domenica 15 maggio 2011

Pro e contro Marco Minoja

Il signor “Marco (anonimo)” commenta oggi l'articolo Marco Minoja e il suo concetto di leale collaborazione del 18 aprile, il che è troppo lontano nel tempo perché normalmente i lettori del blog possano accorgersene. È un commento interessante, mi pare:
"... impossessarsi di reperti autentici di varia età, erroneamente interpretati . . . macigni di monumenti nuragici che avrebbero bisogno solo di ammirazione e rispetto."


Posso intanto commentare io, che Sardo non sono, ma che per la Sardegna porto ammirazione e rispetto ?


Vista da fuori questa situazione è evidente come funziona: da una parte c'è un giovane Soprintendente che si dà da fare con entusiasmo per fare VERA TUTELA, magari sbaglia nei toni ma la verità è che si sbatte per Voi. Dall'altra parte ci sono degli hobbisti che su queste cose giocano un po' di tempo libero e che al 99% si sbagliano, ma che in quanto Cittadini ed in quanto Sardi hanno il diritto di sapere.

Poi -ed è questo il vero problema- ci sono dei politici e degli amministratori locali, dei "potentati" diciamo così, che non gli pare vero di rimestare nel torbido e fare cagnara per cercare di impallinare un Soprintendente forse sgarbato, ma troppo onesto e troppo entusiasta del proprio lavoro per non dare fastidio a chi vuole piegare il patrimonio culturale ai priopri interessi privati.


Mi sbaglio di molto?


Marco (omonimo)

Caro “Marco (anonimo)”
non conosco personalmente il dottor Marco Minoja, ma non ho motivo di dubitare che il soprintendente corrisponda umanamente alla figura che lei conosce. Ne conosco però atti pubblici e su quelli esprimo giudizi, anche questi, mi creda, ispirati alla ammirazione e al rispetto (e amore) per la Sardegna. Il dottor Minoja definisce “sedicenti studiosi” delle persone serissime che si applicano con passione e competenza allo studio; per lei le stesse persone sono degli hobbisti che su queste cose giocano un po' di tempo libero. Lei è decisamente più garbato, ma pecca di pregiudizio e di prevenzione, pur se concede che per l'1 per cento possano aver ragione.
Solo l'1, o magari il 2 o il 10 per cento? E come stabilirlo diversamente che con degli ipse dixit autoreferenziali, con l'ossessivo ripetere: noi abbiamo ragione perché da decenni ci ripetiamo di aver ragione? C'è una frase che dovrebbe far arrossire non dico uno scienziato, ma qualunque persona con un po' di sale in zucca: “I reperti citati dai promotori [della petizione popolare, NdR] non recano peraltro alcuna traccia di scrittura di età nuragica anche perché, come ben esplicitato in tutti i testi scientifici sulla civiltà nuragica, questa non ha mai conosciuto la scrittura”. Non è del dr Minoja, immagino, ma proviene dall'ambiente.
Sul fatto che i politici rimestino nel torbido e facciano cagnara per i propri interessi ho moltissimi dubbi. Perché poi? Per quali interessi? A gran parte di loro, anzi, non dispiace affatto che il patrimonio culturale sardo sia etero diretto. Io, invece, lamento la loro insensibilità nei confronti dell'unica seria prospettiva possibile per lo studio e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale: restituirlo alla gestione della Regione sarda, se proprio si vuole, in leale collaborazione con lo Stato italiano che oggi non c'è.
In una cosa concordo: quelli che lei chiama hobbisti “in quanto Cittadini ed in quanto Sardi hanno il diritto di sapere”. Sa quanti fiumi di inchiostro, quante arrabbiature, quante frustrazioni in meno se questo diritto a sapere fosse riconosciuto? A volte con la sensazione di essere impudentemente presi per i fondelli, come è capitato leggendo la risposta ministeriale alla domanda su che fine avesse fatto la barchetta nuragica fittile di Teti: non esiste ha risposto il Ministero su informazione della Soprintendenza, eppure non solo se ne ha la fotografia, ma è stata vista, bella e in buona salute, qualche settimana fa.

