Un bimbo palestinese ucciso dagli israeliani a Gaza; un bimbo israeliano ucciso in un attentato di Hamas in Israele
di Franco Pilloni
Caro Gianfranco, non so se l'intervento uscirà con questo titolo, ma mi piacerebbe molto, così come mi sarebbe piaciuto scriverlo in sardo, perché “i fuochi”, nel Medioevo e nell'Età Moderna, sono stati l'unità di misura dei villaggi sardi nei censimenti che ne fecero le autorità dell'epoca. Fuochi come focolari quindi, attorno ai quali si stringeva la cerchia dei parenti più prossimi nelle sere senza luci e senza svaghi che non fossero le eterne novelle, is contus o paristorias, attraverso le quali veniva tramandata la gran parte delle tradizioni, della cultura e persino delle strutture intellettuali ed etiche.
A Gaza invece, più che di focolari si parla dei focolai mai spenti dell'odio e dell'intransigenza, che divampano con tragica fatalità in immensi incendi, non solo figurati, in mezzo ai quali le famiglie devono forzosamente convivere oltre ogni limite di umana sopportazione. Che gli attuali fuochi di Gaza siano davvero gli ultimi, c'è da sperarlo e da temerlo, perché non si intravvede una soluzione definitiva che salvi la dignità degli uomini e delle donne di quel territorio e vada incontro all'ansia di sicurezza dei suoi storici vicini-nemici.
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