“E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»” (Marco, 12, 41-44).
Una sera di un giorno lontano, mentre militareggiavo in quel di Sacile (PN), una ragazza mi prese la mano che solamente per gravità scivolava dal suo collo, lungo il profilo della camicetta, come a contarne i bottoni di madreperla. La guardò, la baciò, mi disse: la tua è una mano da prete.
Io risi svogliatamente, quasi nervoso. E cosa avrei dovuto fare?
Quante volte ho ripensato e ragionato sulle mie mani “da prete”!
Ho concluso che uno ha le mani che assomigliano a quelle del padre o del nonno, o anche della madre, dello zio; e che il padre, il nonno, la madre, lo zio di uno che si fa prete, difficilmente è un altro prete, ma artigiano, notaio, contadino, insegnante, casalinga o impiegata alle poste. Per dire.
Però mi sono guardato dentro e ho convenuto che la ragazza, quella ragazza, aveva detto la mano, ma forse voleva dire l’animo. Infatti mi ritrovo con una propensione a predicare, ad ascoltare le debolezze umane, come in confessionale, e, soprattutto, a perdonare il prossimo, appena scorgo un barlume di sincero pentimento.
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6 commenti:
Oh Francu, Francu…
se la ragazza parlava di mani da prete era perché la tradizione così le aveva insegnato. Le mani da prete sono le mani di uno che non lavora, con le mani. Con le mani tutt’al più benedice, quando non fa qualcosa d’altro. Oggi avrebbe definito le tue, mani da intellettuale. Ma veniamo a noi: alle vedove e ai ricchi. Chi sono le vedove? Chi sono i ricchi? È stato scritto che sarà più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno dei celi. Cos’è il regno dei celi? Dove è il regno dei celi? Qualcuno quel regno ha creduto di trasportarlo qui, sulla terra, in un tempo non meglio definito, quando sarebbe venuto fuori l’Uomo Nuovo, alla fine della Storia. Il regno dei celi sarebbe stata la società dei pari, senza differenze fra i suoi componenti. Nel tentativo di costruirla, una società del genere, dell’uomo vecchio si è fatto carne da macello e non solo in senso figurato.
Dove lo vogliamo sistemare, caro Francu, questo regno in cui non ci siano più vedove a cui il Tramonti di turno cavi, come dalle rape, il sangue che non c’è? Ancora in questo mondo? Il mio regno non è di questo mondo, diceva quel tale che parlava di cammelli e di crune, di vedove e di oboli gettati nel tesoro. Io la vedo in questo modo, anche se rozzo e cinico: dell’altro Mondo non so, ne so troppo poco per potermici avventurare; di questo mondo posso dire una cosa: che mai la nostra scelta sarà fra il Bene e il Male. Sarebbe troppo facile. Il Male spesso si camuffa, altrimenti che male sarebbe, e il Bene, altrettanto spesso, è difficile da individuare. Non per niente è scritto che le vie della perdizione sono lastricate di buone intenzioni. Il più delle volte siamo chiamati a scegliere fra due mali e la nostra capacità, o fortuna, starà nello scegliere il minore.
Una cosa devo aggiungere: sto parlando del male e del bene comune non di quello privato, di ciascuno di noi, chè lì il discorso si fa complicato perché molto spesso si cerca di far coincidere il bene comune col nostro particolare.
Mi piacerebbe parlarne ancora con te quando i nostri occhi si apriranno alla Verità, sempre che questo succeda.
A mengiur biere, Francu.
Grazia Pintore commenta:
Che bello iniziare una mattina piovosa e ,per ora,buia con uno scritto e un commento così colmi di poesia e di interiorità!In questo mondo,che mi piace ben poco,ogni tanto,al risveglio,fa piacere sentire persone che hanno un'anima ricca.Mi avete così imbonito che non inveirò contro i politici,voglio essere buona.grazie a voi
Caru Francu, i tuoi pensieri si prestano a mille possibili risposte, la prima che mi viene in mente, anche se non so quanto possa a te piacere e che le mani sono lo specchio dell'anima, dunque...
