di Carlo Carta
Caro Eliseo,
parto dalla fine delle tue perplessità nella risposta che mi dai, e cioè: siamo sicuri che i giovani abbiano preso realmente coscienza? Beh di sicurezze, tu m’insegni, il Popolo Sardo nella sua millenaria storia, ne ha avute ben poche. A cominciare da Hampsikorra, passando per G.M. Angioy e per finire ai nostri giorni. Altrimenti spiegami diversamente questa triste ineluttabilità del destino dei Sardi. Questo secondo me è il vero problema.
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18 commenti:
Mi permetto (molto sommessamente) una breve osservazione. Prima di tutto, da sardo che non vive più in Sardegna, trovo desolante che si debba comunque e sempre ricorrere ai costruttori di torri (che tra l'altro nulla hanno a che fare con i gusci di lumaca!) per definire la nostra identità. I sardi sono altro, per fortuna, e non hanno alcun bisogno di inseguire un fumoso passato di gloria per trovare un posto decente nel mondo d'oggi, come vorrebbe tanta parte di un certo culturame autodidatta, preteso campione di sardità.
Non sarebbe male se, prima di vantare l'appartenenza ad un 'Popolo', ci si sforzasse tutti di appartenere alla categoria delle persone oneste, pacifiche, ed orgogliose del proprio presente.
Magari chiedendo a gran voce che nelle scuole isolane si smetta di diplomare un gran numero di casari che non vedranno mai una fetta di formaggio, di geometri che non vedranno mai un mattone se non come muratori e di insegnanti elementari che non vedranno mai una scuola, e di puntare ad una cultura che non sia unicamente la rivalutazione del ballo sardo, delle launeddas, e delle sciocchezze pseudoetniche.
Ed allo stesso modo, non sarebbe inopportuno considerare noi stessi per quello che siamo: isolani che devono metabolizzare il dato oggettivo dell’isolamento e risolverlo con quello che la modernità consente, visto che quando lo facciamo non siamo inferiori (né superiori) a chicchessia.
E' troppo chiedere che si smetta di inseguire le sciocchezze sull'età del bronzo per dedicarci maggiormente al mondo attuale?
Gabriele Ainis - Provincia di Torino
secondo me il discorso fatto da Gabriele Ainis porta un po' di utile pragmatismo torinese. I problemi elencati sono reali ed è urgente affrontarli. Tuttavia manca nell'argomentazione un punto di vista identitario sardo che a me pare irrinunciabile. Tutti e non solo in Italia cercano di valorizzare la propria specificità, anche inventandosela, la Sardegna, con la sua storia millenaria, non dovrebbe farlo? Che si consideri, Gabriele Ainis, un italiano di Sardegna, o un internazionalista senza patria? Quanto alla civiltà nuragica, che lui ometterebbe volentieri di citare se parliamo di identità, non è una novità. Troppi sardi ragionano ancora allo stesso modo.
Si può arrivare a 16 anni in Sardegna senza sapere nulla dei nuraghi. Una mia classe un giorno seguì una lezione sui nuraghi tenuta da un’ottima professoressa. La collega mi riferì che, finita l'ora di lezione, un'alunna sollevò la mano e domandò: "Professoressa, ma questi nuraghi di cui ci ha parlato esistono in Sardegna?". La collega allibì. Ecco sarebbe ora di studiarli finalmente questi benedetti nuraghi, che sono un pezzo importante della nostra identità negata e, talvolta, rifiutata.
Tenga anche presente che i nuraghi da un po’ di tempo assicurano un po’ di lavoro ai giovani. Certo l’identità si compone di mille altri tratti distintivi, da tener vivi, ad eccezione di quelli deteriori che pure ci sono, o che spesso ingiustamente ci attribuiscono.
Ainis per cortesia non si dispiaccia se la nostra identità viene associata ai nuraghi. Ne sia anzi orgoglioso.
