martedì 30 settembre 2008

Quel pozzo nuragico lassù in Bulgaria

Mi è capitata finalmente in mano la traduzione di “ПРОИЗХОД И СЪЩНОСТ на протосардинските сакрални кладенци”, lo studio che la professoressa bulgara Dimitrina Mitova-Dzonova ha dedicato alla “origine e natura dei pozzi sacri protosardi” (questo vuol dire il titolo in cirillico). Vi si parla lungamente del pozzo sacro di Garlo (foto accanto), borgo a trenta chilometri da Sofia, dedicato, secondo la studiosa bulgara, al dio sumero Enki, signore di tutto ciò che sta sotto e che, come Yahve, decise di popolare la terra di uomini.
Il pozzo sacro di Garlo ha notevoli somiglianze con due pozzi sacri sardi – scrive la Mitova-Dzonova – e, cioè, quello protosardo di Settimo San Pietro, Cuccuru Nuraxi e quello di Funtana Coperta di Ballao (foto più sotto). Il primo da lei datato al XIV-XIII secolo (gli archeologi sardi parlano di età del bronzo recente e prima età del ferro e cioè di un tempo che va dal XIV all’VIII secolo a.C.), il secondo datato dalla bulgara al X-IX secolo e dagli archeologi sardi al Bronzo recente e finale e cioè a un tempo compreso fra il XIV e il X secolo a.C.
Le date, va da sé, sono importanti: contribuiscono a far capire se, detta alla grossa, furono i traci dell’attuale Bulgaria a copiare i sardi o se capitò il contrario, come sembra suggerire la studiosa secondo cui “il contesto naturale in cui è inserito [Garlo] ricorda situazioni analoghe delle tombe a cupola “tessaliche” del XIV-XI secolo a.C.”. A tagliare la testa al toro sembrerebbe soccorrerci la considerazione che in Bulgaria (e in Tracia) è stato trovato un solo pozzo sacro e che in Sardegna sono quasi 300.
Ma anche questo ha un valore puramente indiziario: chi può escludere che i sardi si siano “innamorati” di quella forma di edificio sacro e abbiano voluto copiarlo e poi diffonderlo in tutta l’Isola? Tanto più che lì a Garlo si adorava, se sono giuste le informazioni della Dimitrina Mitova-Dzonova, un dio come il sumero Enki che, come Yahve, considerò giusto creare il genere umano e, ancora, proteggerlo dal diluvio universale.
Quel che si può notare girando in Internet (in quella sua parte, almeno, scritta in caratteri latini) è che di Garlo si parla assai poco da parte degli archeologi. Ce n’è traccia in una intervista del professor Giovanni Ugas con il sito sardinia.point: “La Mitova Zorova che ha studiato il pozzo di Giarlo si inserisce nella tradizione orientalista: secondo lei gli Shardana sarebbero arrivati in Sardegna dai Balcani, portando nell'isola i templi a pozzo. In realtà si dovrebbe fare il discorso inverso perché in Bulgaria quello di Giarlo è l'unico tempio a pozzo trovato, mentre in Sardegna i templi a pozzo non sono un'eccezione ma un sistema e sono pienamente inseriti nel quadro della civiltà megalitica nuragica. C'è da dire che loro datano il tempio al XIV sec. ma io non sono assolutamente d'accordo con questa cronologia, non abbiamo materiale che ci conforti su questa cronologia alta, non abbiamo assolutamente elementi.” E nulla più.
Eppure non c’è dubbio che scavi approfonditi (le Università sarde e la Soprintendenza non avrebbero alcuna difficoltà a stringere accordi con quelle bulgare) aprirebbero nuovi orizzonti allo studio della civiltà nuragica, fino a confermare (o a smentire non a chiacchiere più o meno apodittiche) la coincidenza fra sardi nuragici e shardana. A meno che – mi si perdonerà la malignità – sia proprio questo che non si voglia fare.

1 commento:

Anonimo ha detto...

A proposito di Grlo, quando prima caricherò nel mio sito un estratto linguistico (una piccola bomba) che spero possa esser caricata anche qui.

alberto areddu