "trattamento particolare" che l'Italia dovrebbe riconoscere alla Sardegna (in base alle note vicende storico-legali) Riconoscimento in termini economici o di legittimità a una qualche nostrana futuribile separazione?

Per Amsicora:è un non liquet della linguistica paleosarda. Chi (Mastino) ipotizza un'origine africana del nome; altri come Pittau e Zucca una micrasiatica. Quel che posso dire è che suo figlio Hosto o Josto dal punto di vista formale trova attestazioni (che potrebbero esser casuali) in area illirica così come il tardo Hospitone.

cristiano ha detto...

Ma se prima non comprendiamo il nostro passato più "antico", come faremo a comprendere quello più recente (e il perchè siamo in questa attuale situazione finanziaria, politica, economica...???). Questo mancanza di vitalità sarda, non sarà forse colpa un pò di 'maestri' troppo frettolosi nell'accodarsi a vie facili perchè già battute da altri più anziani 'maestri'. Se la storia della Sardegna, la nostra storia è falsata fin dall'inizio, poggiata su fondamenta e presuposti fragili perchè non corrispondenti al reale (del tutto o in parte), come facciamo a costruirci sopra un edificio stabile, ben accurato.
Caro Prof. Casula, la storia di Sardegna è tutta importante perchè unica; affermare che i sardo-nuragici non avessero civiltà perchè le varie tribù stavano fra loro in un perenne stato di “guerra guerreggiata”, sarebbe come affermare (a proposito di America) che gli amerindi non avessero 'civiltà' perchè anch'essi (a volte in maniera autonoma, a volte perchè 'strumentalizzati' da altri venuti dal 'vecchio mondo') combattevano spesso fra loro.
Con simpatia
Cristiano

ps.: La Storia si studia e basta; la stessa critica che Lei propone verso coloro che appassionatamente studiano un periodo della storia-preistoria sarda poco conosciuta, perchè a volte travisata , potrebbe essere rivolta anche verso di Lei. Certo non da me poiché come Ulisse cerco la conoscenza (a differenza del figlio di Laerte, acquistando di tanto in tanto qualche testo interessante). La strumentalizzazione dei fatti, la rassicuro, non interessa, né me né altri.
Saluti

zuannefrantziscu ha detto...

Caro Gianfranco, vuoi inserire tu questo mio commento? Grazie
Francesco Cesare Casula

Mi sembra che l'unico, o uno dei pochi, fra quelli che mi hanno letto ed ha capito il mio messaggio (del tutto personale, sia chiaro, perché non sono l’oracolo) sia Daniele: cerco con tutte le forze di sviare il pensiero dei sardi da storie passate, ed improduttive ai fini del presente, per indirizzarli meglio verso una meta di riscatto politico, sociale ed economico valorizzando nella nostra cultura la portante del Regno di Sardegna, anche se ciò vuol dire sacrificare identità, antropologia, insularità e quant'altro sentiamo di più autoctono e profondo.
Ripeto a tutti che il problema è il confronto con l'esterno, che solo le vicende del Regno sardo soddisfano. E' vano tifare per i sardi arborensi nella battaglia di Sanluri e piangere con la loro sconfitta la perdita della nostra autonomia (sic!). Agli effetti politici è più proficuo vantare la vittoria del Regno di Sardegna (sicuramente meno “sardo” di quello d’Arborèa) che però ha permesso allo Stato, che oggi si chiama Repubblica Italiana, d’esistere. E non è poco!
Altro esempio storico, ai fini del confronto esterno: è inutile e deleterio che ci incaponiamo a chiamare “giudicati” i regni di Càlari, Torres, Gallura, Arborèa, e chiamare "giudici" i suoi re. Nessuno al mondo capisce che, da noi, "giudice" vuol dire "re", e tutti sono autorizzati a pensare che in una Sardegna selvaggia e primitiva, occupata da pisani e genovesi nel basso Medioevo, ci fossero dei giudici preposti a giudicare assassini, ladri e grassatori attribuitici in abbondanza. Sicché, se non siamo scemi, è meglio abbandonare per sempre le parole "giudicato" e "giudice" per sostituirle con regno e re (nei documenti dell'epoca compare indipendentemente sia l'uno che l'altro termine, e non forzeremmo niente).
Altrettanto (e non sia considerato banale), è inutile per me incaponirmi a scrivere il mio cognome - Casula - senza accento, pensando che tutti i sardi sanno come pronunciarlo. Se voglio che anche i "continentali" dicano bene il mio cognome devo mettergli l'accento: Casùla, sacrificandolo all'onomastica sarda. Ed è così pure se si vuol far dire bene Macomèr, Paulilàtino, Mògoro ecc., pronunciati dai connazionali: Màcomer, Paulilatìno, Mogòro…
Adesso qualcuno mi dirà che dei "continentali" se ne frega. Benissimo, e loro, fregandosi di noi e delle nostre beghe nuragiche, continueranno a mettercela nel c.....

francu ha detto...

