di Alberto Areddu
Invitato cordialmente dal Prof. Sanna ad esprimermi sulle espressioni: Santu doxi e Gesù Sette, "Santo dodici" "Gesù Sette", che, preservando a suo dire, un antichissimo utilizzo di origine cananea, conservatosi ormai nei termini di una smorfia popolare, richiamerebbero le valenze numerologiche cananee di: "12= Sole", "7=Santo", non disdico l'invito e offro una mia possibile soluzione.
Orbene che nel sardo, ci possan esser delle sopravvivenze arcaiche, come in altri linguaggi, pensiamo al francese che in alcuni numeri (80:"quattro-venti") ci attesta l'esistenza di un sistema predecimale a base vigesimale, che deve esser stato dei Celti, è un postulato oramai accettato, tuttavia prima di accettare a cuor leggero le sue interessanti proposte, dovremmo interrogarci se non sia possibile spiegare le due espressioni meno dispendiosamente.
Detto che l'espressione logudorese ("Zesù Sette") digitata su Internet mi rimanda sempre alla stessa pagina di Wiki, mirrorata su altri siti, e non altrove, osservo ancora due cose che mi colpiscono in negativo: 1) il fatto che le espressioni si usano in contesti caricati ("si usa come moto di stizza" leggo su Wiki), e non in comuni contesti espressivi, e tanto meno in chiesa; 2) come mai non c'è anche "Santu tre", posto che il "3" rappresentava "Lui" nell'ensemble cananeo ? (o c'è una triade o non c'è nulla)
Ora nei meccanismi di interdizione del linguaggio studiati nel classico saggio della Galli De' Paratesi (Semantica dell'eufemismo, Bologna 1964), si fa cenno al meccanismo secondo cui, invece che nominare il destinatario della bestemmia (santo, Dio, Madonna), si ripara su accostamenti parafonici: è il caso di "Porco zio", di "Maremma Amara", la bestemmia notoriamente è l'altra faccia dell'invocazione. Ci son religiosi che han detto che quando uno bestemmia in realtà prega, solo che bestemiando rischi qualcosa, anche perchè il nome di Dio, per molte religioni, è indicibile e va sostituito.
La cosa è antica: i greci antichi, ci erudisce il Coseriu, giuravano sull'oca χηνa, o sul cane kuva perché tabuistici e parafonici per Ζηνa 'Zeus' (e da qui si spiegherebbero le espressioni "porca l'oca" "porco cane", di area settentrionale). In alcuni casi testimoniati anche su: http://it.wikipedia.org/wiki/Bestemmia, invece che bestemmiare "Dio" si devia sui numerali "due" o "duo" (si preserva la D- di Dio e si paracaduta la bestemmia su un paravento parafonico neutro). Anche in Sardegna c'è l'interdizione, e non solo verso forme del religioso, ma anche per altre forme di potere innominabile o nei confronti delle interiezioni, considerate una forma di imprecazione: ricordo mio zio buonanima che invece di dire "Pisti!" quando si faceva male, talora usava dire: "Pistimadu s'annu!".
Sempre questo zio, riferendosi a sua moglie, diceva: "Cussa tr..usina", 'quella bambinetta' (ovviamente per non dire altro); o ancora in famiglia per lenire: "sa justiscia chi ti currat", si diceva e si dice: "'iscia chi ti currat" (il terreno acquoso che ti perseguiti) (si lascia lo stesso suono, ma se ne diluisce la virulenza). Riguardo ai Santi l'accostamento col Demonio è frequente, perché noi tutti di Sacra Romana Chiesa si nasce sotto un santo del calendario, ma se uno si comporta male ecco: "Diaulu su santu chi t'at criadu!". (= Quel santo sotto cui sei nato era un Diavolo, indi tu sei un diavolo).
