domenica 14 settembre 2008

Stiglitz, ti sfido a singolar tenzone. Sergio Frau

Più Stiglitz scrive, più ci spiega quel che davvero ne sa, e che fa, più mi convinco che analisi serie sono non solo indispensabili, ma anche urgentissime…
Il rischio?
È grande e reale: il rischio è che nel Sinis si sbanchino via siti unici – che possono far ragionare gli antichisti; che possono dar lavoro a giovani archeologi; che possono attirare visitatori; che possono spiegar davvero la Sardegna – in nome di una finta volontà di conoscenza che, però, sa troppo di narcisismo e di rivalsa verso la vita
Purtroppo, caro Gianfranco, ora – e per un po’ – mi tocca adeguarmi al tono pignolo, da “strana coppia” – ricordi Lemmom & Curtis? Quelli di spaghetti: no,erano linguine! – che il nostro, puntuto e maestrino com’è, sceglie, pur di continuare a darmi contro.
Scrive lui: «…quando si cita un testo lo si fa compiutamente…».
E via con sé stesso, a citarsi per dieci righe, con tanto di bibliografia, ché comunque dà un po’ di tono….
Tu, Maestro di Scrittura, sai però che non è così: quel che della sua lontana citazione era importante far conoscere ai frequentatori del tuo sito che ci leggono era la conferma di una piana alluvionale e palustre (negata e spergiurata, poi, coram populo sulla Nuova, per smentirmi), e gli interramenti di molti nuraghi della zona, non certo i suoi gerundi o l’uso improprio che fa della consecutio temporum…
Né ho mai sostenuto – come deforma lui – che basta un’occhiata per una diagnosi di alluvione marina: tantè vero che chiedo da tempo un check up della zona da parte di un pool di esperti, che cerchi senza condizionamenti e pregiudizi.
Il Tirso dice lui? Ma l’ha mai fatto un passo fuori dal suo Comune, Stiglitz? Non si è reso conto che su tutta la “sua” costa i nuraghi che, peraltro, dovrebbe conoscere a menadito, hanno crolli verso l’interno dell’isola, tranne quello davanti all’Isola di Malu Entu, unico intatto. E li ha visti i nuraghi delle prime alture verso il mare? Molti sono sotto il fango, mentre alcuni nuraghi giù in basso, appaiono intatti, come protetti proprio da quelle alture. Le pazzie del mare, ormai, purtroppo, le conosciamo e – lo dicono i ricercatori più seri – nel Mediterraneo vanno ancora indagate come si deve. Solo le pazzie di un Tirso che, a sorpresa, si arrampica ad alluvionare le alture sono del tutto inedite (risparmiando, però, «il nuraghe Tradori – 56 m. sul livello del mare – e il povero nuraghe Accas – 21 m sul livello del mare - di Narbolia»), e il fatto che tutte queste “certezze” siano firmate Stiglitz non mi tranquillizza affatto.
Il suo ragionamento – diciamocelo – fa acqua da tutte le parti….
Con penna rossa e penna blu, il nostro s’intigna anche a segnalare errori miei che, però, dimostrano soltanto che anche per il Campidano non ha ancora capito nulla o che – e lo spero per lui – finge di non capire: non da lì, infatti, sarebbe potuto arrivare un maremoto in zona sua, ma da qualsiasi problema geologico nel Mar d’Occidente fino all’Algeria e alle Baleari. Il Campidano, invece, potrebbe (e anch’io – come Mario Tozzi – continuo a dire potrebbe. Condizionale!) essere stato un corridoio di propulsione per un maremoto nel Golfo di Cagliari che, largo com’è, accoglie il mare a braccia aperte per poi restringersi in quell’enorme canyon (un tempo di mare) punteggiato di laghi salati che è il Campidano e le zone che lo tutt’ora lo costeggiano.
Insomma: da una parte le “certezze” di Stiglitz, ignorante quanto me di queste cose (che si tirano dietro una Sardegna assurda, inspiegabile: quella che collassa d’improvviso senza un vero perché; che smette di costruir nuraghe perché “passano di moda”, ipse dixit; che si ritrova ferita da una mal’aria, del tutto impensabile nel II millennio a.C., quello del parossismo costruttivo), dall’altra l’ipotesi (suffragata da indizi forti, leggibili da occhi onesti ed esperti, nonché da antiche testimonianze indiscutibili, ormai) un’Isola come la nostra tradita dal suo mare che gli fa cambiar volto, storia, gioia di vivere.
Ammetterai, Ganfranco, che val la pena di verificarla ai massimi livelli questa mia ipotesi.
E lo stesso Stiglitz – se davvero è così sicuro di quel che ci va ripetendo ormai da anni – dovrebbe gioire e godere per il mio autolesionismo, al pensiero che, prima o poi, saranno analisi geologiche mirate, a dargli ragione, e non sempre e solo i soliti compagnucci della sua parrocchietta.
Spegnere le mie curiosità per questi suoi “sentito dire”, approssimativi, contraddittori, riportati di terza mano, sarebbe davvero grottesco.
E, infatti, non ci penso per niente!
Anzi, faccio una proposta: sfido Alfonso Stiglitz a pubblico duello, in data da fissarsi, ma dati in mano. M’impegno a un confronto con Stiglitz ad armi pari: lui con il suo Tirso alluvionale e le sue “certezze” di oggi, io con i risultati che – da una campagna geologica mirata - potranno emergere.
Pronto, però, a dargliela vinta se le analisi dovessero darmi torto.
Pongo quest’unica condizione: che lui (e Usai, arma impropria) s’impegnino a smettere di sporcare quest’avventura con le loro pressioni e i loro veleni pur di evitare quelle ricerche che io auspico.
Un tempo in Sardegna c’erano regole d’onore e di pulizia anche in scontri più duri di questo, cerchiamo di riscoprirle.
Gianfranco tu sarai chiamato a far da giudice alla disfida.
D’accordo?


