Nel movimento per la lingua sarda, non sono molti ad essersi accorti che le elezioni ci sono state, che hanno dato l’esito che hanno dato, che la battaglia per il sardo va ripresa urgentemente partendo dalla realtà dei fatti. Questo non toglie, ci mancherebbe, che sul piano delle convinzioni politiche personali o di gruppo è lecito battersi perché questa realtà dei fatti sia cambiata alla scadenza di questo governo sardo.
Uomini politici già ne preparano le condizioni, alcuni utilizzando strumenti formali (dichiarando, per esempio, illegittima la formazione della Giunta), altri servendosi dei più beceri strumenti di propaganda Quarantottesca (il governo servo dei padroni massoni, clericali, affaristi, mattonari), altri ancora preparandosi ad una dura opposizione nel parlamento sardo. C’è anche chi, esprimendo una giusta avversione all’infelice proposta di Berlusconi di far votare nel parlamento italiano i soli capigruppo, pensa di ricavarne vantaggi qui in Sardegna. A parte le iperboli usate dagli usignoli dell’imperatore (purtroppo per loro solo ex), tutto legittimo e persino doveroso. Nella sua modestia, questo blog, come si conviene ad una voce libera, preso atto che ha vinto Ugo Cappellacci, eserciterà un controllo puntale e critico degli atti del suo governo.
Ma la questione della lingua che c’entra? C’è qualcuno che, aspettandosi provvedimenti dannosi per la lingua, vuole starsene in disparte adottando a sua pratica il tanto peggio tanto meglio? Forse che c’è qualcuno per il quale la caduta di Renato Soru si è trascinata dietro la speranza di una seria politica linguistica. Anche l’apertura di questo fronte è meglio del silenzio. Silenzio che dà una pessima impressione del movimento per la lingua, autorizzando i più stolti degli oppositori alla lingua (spesso più interni allo schieramento alleato a Soru che esterni) a gioire nell’aver indovinato: “Questa è tutta gente che sta con la lingua per via delle prebende e dei finanziamenti”.
Nel programma con cui Cappellacci ha vinto, sulla questione della lingua c’è scritto:
“La Sardegna è una “nazione” con proprio territorio, propria storia, propria lingua, proprie tradizioni, propria cultura, propria identità ed aspirazioni distinte da quelle che compongono la Nazione italiana, ed assomma in sé tutte le culture e le civiltà che si sono succedute nell’isola del prenuragico ad oggi... Per questo, coltiva e gestisce in sovranità la propria eredità culturale, materiale e immateriale, in un ordinamento istituzionale di cui la Regione autonoma della Sardegna si dota.
“... l’obiettivo prioritario del nostro programma è quello di ripartire, attraverso processi di ampia concertazione con gli attori, della tutela e valorizzazione del patrimonio di identità, di storia, di lingua, di cultura, di tradizioni e di produzioni del popolo sardo con strumenti normativi che possano assicurarne conoscenza e fruibilità oltre ad una loro riproposizione in chiave moderna ed attuale attraverso l’uso delle nuove tecnologie.
[Si vuole] realizzare un sistema di incentivi per la valorizzazione della lingua e della cultura a favore dell’editoria, delle arti, dell’associazionismo, del marketing, della comunicazione e informazione, della formazione e di ogni attività che supporti il patrimonio identitario dei sardi.”
Personalmente avrei desiderato meno affermazioni di principio e più dettagli. Sono, comunque, posizioni decisamente importanti e nuove in una cultura politica dominata fino ad ora da un giacobinismo stomachevole, superato solo da Soru e da qualche altro, come Paolo Pisu, per dire, purtroppo oggi fuori dal Consiglio. Il problema che si pone ora ad un movimento per la lingua che decida di metter da parte i piagnistei è quello di tallonare il nuovo Assessorato della Cultura e di invitare l’assessora Lucia Baire al rispetto del suo programma.
Se il movimento si ricomponesse, e tornasse ad essere quello che è stato, una società di persone che non ti chiedeva de sos chie ses? per accoglierti, dovrebbe a mio parere chiedere un immediato confronto con l’assessora.
Su quest o blog, in un gruppo di discussione in Facebook, il movimento per la lingua potrebbe ricompattarsi e concordare il “dossier lingua sarda” da presentare alla Regione.