Ma carissimo sig Atzori, non posso che ringraziarla! Nessun altro post avrebbe potuto esemplificare, con la stessa chiarezza del Suo, la pochezza culturale in cui, ahimé, si muovono i nostri ragazzi. A cominciare dallo splendido esempio di logica politica che imporrebbe l’inventarsi una storia fasulla, visto che lo fanno degli oscuri, e scaltri, individui in camicia verde; per concludere con l’immensa prospettiva di lavoro offerta ai giovani sardi dal mercato del turismo archeologico.
Sa, m’immagino la Sua disperazione perché un Suo alunno non sa cosa sia un nuraghe. Certo non si preoccuperà altrettanto se non conosce la lingua inglese (e non può accedere al 99,99% delle informazioni sul web); se non padroneggia la costituzione della Repubblica Italiana (e non realizza cosa stia per accadere nel nostro stato); se non acquisisce, durante gli studi, gli strumenti critici che gli consentano di leggere un quotidiano, un libro o interpretare la realtà di ogni giorno.
Immagino Lei plaudirà a quei sindaci che sperperano il denaro pubblico per finanziare un centro di accoglienza presso il nuraghe locale in un paesetto di ottocento abitanti, ovviamente privo di una biblioteca. All’amministratore pubblico che finanzia la sagra paesana, invitando il ciarlatano di turno che ha sognato (e pubblicato) la storia (ma sarebbe meglio dire la storiella) gloriosa che a Lei piace tanto. Al preside che si permette di offendere il buonsenso, prima che la scienza, invitando gli stessi venditori di fumo a tenere conversazioni in tema di cosiddetta ‘storia sarda’.
Ma si è mai chiesto, tanto per restare in tema archeologico, che pare starle a cuore, per quale motivo il maggior esperto mondiale di ossidiana sarda si chiama Tykot e non Murru? E mi saprebbe dire dove si trovi la cattedra più antica e prestigiosa di Linguistica Sarda?
Mi duole smentirla, ma i Sardi non aspirano, come Lei auspicherebbe, ad una carriera di guida archeologica precaria, ad un posto in un call center o alla mascherata estiva da Mamuthone per stupire i turisti. Per dirla fuori dai denti, la Sardegna si merita altro del ruolo di zoo etno-archeologico e i Sardi ben altro che non un impiego da bestia in gabbia o da guardiano, da muratore stagionale o bagnino estivo.
E riguardo alla mia patria, gentile sig. Atzori, non stia a preoccuparsi, non è il caso: sono orgogliosissimo di essere Sardo, ma ancor più di non essere un sardo come Lei.
Noterà, La prego, che l’uso della maiuscola non è casuale.
Cordialmente,
Gabriele Ainis
P.S. – Per correttezza nei Suoi confronti, La invito a compulsare un qualunque testo (serio) di storia contemporanea del Piemonte. Scoprirà molto di interessante in merito al Suo preteso (e ridicolo) ‘pragmatismo torinese’.
Con maggior stima.
Sig. Aunis,
mi accorgo, mio conterraneo fuorisede, di averla alquanto contrariata. Non se la prenda, era mia unica intenzione provocarla, non offenderla. Evidentemente ho toccato qualche nervo scoperto e mi sono cercato la sua ira. Dunque non le rispondo personalizzando, tanto più che non mi ha minimamente colpito. Ha sparacchiato da bendato.
Le dico solo che se le cose vanno male in Sardegna non è certo colpa dei nuraghi, che al contrario vanno studiati e valorizzati, che in essi sono decifrabili molti tratti della nostra identità. Questo il senso delle mie righe. Lei invece quasi sembra detestarli e prenderli a simbolo dell’immobilismo politico, della politica di piccolo cabotaggio, delle miserie umane.
In questa sua replica sembra concentrare su di me tutte le critiche possibili per le condizioni in cui versa la Sardegna. Ad esempio, sembra assumere come assodato che io sia convinto che basterebbero i nuraghi per risolvere il problema occupazionale. Poi esprime giudizi affrettati sulla mia presunta scarsa coscienza professionale. Suvvia esagera.
