sabato 11 settembre 2010

Roberto Bolognesi, aspettami. Vengo anche io

Nella sua bella invettiva, Roberto Bolognesi annuncia la sua decisione di gettare la spugna e di non impegnare più le sue risorse intellettuali e professionali nella battaglia per la lingua sarda. Mi andrebbe di dirgli, aspetta vengo anche io. Come lui, sento profonda una disillusione: decenni di battaglie hanno convinto persino il Parlamento italiano a tutelare il sardo insieme ad altre undici lingue sopravvissute alla italianizzazione forzata dei popoli che convivono nella Repubblica italiana. Hanno fatto cambiare idea ai partiti italiani presenti in Sardegna che alla fine hanno dotato i sardi di una legge di tutela e valorizzazione del sardo e delle altre lingue (gallurese, sassarese, catalano d'Alghero e tabarchino) parlate nell'Isola.
Che i partiti italiani siano convinti (al loro interno in maniera profonda) della necessità di rendere normale e ufficiale il sardo non saprei dire. I segnali sono estremamente contraddittori. Il governo sardo di centro destra ha dichiarato la lingua motore dello sviluppo, ma poi non di mettere carburante in questo motore, ma alla prima occasione di tagli richiesti cerca di ridurre alla metà i suoi finanziamenti per la lingua che già prima, ed ecco il paradosso, erano minori di quelli stanziati dallo Stato per lo stesso scopo.
Il senatore Francesco Sanna, del Pd, ci ha informato che i suoi parlamentari hanno tentato, con l'opposizione del Pdl e della Lega, di introdurre l'obbligo per la Rai di fare trasmissioni in sardo nell'Isola e di rispettare, quindi, il dettato della Legge 482 di tutela delle lingue delle minoranze storiche (nazionali, le chiama l'Unione europea). Il partito del senatore Sanna, però, nel programma della sua festa in corso a Cagliari, in nessuno dei dieci giorni prevede qualcosa che si assomigli ad interesse per la lingua sarda.
Dispiace questa insensibilità dei grandi schieramenti italiani, ma è nell'ordine delle cose ed, anzi, è grasso che cola qualsiasi loro apertura alla questione. Nessuno di questi schieramenti ha, se non per loro parti (Psd'az soprattutto), progetti di indipendenza della Sardegna, declinando semmai forme più o meno avanzate di sovranità. Il dramma (che, come dirò, potrebbe preludere alla tragedia) è nella politica dei movimenti che puntano dichiaratamente all'indipendenza. Della bizzarra idea di iRS sulla superfluità della lingua in vista della conquista dello Stato sardo, si è detto molto, pur se non abbastanza. Vale la pena seguire, con partecipazione, gli sforzi che tanti militanti di iRS conducono per convincere i loro dirigenti che la menano con l'Irlanda come esempio di stato fattosi indipendente con l'uso dell'inglese.
Ma guardate la foto del manifesto che convoca una marcia per il “Indipendance day”, cercatevi una parola in sardo e immaginate se un errore del genere possa esser fatto, che so?, in Galizia, in Catalogna o nei Paesi baschi. Quel “Indipendance day” ha il sapore di un conformistica replica dei tanti “Vaff day”, “Aliga day”, “No Berlusconi day”. Un bel “Die de s'indipendèntzia” (leggibile e comprensibile anche da chi non conoscenze il sardo) non avrebbe dato forse l'idea, senza prenderla in prestito necessariamente dalla cultura politica italiana? Ma anche le due parole inglesi, se proprio non se ne può fare a meno, avrebbero potuto essere usate in un contesto sardo o bilingue. Avrebbe dato la sensazione che la lingua sarda è almeno uno degli elementi del progetto che sta dietro la marcia. E invece no.
È invalsa, in questo mondo che sentivo vicino, come credo lo sentisse l'amico Bolognesi, la folle idea che è ben riassunta in commenti (su Facebook) alla questione sollevata da Roberto Bolognesi. La riassumo: gli irlandesi hanno conquistato l'indipendenza parlando in inglese e una volta costruito il loro stato hanno reintrodotto il gaelico. Questa constatazione è presa come modello per la Sardegna dove il sardo è, per fortuna, lingua viva e vitale e presuppone la decisione di lasciar morire la lingua, o comunque non aiutarla a vivere, per poi fare l'operazione di scavo archeologico compiuta in Euskadi e in Corsica. Si può essere più incoscienti? Ho scelto Euskadi e Corsica perché sono significativi del percorso che si immagina per la Sardegna.
Lì – ed ecco la tragedia di cui parlavo – la riconquista dell'euskera e del corsu è avvenuta e sta avvenendo a costo di devastanti terrorismo e lotta armata. Nelle due nazionalità europee ci fu un insieme di politica attiva di genocidio culturale e di correità della maggioranza dei due popoli, affascinata dall'idea di sentirsi spagnoli o francesi. Quando si sono resi conto di aver perso il segno distintivo della loro identità era troppo tardi ed élite, per di più intellettuali, si riproposero di riconquistare la lingua perduta. Alcune con azioni culturali, altre con azioni armate.
Che senso ha, per pura poltronite, disinteressarsi della lingua nazionale e/o rassegnarsi al suo declino, sognando un suo faticoso recupero dopo che sarà spuntato il sole dell'indipendenza?