9 commenti:
A ZFPintore,
Per costruire al più presto un valido dossier sulla lingua sarda, insieme ai contributi che tu indichi, occorrerebbe chiedere un contributo a Irs, in seguito al dibattito che si è svolto nel suo forum, occorrerebbe anche chiedere un contributo a Sardegna e Libertà di Maninchedda, in seguito al dibattito che si è svolto nel suo forum. Di altri contributi so poco. E' giunto il momento di coordinare gli sforzi, non ti pare?
Te ne puoi occupare tu? E' un'ottima idea
Proverò a farmi portavoce
Boh. Gianfrà. Ma galu dossier b'hat de achere pro sa limba sarda. Commente chi su travallu chi ha fattu prima Pascale Onida poi sicchitu dae Soru non siat servitu a nudda. So d'accordu chin tecus cando naras chi oje depimus picare attu chi hat bintu Cappellacci. Comente est ateretantu veru chi lu isettamus a sas proas de su guvernu . E pro mene sa chestione de sa limba hat a essere unu de sos parametros pro lu giudicare. adiosu . J.Porcu - Irgoli
Caro ZFP,
alla fine mi dovrai pagare la giornata se, per colpa del tuo blog, non riesco a combinare niente altro in tutto il giorno che non sia leggere le interessanti discussioni su lingua, identità, ecc.
Mi ha colpito molto come il programma di Cappellacci riprenda pari pari quanto scritto nel Preambolo della Carta de Logu de sa Nazioni sarda.
Ci si sta chiedendo: da dove ripartiamo? Bene, ripartiamo proprio da lì, cioè dal programma del Presidente che è cosa sua, ma è indubbiamente anche cosa nostra.
Così come si discute in altri post a proposito dell'identità, anche il programma del Presidente, mondato dai riferimenti a questa parola, risulta chiaro chiarissimo e accettabile, perché sappiamo esattamente di cosa stiamo parlando.
Se è permesso eccepire, e lo faccio sommessamente, ho l'impressione che una parte del Preambolo non sia una rivendicazione di parte, ma una risoluzione dell'ONU, in cui tutto e tutti sono messi alla pari (come nel disegno di legge elettorale di Soru).
Parlo per esempio del catalano di Alghero (il catalano notoriamente non è una lingua a rischio) e delle altre parlate alloglotte rispetto al sardo per le quali si chiede in egual misura quanto si rivendica per la lingua sarda.
Io non ho decisamente nulla contro queste parlate, questo sia ben chiaro, e chi mi conosce lo sa per le cose che faccio, ad esempio nel premio letterario Campidanu dal 1995, in cui "passiamo" anche le opere in gallurese o tabarchino, pur contro il bando che parla solamente di sardo capidanese/logudorese.
Sono convinto che mischiare troppe cose indebolisce, sfuma, sminuisce la proposta principale che deve essere una, incontrovertibile, non soggetta a ridimensionamenti.
E visto che ci sono, lasciami dire anche che in questa avventura (non intendo chiamarla battaglia in nessun caso, ché sarebbe pure di cattivo auspicio, visto la disparità delle forze in campo rispetto al potere decisionale), in questo procedere dunque non mi vorrei trovare dietro a nessuna bandiera di parte politica, neppure dietro a quella per cui ho fatto il segno croce. Preferibile dunque andare con chi ci sta, con tutti benvenuti, ma senza vessili di parrocchia, senza canonici prebendati.
Se così non fosse, non è che non andrò se si deciderà di andare, ma con meno l'entusiasmo.
Forza paris
Francu Pilloni
Cari amici,
un solo commento: buona fortuna a tutti voi! Noi (Partito Democratico) continueremo la battaglia portata avanti da Renato Soru, sulla lingua Sarda, anche dai banchi dell'opposizione e preso atto del vostro sfrenato ottimismo sulle 3 M (Massoni, Mattoni e Medici)con una assessora alla cultura così, al massimo ( se vi andrà bene) si ritornerà al Latino nelle scuole pubbliche! Su dove, su quando, sul modo, su come fare opposizione l'unico nostro azionista di riferimento è il POPOLO SARDO! Già mi sembra di sentirvi tra 4 anni....