Al contrario io devo dire che condivido anche in questa sua replica le cose generali che dice.
Per quanto riguarda il pragmatismo torinese, è questa una differenza che credo di aver colto nel raffronto con noi sardi ( mi fa piacere che lei si attribuisca la maiuscola). Sa a Torino io ci ho vissuto negli anni sessanta e credo di aver colto un certo pragmatismo di origine calvinista.
Una cosa però l’ho capita di lei. E’ che in cuor suo rimane un sardo che ama la sua terra e non può accettare che sia ridotta così. In questo, anche se le spiacerà, mi sento suo fratello. Quello che mi pare - potrei sbagliare - lei non abbia colto - forse perché vive fuori dall’isola - è che qui in Sardegna è in atto un movimento di idee che punta verso un netto aumento di sovranità a favore dell’isola e che solo così potremo migliorare la nostra sorte.
Per quanto riguarda la Storia sarda, per favore non la confonda con le storielle più o meno inventate. Legga Le Lannou, Francesco Cesare Casula ad esempio, legga “I parlamenti di Sardegna nella Storia e nel diritto pubblico comparato” di Antonio Marongiu, non solo i libri di storia piemontese, che comunque mi farebbe piacere che lei mi indicasse.
Non neghi se stesso, non si faccia danno, altrimenti, poi, si fa prendere dall’ira e abbaia alla Luna.
Con simpatia, Piero Atzori
Gentile Sig.Ainis,
...a Kasteddu si dice "accudidinci Mamma!"! Si inserisce in un dibattito (molto sommessamente dice...), scudiri bottadasa e desta ed a manca, e si pigara puru sa patti manna! No non esiste proprio! Ha perfettamente ragione l'amico P.Atzori. Questo è solo e semplicemente supponente "pragmatismo piemontese"! Si parlava di una idea di "Nuraghe", di una idea di libertà (personale e di Popolo) ad esso associato. Si parlava di qualcosa di veramente intimo, capace di muovere cuori e menti, di restituire dignità a questo Popolo per troppo tempo statico e rassegnato. Ma non per colpa del "nuraghe", che solo lei vede come una costruzione "tronco-conica" ed immobile! Paradossalmente è proprio il "Nuraghe", uno di pensieri che ci permette di far camminare le nostre idee, di libertà,di autodeterminazione, di servizio alla collettività! Ed è assolutamente giusto che i nostri figli imparino a leggere e scrivere il Sardo prima ancora dell'Inglese! Le Lingue, tutte le Lingue, se lo ricordi hanno pari dignità, ma assumono un valore differente rispetto al luogo di origine. Chiaramente non è solo un valore legato al businnes, ma alla formazione interiore della persona stessa! Vede caro signor Gabriele secondo me lei in questi anni della Sardegna si è perso qualcosa. Il suo primo commento è assolutamente (come dice qualche archeologo) "fuori contesto"! Lei parla come se in Sardegna ci fosse ancora quel tipo di formazione professionale, la sagra delle sagre, il festival del folklore! Ne parla senza conoscere, con sufficiente supponenza. Mi ricorda molto il viaggiatore continentale (era forse Piemontese?) che tziu Paddori incontra alla Stazione... Credeva di beffarsi del bidduncolo ed invece...rimase a sua volta beffato! Che maestro di bravura questo Efisio Vincenzo Melis, che quasi cent'anni fa trovò modo per esprimere il suo concetto di libertà, attraverso il teatro popolare, la commedia Sarda!
Istruire le intelligenze diceva Antonio Gramsci. Innovare la Tradizione questo è invece il messaggio che passa tra le nuove generazioni e non vedo che male ci sia nel rivendicare l'appartenenza al Popolo Sardo. Lei sa cosa è Polaris? Sardinia ricerche? Il Crs4? Shar.dna? Anche questa è Cultura, Scienza, Lavoro.