D'altro canto spero che tu non sia uno di quelli che pensano che sia utile sradicare il cristinianesimo dall'orizzonte del genere umano, il nostro concetto di Bene e di Male è figlio di quell'orizzonte, sradicarlo vorrebbe dire cambiere i connottatidella nostra percezione del Bene e del Male.
Credo (anche se purtroppo sono un non credente) che dovremmo fare attenzione a salvare il bambino e ad essere molto giudiziosi con coloro (uomini specchio della società)che di quel bambino ne declamano il messaggio. Un pensiero sulla crisi, da un lustro il mondo occidentale si trova alle prese con una crisi economica dove il benessere economico di molte famiglie arretre rispetto ai tempi precedenti. L'umanità ha conosciuto questi momenti molte altre volte(anche molto più tragici del nostro), si tratta di capire come si possa e si debba ripartire, non è facile, io da parte mia posso dire che siamo in una fase di capitalismo selvaggio, una multinazionale può chiudere una impresa in Italia e aprirla in altre parti del Globo dove ha dei costi dieci volte minori.
Sono un NO GLOBAL non nel senso che non si deve cooperare tra nazioni, ma nel senso che sono contro il capitalismo selvaggio che apre e chiude imprese come gli pare e piace!
Contro il cpaitalismo selvaggio vi è una sola medicina: le barriere doganali! ogni singolo stato deve proteggere la sua economia, in economia le economie deboli, senza protezione, soccombono in una competizione con quelle forti. L'Occidente predicava l'apertura perchè essendo più forte, non aveva nulla da temere era lui distruggeva le altre. Ora se non sta attento rischia di soccombere nei confronti delle tigri asiatiche.
Non so quanto possa sorridere dei miei commenti la tua amica che osservava la tua mano da prete , ma che ci vuoi fare mi è parso utile andare a parare (marxisticamente) in quello che mi pare essere il cuore del problema socioeconomico in cui siamo immersi, e da cui in un modo o nell'altro dobbiamo uscire. Quel Tremonti ha una idea che, paragonata con le altre sul tappeto, mi pare sia la più convenientemente percorribile (dall'Europa intendo)!
Tanto per dire, il mio sorriso imbarazzato nell'occasione della "mano da prete" non fu tanto per quel "prete" che poteva sottintendere anche "scherzo da prete", ma il fatto che me la baciò.
La baciò e la fermò.
Del discorso etico-politico che ho rimuginato (io sono un cattivo politico perché non so tener separati i due campi), se ci fosse ancora la Digos come ai tempi in cui eravamo sardi col vento sardista, l'Istituzione avrebbe colto solamente queste misere parole:
" ... se il disoccupato me lo racconta e mi sembra che si penta, anche solo abbassando lo sguardo, io sono pronto a perdonarlo, non in nome di Dio, ma a titolo personale".
Il disoccupato ha rubato i fazzolettini? Bene!, è un esproprio proletario vero.
Francu Pilloni lo perdona? E' un atto politico vero.
Chi è questo Francu Pilloni?
Ecco che cercano in rete e trovano ... di tutto. Anche un mio omonimo che è prete davvero e si occupa di "voli nuziali".
Ciò li confonde, ma poi vedono la mia faccia: se avessi la barba lunga come Piliu (o anche mezza come GFP), sarei fregato. Nel senso che, cosi ragiona l'Istituzione, chi ha la barba non può non avere nulla da nascondere.
Sono salvo forse e, di sicuro, sono contento di me. Non perché mi sento al di sopra di ogni sospetto, ma perché mi sento un eversivo dell'ordine costituito. Di quest'ordine, s'intende.
Ora, cara Grazia, se sono andato bene per il sabato, non vorrei rovinarti la domenica.
Cari Elio e Mauro Peppino, siete troppo intelligenti per non aver capito che quando uno si espone a dire ciò che pensa, è pronto a sentire i commenti che arrivano.
Il solo fatto che arrivi un commento, spesso molto ragionato, è "cosa buona e giusta", tanto per aprire all'Offertorio.
Caro Franco, sai che te e Efisio Loi (alias Elio) avete in comune l'amore per la poesia in sardo?
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