Ne consegue che in "Santu doxi" ci deve essere stato un meccanismo soggiacente di interdizione (di Deus o di Dimoniu/Diaulu) e si è riparato sul numero "doxi" probabilmente perché ha lo stesso numero di sillabe di "santu" (il vocabolario del Puddu dà: dianni, dianna, diantzine ecc. come eufemismi per diaulu). Riguardo "Zesù sette", qualora attestato, qui il meccanismo (ugualmente giocato sulla isometria sillabica) è basato sulla evocazione probabile delle "7 parole di Gesù sulla croce" (ma la numerologia cristiana legata a Gesù e al "7" è ricca). In Logudoro "sette" è poi il numero della vaghezza alta: "jà binde fini sette !" , "jà nd'appo 'idu sette 'e alluttas !". Rilevo dal Rubattu: "Su tiàulu fait una coja dogna sett’annus" 'il diavolo combina un matrimonio ogni sette anni'; in tedesco si ha l'espressione: "böse Sieben" 'sette cattivo', 'megera', che sortisce da un antico gioco di carte, nel quale il 7, raffigurato col diavolo, ammazzava tutte le altre carte. Nei Vangeli si dice: (Luca, 8, 2), riferito alla Maddalena: "dalla quale erano usciti sette demoni" (H. Biedermann, Simboli, Milano 2005, 491). Non è dunque improbabile che l'origine della esistenza di tali espressioni, vada ricercata anzitutto in epoca molto più recente da quella suggerita dal Sanna, e con la specifica finalità di interdire delle imprecazioni: "vogliamo bestemmiare, ma non si può e allora paracadutiamo su un bersaglio neutro o apparentemente neutro l'imprecazione", aggiungerei che in quest'ultima espressione, possa nascondersi un qualche più o meno esplicito rimando acustico all'interiettivo "bette!" 'pezzo di'.
39 commenti:
Riguardo a Zesù sette (come lo scrive Lei).
Facciamo così, ci riflette un po', si accorge da solo che ha detto una scempiaggine grossa come un elefante e poi si corregge.
Se lei è un linguista di un qualche valore, come pensa di essere, 24 ore saranno più che sufficienti a rimediare a questa castroneria.
Saluti, Batsumaru
Caro Alberto,
ti chiedo :cosa significa PISTI?
a Isili la salita ripida per salire il chiesa si chiama "Pinna 'e Pisti"
come lo interpreti?
ora che ci penso a isili c'è anche la parola "pistinau" = ubriaco.
poi c'è anche pistinaga = carota selvatica
La soluzione sta che se si scrive
Zesù
Sette
non c'è quella che Illiricheddu chiama isometria sillabica, la sillaba tronca (Zesù) in metrica acquista una sillaba in più. Ma forse voleva intendere il conteggio delle sillabe: Ze-sù (2 sillabe) Set-te (2 sillabe)
ciao,
Monica
Areddu argomenta ampiamente le motivazioni che lo portano a concludere che le espressioni in questione non dovrebbero avere radici così lontane nel tempo.
Quanto a Zesù Sette, non dico nulla, è la prima volta che lo sento: in campidanese sarebbe Gesu Setti (Gesu e non Gesù, al massimo Gesùsu).
Quanto a Santu Doxi, fra le altre cose, oppone due questioni: non viene mai detto in chiesa; è usato in situazioni caricate (di stizza, ad esempio).
Quanto al secondo punto, credo che Santu Doxi, in ogni situazione in cui viene (sempre meno spesso) pronunciato, può essere tranquillamente sostituito con un "O Deus miu", senza nulla aggiungere e nulla levare.
Per la prima obiezione invece, dico che a me farebbe molta meraviglia se fosse tollerato che si pronunciasse in chiesa: sarebbe come mettere in bella mostra nella nicchia della cappella di fronte a quella della Vergine un menhir fallico, che è la rappresentazione su pietra della potenza generatrice di vita della divinità.
Dice poi, a proposito della mezza imprecazione "Su santu chi t'hat criau", il santo che ti ha creato, che il riferimento è al santo del calendario del giorno di nascita di ciascuno.
Si dà per certo che nella religione cristiana nessun santo è accreditato del potere di creare (di ricreare forse, ma con le barzellette), di suscitare la vita o di resuscitare. Infatti quel "santu" è il riferimento per l'organo paterno, questo sì capace di suscitare la vita nel grembo materno.
Basta ricordare, per convincersi, che in parallelo e nella normalità quotidiana, si sostituisce "su santu" con "su cunnu", cioè con l'organo materno che crea e accoglie il germe della vita.
La fantasia popolare poi, anche quando si vuol offendere qualcuno mettendo in campo la persona più cara di ciascuno, vale a dire la madre, non si pone dei limiti. E così, al posto di criau, ci mette nasciu (nato), ci mette fattu (fatto), oppure obresciu (dato alla luce), scavulau (buttato fuori), e altri termini anche meno decorosi.