Potremmo fare anche di più, egregio professore, almeno quanto alla linguistica: pronunciare noi stessi Mogòro, Paulilatìno, Càsula, ecc. ecc., giusto per far capire a tutto il mondo chi ha fatto l'Italia.
Perché si capisca una buona volta che noi sardi non ci pieghiamo, ci mettiamo solamente in ginocchio.
Naturalmente con grande dignità.
Sarà questa la nostra "via per Damasco"?

Andrea Brundu ha detto...

Egregio prof.Casùla
Inizio con il dirle che anni fà ho seguito con vivido interesse le sue lezioni,trasmesse da una nota emittente regionale.Le trasmettevano in replica alle ore più tarde e pertanto....
Condivido quello che dice,ma in parte.
Che i Giudici fossero Re è cosa che anche in Sardegna è poco risaputa.
Anche se essi erano dei Re particolari.Infatti,lei saprà certo più di me,che accanto all' investitura divina del monarca (prediligente la linea diretta maschile,e solo secondariamente quella femminile),ve ne era una elettiva,che passava nelle mani dei rappresentanti del popolo riuniti nella Corona de Logu.La concorde volontà di questo organo,era fattore non trascurabile.Pertanto non si tratta di monarchia assoluta,ma essa è riposta maggiormente nei rappresentanti del popolo.
Il Juigue infatti giurava di non cedere alcun territorio del Rennu,ne di stringere alleanze politiche senza il consenso della Corona de Logu.La trasgressione di tale giuramento poteva determinare la perdita di diritto successorio alla famiglia del Juigue e a volte l'uccisione dello stesso sovrano.
Sembra pertanto che la volonta dei rappresentanti del popolo si ponga un gradino sopra(o anche più di uno)alla volontà dello stesso sovrano,che ad essa si deve inchinare.

"Nessuno al mondo capisce che, da noi, "giudice" vuol dire "re", e tutti sono autorizzati a pensare che in una Sardegna selvaggia e primitiva, occupata da pisani e genovesi nel basso Medioevo, ci fossero dei giudici preposti a giudicare assassini, ladri e grassatori attribuitici in abbondanza."

Credo che il popolo ebraico sappia cosa vuol dire Giudice,forse l'unico in tutto il mondo che può comprendere ciò.
I Giudici ebrei erano sovrani in piena regola,e venivano ben distinti dai Giudici Minori,che avevano,quelli si,le caratteristiche dei giudici di oggi.
Certamente,riconosco,che se un sardo di oggi vuole farsi valere per quello che è deve mostrare il suo alto sapere e conoscenza. Questo perchè,per me sapere è potere.In parole povere chi sa può,chi non sa ....
Dimostrare al mondo che si può sviscerare la storia antica è dimostrare di potere,perchè significa mettere il sapere in azione.
Ma il sapere,bisogna possederlo,non di certo inventarselo.
Nessuna parte della storia è più importante di un'altra,ma tutte hanno uguale valore.
Mi conceda che,le parti storiche sconosciute come quella nuragica,sarebbero però,proprio perchè tali,più importanti.Già il fatto che esse devono essere rese note,implica una loro importanza preponderante.
Una volta appurate esse assumono pari importanza rispetto alle altre già note.
Pertanto,ammettendo l'indubbia veridicità di molti suoi argomenti,ritengo che la storia debba avere una linea di continuità,a ritroso.Se detta linea continua non c'è,bisogna capire perchè.Se invece essa c'è bisogna determinarne gli aspetti salienti.
Una storia con aspetti oscuri,e lei questo ce lo insegna non è degna di essere chiamata tale.Questo vale sia per la storia medievale,sia per quella risorgimentale,ma anche per quella più antica,in questo caso nuragica.

Andrea Brundu

p.atzori ha detto...

attendo con ansia di leggere l'ultimo suo lavoro, Prof. Casula senza accento. Noto in queste sue ultime righe un calo notevole di qualità. A me piacciono le sue tesi sulla statualità perché restituiscono dignità ai Sardi. Una grande dignità c'era anche prima del Regnum Sardiniae naturalmente e forse più ancora al tempo nuragico e prenuragico.

Alessandro. ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
p.atzori ha detto...

a proposito di modificare i nostri cognomi con aggiunta di accenti o altro per renderli pronunciabili da parte de sos continentales, io invece stavo pensando di riprendere l'antico Zori presente nei Condaghi. Lei Prof. Casula, non crede che sarebbe carica di significato un'operazione del genere? Mio nonno si chiamava Felle 'e Zori. La A dunque fa parte del'anagrafe italiana. Storia recente. Perchè non dare la giusta profondità anche ai nostri sambenaos?

francu ha detto...

