domenica 13 marzo 2011

Quello slogan privo di contenuti chiamato 'abbalibera/acqua pubblica'

di Adriano Bomboi e Marco Corda (*)

Se vi dicessero che l’acqua, bene comune, un giorno verrà privatizzata, mercificata e che sarà disponibile solo ai costi di chi potrà permettersela mentre “il resto del mondo torna alla gestione pubblica”, che rispondereste?
Probabilmente la cosa più ovvia: saremmo tutti contrari.
Perché tutti vogliamo che l’acqua sia un bene libero ed accessibile a chiunque.
Ma l’Italia non è “il resto del mondo”, è un Paese dai forti ritardi culturali nella gestione della macchina pubblica. Una macchina che dello spoil system ne ha fatto una impietosa parodia, elevata al rango del più tetro clientelismo politico.
Dall’Italia Giolittiana, passando per il fascismo e la Prima Repubblica, fino ad arrivare ai giorni nostri, scorgiamo tutte quelle strutture che consentono nel territorio ai potentati politici di governare: Sanità, gestione dell’acqua, telecomunicazioni (ormai svendute, non a favore del mercato, ma a beneficio di nuovi oligopoli), scuola, ecc.
Il resto del mondo si è avviato da anni verso vere liberalizzazioni: si è aperto al mercato migliorando la qualità dei servizi offerti ed abbassandone così anche i costi di accesso. L’Italia invece invecchia, con le sue inadeguate strutture. Perché? Perché il progresso spaventa i furfanti della politica. In esso c’è efficienza e nell’efficienza non è la politica che decide chi o come deve lavorare in un ente più o meno pubblico (alimentando un suo giro di voti), ma sono i manager, sono il mercato, sono la domanda che incrocia l’offerta in un sistema di pesi e contrappesi in cui la legge stabilisce quali sono i confini che la politica non può superare e stabilisce quali sono le sanzioni per l’ente pubblico o privato che non compie il suo dovere.


(*) di U.R.N. Sardinnya

2 commenti:

elio ha detto...

Che dire, Adriano e Marco? Non so dove collocare esattamente U.R.N. nel panorama politico isolano. Ho letto che vi definite liberali e democratici. Non sono ancora convinto che i due concetti possano andare sempre e comunque a braccetto. Forse perché sul liberalismo le idee sono abbastanza chiare e definite mentre sulla democrazia ci sono concezioni molto diverse. Per avere un’idea più precisa su U.N.R sono andato sul sito e, fra le tante opportunità di fondare la mia conoscenza, ho scelto, da URN sa Natzione, l’intervento del senatore Massidda sul nucleare in Sardegna e la replica di Adriano, perché mi è sembrato un terreno indicativo. Dovrò continuare, si intende. Intervento e replica sono del 2009. Son successe tante cose da allora ma, sono sicuro che Adriano non abbia cambiato idea. Sul senatore la mia sicurezza vacilla. Sulla questione dell’acqua, sono perfettamente d’accordo che un bene pubblico non abbia, di per sé, necessità di essere gestito dal “pubblico”, l’esperienza, anzi, ci dice di no. Non voglio fare polemiche su dettagli del vostro articolo, sono d’accordo, come ho detto, sulla questione di fondo. Anche questo problema, però, rientra in quello più vasto che riguarda il concetto che si ha di democrazia. Si può definire? Voglio dire: la democrazia si può “dichiarare”, renderla esplicita una volta per tutte? Come dire, si possono mettere dei paletti tutt’attorno per poter dire chi è dentro e chi è fuori? Auguri.

Adriano ha detto...

Certamente Elio il tema si presta a svariate sfumature, purtroppo in Italia (ma anche in Sardegna) stiamo assistendo ad una deriva alquanto particolare ed insidiosa: è quella dei giacobinismi e del pensiero unico. Quella del conformismo e delle urla di piazza dove la controparte non è più un soggetto da valutare nei contenuti ma solo un mostro da sostituire con gli slogan.
E così si finisce per fare un minestrone di cose diverse, come acqua e nucleare.

L'indipendentismo in questo senso è un figlio illegittimo di questa cultura, e in un'Italia monopolizzata dai partiti e dalle loro reti clientelari, c'è da domandarsi se sia saggia quella parte di indipendentismo che continua a coltivare il mito della gestione pubblica a priori quando, nei fatti, questa è una delle cause del potere della partitocrazia italiana nei territori e che penalizza anche l'indipendentismo. L'acqua è solo uno dei vari settori in cui il politicantismo affonda le sue radici. Può dirsi democratico il voto di scambio rispetto a quello d'opinione? Nel dubbio, credo che l'indipendentismo debba valutare meglio le sue antiche posizioni ideologiche anche alla luce di una realtà di mercato che necessita di vere liberalizzazioni per iniziare a ripulire il sistema.

Adriano Bomboi