di Francu Pilloni
Mi sono accorto, a dieci giorni dalle elezioni, che mi avanza un voto, il mio.
Non mi serve, ma non lo voglio buttare (è nuovo, amai usato, con garanzia integra, da timbrare), quindi lo do via, lo vendo, anzi lo regalo a chi me lo chiede. Al primo che me lo chiede, in ordine cronologico, di destra o di sinistra, di centro, di sopra, di sotto, non ho preferenze.
Unica condizione: me lo si deve chiedere, come dire?, ufficialmente, coram populo, come dicevano a Roma quando il Colosseo si riempiva di gente.
È una burla, pensa già qualcuno, che so, uno dei tanti candidati messi là a riempire le liste, volontari di questa messinscena democratica che sono le elezioni di ogni ordine e grado e che comunque danno sostanza alla forma e forma alla sostanza le quali, soffrendo ambedue di zoppia perniciosa, si reggono l’una con l’altra. Questa è la democrazia, ma di meglio non c’è.
Invece no, è una cosa piuttosto seria. Si vedano le condizioni che pongo:
a) richieste: nessuna. Infatti a me non interessa se il richiedente verrà eletto o non verrà eletto (a lui certamente sì); non interessa se, nel caso venga eletto, contribuisca a fare maggioranza anche spostandosi dal gruppo o dalla lista, o pregiudichi la maggioranza abbandonandola per qualsiasi ragione. Faccia a suo piacere. Per me va tutto bene. Non gli chiederò conto dei voti dati o negati a qualsivoglia disegno di legge, delle proposte di legge che appronterà se ne appronterà, degli ordini dl giorno e di tutto l’altro che prevede la procedura consigliare. Non m’interessa e non gli chiederò conto se sarà nominato assessore o membro di una o più commissioni: faccia secondo la sua coscienza o secondo il suo privato interesse. Non m’interessa. E non m’interessa neppure se è contro o a favore della lingua e della cultura sarda, se è contro o a favore della LSC. Insomma, ha capito che non avrà nessun mio condizionamento, né alcuna rimostranza su quello che deciderà di fare o non fare? Ecco, se ha capito sin qua, trarrà la logica deduzione che io non vorrò essere in nessun caso, per nessuna ragione, in nessun luogo o situazione, essere tirato in ballo, chiamato, contattato da lei o per suo conto da chicchessia... sino alle prossime elezioni.
b) Offerta: solo il voto di preferenza o quello di lista o ambedue. È chiaro che non mi assumo alcuna responsabilità se col mio voto pregiudico la vittoria o facilito la sconfitta di qualcuno degli altri candidati, siano semplici consiglieri o governatori. All’uopo, per dimostrarle che sono una persona seria, si sappia, prima che qualcuno inoltri la richiesta, che io sono andato a votare regolarmente tutta la vita, a destra o a manca, secondo le situazioni o gli amici che avevo in lista. Si sappia altresì che, alle politiche, nell’ultima tornata ho votato Veltroni, nella penultima ho votato Berlusconi, nella precedente ancora ho votato Rutelli, e prima ancora Berlusconi e ancora prima Ochetto. Alle regionali ho votato per Pili la volta scorsa, per Palomba quell’altra. Analogamente ho fatto con i sindaci del mio comune. Se si è capito l’andazzo, io non ne azzecco una dal tempo dell’onorevole Efisio Corrias: lo votai (la prima volta che votavo, mi scrisse anche una lettera a casa!) nei primi anni sessanta, fu eletto, divenne anche presidente. Non è che io porti sfiga per dire, cioè dove voto io non cresce più l’erba. Magari fosse così. Si pensi a quanto pagherebbero il mio voto! Soru sarebbe disposto a tanto, pur di farmi votare Capellacci, figuriamoci Berlusconi per Soru! Quantomeno mi farebbe sottosegretario subito, in attesa delle elezioni europee! Ma non è così, purtroppo per me. Ecco perché mi avanza quel voto: perché è inutile. Quanto vale un voto inutile? Zero. Per questo lo regalo.
E se lo chiede, anche a un senegalese perché, fra l’altro, non sono neppure razzista.
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