In considerazione di tutto ciò, persevera a credere che questo "santo" c'entri qualcosa col calendario gregoriano?
Piccolo aiutino ai naviganti. Cercare Zesusette (tutto attaccato) qui:
http://www.sardegnadigitallibrary.it/documenti/
17_161_20080610114408.pdf
Inizia il viaggio...
B.
Per i vari:
ringrazio Monica per il contributo; per le suggestioni Pilloni (faccio però notare che la mia ipotesi è più credibile, nulla opponendo che in santu si possa celare il "pene"). Sarebbe il Sanna che dovrebbe rispondere (e aspettiamo la sua risposta) se persiste ancora a credere nella sua ipotesi cananea.
Riguardo l'indicazione dell'ultimo signore, purtroppo non posso dire nulla, perché nel momento in cui il mio computer si stava collegando su quella pagina mi è uscita una notifica: "QUESTO é UN SITO PERICOLOSO-RISERVATO A INCOZZATI E FREGONI. ASTENERSI DALL'ENTRARE"
saluti
UHMmm, io sono riuscita ad entrare e ho trovato che a Lula dicono: Zesusette. Non conosco, lo confesso, molto di linguistica della Sardegna, ma sembrerre un diminutivo, un "piccolo Gesù'. Il Batsinaru mi può soccorrere? Se è così non esiste un Gesù Sette, e il Sanna si è sbagliato.
M. Fenu
Visto che non ci arriva, glielo spiego io.
Zesusette è attestato in canti religiosi di natale, che io stesso ho sentito nella Sardegna centrale, nel significato di Gesù bambino.
E' noto che deriva dal cat. Jesuset: è evidente anche l'azione dell'etimologia popolare nell'isolare il "sette".
Insomma: non c'entra né il sette, né l'otto, né il nove...
Provi a chiedere al prof. Pittau, che di queste cose ne capisce per davvero.
Quello che trovo sorprendente è la sua superficialità, inaccettabile in un linguista che voglia essere credibile.
B.
Prima di rispondere (forse con un articolo apposito) alle ipotesi, giudicate nell'articolo 'meno dispendiose', di Areddu tengo a precisare che io non ho affatto chiesto lumi su 'Zesùsette' ma solo circa l'espressione 'Su santu doxi' (e non 'Santu Doxi!). In questa, per chi almeno osserva senza pregiudizi la documentazione scritta nuragica, il 'tre ', di cui si obietta la mancanza, è proprio il 'Su' (non articolo ma pronome indicativo e in origine determinativo o commentatore) che precede 'Santu'.
Attendo inoltre la spiegazione di Batsumaru su Zesusette sia perchè le '24 ore' concesse ad Areddu sono trascorse sia perchè questo modestissimo eretico linguista che ora scrive vorrebbe capire di più circa il rimando letterario di Lula ovvero al Gesù 'bambino'. Nè il Wagner nè altri romanisti sembrano fornirmi un sentiero, non dico darmi una spiegazione. E mi sono stancato di 'pensare' circa un avvertimento che, per il tono con cui è stato pronunciato, evidentemente è (o vuole essere) molto serio.
Scusatemi, non avevo visto la replica.
La risposta di Batsumaru però sarebbe, a mio parere, molto più convincente se il termine popolare (ma non c'è forse documentata anche l'espressione-esclamazione 'Zesusette'?) fosse molto (dico molto) attestato nel Campidano di Oristano e di Cagliari e soprattutto ad Alghero. Ma così non pare.
Complimenti, comunque, per la possibile derivazione. Ma è bene, in queste cose, tenere da parte le 'arie' di saperne sempre più degli altri. Sono notissime le super cantonate del Wagner maestro. Certo è però che Illiricheddu (che quando vuole lui sa essere molto garbato) qualche volta se la cerca. Deinde....
@ prof. Sanna.
Alla buona: guardi qui, per Jesuset ad Alghero. Sul posto penso troverà molti ragguagli:
http://www.charlieonline.it/Natale-in-Sardegna.htm
Saluti, B.
