di Maria Rita Piras
Caro Gianfranco,
Vorrei intervenire nel dibattito del tuo blog a proposito degli archetipi dei miei pazienti. Da oltre 30 anni lavoro con persone affette da disturbi cognitivi conseguenti a danno cerebrale. In particolare, fra i deficit delle funzioni corticali superiori, ho studiato le afasie, le dislessie e le disgrafie che sono disturbi del linguaggio orale e scritto. Lo studio scientifico della Neuropsicologia Clinica nasce con la dimostrazione da parte del neurologo francese Paul Broca che il linguaggio viene elaborato in aree specifiche del cervello, con la descrizione di un paziente che in seguito ad un ictus cerebrale localizzato nel lobo frontale dell’emisfero sinistro aveva perso il linguaggio articolato.
Da allora lo studio delle lesioni cerebrali è stato un prezioso strumento per la comprensione del funzionamento del cervello normale e gli attuali neuro scienziati, con metodi scientifici rigorosi, portano avanti l’indagine sulle basi neurobiologiche della cognizione umana partendo dall’osservazione di soggetti cerebrolesi. Il linguaggio è una funzione complessa non solo nella sua integrità, ma anche nella sua compromissione. Nelle malattie degenerative del cervello come la Malattia di Alzheimer si ha spesso una compromissione del linguaggio sia orale che scritto, ma una “mente malata” non è più semplice o più elementare: la perdita di una funzione cognitiva non è una attività caotica, ma segue leggi rigorose e complesse, perché complessa è l’organizzazione della nostra mente, anche nella patologia.
La scrittura è una funzione simbolica che nel corso dell’evoluzione della nostra specie è stata acquisita tardivamente, cosi come viene acquisita tardivamente dal bambino rispetto al linguaggio orale nel corso del normale sviluppo cognitivo. Il linguaggio scritto, a differenza di quello orale, deve essere insegnato e richiede l’apprendimento di nuovi simboli, comportando una modificazione dell’architettura cognitiva della mente, grazie al costituirsi di nuove reti neurali associative. La scrittura è anche una funzione “fragile” che, per la complessità e l’estensione delle reti associative che la supportano, può essere danneggiata nel corso di malattie degenerative come l’Alzheimer. In questa malattia si perde progressivamente la capacità simbolica, attività che ci rende umani, e si perdono fra gli altri simboli, anche quelli che mediano il linguaggio scritto.
Ma anche nella malattia la mente sa essere creativa e i simboli persi nell’oblio della patologia vengono sostituiti da nuovi simboli che per la loro struttura richiamano i primi, i più antichi alfabeti che l’uomo ha inventato agli albori della civiltà. L’analogia che ho riscontrato con la scrittura nuragica che Gigi Sanna con rigore scientifico ci sta rivelando, non è casuale: la scrittura nuragica racchiude in se i simboli arcaici di una civiltà fra le più antiche, come se questi primi simboli inventati dalla mente umana fossero espressione di archetipi insiti nei nostri circuiti cerebrali. Ma l’arcaicità non implica semplicità, anzi i sempre più numerosi documenti nuragici scritti dimostrano una cultura raffinata e tecniche di scrittura complesse che possono essere decodificate grazie a modelli matematici. Nuovi strumenti sono necessari nel campo dell’epigrafia, dell’archeologia e di tutto ciò che costituisce la “cultura materiale”.
La comprensione di tutto ciò che è prodotto della mente non può prescindere dall’intervento di altre discipline, quali le neuroscienze, l’antropologia, la linguistica, l’intelligenza artificiale, la biofisica, la matematica, la filosofia. Non è facile comprendere le produzioni archetipiche dei miei pazienti, posso rilevarle, descriverle, fornirne delle interpretazioni alla luce delle attuali conoscenze, fare delle ipotesi, ma come dice Emerson Pugh : “Se il cervello umano fosse cosi semplice da poterlo capire, saremmo noi stessi cosi semplici da non poterlo capire”. Cari saluti.
3 commenti:
Cara Maria Rita,
ci spieghi gentilmente,se ne ha le capacità,dove sta il "rigore scientifico" sulla scrittura nuragica.Perché non continua ad occuparsi di neuropsichiatria e lascia l'archeologia ad altri?Magari a quelle stesse persone che prima teorizzano e poi, chiamate a confermare le proprie tesi, si ritirano dal dibattito.Lei dice che serve senza dubbio un ampio spettro di conoscenze per capire sempre meglio il passato, la biochimica, l'intelligenza artificiale, l'antropologia...
Noto con stupore che manca proprio l'archeologia e l'epigrafia.Allora prima di chiamare in causa i processi mentali ancestrali dei nostri avi, studiamoci tutti per bene un pò di storia, archeologia ed epigrafia.Poi, ma solo poi, ben venga tutto il resto.
Anche perché se no ci toccherà pensare che i nuragici fossero affetti da alzheimer...