La Sardegna è in movimento e guarda al futuro con speranza e consapevolezza che anche l'insularità può essere una opportunità e non necessariamente un limite! Ecco a cosa serve l'autodeterminazione e ben vengano tutti coloro che onestamente con il loro pensare, vi contribuiscono! Lei va invece nella direzione opposta rispetto a tutto questo, ma non gliene posso fare una colpa visto che la sua idea di "Sardegna" viene vista da sardo con gli "occhiali" del continentale! Non è il primo e non sarà l'ultimo. Lei ama la sua idea di "Sardegna", credendola di conoscerla e soprattutto vedendola con gli occhi di chi crede che con i denari e le modernità ad ogni costo, si fanno felici i Sardi.
Libero di pensarlo e libero di criticare. Lasci stare i Nuraghi e lasci stare le lumache! Il mio era solo un elogio alla lentezza, alla riflessione, alla solidità di un pensiero nuragico, capace di andare avanti e costruire tornando indietro, guardando al passato, ai propri errori. E possibilmente cercare di non commetterli più. Lei sbaglia anche nel dire che i "costruttori di torri" non hanno a che fare con La Lumaca. L'uomo è progredito grazie e soprattutto osservando la Natura. Prima ha però pensato! Poi ha scritto i libri, dopo ha costruito le biblioteche. E c'è una bella differenza. Basta saperla cogliere. Mi perdoni, ma credo che la Sardegna, la legge bene chi ci abita e ci vive quotidianamente, crescendo insieme ad essa. Rispetto gli emigrati e gli immigrati. Per certi versi gli ammiro, per certi versi non condivido certe "pretese"! 25 anni orsono proprio un mio compaesano da tempo trapiantato a Torino, tornò nella sua casa paterna. Trovò la casa vuota, poichè l'anziano padre, malato ed ormai solo, viveva dalla figlia pià grande. Decise allora di fargli una sorpresa: eliminare il selciato del giardino e sostituirlo con una bella colata di cemento. Della cosa se ne gloriava così tanto, che ci portò subito il padre per "ammirare" la novità, che tanto si usava su da "loro"! Due ore dopo l'anziano signore morì di crepacuore e non per la felicità. Il figlio non capiva e non capì mai, che dietro a quel selciato, il babbo aveva costruito un mondo tutto suo, un mondo fantastico, poetico. Non capiva e non capì mai, che nonostante il tanto sudore, le immani fatiche, una vita fatta di stenti, nonostante tutto, quelle pietre rappresentavano il suo modo di essere libero e di intendere il suo attaccamento con la sua terra! Non aveva soldi, ma aveva un selciato, ed era felice così. Ah il figlio, oggi è tornato, ha tolto il cemento e recuperato il selciato e finalmente ha capito. Dice lui guardando il Nuraghe. Il Nuraghe e non un Nuraghe, ci tiene a sottolineare.
Signor Ainas avrei tante altre cose da dirle, come il "Ballo Tondo", per lei una banale manifestazione folkloristica, per noi ( e per fortuna siamo in tanti) una danza rituale, ipnotica. Una danza collettiva eccezionale. Magari a lei la lumaca non dice nulla, ma per me (e per molti che ci sostengono)è un ottimo biglietto da visita che ci permette di veicolare economia tra popolazioni diverse anche distanti migliaia di chilometri. Penso alle valli occitane (non molto distanti da dove vive) dove insieme portiamo avanti il discorso di valorizzare le grandi risorse che i territori offrono. Penso non solo ai prodotti enogastronomici, ma anche all'archeologia (vedi il Coppellismo ed il Megalitismo dei Monti Musinè, Bego, della Valcamonica). Ci stimiamo,rispettiamo, collaboriamo da anni. Mai e poi mai, si son permessi, di muovere critiche così autoreferenziali come le sue.
Ma non disperi, quando tornerà qui da noi, a viverci ovviamente, anche lei capirà, e ci capirà. Capirà che il Sardo non è ospitale per convinzione, ma solo per necessità che la storia, suo malgrado, gli ha imposto.
Comincerà finalmente a pensare in Sardo, da Sardo ed in Sardegna, all’ombra del Nuraghe!