Ps 1. Le prime fotografie aeree del S’Uraki di Francesco Cubeddu, le ho chieste io, nel 2004, a Francesco il giorno dopo che un incendio aveva riscoperto il nuraghe (e tutto il suo fango), mandando in cenere il boschetto di rovi e incuria che da anni lo ricopriva, nascondendolo del tutto. Fatte le foto, portate in mostra, messe in www.colonnedercole.it per far capire a più gente possibile la sciocchezza che quel cantiere archeologico stava perpetrando, Stiglitz si è ricordato che il responsabile di quel sito era lui e così, nel 2005, mette in rete i suoi lavori. Inutilmente vi cercherete le foto di Cubeddu che rendono evidente il problema di cui si dibatte (e, soprattutto lo scempio che man mano vi sta perpetrando).

Ps 2. Deve esser vero quel vecchio detto che recita: «Non c’è peggior Sardo di chi non vuol capire…». Scrive Stiglitz: «Su Tuvixeddu, avessimo aspettato Frau per fare le battaglie di salvaguardia staremo freschi (da anni peraltro se ne sono perse le tracce). Mi occupo del colle dal 1978 (quando diressi l’intervento di scavo) e dal 1993 conduco pubbliche battaglie (con Santoni soprintendente e anche ora che non lo è più) e sempre alla luce del sole, con il mio nome e cognome….». Forse, con Stiglitz, davvero non ci capiamo, né ci capiremo mai: Gianfranco spiegaglielo tu,con calma e pazienza, a Stiglitz che quel che ora ci confessa è raccapricciante: lui sapeva? E lavorava lì mentre i nuovi palazzi si mangiavano le tombe? E cos’ha fatto nei sei anni di sbancamenti? Ha alzato il sopracciglio in segno di disapprovazione? E visto che ci sei faglielo capire tu che, se la Regione Sardegna mette i sigilli al loro operato lì, non c’è bisogno di insistere con le denunce: la battaglia lì è vinta! È del disastro in atto al S’Uraki che, ora, mi sto preccupando assai… E, soprattutto, un’ultima cortesia: stampaglielo in testa tu che le sue “pubbliche battaglie” in difesa di Tuvixeddu avrebbe dovute farle non “con Santoni” (come ci dice lui), ma per proteggere quel tesoro “da” Santoni e dalle sue scelte dissennate e palazzinare.

D'accordo. Per la sfida, intendo. (gfp)

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