Egregio revenante Batsumaru,
io lavoravo su "Santu doxi", che ho colto dall'informativa del Sanna (v.https://www.blogger.com/comment.g?blogID=1182610305629149569&postID=6470830275325763755) e da quanto (forse di mano del Sanna) estrapolato da wiki:
Nella religione nuragica della Sardegna della fine dell'età del bronzo, religione molto vicina a quella cananea delle origini, il 12 era un numero assai frequente per esprimere il disco o la luce solare di YHW. Lo attestano ormai numerosi documenti sardi rinvenuti a far data dal 1995, anno in cui furono rinvenute le ormai famose tavolette bronzee di Tzricotu di Cabras. Il numero era spesso affiancato dal numero 'tre', ovvero dal segno commentatore (hē) e dal sette con il significato di 'Santo'. Ragion per cui scrivere numericamente 'sette, dodici, tre' voleva significare 'Santo Sole Lui'. L'espressione è rimasta ancora nel sardo odierno (in area linguistica campidanese): Su (issu) Santu Doxi! Si usa come moto di stizza ed equivale all'italiano 'Per Dio!'. Nell'area in variante logudorese si usa invece l'espressione, ugualmente su base numerica sette, 'Zesù Sette'! Ovvero Gesù Santo. Appare evidente che il 'Gesù' è stato introdotto al posto del 'Dodici' in periodo di cristianizzazione della Sardegna e che l'espressione del campidanese (variante del Sud dell'isola)è quella originaria.
Ci ho lavorato in meno di 48 ore, senza alcun grosso sussidio bibliografico che mi agevolasse, con molti sospetti sulla sua autenticità. La sua ipotesi di un derivato da catalano "Jesuset" è sicuramente quella giusta, conferma la mia disanima iniziale (reinterpretazione tarda di cose che nulla c'entrano col mondo cananeo), e sortisce dalla sua fortuna di essere come altra volta da Lei ha confessato (Baratz), residente ad Alghero, indi a stretto contatto con il locale catalano, e dei sussidi bibliografici dispensati a chi ivi risiede, oltra che dai suoi viaggi intrapresi. Dall' avere lavorato su una espressione di cui io per primo dubitavo della reale esistenza, ad esser tacciato io, il latore di essa, come un superficialone, mi pare ce ne corra. Tutto questo Suo astio è forte ed esagerato, ma non sarà che Le è finito il contratto?
cordialmente, e mi saluti Phoinix
Il Signor Batsumaru deve esser proprio un gran cafone, come se la linguistica si risolvesse con gli indovinelli della Sfinge. Che pena, leggere certi personaggi, pure MIEI concittadini!!!
saluti, Monica
Vorrei esprimere la mia solidarietà al signor Areddu che in tutta umiltà ha riconosciuto la svista. Ho comprato e letto il suo libro e, a prescindere dalla tesi che vi propugna, l'ho molto apprezzato perchè riporta studi condotti in modo serio, per quanto possa valere il giudizio di un semplice appassionato. Qualche tempo fa mi sono imbattutto in un sito dedicato ala lingua sarda, dove si pretende di far derivare tutto dal sumero. Quando ho letto che anche il termine "romano" per riferirsi al formaggio ovino sarebbe un termine sardo derivato dal sumero non ho potuto trattenere il sorriso. Questo "linguista" evidentemente, forse abbagliato dal fatto che la stragrande maggioranza della sua produzione avviene in Sardegna, anziché nel Lazio, non sa che il pecorino romano non ha mai fatto parte delle tradizioni agropastorali della Sardegna. Nessun pastore ha mai prodotto una forma di pecorino romano. In realtà si tratta di un prodotto esclusivamente industriale, il cui disciplinare di produzione e il nome sono arrivati dal continente meno di un secolo fa. Ed é tutto storicamente documentabile. Posso garantirlo perchè rientra fra le competenze della mia professione.
Purtroppo, se uno non possiede solide conoscenze di base ha difficoltà a distinguere il grano dalla gramigna.
Ne approfitto per chiedere al sig. Areddu quanto c'é di vero sull'origine del toponimo Chilivani. Ho letto, ora non ricordo dove, che il termine l'avrebbe coniato l'ing. Piercy utilizzando il nome di una donna che avrebbe portato con sé dall'India, dove aveva partecipato alla costruzione della rete ferroviaria di quel paese. Ma sarà vero?