Saludi e trigu
Carlo Carta
Sì... effettivamente non ho difficoltà ad ammettere che la 'cultura' isolana sia ridotta male.
Cordialmente,
G. Ainis
Mi intrufolo nel vostro dibattito semplicemente per chiedere a Gabriele Ainis che cosa intenda per cultura, visto che quella sarda l'ha messa fra virgolette, come si fa quando si parla di pudenda
No, mi scusi, non la cultura sarda, che difendo strenuamente, ma quella che si autodefinisce tale e produce i risultati scoraggianti ben esemplificati dai due post di cui sopra.
E’ esattamente la ‘cultura’ di cui la Sardegna non ha alcun bisogno.
Come non ha bisogno di pseudolinguisti che cercano di leggere una presunta lingua sarda dell’età del bronzo in un fregio ornamentale altomedioevale. Di pseudostorici che inventano un inesistente glorioso passato di ‘guerrieri’ Shardana (sic!). Di pseudoarcheologi che vanno alla ricerca di Atlantide tra le torri nuragiche.
Avremmo bisogno di scuole decenti, di biblioteche, università.
Avremmo un gran bisogno di cultura, non di ‘cultura’.
Non credo che troverà un difensore della cultura sarda più accanito di me.
Colgo l’occasione della conoscenza per ringraziarLa dello spazio che mi è stato concesso sul blog.
Cordialmente,
Gabriele Ainis
Io penso che il signor Ainis su tante cose abbia anche ragione, ma si è lasciato prendere la mano ed ha esagerato.
Succede un po' ovunque che, specie fra gli intellettuali della classe media, ce ne siano di nostalgici delle memorie patrie, che cercano di trovare nella storia e nella lingua le tracce delle identità locali e le additino come lumi per il presente. E' un fatto di cui si sono occupati anche i sociologi. Non c'è niente di male, penso io: a patto di non confondere queste chiacchiere da salotti buoni con la scienza, che è fatta di metodo e di rigore. (Inoltre, talvolta anche fra i "dilettanti" ce ne sono di bravi per davvero.)
Ha ragione il signor Ainis a chiedere a gran voce una scuola moderna, un'università moderna, una società moderna (in tutta Italia, non solo in Sardegna). Ma sbaglia quando spara nel mucchio, talvolta con dati inesatti. Che gli piaccia o no, la cattedra più antica e prestigiosa di Linguistica sarda, per es., è quella di Cagliari, istituita nel 1954. Forse pensava a Wagner: converrà informarsi meglio, però, circa gli insegnamenti che tenne.
Al di là del fatto in sé, voglio dire che in Sardegna ci sono archeologi, storici, linguisti che fanno egregiamente il loro mestiere, si aggiornano, vanno ai convegni internazionali; al loro fianco ce ne stanno altri che valgono assai di meno, come succede un po' ovunque (a Torino, per es., non sono tutti al livello di Gaetano Berruto).
Non si può impedire alla gente di divertirsi con le storie(lle) di Atlantide o di dire che il sardo derivi dall'ebraico piuttosto che dal cinese: da sempre sono questioni che solleticano la fantasia dei "dilettanti" (più o meno di talento). E neppure si può impedire che qualche politico vada in giro a dire scempiaggini sulla nostra "identità" e a voler fare un museo dell'identità (sì, proprio così).
L'importante, secondo me, è mettere le cose nel loro contesto e non pensare che questo sia rappresentativo del livello della cultura in Sardegna. Altrimenti ci facciamo del male.
Saluti, Andrea
Bene Andrea anonimo (?),Bene Gabriele Ainis. Datevi anche un lungo bacio a pizzicotti.La scienza siete voi. Sono tutti che vi applaudono, qui e lì: il metro d'oro lo possedete voi,i paletti di avorio lucente li ficcate voi, lo spartiacque rigido sulla scienza, seria e non seria, qui in Sardegna, magari da Torino, lo definite voi! Che insegnamento di umiltà e di prudenza! Che magnifica lezione di capacità di riflessione!
