Il Politbjuro della NVLS è inquieto. La bieca reazione in agguato ha osato l'inosabile: “Si può fare una mostra del libro in Sardegna senza gli scrittori sardi?”, si chiede indignato un giornalista (La Nuova, 25 aprile) che così si risponde: “Sembra una contraddizione ma a Macomer è accaduto proprio questo”. È accaduto, infatti, che gli scrittori della NVLS non sono stati invitati a parlare dei loro romanzi, come invece fanno un giorno sì e l'altro pure nel loro quotidiano di riferimento.
La spiegazione data dagli organizzatori della Mostra del libro in Sardegna è che si era deciso di esporre i libri stampati da case editrici sarde. Una scusa, è vero, risibile, posto che i primi tre libri presentati venivano da fuori, ma questa è una innocente concessione al provincialismo. Però il Politbjuro della “Nouvelle vague letteraria sarda”, la NVLS appunto, non è di questo che si indigna. “Gli” scrittori sardi lì sono iscritti e solo essi hanno diritto a essere considerati tali, laonde per cui fuori loro fuori la narrativa sarda.
Ma perché tanta protervia da parte della bieca reazione? È chiaro: “Molti degli autori appena citati (cinque in tutto, NdR) si sono schierati pubblicamente per Soru alle elezioni regionali del 2009”. Della qualcosa, bisogna ammetterlo, nessuno si era accorto. Anzi tutti eravamo convinti che la NVLS fosse il luogo geometrico della letteratura in Sardegna e che l'appartenenza politica c'entra nulla. Del resto, è solo un caso che di quei magnifici cinque la Digital library della Regione sarda abbia pubblicato in epoca soriana ogni respiro, che il loro giornale di riferimento li segua dal momento in cui cominciano a scrivere a quando pubblicano, non mancando di segnalare ogni loro spostamento e ignorando ciò che d'altro si produce nell'Isola in materia di narrativa.
Peppino Marci, critico letterario dei migliori esistenti, uomo di sinistra, ha recentemente scritto: “Un (intraprendente) scrittore pubblica un libro con una (intraprendente) casa editrice. Un (compiacente) critico scrive un'articolessa che un (compiacente) redattore mette in pagina con grande risalto. Direte: e allora, cosa c'è di male? Niente; se si esclude che fanno tutti parte della stessa area politica, che da decenni se la cantano e se la suonano sostenendosi l'un l'altro e sostenendo gli stessi leader, dando quotidiane lezioni di pubblica moralità all'intero universo; facendo, in sostanza, i propri affari”. (L'Unione sarda, 12 aprile).
E stiamo parlando, qui, della narrativa in italiano. Quella in sardo, nonostante i quasi duecento titoli, non esiste proprio, né esistono i suoi autori. E passi per il Politbjuro della NVLS e dei suoi portavoce: non esiste neppure per la bieca reazione in agguato. Quando si dice gli opposti estremismi.
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