13 commenti:

Grazia Pintore ha detto...

Pd,PDL;IRS quante sigle per niente o meglio per fare solo i propri interessi, a questo punto mi viene da dire anche a me"aspettami.Vengo anche io"Invece no,non bisogna dargliela vinta si deve lottare perchè la lingua sarda è bellissima,i sardi devono continuare a parlarla e sopratutto i genitori,appena nascono i figli,devono parlare,da subito,in limba;credo sia un mezzo per fregare quelli che fanno tante promese,solo per avere voti,e poi...distrattamente,si dimenticano di portare in fondo l'impegno preso.

zuannefrantziscu ha detto...

Avevo appena scritto quest'articolo, quando un amico mi ha segnalato un commento di rara chiarezza scritto da un "indipendentista sardo", Alessio Giandomenico Mameli. Credo sia un esempio perfetto della perversione ideale a cui conducono certe posizioni. Godetevelo. E' in due puntate:

Alessio Giandomenico Mameli
11 settembre 2010 alle ore 0.00
R: SARDU, ITALIANU, INGLESU
Si parla di indipendenza politica dall'Italia... Quest'indipendenza sarà tale anche se continueremo a parlare in Italiano. In quanto all'inglese, questa è, di fato, la lingua mondiale, anche se è lingua materna di solo 400 milioni di persone, cioè solo l'8% della popolazione mondiale.
Il modello di riferimento di iRS è l'Irlanda, che continua a parlare inglese, anche se è politicamente indipendente dalla Gran Bretagna da più di un secolo.
In Sardegna forse il sardo potrebbe essere rivitalizzato, ma ne dubito, perchè l'italiano, bene o male, lo parliamo tutti ed è la sola nostra lingua comune. Il sardo, nella migliore delle ipotesi, è parlato fluentemente solo dagli anziani e dai giovani delle parti arrretrate della società. Nei paesi è parlato pressocchè da tutti, in città pressocchè solo dagli anziani. La mia lingua materna, per esempio, è l'italiano e non il sardo.
La ragione per cui io vorrei l'indipendenza non è quindi idenditaria, ma economica e strategica; non ha senso restare regione periferica di un altro stato che ci tratta come colonia militare, se possiamo governarci da soli e trovare migliore rappresentanza dei nostri interessi in sede europea come stato sovrano piuttosto che come regione (che tra l'altro non ha rappresentanza in parlamento europeo perchè facciamo circoscrizione comune con la Sicilia che ha il triplo della nostra popolazione).
Di stati che sono indipendenti ma parlano la stessa lingua di altri stati ce ne sono già decine; pensiamo agli stati nati dall'espansione anglosassone (come USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda), pensiamo alla Germania e all'Austria, Grecia e Cipro a Romania e Moldavia..... agli stati di lingua spagnola...)
La Sardegna potrebbe diventare stato federato nella futura e auspicabile federazione europea, governandosi da sè, senza subire interferenze da parte di altri stati.... Inddubiamente, comunqeu, il sardo serve giusto per parlare tra di noi, e da un po' di tempo nemmeno a questo... il sardo non serve a niente.
L'inglese è l'unica lingua di serie a, l'italiano è una lingua di serie b, il sardo è lingua di serie c.

