sabato 9 maggio 2009

Come fare soldi a scuola con la cultura sarda

di Alberto Areddu

Vorrei dire la mia brevemente su come vengano devoluti (e a chi sostanzialmente vadano) i soldi per la diffusione della cultura sarda. E' notorio che la regione stanzi per la "Giornata della Sardegna" all'incirca 1000 Euro (parlo di scuole con bassa utenza) per gli istituti che richiedano di festeggiarla. L'appalto è dato a un service legato alla Regione, costituito da insegnanti fuori ruolo o che si sono delegati "per amor della sardità" a tali cose.
Cosa succede dunque? La scuola che potrebbe far tutto da sè chiama qualcuno di questi ex-insegnanti che girano nel brodolone dei fautori del volapuk corrainese, i quali nulla facendo, si beccano, alla faccia, almeno un trenta per cento dei mille euro (ripeto per una scuola di piccole dimensioni), gli altri vanno in acquisto e stampa di manifestini, in vettovaglie e qualcosa al dirigente; la scuola di fatto si occupa -con tali operazioni e tramite telefonate ai massmedia, col comodato gratuito di bidelli e volontari- della preparazione e della pubblicità che esiste il tal convegno sulla sardità; la regione, tramite il service, mette il suo imprimatur alla manifestazione.
Voi potete immaginate quante scuole approfittando dell'esistenza di tali finanziamenti, non ricorrano a tali prebende, che danno un po' di lustro ai dirigenti. Ai conferenzieri - che al limite vedono glorificato il proprio nome sul manifestino- invece non viene in tasca un belino. Quanta gente poi intervenga a tali "abbojos" è facile immaginarselo: i soliti happy fews della sardità, qualche preside amico che saltandosi scuola ha un generoso rimborso, il politico locale che strizza gli applausi per il suo accorato richiamo al fatto che la Sardegna è un'isola in mezzo al mare dimenticata e bisogna farla conoscere sopratutto ai giovani sardi (e che per l'uscita dall'ufficio si becca 150 Euro di diaria), e ovviamente gli alunni che volenti o nolenti, han saltato quel giorno (che peraltro non è neanche il 28 aprile, dacché genialmente le scuole vengon tenute chiuse in quella giornata fatidica) per stripparsi di cose di cui non gliene fotte una mazza.
Non so se avete visto un servizio di Report sugli sprechi nelle scuole, be’ questo secondo me è uno spreco lampante, gestito e avallato dalla Regione. Mi hanno recentemente invitato, come conferenziere, a una scuola, m'avessero detto che mi risarcivano la benzina ci sarei andato subito, ma posto che i soldi per l'organizzazione se li sarebbero presi quelli del detto service e il preside di tal scuola (che peraltro saputo il prezzo del mio libro non si son punto degnati di comprarmelo), secondo voi, ho fatto bene a non andarci o mi son dimostrato, per quel che son, zeneise?

1 commento:

p.atzori ha detto...

Posto che le miserie umane e le pessime pratiche scolastiche con relativi emolumenti esistono, sussiste la necessità di insegnare ai sardi chi sono, funzione alla quale la scuola attuale ancora non assolve. Occorre convincere i sardi che hanno anche una loro storia e una loro lingua da apprendere per collocarsi dignitosamente nel mondo, che se esiste la nazione italiana, tanto più esiste la nazione sarda e, viceversa, che se dovesse venir meno la nazione sarda, come disse un Lussu forse già succube di sirene marxiste, tanto meno reggerebbe quella italiana. Metternich, che non era un pinco pallino qualsiasi, aveva parlato di Italia in termini di semplice espressione geografica e ancor oggi non siamo troppo lontani da questa realtà, nonostante sia trascorso più di un secolo e mezzo. I fatti di Itri del 1911, con il massacro di operai sardi, fu un esempio di scarso senso di italianità. Le Lannou nel 1951 ci conferma un certo razzismo italico a nostro danno.
Con valide ragioni, si potrebbe anche sostenere che se non si vede la necessità di rafforzare il nostro sentimento di sardità, non ha più senso neppure rimanere negli stretti recinti italici o italioti, essendo gli orizzonti ben più aperti di un tempo. Dunque Areddu passi dalla critica, che condivido in parte (sperpero di risorse), alla proposta, giacchè non mi pare chiaro se vede o no una prospettiva di sviluppo della sardità nelle scuole sarde. La scuola in Sardegna è quella che noi vogliamo che sia. Cordialmente, Piero Atzori