Scusi, prof. Casula, prima ho chiuso in fretta e non sono riuscito ad esprimere per intero quanto penso.
Anche se non vale molto per lei o per altri, naturalmente vale molto per me.
Le ho detto che l'ammiro per il suo modo franco di scrivere, e anche per le provocazioni: non ho cambiato opinione.
Ma quando lei dice che bisogna "indirizzarli meglio verso una meta di riscatto politico, sociale ed economico valorizzando nella nostra cultura la portante del Regno di Sardegna, anche se ciò vuol dire sacrificare identità, antropologia, insularità e quant'altro sentiamo di più autoctono e profondo", sta scherzando?
A parte il fatto che l'insularità c'è e rimane (neanche alla politica di questi tempi è venuto in mente di fare un ponte), devo rinunciare a quanto sento di più profondo per cosa?
Lei non ha avuto tempo di leggere le mie perplessità sulla considerazione aberrante che i Nuracini non facessero altro che rincorrersi con lo spiedo in mano: non c'è una logica in un panorama così concepito.
A volte mi chiedo se gli specialisti (perché lei è uno specialista, da 50 anni studia i Regni sardi, come ha detto), gli specialisti siano come un osservatore che ha solamente una finestra esposta ad ovest: sa tutto dei tramonti, nulla delle aurore, poco o punto dei meriggi. Eppure basterebbe guardare l'ombra portata della propria casa per intuire il percorso dell'intero arco del sole.
Basterebbe osservare le tracce lasciate dai Nuracini per intuirne quanto meno l'importanza, e quanto un sardo comune sia in debito per avervi alimentato il proprio immaginario.
"Per qualche dollaro in più" dovremmo rinunciarci?
Chi vuole, si accomodi. Io resto.

Mauro Peppino Zedda ha detto...

Caro Francesco Cesare Casula,

Lei scrive: “E' vano tifare per i sardi arborensi nella battaglia di Sanluri e piangere con la loro sconfitta la perdita della nostra autonomia. Agli effetti politici è più proficuo vantare la vittoria del Regno di Sardegna”.

Questo e altri suoi commenti mi lasciano assai amareggiato, mi danno l’impressione che lei non sia uno storico che cerca di essere super partes ma che voglia essere di parte.

Ci dice che ci conviene sposare la sua tesi , in quanto.... Ma non si accorge che con questa malsana richiesta la sua teoria perde di efficacia scientifica....

Ma poi, (ripeto una critica che le feci in altro post), non si capisce perchè i sardi dovrebbero andare orgogliosi di un Regno di Sardegna nato nella stanze del Papa a Roma donato al Re di Aragona (in modo da giustificare giuridicamente la conquista dell’Isola).
Come dimenticare che i Sardi combatterono contro quel Re di Sardegna e che in decine di migliaia morirono per la loro libertà di essere sardi.
Poi la corona passo al re d’Aragona e Castiglia e di tutte le Spagne.
Poi venne “conquistata” dagli austriaci che poi la cedettero al Ducato di Savoia e Piemonte, che così potè diventare re (la cui reggia era a Torino).
Poi quel Re di Sardegna (che utilizzava l’isola a mo di colonia) riuscì a conquistare l’intera penisola italiana, cambio dunque il nome del suo regno.

Queste cose egregio professore le conosco da quando andavo alle scuole elementari (e già da allora mi sembrava strano che il regno di Sardegna avesse sede a Torino).

Lei vorrebbe farci credere che i sardi hanno voluto l’unità d’Italia? E aggiunge pure che per i sardi sarebbe utile credere a questa balla e non studiare il resto della storia e preistoria dell’Isola?

Perchè non elegge ad esempio positivo l’opera di Angoi, un’operazione che può fare senza distorcere la realtà storica.

Mi pare proprio di poter dire che se Lilliu ha malamente frainteso i contenuti del mondo nuragico, lei vuole distorcere i contenuti del risorgimento, collocando lo spirito dei sardi di quel tempo in un immaginario che non corrisponde alla realtà.
In pratica le sto dicendo che lei sta proponendo una storia completamente distorta, piegata a quelli che lei pensa siano gli interessi futuri dei sardi.


Cordialmente

Mauro Peppino Zedda

PS Condivido quella frase di Bacone che lei ha citato, e le faccio notare che a studiare le tematiche utili per il nostro presente e il futuro vi sono tantissime discipline (ingegneria, medicina, agraria, biologia, ecc.ecc.) lo studio della storia e della preistoria serve per capire da dove veniamo e per aiutarci a capire chi siamo e dove vogliamo andare, lei mi pare che abbia intenzione di voler farci fraintendere il “da dove veniamo”.

alberto areddu ha detto...