Egregio Maimone,
sa io son genovese, e quando mi dicon che uno, dal nick suggestivo, si è letto il mio libro, mi vien da fargli la "prova lettura" e chieder lui: "allora, Sciù Maimone, mi dica, così totanbot, qual è la prima parola di pagina 207 e l'ultima di pag. 155? ". Su "Gesù sette" la correggo: non una svista, ma il materiale nudo e crudo su cui lavoravo. Il barzellettiere giapponese d' Egitto, aveva la soluzione in tasca, ma mica l'ha data, voleva solamente e miserevolmente dimostrare coram populo, come io sia un mediocre etimologista, e per ripicca, giacché l'ho chiamato in causa altrove, e non ha risposto: sa c'è gente livida e fosca, che deve fare carriera, Lei comprenderà, e ti tira dietro le barzellette colla scimitarra di Allah. Ma Lei mi stava chiedendo di Chilivani: orbene c'è l'attestazione del 1640 (wiki) e ci son diverse attestazioni nei Condaghes (CSMB) di un toponimo simile, Cellevane, per il 1100, che potrebbe ben riferrirsi però all'odierna oristanese Zeddiani. I due poleonimi se come pare sono da ricongiungere, richiedono una base: *CEL(L)EFANE, verosimilmente prelatina (cfr. TRIFURCIUm > trivuttu, triuttu; l'esito affricato in tz- è secondario, ed è frutto della palatalizzazione di [k] in area campidanese, e della successiva pronuncia in sandhi (chellevane > cellevane >sa tzeddiane/i). L'idea che vengano da CELLARIU, come vedo scritto, non ha molto senso, dacché esso produrrebbe: ke(a)ddarzu/ceddargiu (peraltro CELLARIU pare attestato nel dominio sardo in tale forma).Lo studio più interessante sul toponimo l'ha condotto il Fancello, nel mio libro citato a pagina...? Riguardo la favoletta della principessa a me da piccolo mi si raccontava che il vero nome era INAVILICH, che poi era stato palindromizzato in Chilivani.
Dunque é una sfida che mi pone. Le risponderò appena rientro a casa, verso le 19.30-20,00, visto che il libro è in casa, ma spero di non dover sfogliare tutto il libro per trovare la citazione di Fancello. Sono fortemente miope.
Mi pare di aver capito che é una favola attribuire il nome di Chilivani alla fantasia dell'ing. Piercy. Però il tutto non mi sembra molto chiaro. Effettivamente Cellevane a me pare l'odierno Zeddiani. Le ho fatto la domanda su Chilivani perchè nel libro ho letto che Giave non sarebbe altro che la romana Hafa, il che effettivamente mi pare molto plausibile. a più tardi.
No si tranquillizzi, stavo scherzando. Tralaltro il pezzo in cui Fancello ipotizza sull'origine di Chilivani, non l'ho affatto citato, parlando en passant del toponimo: deve procurarsi il libro (di Fancello, intendo)
saluti
Ormai ho controllato. La prima parola di pagina 207 é TEDESCO, l'ultima di pag. 155 é VARI. Il fancello boh! L'ho trovato in bibliografia con una pubblicazione del 2003, di cui non c'é l'editore. forse ha pubblicato in prprio.
Egregio
La ringrazio per l'acquisto (a Sassari immagino e non on line), l'editore è "l'Ortobene" ,che è anche una rivista religiosa nuorese, in cui nei vari anni l'autore, ora deceduto, inserì le sue annotazioni.
Si. L'ho comprato a Sassari. non conosco il Fancello. Cercherò di rimediare
Ho controllato sui vari portali (Opac, Tilipike) pare che il libro sia disponibile a: Biblioteca comunale di Sassari e forse in vendita a Nuoro.
Guarda un po', invece io penso che lei se le vada a cercare col lanternino, signor Illiricheddu.
In certi casi non lo ordina il medico di intervenire a parlare di ipotesi altrui, come ha fatto lei: e badi, non lo ha fatto con un commento, ma chiedendo di inserire un articolo intero.
Avrebbe potuto rifletterci ben bene, documentarsi a dovere e poi parlare, se 48 ore non erano sufficienti: o è afflitto da incontinenza verbale? O vuole mostrare che su tutto può mettere becco?
Quanto alla mia etimologia: cavallerescamente la attribuisce alla mia fortuna di essere algherese.
C'è un piccolissimo particolare: non sono algherese e non ho mai detto di esserlo (controlli bene). Purtroppo per lei, la questione di Zesusette, per uno che si occupi di linguistica sarda, è molto semplice, soprattutto perché è nota (come vede non mi prendo nessun merito: colpa sua che non legge a sufficienza). E lei ha fatto - che le piaccia o no - una magrissima figura.