Una volta ho scomodato Fromm per cercare di far capire a qualche testone le modalità dell'Avere e dell'Essere. Lo ripropongo sperando naturalmente che troviate senza ingolfarvi le pagine giuste delle sue opere. Forse comprenderete dalla Grande Cultura per quali motivi spesso quella Cultura (soprattutto la scientifica), quella che tanto vorreste sempre all'altezza e persino sublime, non fa un passo avanti. Anzi ne fa diversi indietro. Riflettete solo un po': le storielle, ammantate di Scienza e di Cultura 'maiuscola' sui nuraghi 'fortezze', quelle che hanno inquinato per più di mezzo secolo il sapere enciclopedico mondiale sull'archeologia sarda, di chi erano (e sono)? Di dilettanti, forse? Le storielle sulle lucerne di bronzo e sui sardi 'barbari' isolani non navigatori,di chi erano (e sono)? Di dilettanti, forse? Le storielle dei guerrieri sardi armati come samurai, ma autori di caserecci scontri 'cantonali', di chi erano (e sono)? Di dilettanti, forse? La storiella sulla mancanza della scrittura in periodo nuragico,mentre si trovano ormai da due decenni come funghi i documenti con codici alfabetici consonantici del Secondo Millennio a.C., di chi era (ed è)? Di dilettanti, forse?
La storiella dell'esistenza di un politeismo nuragico, nonostante l'avviso di Raffaele Pettazzoni, di chi era (ed è)? Di dilettanti, forse? La storiella sulla stele di Nora 'fenicia' e non nuragica, di chi era (ed è)? Di dilettanti, forse?
E la storiella dei 'fenici' pre - colonizzatori, quella di Amsicora capo sardo -punico latifondista, quella della 'sfinge' wagneriana del paleosardo, e la storiella ....
Lo so, lo sanno tutti, l'Avere è comodo,molto comodo, fa riposare tranquilli,e, soprattutto, non disturba mai i manovratori, i dolci - amari maestri e tiranni. Ma la cultura, anche quella scolastica delle medie e dei licei, richiede l'Essere del professore e degli alunni, la dialettica costante; necessita del movimento, della creatività, della felicità di agire possibilmente non per sè ma per un fine universale.
Quando leggo gli interventi di P.Atzori e di C. Carta avverto, anche dal tono e dallo stile, che sono dei creativi, che i loro occhi brillano di sincerità e di umanità. Sono i Sardi della perenne 'cultura' sardista (che non è un caso che stia oggi ritornando a gonfie vele e attraversi tutti i partiti) che capiscono dai tempi di Bellieni, di Gramsci, di Simon Mossa, di Pira come si fa ricerca e 'vera' cultura democratica in Sardegna. Ma soprattutto sono i Sardi, allievi di Pigliaru, che hanno appreso la bella lezione del 'filosofo' sassarese (chè non c'è solo Fromm ma anche qualche sardo che pensa e fa pensare!), data dai concetti negativi di 'regionalismo chiuso' e 'cosmopolitismo di maniera'. Sono i tanti Sardi dell'equilibrio difficile, tormentato, talvolta drammatico, da cercare e fabbricare giorno dopo giorno, tra il 'dentro' e il 'fuori' dell'Isola. Sono i Sardi pazienti che capiscono che ci sono e ci saranno sempre gli antisardisti, portati a sottovalutare (magari in buona fede)o anche a disprezzare, soprattutto quando vanno fuori,il 'prodotto' sardo col confronto, offuscato e falsificato dalla distanza e dal contatto 'fisico' con una realtà nuova e diversa, con quello 'continentale', europeo e mondiale. E non c'è da meravigliarsi perchè una realtà nuova 'italiana' ed 'europea' portò il 'cosmopolita' Emilio Lussu,dopo la guerra, a perdere le radici, l'equilibrio e, direi, la solidarietà 'patria'. Colui che i Sardi seguirono sino alla morte, i Sardi non capirono più e non seguirono più. E fu, come si sa, il suo declino come uomo politico.