A si biri mellus
Carlo Carta
(uno che non sarà mai sardo-masso-nuclear-clericale!!!!)
p.s. Franco come si dice in Sardo radioattività?
Caro Carta, sono convintissimo e non da oggi che tu sia un sincero militante per la lingua. Andrei più cauto nell'estendere la tua passione al tuo Partito. Insieme a persone come te (mi auguro in maggioranza) ci sono potenti leader culturali che fino all'ultimo si sono messi di traverso alla politica linguistica di Soru.
Un obiettivo l'hanno raggiunto: togliere la lingua dalla sintesi del programma elettorale e impedirgli di annunciare la ripresentazione del ddl sulla politica linguistica.
Spero proprio che tanti Carlo Carta convincano Soru a presentare in Consiglio lo stesso testo come proposta di legge.
Quanto a massoni e clericali abbraccetto non ti sembra che neppure il dispiacere per una sconfitta autorizzi una simile sciocchezza?
Francu Pilloni scrit:
O Carlo,
radiuattividadi hiat a andai beni, o no?
Cantu a is Framassonis (aici ddus hat cantaus unu famosu poeta casteddaiu), deu hia a essi bofiu intrai, ma nemus m'hat scoviau mancu aundi depia presentai sa dimanda.
Indi scis calincuna cosa?
Saludi e olia de moli.
O Gianfra', a li lu pones che interventu?
Ja, faghet, ja!
Semus 630 scritos a "vogliamo che i nostri figli studino il sardo a scuola" e 480 a "boleus/cherimos su sardu in sa scola".
Semus pagos o medas?
Si pensamus ca in Facebook bi sunt a su mancu 20.000 sardos, semus pagos.
E si pensamus ca casi su 90% de sos sardos, comente resurtat dae sa circa sotziulinguistica coordinada dae sa Prof.ssa Oppo, cherent su sardu in sa scola, semums pagos meda!
Ma non est gai chi tocat a pensare.
Tocat a pensare ca semus bastantes pro incumentzare una revolutzione curturale: sa prima revolutzione sarda.
Si nos movimus totus ... ma non bi chergio ne-mancu pensare a su chi diat sutzeder: tando sa cosa diat esser bella e fata.
630 babbos e mamas diant andare a faeddare a sa scola: "Po imparai su sardu a is picioccheddus in sa scola, tocat chi nci siant maistus chi ddu podint insenniai e duncas chi ddu scipiant fueddai e scriri. Poi tocat puru chi custu insenniamentu bengat inseriu in su POF de sa scola (bastat chi in su Collegiu de is docentis unu maistu si ndi pesit a ddu domandai).S' atru est cosa chi benit de sei a segunda de su livellu de cumpetentzia chi tenint is pipius, ma est cosa de importu a partiri de su fueddai e sceti a pustis ligi e scriri."(messagiu de Tin Dal a su grupu: "vogliamo che i nostri figli studino il sardo a scuola")
A bi pensades: 630 scolas inue faghent letziones de sardu?
Ma naramus chi si nde movant solu 63 e ca custos resessant a fagher mover sa scola de su figiu.
Tando diamus a tenner 63 scolas inue is pitzinnos studiant su sardu e ateras materias in sardu.
E custa diat esser gia de se una cosa bella e importante meda.
Ma e sa formatzione de is dotzentes?
Si 63 scolas ponent impari sa fortza issoro, faghet a organizare cursos de formatzione de livellu internatzionale e, pro donni singula scola, a baratu puru!
Tocat a pensare ca totu sos studios de sa grammatica de su sardu sunt fatos in logu angenu, ma puru ca sos istudiosos chi los ant fatos sunt amigos mannos de su sardu e ddis iat a agradare a benner a Sardinnia.
E sos pitzinnos de 63 scolas formant giá unu mercadu interessante pro sos editore sardos: diat fagher a pubblicare su materiale didaticu chi serbit (e non esistit) a unu pretziu normale.
E 63 scolas diant esser un'esempru de importu mannu pro totu is ateras scolas e ... pro sos politicos.
Si unu de is 10 iscritos a custo grupos si movet, sa revolutzione partit.
Ello ca non faghet? Ja faghet, ja!
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