Poi dica pure che sono astioso e quant'altro: non mi importa granché. Mi importa della questione di cui qui si discute.
Tutto qui.
B.
p.s.: lei che parla di astio? Vuole esplicitare con chi ce l'aveva quando ha parlato dell'accesso negato al suo PC al sito di Sardegna digital library da me segnalato? Quello che cosa è se non astio?
Caro Areddu, certo Batsumaru ha giocato pesantino.L' ho già sottolineato e come vedo, anche, con maggiore energia, l'algherese Monica Fenu. Ma è quasi norma -si sa - tra gli studiosi che si detestano fare lo sgambetto per far passare gli avversari da ingenui o da cretini. Ma non è certo questo il punto. Bisogna prendere atto con onestà che la soluzione (anch'io potrei ancora obbiettare qualcosa e non arrendermi così facilmente), con altissima probabilità, sia quella e nessun'altra. Comunque, è davvero sorprendente notare come in un Blog e non in una pagina scientifica si chiariscano aspetti linguistici che non si trovano, neppure in nota, in riviste specializzate (da quanto so). Invece circa l'espressione 'Su santu doxi' (ripeto 'Su santu Doxi' e non 'Santu Doxi) la soluzione non è consequenziale (circa la recenziorità) e credo di non aver sbagliato. Appenna avrò un po' di tempo posterò un articolo in proposito, mettendo bene tutto in fila, su questa espressione (unica al mondo) non poche volte ripetuta nei documenti nuragici.
Accidenti, scrivo e, per qualche minuto, mi vedo... spiazzato. Batsumaru mi potrebbe dire in quale libro o in quale rivista si trova la spiegazione etimologica di Zesusette? Abbia pazienza, anche se il mio modesto impegno è solo quello di epigrafista, cerco di sapere ma non 'tutto' leggo e men che meno tutto so. Mi sono documentaoto molto e ho fatto delle ricerche (anche sul campo)prima di parlare di 'Su Santu doxi'. Può darsi che lo studioso a cui allude faccia riferimento anche allo strano 'Dodici' che mi/ci interessa.
risolto il duello,
che mi dite della salita di Pinna 'e Pisti?
Guardi Batsumaru, forse è duro di orecchie: io ho commentato, stimolato dal Sanna, una espressione che mi pareva sospetta, e l'ho detto, non intendevo proporre una etimologia a Jesuset che manco sapevo esistere, ma rilevare le debolezze della di lui ricostruzione. Ci ho messo la MIA faccia, mentre della Sua non sappiamo, o non dovremmo sapere. Critica critica e non si propone con la Sua faccia. Lei non è algherese ? Ma và! che dire di uno che mi risponde alle 20 di sera con una citazione da un vocabolario catalano in più tomi, e me la cita senza sbagliare un accento, e l'opera si ritrova solo nella biblioteche centrali del regno (verosimilmente chiuse a quell'ora), e che dire di uno che che dice che andrà ad Alghero a verificare si Calic (scusi è davvero generoso a parole, solo che poi non m'ha riferito un bel tubo), e che dire che Phoinix, uno che aveva sempre da dire la Sua, da qualche tempo è sparito dal proscenio e si è riaffacciato il revenante Batsumaru (guardi lo so rompe le scatole, cambiare l'identità, ritrovare la vecchia password, è una faticaccia), forse quegli non sarà Phoinix, ma allora non è neanche Batsumaru. IL mio astio ? Il mio è motivato, perché ci son certe persone, a prescindere dai loro meriti, che han fatto carriera leccando,truffando lo stato, e prendendosela coi più deboli. Voglio davvero sperare ( e vivamente) che NON mi sono sbagliato, e che Lei NON sia una di quelle, se no, sempre con molta grazia e dignità, le manderei uno sputo, ahimè solo virtuale, in un occhio
Debito:
si suole usare "pisti" per indicare che c'è caldo o ci si è bruciati "Pisti itte caldu !" ( è il corrispettivo di tittia, itte frittu). Della salita non ti so dire, potrebbe essere preservazione di un soprannome, di cui si è persa memoria (ad esempio uno che diceva sempre "pisti", e che saliva e scendeva da quel luogo).