Anch'io, scusatemi, mi sono permesso di intervenire...'molto sommessamente'.
Lei, signor Sanna, può invece andare a braccetto con quel Zedda che nel 1955 scrisse "I Vikingi in Sardegna".
Andrea Lai
Sì... per l'appunto si parlava di 'cultura'.
Cordialmente,
Gabriele Ainis
Sì, anime gemelle e 'crastule', ora che ci siete datevi un bel bacione a pizzicotti!
Ringrazio Gigi Sanna che mi dà del creativo anche se non credo di meritare tale appellativo.
Mi pare che tutta la discussione mostri le chiusure e le incomprensioni che dobbiamo affrontare. Avesse Aunis avanzato una proposta per affermare la sua indefinita idea di sardità. Del resto se si disprezzano la Storia sarda, il ballo tondo, i nuraghi, le sagre e chissà che, che cosa rimane se non guardare i conterranei dall’alto verso il basso? La Storia sarda è in realtà quasi tutta da scrivere o almeno da riscrivere, su questo penso molti convengano. E' oltremodo importante insegnare la Storia insieme alla lingua sarda in una scuola rifatta a nostro genio. Francesco Cossiga nel 60° della Costituzione ebbe a dire che occorre fare lo sforzo di convincere i sardi che lo sono. Occorre cioè che la Sardegna entri dentro le sue scuole e se ne faccia padrona.
Dia esser ora de s’istesiare sos continentales, de dda finire cun sas trampas issoro. Jeo dia ponner in mente a Francesco Cossiga cando mustrat a modellu de s’autonomia nostra benidora cudda de sos catalanos. Nessunu si non nois ettotu si podet narrere cale este su caminu menzus po nois.
Francu Pilloni scrive:
Mi è venuto un dubbio: ma Ainis e Lai, li hanno letti per davvero i libri dello scandalo di Sanna e di Frau?
Oppure ne hanno sentito parlare dagli amici?
Da amici magari che ne hanno sentito parlare a loro volta o forse ne hanno letto solo le recensioni?
Non capisco il fastidio che provano per la "cultura" sarda: hanno forse qualcosa di loro da proporci?
Guardano alla Sardegna come un pescatore di Cabras guarda al cesto dei muggini: sta attento solo che qualche pesce non salti troppo e torni nello stagno.
Così concepite i veri sardi? Pisci in cadinu della cultura universale?
Non abbiamo neppure il diritto di dibatterci?
Ma che acqua hanno bevuto da piccoli, questi acculturati di una CULTURA maiuscola...
Francu
Gentili Amici,
...che dire! Sono semplicemente orgoglioso di sentire e leggere il libero pensiero di Gigi, Franco, Eliseo, Gianfranco, Sig. Atzori. Dai vostri scritti, dalle vostre opere, dai vostri sentimenti, traspare quel senso di Libertà, necessario per andare avanti in questo progetto che è l'autodeterminazione del Popolo Sardo. Con voi non mi sentirò mai "figlio di una cultura minore" .Ancora grazie! L'elogio alla "lentezza" rimane uno dei modi per leggere questa Società Sarda! Un modo "naturale" di fare critica, di mettersi sempre in discussione, di capire i propri errori per correggerli (proprio come fa la lumaca ripercorrendoli al contrario!)e quindi migliorarsi. Ho scelto di stare dalla parte della bandiera dei 4 Mori senza Bende (che non è un partito, ma una Idea Forte di Sardegna),dalla parte della Sardegna che non vuole Ingiustizie, che guarda al futuro con fiducia,senza rinnegare mai se stessa, le sue origini! Con pensatori come voi, non mi sentirò mai solo, anche perchè sardi si nasce, ma Sardi lo si diventa col tempo. Con serenità, tranquillità, lentezza...
