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Francu PilloniNon sono un medico, non mi sarebbe piaciuto farlo perché il sangue mi fa impressione, per questo non parlo come un medico, oltre che per il fatto che non ne ho la scienza. Tuttavia una cosa l’ho imparata nella mia vita e cioè che bisogna diffidare di un individuo di bassa statura. Qualcuno di questi (non tutti per fortuna) forma un complesso di rivincita su tutto e su tutti, non esclude alcun mezzo per arrivare in cima. Credo che il “complesso del pigmeo” sorga quando, ancora bambino, l’individuo passi sotto un albero di ciliegio che non gli ha riservato proprio nulla, essendo transitati i suoi compagni con le braccia che arrivano ben più in alto delle sue potenzialità.
È proprio a questo punto che si accorge di avere un problema. Problema che aumenta col passare del tempo a causa di altri vissuti, nessuno dei quali premia la sua bassa statura; problema che matura allorché chiede di ballare alla stangona per cui sbava, la quale le poggia “naturalmente” le mani sulle spalle, come qualcuno che vuol conficcare qualcosa nel terreno. Ecco, proprio il senso di sentirsi “interrato” produce il senso di frustrazione che si muta in rabbia vera e propria contro i “normali”. E il fatto che l’altezza dei suoi attributi arrivino appena al ginocchio di lei, non lo conforta, lo fa sentire esposto anche come maschio.
Ricordo benissimo la faccia di un amico che, giovanissimo alla fine degli anni ’50, cercò fortuna a Roma dove, nei suoi racconti imposti ai paesani, imperversava il gallismo gratuito, insomma la tecnica di “cuccare” come dicono oggi. Proprio in un pomeriggio domenicale il nostro seguì imperterrito una bella stangona romana che passeggiava in centro, insidiandola a un passo di distanza con le sue parole. Mentre scendevano per la scalinata di Trinità dei Monti, la bella si ferma, si volta, aspetta che il nostro abbia terminato la litania delle sue banalità, lo guarda con disgusto e gli fa: “Aò! Nun vedi che sei un bassotto!”. Infatti, pur stando un gradino più in alto, il nostro era costretto ad alzare la testa per vedere in faccia la bella romana. Ricordo ancora l’amarezza del suo viso quando lo raccontò, né capisco perché e come abbia voluto e sia riuscito a parlare di una così dura esperienza.
Non vado oltre, sono sicuro che ciascuno attinge nel suo vissuto qualcosa che assomiglia, che nella cerchia delle conoscenze abbia qualcuno che risponde ai requisiti.
L’altra questione è la sindrome da pensione, che affligge sia l’operaio che il manager, intesi come categorie, che talvolta subiscono traumaticamente il passaggio dall’attività all’inattività, dalla responsabilità alla libertà, insomma dallo stato di lavoratore in servizio a quello di pensionato. Spesso la tensione viene vissuta così visceralmente che il soggetto va fuori di testa, non di rado arriva al suicidio.
Ora, si provi a pensare ad un manager col complesso del pigmeo che, arrivato in cima alla carriera, abbia da par suo condotto il gregge dei suoi sottoposti come un bravo cane da pastore, uno di quelli che conduce il branco di volta in volta al pascolo o al recinto, ad abbeverarsi o a riposare all’ombra, sostituendosi interamente alle pecore anche nel percepirne i bisogni fisiologici. Si pensi allo stesso modo al nostro manager complessato, uno che all’autorevolezza ha sostituito l’autoritarismo, attorniato da un branco di sottoposti che spesso provano anche ad anticiparne i desideri e le aspettative.
Pensatelo ora in pensione, allorché si è accorto che l’ufficio da lui diretto continua il suo corso anche senza di lui, che i più devoti fra gli ex dipendenti gli hanno tolto il saluto, qualcuno gli fa lo sberleffo, magari ha tolto qualche scheletro dall’armadio. Bene, riuscite a pensarlo questo individuo che ha accumulato grande conoscenza e scarsa scienza, con grossi tarli che gli rodono dentro, con l’idea che le precedenti ossessioni, da tutti condivise in ufficio, siano il suo biglietto da visita, riuscite a immaginarlo nell’attualità, con tanto tempo libero davanti e tanto livore dentro… cosa gli resta da fare, quando neppure gli “amici” si fanno trovare al telefono?
Due cose gli restano: una è il suicidio, improbabile, non è nelle sue corde, meglio così!, sono gli altri, per convinzione profonda, a doverla pagare; l’altra, più probabile, è l’imperversare nei blog.
E non si creda che non costi sacrificio dover restare anonimi!