C’è in giro, qua e là per l’Italia, un ipernazionalismo stucchevole. Ne sono infettati frequentatori del Bar dello sport, ma anche giornalisti di fama e politici più o meno famosi che pensano al loro Stato come insostituibile ombelico del mondo. Passi per i primi, che più degli avventori non influenzano. Ma gli altri, se presi sul serio, sarebbero capaci di trascinarci in guerre revansciste o in rottura di rapporti diplomatici, inizi di disamistedes internazionali.
Si sono irati perché il Vaticano, stato indipendente, ha deciso di valutare volta per volta se accogliere o non accogliere nel proprio ordinamento le leggi italiane, leggi di uno stato estero. Adesso sono incavolati, fino a minacciare (qualcuno, sia chiaro) il ritiro dell’ambasciatore italiano, perché il Brasile ha osato applicare le proprie leggi nel caso di un latitante lasciato scappare dall’Italia. Quel che è giusto in Italia – è il ragionamento degli ipernazionalisti – non può non essere giusto fuori dei suoi confini. Naturalmente non è vero il reciproco e credo troverebbero ridicola la pretesa, che so?, della Spagna di applicare in Italia le leggi spagnole.
Trovano normale (ed io con loro, ovviamente) che le leggi italiane impediscano l’estradizione di qualcuno verso uno stato che applichi la pena di morte, contestano fino alle urla che uno stato contempli la non estradizione verso l’Italia di qualcuno condannato per un crimine politico.
Si permettono di dire che il Kosovo o il Montenegro sono staterelli in balia delle mafie, ma si indignerebbero (più di una volta lo hanno fatto) se all’Italia è rivolta la stessa accusa. Sbertucciano i piccoli stati, ma non riescono neppure a sorridere alla storiella cinese che fa dire “e in quale albergo sono scesi?” a un capo della Cina a cui è riferito che gli italiani hanno deciso di invaderla.
Credo che il top di questo morbo lo abbia raggiunto giorni fa un giornalista, Gian Antonio Stella, che scrive della trista condizione degli italiani sulla frontiera fra Slovenia e Croazia. Racconta delle difficoltà (spesso vere vessazioni burocratiche) cui sono soggetti gli abitanti di comuni contigui in quel che fu l’Istria sotto la dominazione italiana, oggi divisa fra due stati. Come se il superamento delle frontiere non avesse fino ad avantieri creato problemi ai sud tirolesi che volesse andare nel nord Tirolo. Come se fino ad avantieri non ci fossero stati problemi di frontiera per gli occitani delle Valli cuneesi per raggiungere gli occitani in terra di Francia.
L’Italia ha annesso territori e popoli, ha ceduto territori e popoli (da Nizza alla Savoia), ha creato frontiere laddove non c’erano. Ma che conta? Per gente come Gian Antonio Stella l’Italia è nel giusto; chi è da condannare sono la Slovenia e la Croazia che hanno fatto lo stesso. Per uno che, come me, è decisamente dalla parte dell’Europa delle Regioni, senza frontiere, quel che capita fra i due stati balcanici è francamente intollerabile. E da sardo non posso non riprovarlo; ma come cittadino dell’Italia sarei almeno cauto come un bue che volesse dare del cornuto ad un asino.
Il giornalista cita come esempio di mala sorte quel cittadino croato di etnia italiana che è “nato italiano per diventare yugoslavo, sloveno e in fine croato” senza mai muoversi di casa. Che dire dei sardi che, senza muoversi dall’isola, nacquero sardi, diventarono catalani, spagnoli, austriaci, piemontesi, italiani?
1 commento:
Francu Pilloni scrive:
O ZF, manco il presidente Napolitano legge questo blog, altrimenti avrebbe esitato a scrivere quella lettera al presidente brasiliano in merito a Cesare Battista.
Che tristezza!
Per la figura che fa il nostro presidente, non per il blog.
Ma Napolitano è certo nel suo intimo che in Italia sono assicurati processi giusti, come afferma cercando di convincere i capi stranieri?
Si guardasse intorno, per favore. Evidentemente tutto è relativo, visto che lui, mettici il lodo Alfano, non può essere processato, neanche se si scoprisse che ha ammazzato la suocera o la cognata.
Ed è relativa anche l'etica, a proposito di Cesare Battisti, questo e quello: finché uno ammazzava austriaci in Austria, era un patriota, poi martire; se invece ammazza italiani in Italia, viene detto terrorista, con tanta saliva in bocca che poi viene subito da sputare.
Che mondo l'Italia! E che ombelico intrigante che ha.
Ma guai a metterci il dito.
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