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La carta delle lingue europee di Limes |
E' inutile che li cerchiate: il sardo, il valdostano, il sudtirolese e, insieme a queste, altre sette lingue storiche tutelate dalla Repubblica non esistono. La carta è di
Limes, la rivista di geopolitica del gruppo
L'Espresso-La Repubblica che, dopo le aspre polemiche suscitate da un
immondo articolo di
L'Espresso contro il friulano e il ladino, ha, bontà sua, riconosciuto queste due ultime lingue, senza per altro assegnare loro un territorio. Con la verve sarcastica che lo contraddistingue, Roberto Bolognesi, parla nel suo
blog di questo ultimo insulto dei radical chic del gruppo editoriale. Non ci sarebbe altro da aggiungere, se non che nella paranoia unitarista segnata dallo slogan "uno Stato, una Nazione, una Lingua",
Limes annette all'italiano anche la lingua corsa. Proprio come avrebbero voluto i fascisti corsi di
A Muvra che negli anni Trenta chiedevano l'annessione della Corsica all'Italia.
16 commenti:
Se guarda la carta a pag. 98 del quaderno di Limes, troverà la Sardegna inclusa fra le"nazioni senza stato". Penso sia giusto leggerla tutta, quella pubblicazione.
B. Larsen
Vuol forse dire che la cartina che ho pubblicato è falsa? Se non lo è, questa ho criticato
No, caso mai voglio dire che mi sembra un tantino prevenuto, perché mostra solo le cose erronee: nello stesso volume ci sono altre carte che mi pare rendano più giustizia alla situazione de sardo.
Altra cosa: è lei - secondo me - che ha la paranoia anti-unitarista, perché dacché mondo è mondo il corso è considerato, in quanto varietà toscana, all'interno dell'italiano. Niente di strano, a me sembra.
@ Larsen
Perdoni se insisto. Io non ho recensito criticamente Limes. Ho solo mostrato attraverso una cartina di Limes a quali conseguenze porti la paranoia nazionalista granditaliana: a cancellare le minoranze storiche tutelate da una legge dello Stato in applicazione della Carta costituzionale.
Quanto al Corso è - ma molti corsi lo contestano - una lingua toscana. Non una lingua italiana che si è affermata, in quanto italiana, solo dopo che l'Italia si è fatta Stato, giustappunto 150 anni fa. Così, tanto per mia curiosità, lei pensa davvero che Dante, Macchiavelli, Federico il Borbone, Lorenzo de' Medici, Cristoforo Colombo, Cattaneo, Galileo... fossero italiani?
Guardi un po' cosa scriveva - loquela italiana - quel mattacchione di Fazio degli Uberti nel Dittamondo (siamo nel Trecento):
Il nostro viaggio / è di cercar lo mondo a passo a passo: / costui, ch'è meco, il vuole e io nel traggio. / Ma voi chi siete, che mostrate lasso / e che avete loquela italiana, / e che vi mosse a far di qua trapasso?» / «Una città, rispuose, è in Toscana / di sopra l'Arno, Fiorenza si dice; / se dite 'sì' ben so che non v'è strana.
Forse (sottolineo, forse) potrà convincersi che legare la nascita della lingua italiana all'unità d'Italia è un tantino azzardato. E, chissà perché, gli storici della lingua italiana continuano a parlare di italiano antico...
Che la "loquela italiana" esistesse prima dello stato italiano é un fatto incontestabile. Analogamente, la loquela sarda esiste a prescindere da uno stato sardo. Suppongo che per "loquela italiana" Fazio degli Uberti intendesse qualunque idioma della penisola. Io però distinguerei tra la loquela italiana e la lingua italiana quale la si intende oggi, e cioè lingua ufficiale dello Stato, imposta per legge con l'Unità d'Italia. Analogamente, il concetto di nazionalità, é nato con l'unità d'Italia. Prima di allora, solo pochi idealisti (come potrebbero essere oggi gli indipendentisti sardi)avevano il concetto della nazionalità italiana. In questo senso sento di dar ragione a ZFP. Un concetto politico dell'Italia allora non esisteva. Un Galilei, un Leonardo etc, non si sentivano di certo italiani, semmai Toscani.Salvo qualche eccezione, naturalmente.
Per quanto piacevole, discorrere con lei, sig Larsen, rischia di essere improduttivo visto che si parla di cose diverse. Certo che la "loquela italiana" esiste prima che l'Italia da espressione geografica si trasformasse in espressione politica. Resta il fatto che Fazio degli Uberti era italiano come lei ed io siamo europei e che scrisse ai Signori e Popoli d'Italia come lei ed io potremmo scrivere oggi ai Capi di Stato e ai Popoli d'Europa in "loquela italiana" senza pretendere che questa sia la lingua europea.
Egli fu cittadino fiorentino e poi suddito scaligero in una penisola divisa in stati, ciascuno dei quali con una propria lingua di comunicazione. L'italiano fu imposto per legge solo quasi cinque secoli dopo dal Regno di Sardegna e da un personale politico che al proprio interno parlava in francese.
A conferma che la lingua è un dialetto alle cui spalle c'è un esercito.
