martedì 25 gennaio 2011

Il cartello indipendentista e la sindrome di Stoccolma

L'assemblea del cartello elettorale in una foto del
sito Nazionalisti sardi
Il lento lavorio di Sardigna natzione per arrivare a una qualche forma di unità del mondo indipendentista è stato premiato. Ad Ittiri si sono ritrovate numerose sigle di quell'arcipelago e hanno deciso di dar vita ad un cartello elettorale che dovrebbe presentarsi sotto un unico simbolo alle prossime consultazioni. È una buona notizia non solo per quanti hanno a cuore l'indipendenza della Sardegna ma anche per quanti non ne possono più di una politica che procede per divisioni e, peggio, per scissioni. Dando così l'impressione che il chentu concas chentu berritas sia il tentativo di ricavare un berretto gallonato per ogni testa piuttosto che, come io credo, l'icona della indipendenza di pensiero dei sardi.
Ma più che la presenza di sigle quel che colpisce è l'assenza di partiti e movimenti che per ispirazione ideale e nella pratica politica si situano nell'area di quanti affermano la sovranità dell'Isola e vogliono dare a questa una forma istituzionale. Non so se queste assenze sono dovute ad un rifiuto a partecipare o al fatto che più semplicemente non sono partiti gli inviti a prender parte al processo unitario, sia pure limitato a un cartello elettorale. Constato che era presente la consigliera regionale dei Rossomori Zoncheddu che ha votato contro la mozione sardista per l'indipendenza ed erano assenti i sardisti che quella mozione hanno presentato e votato ed erano assenti gli altri deputati regionali che votarono il documento sardista. Né c'erano gli altri che, astenendosi, hanno mostrato attenzione alla questione.
La Nazione sarda è di sinistra” mi disse qualche anno fa un deputato regionale naturalmente di sinistra. Si trattava evidentemente di una captatio benevolentiae, ma una bestialità non si trasforma in cosa intelligente solo perché buone sono le intenzioni. Perché questa sciocchezza, trasformata in iniziativa politica e culturale come sembra delinearsi con il cartello indipendentista, porta a conseguenze aberranti. La nazione sarda rimane tale se a governarla è la sinistra e diventa chi sa che cosa se governata dalla destra? La Sardegna è indipendente se va sinistra e torna dipendente se va a destra? E, peggio ancora, il cartello che si delinea si propone di conquistare all'indipendenza chi oggi non è indipendentista o vuole conquistare alla sinistra chi oggi tale si sente indipendentista?
Tutta la sinistra sarda presente nel nostro Parlamento ha, con esclusione di un solo deputato del Pd ma con l'inclusione dei Rossomori, votato contro la mozione del Psd'az. La destra si è divisa: alcuni suoi deputati hanno votato a favore, una decina di loro si sono astenuti, gli altri hanno ripinguato la schiera giacobina. La scelta del “cartello elettorale” di escludere chi non è di sinistra è naturalmente legittima e rappresenta, anzi, un momento di chiarezza. In tutte le nazioni senza stato che si interrogano sul loro futuro istituzionale gli indipendentisti si schierano secondo le proprie sensibilità, di sinistra, moderate, di destra. Con il risultato, però, che a governare sono gli altri. Che succeda anche in Sardegna è normale, anche se spiace che non si comprenda come così facendo si allontana nel tempo, fino a diventare evanescente, il raggiungimento dell'obiettivo che ci si propone.
Il pre-giudizio che, per ragioni ideologiche e di schieramento, include chi, nel momento della assunzione di responsabilità, vota contro l'indipendenza ed esclude chi le vota a favore solo perché gli uni si dichiarano di sinistra e gli altri di destra ha davvero senso? O scatta ancora una volta la sindrome di Stoccolma?

4 commenti:

Adriano ha detto...

Hai centrato il senso del nostro articolo Gianfrà, il problema ad Ittiri non è stata tanto la quantità di sigle, ma la qualità di queste (non sul piano personale dei loro membri, specifico):
continuano a mancare sigle maggiormente rappresentative sul piano elettorale e che, a differenza di altre presenti ad Ittiri, nell'ultima legislatura hanno trattato i temi della sovranità e dell'indipendenza.

In più permane il limite ideologico di voler considerare sempre e solo a sinistra il perimetro di azione della causa indipendentista. Nel 2011...

Se da un lato è stato un bene ai fini dell'unità rimuovere i complessi ideologici della IRS di Franciscu Sedda (con le sue etichette), dall'altro oggi si rischia questo passo indietro di 10 anni. Perché il vantaggio della IRS con Sedda è che almeno questa aveva manifestato larghe aperture ad un indipendentismo maggiormente liberale e quindi maglio interfacciabile con la società sarda del presente.

Sardigna Natzione in 10 anni non ha elaborato alcuna comprensione di questo mutamento nella spina dorsale dell'indipendentismo e persiste nel vedere l'unità solo a sinistra (danneggiando per diretta conseguenza anche i principi che portarono a superare il vecchio Partidu Sotzialista Indipendentista Sardu).

Insomma...c'è ancora molto lavoro di critica da fare...

Bomboi Adriano - www.sanatzione.eu

Anonimo ha detto...

Perdonatemi....
ne ho i cosiddetti stracolmi!
Qual'è il vero fine ultimo?
L'autodeterminazione del popolo sardo! O no?
Forse ho capito male.
Ma se invece è questo il vero intento prima facciamola sta Nazione Sarda,
poi ognuno prenda la propria strada,
destra, sinistra, centro e intermedi.

