Con grande malinconia si legge oggi che il sindaco di San Nicolò d'Arcidano si è messo sa berrita a tortu perché la Provincia di Oristano non ha messo il suo comune fra quelli del "Parco archeologico dei fenici". Il sindaco, Emaunele Cera, che è anche consigliere provinciale a Oristano, a sua giustificazione potrebbe produrre la sua qualità di oppositore al presidente della Provincia: si sa in politica, à la guerre comme à la guerre, tutto è consentito.
Anche lamentare, per contrastare l'avversario, una non riconosciuta fenicità di San Nicolò d'Arcidano per ripicche politiche e, anche, esibire un pedigree fenicio di tutto rispetto: "Quando attorno al 500 a.C. vi furono ondate di quel che restava dei “popoli del mare”, che ormai in via di trasformazione stavano per passare da pirati-conquistatori a coloni-mercanti, specialmente il golfo attuale di Oristano che protetto naturalmente consentendo il nascere di insediamenti più o meno stabili, favorì il sorgere di vere e proprie città quali Othoca, Osea, Tharros e Neapolis".
Continua il nostro (cito da un articolo di oggi di La Nuova): "Il suo territorio più di ogni altro risulta costellato di insediamenti fenico-punico. Sono talmente numerosi che è quasi difficile censirli tutti e possiamo peraltro elencare quelli che a nostro avviso sono tra i più importanti: “Coddu de Serra fogu”, “Erra Pumpusa”, “Serra Arena”, “Serra Prumu”, “Figuradas”, “Bau Iua”, “Fogoni”, “Linnaris”, “S’Arrideli”."
Tutti toponimi, come si vede, di sicura derivazione fenicia. E qui lo scherzo finisce e comincia una riflessione sui guasti che le feniciomania sta continuando a produrre, assortita al progetto di un parco archeologico foriero di chi sa quale improvviso benessere, tanto consistente da permettere la trasformazione del Golfo di Oristano in "Golfo dei fenici". Dei mercanti, ospitati forse a pagamento in alcune città sarde, come Tharros, sono stati trasformati in apportatori di una civiltà superiore da chi ha speso una vita di studi per dimostrare l'indimostrabile e questi studi vuol far fruttare. E' bastato loro far suonare un po' di monete davanti a chi per vocazione culturale è ben disposto all'autocolonialismo o a chi non riflette sufficientemente alle conseguenze di quel che fa, e il gioco è fatto.
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