Ora mi sovviene che Dante Alighieri, mi pare nel De vulgari eloquentia", disapprovava il linguaggio dei sardi che, a suo dire, ripetevano il latino a pappardella, e citava il caso di Domus Novas. In un canto dell'Inferno, addirittura, Dante cita un gruppo di sardi (ora non ricordo bene chi, forse frate Gomita e company, accidenti alla vecchiaia)che, persino nell'inferno, trascorrevano il tempo facendo gruppo a sé e parlando i cose sarde (a parlare di Saldigna le loro lingue non sono mai stanche). magari i versi non sono esattamente testuali, ma ne deduco due concetti importanti:
1) il sardo non era considerato da Dante idioma italico;
2) i sardi erano considerati da dante come un gruppo a sé, al di fuori delle beghe italiche.
E se lo già queste cose le diceva il padre della lingua italiana...
Mi dispiace questa sua sensazione di mancanza di comunicazione.
Io volevo solo dire che non vedo niente dietro quella carta se non approssimazione: lo dimostra il fatto che altra carte nello stesso volume sono in contrasto.
Altra cosa che volevo dire è che mettere il corso con l'italiano - dal punto di vista linguistico, perché di carte linguistiche trattasi - non mi pare una cavolata, anzi.
Di Machiavelli &c. non ho parlato, né mi interessava farlo, né lo ho fatto per allusione.
Saluti
A conferma che la lingua è un dialetto alle cui spalle c'è un esercito.
Pura verità. Pensiamo allo stato centralista per antonomasia, la Francia, che ha imposto dappertutto il dialetto dell'Ile de france.
@ Atropa.
Credo che quelli di Limes abbiano messo nel sito solo le carte a colori. Nel volume ce ne sono tante in bianco e nero. Sicuramente, conoscendo le insidie della cartografia linguistica, ci saranno errori di vario tipo anche nelle carte in bianco e nero.
Premesso che nel quaderno di Limes "Lingua è potere" scrive gente del calibro di De Mauro e Serianni, penso che la redazione avrebbe potuto fare un lavoro più attento: ma insomma, è da un pezzo che le redazioni lavorano in ristrettezza di mezzi... non si può pretendere la luna per 12 euro.
Quanto alla divulgazione, si sa che in Italia la manualistica nel settore umanistico lascia a desiderare: a livello universitario, ad esempio, spesso si traducono i manuali da altre lingue...
Da noi, le menti migliori sono diffidenti verso lo scrivere manuali: forse perché in ambito accademico è considerata un'attività secondaria, che paga poco (in termini di carriera e di soldi: questi ultimi vanno soprattutto all'editore). Si tratta invece di un'attività che andrebbe rivalutata, perché, oltre a essere molto difficile (guardi che bei 'manuali' scriveva il Tagliavini qualche decennio fa), è decisiva per le giovani generazioni.
Detto questo, non sorprende che molti manuali contengano rimasticature di manuali più vecchi: ex libris fiunt libri... e costa poco!
Stia bene.
Sarebbe bastato scrivere "sardo" sulla cartina della Sardegna ma
c'è tanto dilettantismo e malignità che si occulta, a mio avviso volontariamente e in malafede (altro che fondi o non fondi signor Larsen!!!,) anche il fatto che il sardo sia una lingua neolatina autonoma del tutto e da sempre indipendente dall'italiano.
Anche i nazionalisti italiani di ieri ne sapevano molto di più di questi ignoranti di oggi; il linguista Matteo Bartoli infatti, nel 1903, ci ricorda che il sardo è "di gran lunga più caratteristico che il ladino o il franco-provenzale e forse il più caratteristico fra gli idiomi neolatini". Signor Larsen, passi la notizia ai suoi amici "filologi".
Giuanne Masala, www.sardinnia.it
La cosa più indicativa è il bussare a quattrini: “è da un pezzo che le redazioni lavorano in ristrettezze di mezzi…”. Mi sembra di avvertire un qualche rimprovero (allo Stato?): noi ce la mettiamo tutta, ma se non scuci un po’ di dindin, quelli sono capaci di fare la rivoluzione.
Segnalo a pagina 75 di questa rivista, questa "albitraria" affermazione:
"La particolare identità linguistica resiana esprime UNA LINGUA SLAVO-ARCAICA unica, distinta da qualsiasi altro idioma linguistico riscontrabile in comunità o Stati limitrofi".
Questa mi risulta essere solo "una opinione", per altro non condivisa dalla linguistica a livello internazionale e dagli slavisti italiani.
Mi risulta che "natosianiano, po-nassen, resiano" siano considerati
a livello internazionale e dagli slavisati italiani, DIALETTI DELLA LINGUA SLOVENA.
Vi indico un link per saperne di più sul dialetto sloveno che si parla a Resia (provincia di Udine):
http://www.slov.it/?section=articles&journal=82&article=651
Cara Michi, temo che la sorte delle "piccole" lingue sia quella di essere maneggiate da grandi pasticcioni. I quali possono scrivere quel che vogliono senza il pudore che avrebbero davanti alle "grandi" lingue, le loro. A noi non resta che denunciare le loro approssimazioni. Sembra che siano acqua e sapone buttati via, ma chi lo sa?
Cara Aba, notizia molto interessante. Urgono dettagli
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