zuannefrantziscu ha detto...

Il sardo ha fatto la fine che hanno fatto anche le altre lingue regionali italiane... sono state condannate all'estinzione in quanto INADEGUATE ad esprimere le cose e i fenomeni della vita moderna; se mi si deve spiegare la scienza, l'economia, la politica, la grammatica, in quale lingua lo dovrebbero fare? in sardo non era possibile 150 anni fa e quandanche lo fosse oggi, lo sarebbe solo come effetto collaterale della diffusione della lingua di cultura nata in seno alla lingua toscana; la variante letteraria di questa lingua, che ha preso in questa veste nome di "lingua italiana" già a partire dal '500, non poteva certamente restare confinata nei libri di testo... E' stato inevitabile che si diffondesse ed è stato provvidenziale anche per noi sardi altrimenti avremmo continuato a parlare la lingua rozza di pastori e contadini ignoranti e fuori della storia.
Questa, del resto, è la ragione per cui in Irlanda continuano a parlare nella lingua del colonizzatore, sebbene siano indipendenti da più di 100 anni. Anche se l'irlandese è una lingua, culturalmente vale zero, rispetto alla lingua veicolare, che in Irlanda è l'inglese.
Da noi i dialetti della lingua sarda e i dialetti della lingua corsa (gallurese e sassarese) più il dialetto catalano di Alghero e il dialetto ligure di Carloforte , hanno un valore pressocchè nullo, dato che difficilmente potranno mai sostituire l'italiano come lingua veicolare conosciuta in tutta l'isola....
Ma ciò non è ragione per voler continuare a far parte di uno stato che non ci permette un effettivo autogoverno.

Nicola Cantalupo ha detto...

Ribadisco per l'ennesima volta che iRS è il partito che più usa il sardo nelle comunicazioni con l'esterno. La questione della cosiddetta "superfluità" potrà anche appartenere a qualcuno (tra centinaia di attivisti...) ma non alla maggioranza. E pian piano emergerà anche questo aspetto anche presso coloro che voi indicate come "dirigenza". Con l'aiuto di tutti, anche delle critiche di Pintore e di Bolognesi, ai quali rinnovo l'invito a "aguantare". Se i trentenni di oggi in buona parte non parlano in sardo è anche per il fallimento delle politiche dei sessantenni. Ma forse oggi gli uni e gli altri possono collaborare per ottenere i risultati sperati, la maggior parte dei giovani sardi ama il sardo, anche se non sempre ha le competenze per parlarlo.

Giuseppe ha detto...

@ Roberto Bolognesi e Gianfranco Pintore

Scusate ma scrivo sotto la pressione di quanto ho appena letto: certamente non sono il più esperto nella materia in questione ma, dall'esistenza di personaggi che, cercando di pensare, dicono una quantità di fesserie proporzionale al loro lungo nome (Alessio Giandomenico) dovreste trarne lo
spunto a continuare con maggior
vigore di prima.
Con simpatia e comprensione

Giuseppe Mura

zuannefrantziscu ha detto...

