Nel forum di iRS continua un interessante dibattito sulla lingua sarda fra militanti, simpatizzanti, semplici iscritti al sito. Poiché la discussione ha preso le mossa da un articolo di questo blog su una questione in cui il problema della lingua era incidentale, vale la pena, credo, di insistere. Nel mio articolo avevo censurato il malvezzo di sferrare attacchi (in questo caso contro Su Comitadu pro sa limba sarda) sulla base di informazioni raccogliticce e false. L'autrice di quell'attacco, la scrittrice Michela Murgia, ha alla fine riconosciuto che le sue fonti – un disinformato articolo di giornale – non erano adeguate. Onore alla sua onestà intellettuale e, per me, polemica conclusa.
Non per altri. Qualcuno mi ha rimproverato “la scelta di parlarne sul [mio] blog, uno strumento unidirezionale che non permette un confronto serrato, non comprendo per quale motivo non si sia iscritto al forum e ne abbia discusso con noi tutti”. Lo stesso rimprovero, di non essermi iscritto a quel forum, mi è stato fatto da un altro ospite di quel sito. Io non sono iscritto, né mi iscriverò, almeno fino a quando vigerà la regola secondo cui requisito per l'iscrizione è: "... non essere rappresentanti, esponenti o sostenitori di altri partiti politici o di altri portali".
Trovo inquietante l'idea che per partecipare ad una discussione o si abiuri a quel che si è o si dichiari il falso. E, così, il dibattito, spostatosi da questioni di etichetta ad altre di sostanza, continua sulla lingua sarda. Ci prenderei volentieri parte, visto anche che mi si continua a tirare in ballo, ma non passando sotto le forche caudine delle regole poste da quel forum. Ma poiché iRS è parte importante della vita culturale sarda, per altro asfittica, e poiché, pur non essendo il forum organo del movimento, ne è ovviamente influenzato, continuiamo pure il dibattito. Loro lì, questo blog qui: con questo, che il blog non pone regole aprioristiche e chiunque può scrivere, il forum ne pone, per me inaccettabili.
Discussione interessante è quella intorno alla Limba sarda comuna, nel corso della quale c'è un confronto non scontato. Ma altrettanto lo è quella sul gradualismo con cui far entrare a scuola il sardo e le altre lingue della Sardegna. Su Comitadu pro sa limba sarda ritiene, e per questo si batte, che vadano utilizzati tutti i meccanismi che legislazione, direttive ministeriali e iniziative della Regione consentono. Chi questo critica, pensa che si tratti di mezzucci per far entare la lingua dalla porta di servizio. E questo, in realtà, è vero, salvo per il non piccolo particolare che non si tratta di mezzucci, ma di presa di coscienza che nel mondo della scuola, salvo non pochi esempi di rispetto della democrazia linguistica, il sardo e le altre lingue della Sardegna non hanno udienza.
È una bestialità, ma così è. Sarà interessante, alla fine del mese, quando al Ministero degli affari regionali saranno arrivati, da tutte le minoranze linguistiche, i progetti di bilinguismo a scuola, contare quanti saranno quelli spediti dai dirigenti scolastici della Sardegna. Aspetto, ma anche temo di saperlo. Del resto, in tutta la campagna sindacale e politica di protesta contro i tagli nella scuola, non si è sentita una sola voce che ponesse questa banale domanda: “Qual è la specialità della Sardegna da esibire per impedire qui la chiusura di tante scuole, se non la lingua?”. Fra la dispersione scolastica e il deserto fatto alla lingua nella scuola italiana in Sardegna non c'è forse un qualche rapporto? Perché dove vige, come nel Sud Tirolo e in Val d'Aosta, il bilinguismo è utilizzato anche per contrastare le classi numerose, la chiusura delle scuole nei villaggi di montagna, la perdita di insegnanti?
Qui da noi, politica e sindacati, hanno agitato esclusivamente questioni logistiche (le strade disagevoli) e demografiche (lo spopolamento dei villaggi) per dire che alla Sardegna lo Stato doveva riservare un trattamento di favore. Questioni che riguardano tutto lo Stato, altro che specialità. E questo autolesionismo provoca un solo risultato: rimuovere la questione della lingua anche come strumento di crescita sociale. Né hanno voluto cogliere, nella cosiddetta rimodulazione dell'accordo fra Baire e Gelmini, la possibilità che Regione e dirigenti scolastici utilizzino almeno parte dei 20 milioni di euro per l'insegnamento del e in sardo. Insomma, neppure davanti a concrete possibilità di lavoro, viene abbassata la soglia di diffidenza (e di ostilità) nei confronti del sardo e, insieme ad esso, del gallurese, del sassarese, del catalano d'Alghero, del tabarchino.
So anch'io che la proposta de su Comitadu non è il meglio. Ma spesso, comunque in questo caso, il meglio è nemico del bene.
1 commento:
Non posso che essere d'accordo sul rilievo alla democrazia bulgara del forum di IRS. - Bomboi Adriano (U.R.N. Sardinnya)
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