A si biri mellus
Carlo Carta
Caro Carlo,
volentieri continuo la discussione chiarificatrice con te per riproporti quello che ritengo il tema centrale di ogni dibattito. Che è la drammatica urgenza di avviare subito l'organizzazione di una società giusta e prospera. Perché la crisi mondiale non ci lascia altra via d'uscita. Anche se nessuno può dire quanto essa possa essere lunga e profonda, anche se non mancano quelli che temono una riedizione della Grande Depressione 1929-30, di certo essa non si risolverà nel 2010 e di certo le cose, occupazione e reddito, non torneranno ai livelli di prima della crisi. Perciò si fa strada l'idea, persino in ambienti moderati, che non ci sarà una ripresa del modello economico conosciuto ma che esso dovrà necessariamente essere rimpiazzato da una nuovo modello. Quale? Una ennesima versione del capitalismo? Non ci bastano le esperienze negative già fatte e condite in salse sempre diverse? Ma attenzione, perché una nuova avventura capitalistica potrebbe portarci dritti verso una terza Grande Guerra, come la crisi del 1929-30 ci portò alla seconda.
L'ipotesi giusta credo sia proprio quella del socialismo. Del socialismo elementare o del socialismo naturale e universale. Il socialismo, che non ha niente in comune con le ideologie socialistiche, conformate per la conquista, o il mantenimento, del potere statuale da parte di qualche minoranza male intenzionata, perché è una proposizione genuinamente culturale. Il socialismo elementare, o naturale e universale, è la piattaforma di cultura popolare da cui sono sorti un gran numero di socialismi o collettivismi o comunitarismi o comunismi in ogni angolo del mondo. L'ultimo tentativo di espiantarlo è stato fatto dalla modernità con l'ausilio di una quantità immensa di strumenti - propaganda culturale, religioni, Stati e imperi moderni, economie di rapina, partiti più o meno monolitici ecc. ecc. A quanto pare, a leggere bene ciò che accade sotto i nostri occhi, il tentativo, giunto ad un passo dal successo totale, è ricaduto su se stesso.
Di questo socialismo naturale e universale noi sardi siamo dei veri campioni e comprendiamo il fatto se riusciamo a levarci dagli occhi la polvere che ingombra la vista di molti, e anche del sig. Gabriele Ainis, malgrado le precisazioni di Atzori. Il sistema nuragico costituisce la più grande, e unica al mondo, simbologia che sia mai stata espressa dal socialismo naturale e universale o collettivismo barbarico che dir si voglia. Del resto, più volte siamo stati accusati di comunismo primitivo, nel silenzio imbarazzato delle varie sinistre. Ma noi, naufraghi, forse ancora vivi, della sinistra perché dovremmo essere imbarazzati da ciò che sembra un'accusa vergognosa ma che, invece, è il riconoscimento di un grande merito e l'auspicio di una prossima vittoria, non vicina e non facile?
Naturalmente, se ci venisse in mente di coinvolgere qualche partito, specie della sinistra, nel disegno del socialismo elementare potremmo già spegnere la luce e andare a dormire.
Sig. Ainis ha perfettamente ragione sono preoccupato che i miei due figli non conoscano la lingua inglese, che non conoscano bene la Costituzione italiana e così via....però di una cosa sono orgolioso e loro in modo particolare: di appartenere a questa Terra a quest'Isola che, purtroppo per noi, le ha dato i natali o forse li ha dati ai suoi genitori, Terra di cui lei tanto dissacra usi e costumi che vogliamo tenere sempre vivi, ma che quei "sardi" continentalizzati come lei si scandalizzano tanto. Ciò per mancanza di carattere e in fondo in fondo, anche se non lo riconoscete, vi vergognate di essere sardi.
Per quanto riguarda la fumosa storiella come lei la definisce è già stata riconosciuta dall'Accaddemia dei Lincei e dall'Unesco, ora per renderla Ufficiale aspettiamo il suo Imprimatur. Tra non molto, in campo internazionale, verrà riconosciuta anche la scrittura nuragica, naturalmente anche per quella ci raccomandiamo a lei.
P.S.: non conosco l'inglese, ma neanche l'italiano, ma che mi frega! tanto io sono sardo.
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