dae Gavinu

Sa cosa chi no resèsso a cumprendere de s'idea indipendentista de iRs est comente faghent a pensare de poder fàghere a mancu de sa limba: pro ite est tando chi cherent s'indipendentzia? Est a beru chi sos movimentos polìticos calischesiant, depent amaniare sa polìtica prima de totu; eperò si no bi sunt cunsideros fortes e una cussèntzia de sos tratos caraterìsticos de una cultura propia, no bi podet èsser indipendentzia peruna. Su riferimentu a sas peraulas inglesas est de gabbale, mi ammento su chi adiat naradu s'iscritora Michela Murgia a propositu de s'impreu de su sardu in su movimentu.
Pro su chi pertocat s'irlandesu, mi permito de tzitare unu cunsideru de Eamon de Valera, unu de sos printzipales de s'Istadu Lìberu de Irlanda e primu ministru pro medas annos, chi naraiat chi "Ireland with its language and without freedom is preferable to Ireland with freedom and without its language." A bortas su modellu irlandesu est interpretadu comente prus lis agradat a sa zente, mi paret.
In àmbitu britannicu sos Iscotzesos puru tenent àteras duas variedades diferentes de su Scottish English, su Scots (chi derivat dae s'Old English) e su Gaelicu (p-Celtic mascamente), mancari no sient indipendentes de su totu. Belle sa matessi cosa si podet osservare in su Cymru de Galles, una printzipadu de United Kingdom, in ue sa limba si faeddat gràtzias finas a canales televisivos e a s'iscola. Inoche puru no sunt indipendentes, eperò sunt cunsiderados un entidade diferente dae Inghilterra. In prus, totus ischint chi in s'Universidade de Galway in s'ìsula antica de Eriu, sos cursos sunt tènnidos in Irlandesu.
Su chi pesso deo est chi chene limba no nb'at nudda, primu de totu identidade. Pro torrare a su contu de s'articulu pretziosu de Gianfranco, tocat de sighire su camminu chi amus picadu, e si sos movimentos chi si mutint indipendentistas cherent impreare s'italianu, s'inglesu e su farsi comente limba issoro, lis naro petzi chi sa zente no est maca, e sa necessidade de impreare sa limba nostra in totus sos dominios est cosa nodida a totus e agradessìda. Bi cheret una polìtica chi permitat s'impreu universale de sa limba, in antis de una polìtica autocolonialista-indipendentista. Est a nàrrere sa polìtica Tafaziana chi amus semper connotu.

Gavinu

Roberto Bolognesi ha detto...

Apo leghidu s'inteventu de Goffredo Mameli fintzas a su puntu innue narat ca s'Irlanda est indipendente de prus de unu seculu.

http://en.wikipedia.org/wiki/Irish_War_of_Independence

Insomma su probblema est semper su propriu: su de is inniorantes ki kerent cumndare a is ki is cosas ddas ischint. E custu ddu tzerriant "democratzia"!

elio ha detto...

@ Roberto Bolognesi

Tengiat passientzia, su dotori, mi parit chi fustei imperat su Sardu peus de mimi. A mei, donnia borta chi m'acuntessit de iscriri in Sardu, m' apilutzat sa pedhi, m'intrat su frius e sa callentura. Ca mi capìtat de pentzari: "Gesu' Cristu miu, ita ap'a essiri faendi? e chi, cun s'idea de dh'agiudari, seu cravendidhi un'atra tacia a su baullu de sa lingua nosta?"
Apoi mi fatzu coragiu e, pedendi perdonu a totus, mi dha tentu etotu, isperendi in bonu e cichendi de ammellorai totu su prus chi potzu. Andeus a-i nantis, cancunu mellus de nosu nd'at a podiri fintzas- e bessiri.
Su chi no' m'andat, su dotori miu, est s'idea chi sa mratzei tenit de sa democratzia. In cussa passada, ca est territoriu innui dhui crescit donnia cosa, non fait a dividiri sa genti in inniorantis a una parti e in is chi scinti a un'atra. Est su primu passu po dha bociri, a sa democratzia.

Roberto Bolognesi ha detto...

