di Francu Pilloni
Maluentu (malu ‘entu, cioè malu bentu = cattivo vento) è il nome di un’isoletta a ovest dell’Oristanese, nonché il nome della più fantasiosa istituzione sarda: sa Repubbrica de Maluentu. Perché chiamare cattivo un vento che entra dritto dal grande mare, senza trovare barriere?
In Marmilla, per esempio, lo si chiama Montangesu, perché entrando dal mare, supera una zona montagnosa del Guspinese-arburese-gonnese che anticamente, in età mediovale, si chiamava Montàngia o Parti de Montangia. In effetti, è un vento che spesso spira violento e porta la pioggia, a ondate successive. E quando lo fa in questo periodo, così come lo sta facendo in questi giorni anche se non tanto violento, arreca danni alle coltivazioni, specialmente al grano che è alto. Se la forza del vento dovesse piegare gli steli, interromperebbe il processo di maturazione delle spighe e il raccolto sarebbe misero. Malu ‘entu, dunque a buona ragione, in memoria di annate di carestia.
Non è del vento di Ponente ciò di cui mi piacerebbe parlare, e neanche del “vento sardista” che soffiò negli anni Ottanta del secolo scorso così impetuoso che travolse tutto e tutti. O quasi. Nel senso che non fece disastri, come sradicare l’albero maestro delle navi dei partiti politici italici. Sì, perché le barche della politica isolana spiegarono le vele, presero l’abbrivio e ancora corrono affiancate, issando ciascuna un vessillo di un qualche moro, o rosso-moro, o moro-moro, o bianco-moro.
Dove corrono queste barche della politica sarda?
A usare i paradigmi del presidente Napolitano, dovrebbero correre verso un “salto nella Luce”, qualcosa di veramente “radioso” che sta in fondo, molto in fondo, così in fondo che ancora non si scorge il barlume, in fondo, dico, al percorso unitario iniziato, ahinoi!, ben più dei 150 anni che si celebrano.
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