Prof. Sanna,
purtroppo non ricordo dove ho letto, almeno una decina di anni fa, la questione di Zesusette. Ricordo solo che era uno scritto di tradizioni popolari in cui si trattava anche di usi e canti del natale: non so se sia un effetto del tempo, ma associo questo ricordo al nome di Alziator. Quello che è certo è che non ho letto niente su santu doxi, questione sulla quale sto riflettendoi: magari la fortuna che Illiricheddu mi attribuisce, insieme a una dubbia origine algherese, mi sosterrà ancora una volta...
Saluti, B.
Voglio partecipare al'indovinello.
Secondo me Pinna 'e Pisti ricorda che in quel punto c'era la casa di un certo Pistis, oppure che tutti i muri delle case che si affacciavano sulla via (pinnas) erano di proprietà di gente dal cognome Pistis.
Caro Batsumaru, mi fa piacere che lei stia riflettendo sull'espressione. Ma la prego di non commettere l'errore di Illiricheddu. La ricerca va condotta su 'SU SANTU DOXI' e non 'Santu Doxi'. Se non ci fosse stato quel 'Su' (che non è articolo), molto 'particolare' per la scrittura e la lingua nuragica, avrei lasciato perdere un'ipotesi di spiegazione che poteva essere ricercata ( e forse trovata) per altre vie.
Dal momento che ci sono però vorrei ricordarle il 'Sextus Nipius' e la sua ticerca sul C.I.L. Ha trovato qualcosa? Come vede io sono disponibile ( e senza contorcimenti) ai 'passi indietro'. Non avrei esitazione a dire apertamente che anche sulla barchetta nuragica arborense ho sbagliato. E (lo dico senza ironia) non vorrei commettere la leggerezza o la stoltezza di far credere ad altri che sul fondo piatto dell'oggetto c'è la scrittura a 'rebus' nuragica. Il confronto per me è importantissimo. Almeno fosse avvenuto dieci anni fa!
Riuscirebbe a darmi il suo indirizzo di posta elettronica? Certe cose speeso 'coram populo' diventano complicate e ci si inalbera per un nonnulla. Anche chi è mite per natura spesso è costretto a tirar fuori le unghie.
Prof. Sanna,
fatto.
Saluti, B.
Scusi Sanna,
son ben felice che Batsumaru la abbia rifornito di un indirizzo e-mail (toh, la sparo: batsumaru@yahoo.it), ma quel "su" che ribadisce NON essere l'ex pronome latino IPSE, IPSA, IPSUD, ma si rende conto che sta continuando a brigliare la fantasia? Nelle esclamazioni, come nei vocativi "su" è di prammatica : "oh su duttò" , "oh sa femina". Ci ripensi e fra 24 anni mi faccia sapere: son qui con mannaia e cappuccio
cordialmente
Ipse, ipsa, ipsuM (ma ille, illa, illuD).
Cordialità, B.
No correggo la sua correzione : IPSUM. IPSAM, IPSUD (ho detto l'ex pronome, dacché le forme romanze derivano dall'accusativo (isse 'lui' deriva dal nom.) intendendo l'accusativo, e ho trascitto due nom. errando e l'accusativo giusto
cordialità? Strano, questo termine lo usa un altro studioso, che sempre catalano è: non sarà mica che mi son sbagliato sulla persona?
Ai due scholars (o scholarets) che mi hanno fatto obiezione su IPSUD:
Walde- Hoffmann, I, 749:
Ipse... -a, -m (spatl.-ud,'selbst')
saluti
Errare è umano, arrampicarsi sugli specchi...
Lei ha scritto: IPSE, IPSA, IPSUD, che è una bestialità, altro non c'è da dire.
Poi precisa che in chiave romanza meglio sarebbe citare IPSUM, IPSAM, IPSUD: io lo ignoro, cosa spiega IPSUD in chiave romanza? Mi renda edotto.
Poi ci vuole far credere che aveva in mente il latino tardo ipsud: se cerca ancora ci farà credere che aveva in mente anche Plauto e Terenzio, o magari il grammatico Caper.
Roba da matti.
B.
Guardi le bestialità Le dice Lei: si controlli bene le grammatiche storiche, non solo i bignamini che tiene sotto il letto, insieme coi devozionari delle suore sconsolate di Lula, e troverà che ad arrampicarsi sugli specchi è Lei.IPSE, IPSA, IPSUD. Ed io scemo che sto a venirti dietro, Oh bastumaru ne hai da mangiare di sabbia del deserto prima di arrivare a prendermi.
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