In su chi scriit Elio ddoi est totu sa chistioni de su malintendiu intra de politica e scientzia: sa prus parti de sa genti non sciit ca s'Irlanda est "indipendenti" de su 1922. E insaras? Lassas detzidi a sa majoría, cun unu referendum democraticu, s'annu chi s'Irlanda s'est furriada de colonia britannica a colonia vaticana?
Sa scientzia non est, non podit essi e non depit essi democratica.
Sa politica podit e depit detzidi de su chi tocat a fai cun su chi si sciit, ma non cali cosas funt beras o no. Su chi genti meda ancora non bolit cumprendi est custu.

bjorn larsen ha detto...

A me la cosa che non va giù è che fra i saggi e dotti si autoincludano persone che si nutrono di wikipedia: a voler bene a wikipedia, si tratta di un'enciclopedia, a disposizione di tutti, per un sapere democratico.
In ogni caso, non mi pare lo strumento sul quale fondare una distinzione fra ignoranti e non ignoranti.
Bjorn Larsen (ignorante)

elio ha detto...

@ Roberto Bolognesi

Mi pemitat ca dha 'nsistu, Roberto. Sa politica no'est iscientzia, mancari nci apada una facultadi chi dhi nanta 'Scienze Plitiche'. Sa politica anca est s'arti de fari su chi fait a fari. Sa scientzia est totu a un atru cabudu.
Candu unu pentzada ca in Irlanda funti de cent'annus independentis, bonu prou dhi fatzada. Candu si dhu ant a fai cumprendiri s'at a currègiri de sei su.
A mimi mi parit ca non funti custas is cosas chi pertocant sa politica. Su chi balit oi, non balit crasi; su chi srebit oi non sebrit crasi. Fintzas-e sa democratzia no' est una cosa prantada che unu puntedhu de non fari a dha trantziri a peruna parti. Est una cosa bia e in movimentu e pomori e po-i cussu est una cosa delicada meda. Est comenti de sa libertadi etotu: tocat a essiri abituaus a dha trattari, de chi nou, su chi si nd'aprofitat s'agat sempiri.
Mellus a isballiari in libertadi e democrazia prus chi a fari totu giustu asuta de ghia allena.
Chi mi 'olit tenniri che amigu mi fait unu grandu onori.

Adriano ha detto...

Vi vorrei segnalare questo articolo: http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/09/09/news/corsi_di_milanese_per_studenti_stranieri_il_ministero_finanzia_l_iniziativa_leghista-6921024/

Poi questo commento al riguardo del parlamentare del PD Guido Melis: "Lo dico a quanti immaginano le scuole organizzate su base regionale, con insegnanti autoctoni e programmi localistici: vogliamo fermarci, prima di far ridere di noi tutto il mondo?"

Infine il mio commento di replica a quello del Melis su Facebook: "A mio avviso invece è oggi che facciamo ridere i polli: nelle nostre scuole i ragazzi non sanno assolutamene nulla della plurimillenaria storia della Sardegna, pensano che Giovanni Maria Angioy sia solo il nome di qualche vicolo dietro casa... e tantomeno siamo in grado di valorizzare il nostro patrimonio storico, archeologico, culturale, letterario ed artistico Sardo. L'Italia è uno dei pochi esempi rimasti al mondo di becero centralismo, che si ripercuote puntualmente anche nella valorizzazione del patrimonio locale. La promozione dell'identità non è un problema dove cè una cultura omogenea, ma l'Italia non è tale rispetto a diversi paesi UE ed occidentali.
La storia, la lingua e la letteratura Sarda andrebbero difese e divulgate, non ignorate o minimizzate.

Imporre una sola lingua ed una sola storia e cultura: questo sì che fa ridere i polli, cancella le ricchezze territoriali e ci proietta in un imbarbarimento culturale alquanto pesante."

Bomboi Adriano

Roberto Bolognesi ha detto...

@ Bjorn Larsen
infatti Wikipedia la cito per voi. Io la data dell'"indipendenza" dell'Irlanda la conoscevo da decenni!