Centocinquant'anni fa fecero l'Italia senza gli italiani,
noi abbiamo Sardegna e sardi belli che pronti,
solo che non ce ne siamo accorti.

Valerio Saderi

Davide Casu ha detto...

per me il problema continua ad essere quello dell'istituzione stessa del partito... ma si badi bene che non parliamo solo del suo essere ma delle forme del suo essere, che ne fanno una realtà associativa ancor PIù NOCIVA DA NOI, in quanto profondamente attaccate alla realtà consociativa attuale che è settaria... non tanto nei termini che avevamo rimproverato a irs, semmai nella prospettiva di individuare solo alcuni beneficiari dell'azione politica e pertanto nella convinzione che il partito sia prima di tutto perchè da esso scaturisce una visione corretta e totale della realtà. Ciò risulta incorretto perchè realmente il partito crede che il totale da rappresentare e comprendere sia solo ed esclusivamente la base a cui crede di fare referenza. é necessario invece ridefinire una politica che non parte daLL'UOMO che si affilia a parte dei simili, ossia quelli ancora più simili a lui(per interessi economici e affinità sociali) bensì dalla terra...
questa è l'unica forma di giungere ad una politica che si licenzi dagli stereotipi insiti nella stessa istituzione del partito (parte)... Non può
eistere una politica genuina, in questo secolo, che parta dall'esigenza di una parte e comprenda una parte sola della visione d'insieme... difatti poi, tale visione parziale, si associa a refrain alquanto vetusti...
si parte allora, (e questa è la politica in parte dell'irs di cardenia, di sale etc etc), da ciò che la terra ci suggerisce, sue sono le risorse, gli input, le esigenze per poterci reggere sono le sue e non le nostre in quanto noi non siamo in grado di creare nostra madre ma solo di prendercene cura... da qua possiamo poi superare definitivamente quella supergrandemegacazzata iRSiana dell'indipendentismo non nazionalista, dicono loro: esigenza per una sardegna inclusiva...
Basta semplicemente chiarire il concetto di nazionalità a partire proprio dalla terra e non dall'uomo. A mio parere dunque, la nazionalità non è
cosa che viene dalla nascita in loco o dal sangue, bensì è la decisione di vivere secondo i dettami di quella terra, è quindi una scelta: LA NAZIONALITà SI SCEGLIE, e si sceglie di sviluppare la propria esistenza individuale e sociale all'interno dello sparito che ci viene proposto dalla natura, in questo caso: LA SARDEGNA.
da ciò ne deriva anche un concetto nuovo di indipendentismo, che io azzarderei a definire, in questa sede, il polindipendentismo, ossia che il nostro indipendentismo rimarrebbe solo folklore senza un indipendentismo, come sopra definito, diffuso; in grado quindi di recupeare quelle istanze perdute e assorbite da una globalizzazione livellante... ecco, allora da qua,penso, bisogna partire e reimpostare tutto il discorso politico, sociale, economico, non a partire da quello che abbiamo sotto gli occhi oggi, (per dirne una a caso l'europa della bce), e ripartire da una sardegna, da una corsica, da una campania, da una macedonia, da una occitania, da una galicia,da una etc etc... poi forse da questi contesti socioculturali, è forse possibile far scatuire un europa fuori dalle manovre delle grandi finanze, ma un europa in mano agli europei, eguali in quanto diversi... insomma non può eistere la nostra peculiarità senza salvaguardare le peculiarità altrui, senza pertanto rimettere mano a un sistema economico evidentemente nefasto sotto questo punto di vista che non credo più di tanto scorretto

Adriano ha detto...

Questo della nazionalità "che si sceglie" Davide sarebbe un tema da approfondire, ma in linea generale le cose si muovono su un piano diverso: il bambino che nasce in una data realtà non può scegliersela, semplicemente la vive ed in base ad essa cresce. Poi a limite a posteriori (se ne avrà gli elementi) maturerà un'altra visione.
Ma da quando si nasce, in famiglia ci insegnano una precisa lingua, mentre a scuola ne sentiamo un'altra. Ciò succede anche nella vita sociale, quando accendiamo una televisione o leggiamo un libro, oppure pratichiamo sport, etc. Assieme ad una serie di elementi culturali e sociali.
I Sardi in quest'ottica, piuttosto, un'altra nazionalità la subiscono e pertanto diviene molto difficile per loro poterne capire un'altra, magari endemica al territorio.

Purtroppo in Sardegna abbiamo partiti così scalcinati che, o governano e non parlano nè di storia e lingua da introdurre nel tessuto sociale attarverso delle riforme, o movimenti che invece vorrebbero fare queste cose ma non governano perché non capiscono neppure come diavolo devono presentarsi all'elettorato e come, eventualmente, potrebbero sviluppare accordi programmatici che vadano in quella direzione.

Si osservi a questo riguardo la differenza tra il PSD'AZ e SNI.

I Sardi insomma percepiscono che possono essere anche qualcos'altro, ma sono indotti e non andare mai oltre perché manca una spinta (istituzionale, mediatica, culturale, etc) che li porti a parlare di nazione Sarda e promuoverla. Una parte di questi problemi però possono essere risolti proprio con la riforma dello statuto Sardo, iniziando per gradi questo percorso di autocoscienza collettiva. E non, come dicono molti santoni indipendentisti oggi, "convincendo le persone a poco a poco finché arriveremo al 51% di consensi". Campa cavallo...

Bomboi Adriano