martedì 2 settembre 2008

Le approssimazioni di Fassino

In periodi come questi di grande approssimazione nel trattare questioni delicate come la politica estera degli stati (ho letto persino che la Russia "ha dichiarato l'indipendenza dell'Ossezia), fa impressione leggere che ad analoga tentazione non sfugge una persona seria e misurata come Piero Fassino. Lo fa in un editoriale pubblicato il 31 agosto su Il Corriere della Sera e che coloro cui fosse sfuggito possono trovare nel mio sito.
La tesi del ministro degli esteri del governo ombra del Pd è che il "binomio sovranità / autodeterminazione" va governato con una "seconda Helsinki", una conferenza internazionale, cioè, che al pari di quella della 1975 ponga mano a un trattato per la "Sicurezza e la Cooperazione in Europa". La prima approssimazione è quella riguardante la opposizione fra autodeterminazione e sovranità, visto che l'Atto unico di Helsinki a cui Fassino pensa non a questo "binomio", come lo chiama, si riferiscema a quello fra autodeterminazione e integrità territoriale, tutt'altro che sinonimo di "sovranità".
La seconda è che "dai Balcani al Baltico sono nate nuove nazioni". In realtà sono nati nuovi stati, visto che terre come la Lituania sono nazioni da secoli o furono stati, come il Montenegro, alla fine dell'Ottocento. Non di nuove nazioni si tratta, insomma, ma di nuovi stati. Si trattasse di una semplice quastione di nomi, pazienza. Il fatto è che la confusione, fra sovranità e integrità territoriale e fra stato e nazione, non è innocente lapsus, soprattutto in bocca di una persona colta e sottile come Fassino.
Corrisponde a una concezione del mondo e a un disegno politico per il futuro, che è chiaro nella proposta di una "seconda Helsinki". La prima, pur stabilendo una molto ambigua associazione del diritto dei popoli all'autodeterminazione con il diritto degli stati alla loro integrità, non è stata in grado di impedire in Europa la nascita di quindici nuovi stati (17 con l'Abkazia e l'Ossezia) dopo la firma dell'atto unico di Helsinki.
In altre nazioni europee si rivendica il diritto di seguire l'esempio di Montenegro o Kosovo, per esempio, facendo leva sul diritto all'autodeterminazione, legge internazionale per via dei patti dell'Onu e dello stesso atto unico di Helsinki. Di qui la proposta di una nuova conferenza che trasformi il diritto all'autodeterminazione in diritto all'autonomia, sulla base del quale tutti gli stati europei, per entrare nella Ue siano tenuti a concedere "forme di autonomia" alle proprie minoranze. Questo per fare in modo che "a fondamento di ogni Stato non [sia] l'etnia, ma la cittadinanza, l'uguaglianza dei diritti, la tutela delle minoranze".
Cosa assai commendevole, questa del desiderio di un mondo non fatto di stati etnici, soprattutto per un dirigente di uno Stato, quello italiano, che si definisce "nazionale" e non riconosce non dico le nazioni diverse da quella italiana, ma neppure la pluralità di etnie esistenti. Esso si pensa, in buona sostanza, mono etnico. A Helsinki o dovunque si voglia fare una conferenza di stati con queste premesse (che ignorassero il patto dell'Onu sui diritti politici e civili, primo fra tutti quello all'autodeterminazione), si costruirà un edificio fragilissimo, in grado di sfasciarsi il giorno che una etnia o una nazione senza stato decidesse di esercitare il suo diritto all'autodeterminazione.
A meno che i partecipanti alla "seconda Helsinki" non decidano di creare un esercito inter-statale per la repressione delle etnie e delle nazionalità che si mettessero in testa di costituirsi in nuovo stato. E' possibile, e persino auspicanile, che l'autodeterminazione dei popoli si coniughi con l'integrità territoriale degli stati di cui oggi fanno parte: basta che si riconoscano loro tutti i poteri e le competenze di cui hanno bisogno per il loro sviluppo economico, sociale, politico, culturale e linguistico.
Ma non mi pare che questa sia l'aria che tira, in Italia a partire dall'idea del ministro Brunetta di abolire le regioni speciali, in Francia dove il Consiglio costituzionale boccia una legge del Parlamento in cui si accenna al popolo corso, in Georgia che conquistata l'indipendenza la nega a popoli non georgiani come Ossezia e Abkazia, in Russia che massacra i ceceni che hanno esercitato lo stesso diritto di autodeterminazione riconosciuto a osseti e abkazi. In Europa, infine, che appoggia l'indipendenza del Kosovo e si oppone a quella dei due stati ex georgiani.
E' vero, come dice Putin, che la politica è cinica (e se lo dice lui...), ma da queste parti d'Europa un po' di coerenza e di logica non guasterebbe.

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