Per il sig. Atzori:

mi è rimasta una curiosità riguardante il nome di suo nonno:

Cosa significa "felle"?

grazie

p.atzori ha detto...

Felle, ghilarzese: Raffaele

francu ha detto...

Mi permetto di fare un'ultima considerazione, così che il Professore possa, se lo ritiene opportuno, rispondere in toto.
Il professore mi pare che ponga a fondamento delle giuste rivendicazioni dei sardi il fatto che l'unificazione dell'Italia sia da considerarsi impresa meritoria per tutti gli italiani.
Pensa che i lombardi e/o i siciliani siano sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda del professore?
Guardi, se davvero pensassero che noi sardi siamo responsabili di quel fatto, ci avrebbero già processato. E condannato di conseguenza.

daniele ha detto...

Un Stato in cui si installa durevolmente un deficit storico
non può più essere governato strategicamente. Questo diceva uno
stratega francese nelle seconda metà del secolo scorso.

L'apporto del prof. Casula può essere inteso come l'offerta di un'arma ai politici sardi.
Questa teoria della statualità
deve "servire" a un fine preciso;
governarci da soli.
I politici che verrano, saprano
di che cosa sono sbarazzati, e in
conseguenza, quali sono i nostri
veri vantagi. Troverano una strada "percorribile"( il diritto)
che ci porti a l'indipendenza.

Omar Onnis ha detto...

Mi permetto di intervenire, diciamo quasi per fatto personale, visto che sono stato nel numero degli studenti che del prof. Casula hanno frequentato i corsi e sostenuto i relativi esami.

Riconosco che senza il suo lavoro oggi molti sardi saprebbero poco della civiltà giudicale.

Tuttavia, la mia stessa formazione storica prima di tutto, oltre alla mia attuale militanza politica, mi impedisce di accettare tanto l'impostazione generale del prof. Casula, quanto le sue conclusioni.

Intanto è inaccettabile qualsiasi ricostruzione storica "a tesi".
Diamo per scontato che non esista una storiografia perfettamente oggettiva e che ogni narrazione, compresa quella storica, abbia un proprio punto di vista. Ammettiamo ovviamente la legittimità di qualsiasi ipotesi di partenza, da verificare, validare o falsificare con lo studio di documenti, testimonianze e riscontri interdisciplinari.
Qui, tuttavia, si postulano tesi del tutto astratte e indimostrate, di natura prettamente politica, e dalla loro assunzione assiomatica si procede all'incontrario, gettando una luce interpretativa artificosa sul passato.

Obiezione metodologica, dunque.

La seconda obiezione è relativa al merito della narrazione del prof. Casula.
Intanto, che uno studioso di lungo cosrso, assiduo frequentatore di archivi, padre di una teoria interpretativa come quella della dottrina delle statualità, arrivi a confondere due concetti e due fattispecie giuridico-istituzionali diverse e per certi versi inconciliabili come autonomia e indipendenza è fatto stupefacente, prima ancora che grave.

I sardi nella battaglia di Sanluri avrebbero perso la loro autonomia?
Ma quando mai!
Questa non è una tesi, non è nemmeno una imprecisione. E' banalmente e semplicemente una falsità. Falsiatà storica e falsità giuridica.

Sostenere poi che, basandoci sulla vicenda istituzionale del Regno di Sardegna (trascurando in nome di questa posizione tanto la vera storia dei sardi, quanto i nostri stessi, faticosissimi, processi di identificazione collettivi), noi possiamo maturare degli strumenti di emancipazione politica, culturale ed economica, mi pare una enormità.

Il succo quale sarebbe? Che dovremmo contrattare con l'Italia la nostra sovranità (limitata, ovviamente, dal patto federativo), in nome di un regno costruito dai catalani sulla sconfitta e sulla sottomissione dei sardi stessi?

E all'Italia quanto farà piacere scoprire ora, in epoca di rievocazioni nazionalistiche, di essere stata fondata in Sardegna dai catalani nel 1324?

Ultimamente ho sentito il prof. Casula proferire le sue sentenze in televisione, in diverse circostanze. Nessuno che si sia preso la briga di contestarne le premesse discutibili e le conclusioni aberranti.
Eppure, a ben guardare, il re è nudo!

Ma del resto, temo che questa narrazione non faccia che rinforzare il sistema egemonico dominante, in un tempo in cui una delle vie d'uscita per ovviare al nostro presente difficile è la rievocazione nientemeno che dei Piani di Rinascita (!).

Spero che il prof. Casula accetti, un giorno di questi, un invito a dibattere pubblicamente le sue tesi, in modo che non passino come verità accertate, ma riacqusiscano se non altro il giusto grado di problematicità.

Grazie per l'ospitalità.

Omar Onnis