PHOINIX
La nostra storia è scritta non solo negli evidenti reperti archeologici della nostra terra, ma pure nell’intimo di noi stessi, nelle nostre arcaiche tradizioni, nei ricordi tramandati da generazione in generazione, nei toponimi con i quali la nostra lingua definisce il nostro territorio. L’archeologia si occupa (con pochi mezzi) di scavare e studiare i ritrovamenti sul nostro passato, ma talvolta ciò che queste testimonianze hanno da dire viene male interpretato, in buona o cattiva fede, ci viene rivelato a distanza di lustri, in certi casi non si sarà mai raccontato, in altri ancora i reperti saranno completamente distrutti dal tempo e dall’incuria e non lasceranno più traccia sul suolo. Ma quello che invece è dentro noi stessi, nella nostra anima, quello che sappiamo con certezza esistere ma non con certezza scientifica spiegare, quello non ci sarà mai tolto, almeno finchè i Sardi continueranno a riprodursi perchè gnuno di noi lo porta dentro, indelebilmente, e lo trasmette ai propri figli. Grazie Maria Rita per questo spiraglio di luce sulla nostra anima arcaica, su quel tempo che fu, in fondo par di capire che quelle torri nuragiche sono come delle finestre spalancate su un tempo antico, felice, dimenticato, e ci danno la possibilità - oggi - di affacciarci, attoniti, ad ammirare i nostri padri intenti a costruire il loro, il nostro futuro. Luisiantoni
Sig.ra Piras,come ho gia avuto modo di obbiettare,ad altri in separata sede del blog,altri che non mi hanno dato alcuna risposta, cosi anche a lei obbietto il fatto che quanto dice cozza rumorosamente con cio che dichiara la Sig.ra Aba.In particolare mi riferisco al fatto che,la scrittura nuragica,possa essere intrinsecata da fondamenti scientifico-matematici tali che per poterli tirare fuori dalla medesima,occorre una persona che pratica la matemetica e la fisica.
Il tutto non collima con quanto da lei detto nel presente blog:
http://www.gianfrancopintore.net/index.php?option=com_content&view=article&id=141:lettere-nuragiche-dei-segni-alzheimeriani&catid=3:archeologia&Itemid=37.
Lei stessa parla poi,di estrema complessità del cervello.
Poichè le debbo precisare che per l’espletamento di qualunque processo mentale è necessario un intero sistema di aree corticali
intimamente collegate tra
loro, che lavorano in sintonia
e si integrano.
In particolare la scrittura è un processo mentale per eccellenza.
Lo studio del rapporto tra cervello e corpo ed in particolare di un rapporto diretto tra cervello e mano (caso della scrittura)fu studiato già agli inizi dell'ottocento,Charles Bell, ipotizzò l’esistenza di impulsi che partivano dal cervello per arrivare alla mano e l’esistenza di altri impulsi che effettuavano il percorso inverso.
Gli studi vennero perfezionati nel 1900,da altri studiosi e si è arrivati a capire che la scrittura è un particolare tipo di movimento effettuato dal corpo come reazione del cervello ad alcuni segnali interni od esterni ad esso. I vari studi hanno portato a sostenere che nell’ideazione motoria dei movimenti complessi della mano viene attivata l’area supplementare motoria che risiede davanti alla corteccia motoria.
Lei nel suo articolo (citato prima),afferma:"Le evidenze archeologiche dell'evoluzione degli utensili risalenti al Paleolitico Inferiore si accompagnano ad una notevole
espansione della corteccia di associazione prefrontale e parieto-temporale. Si nota una crescente sovrapposizione anatomica
e funzionale tra i circuiti neurali deputati alla fabbricazione degli strumenti e quelli coinvolti nella funzione
linguistica e nella prassia. Entrambe le abilità, infatti, hanno bisogno di una precisa coordinazione dell'azione e della
percezione, in maniera tale da permettere l'esecuzione di azioni complesse e dirette ad un obiettivo preciso".
Le PRASSIE non sono semplici movimenti,ma sistemi coordinati di movimenti in funzione di finalità precise con intenti e risultati.
Ebbene l'alzheimer nella seconda fase di sviluppo presenta:
amnesia
afasia
agnosia
aprassia.
L'aprassia,si puo desumere è il contrario di prassia,in particolare,il disturbo aprassico non è un disturbo di tipo motorio ma del livello di ideazione, scelta o organizzazione del comportamento motorio.
Essendo una forma di demenza, il morbo di Alzheimer produce una progressiva perdita delle capacità cognitive e intellettuali. Si inizia con il perdere della memoria a breve termine, e man mano la perdita di altre facoltà:quella di orientarsi e riconoscere il luogo in cui ci si trova, l'abilità di compiere ragionamenti astratti come quelli sui numeri e via di seguito.
Queste cose che comprensibilmente la sig.ra aba non sa,quando approccia un tenue tentativo di difesa riguardo all'incopatibilità delle vostre asserzioni.Ne sanna può sapere,ma lo ammette chiedendomi di rivolgermi a terzi,cioè lei.
Ebbene la mia dfomanda è:icervelli dei nuragici,visto quanto accennato,possono essere associati,in fatto di costruzione di figure archetipiche a quelli alzheimeriani?Da questo detto sembra di no,comunque se si,ci spieghi i motivi,questa volta accettabili,che glielo fanno ritenere.
Andrea Brundu
Posta un commento