sabato 14 maggio 2011

Cras eja contra a su nucleare in Sardigna

Cras e lunis in Sardigna si botat chi eja o chi nono a su fraigu de tzentrales nucleares e de giassos in uve pònnere s'arga atomica insoro. Est sa prima bia chi, a su chi isco, sos eletores sunt mutidos a leare unu pessu de gasi e siat in Itàlia e siat in Europa. Ma est finas sa prima bia chi in Sardigna b'at una unidade gasi manna pro un'issèberu chi pertocat sa soverania de su pòpulu sardu: totu sos partidos polìticos, totu sos moimentos culturales e polìticos, totu su Parlamentu e totu su Guvernu de Sardigna sunt de acordu pro nàrrere chi eja a sa pregunta fata: “Sei contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti?
Su traballu de su Comitadu règhidu dae Bustianu Cumpostu est istadu a primore e, una bia in sa bida, finas sos medias sardos sunt istados cumpatos bene informende sos eletores. Su guvernu sardu at fatu una cosa dèghida aunende su referendum cun sas botatziones in sas 97 comunas sardas. Totu, o de gosi o de gasi, punnat a una resessidas bona meda de su referendum de cras e de pustis cras. Ma no est gasi: pròpiu sa seguràntzia chi sa resessidas est a sas bistas podet trampare. Arguai a pensare “no at a èssere su botu meu su chi at a èssere pretzisu”. Brincare su 33 pro chentu de su belle milione e mesu de eletores sardos non est gasi punta a giosso, mescamente de pustis s'abusu fatu de referendum in uve cosas de gabale si sunt mesturadas a minutallas, infadende belle a totus.
Mancu si andant a botare totu sos 313.929 interessados a sas eletziones comunales ant a bastare, bi cherent nessi mesu miliones de pessones chi andent a botare.

Da Cantaru Ena nuove conferme sul protoromanaico

di Stella del mattino e della sera

Un informatore ci informa con una preziosa informazione: il documento di Pozzomaggiore non è l’unica testimonianza del protoromanico e chillossà quante ancora il destino vorrà regalarcene, a gloria imperitura di questa ineguagliata civiltà. Le cui propaggini scrittorie, ormai possiamo annunciarlo con estrema sicurezza, affondano non solo nelle miniere di turchese del Sinai – con scritte erroneamente ritenute in alfabeto protosemitico – ma anche nella Palestina, dove fino a ieri sera si riteneva che spadroneggiassero, nel II millennio a.C., il proto-ugaritico ed il proto-altro. Quando Guglielmo Maetzke descrisse la necropoli a enkytrismòs di età romana di Cantaru Ena (1), si stupì di trovare strani segni su alcuni ziri, ziri che lui attribuì al retaggio artigianale nuragico del luogo. I segni vennero ritenuti di nessuna importanza dai suoi colleghi, e nessun altro autore ne parlò in seguito. Adesso sono arrivato io: gli antichi abitanti della Sardegna non c'entrano niente(2). È il protoromantico, in tutto il suo splendore, che reclama ancora una volta il suo diritto ad esistere.

(1) MAETZKE G., FLORINAS (Sassari) - Necropoli a enkytrismòs in località Cantaru Ena, in “Notizie degli Scavi”, 1964, pp. 280- 314.
(2): ricordo a voi lettori il decalogo recitativo del mattino e della sera (io non c'entro, nonostante abbia il mio cognome). 1. Non leggere farneticazioni protonuragiche che gonfiano volumi di spazzatura; 2. Onora i segni potenti; 3. I nuragici scrittori? Nessuna prova; 4. Le presunte iscrizioni nuragiche sono semplici decorazioni usate sino al medioevo; 5. È probabile che i Nuragici non sapessero scrivere, ma che utilizzassero segni di altri alfabeti per diversi scopi che non sono però quelli della scrittura così come la intendiamo noi; 6. NOooo Il pugnaletto ad elsa gammata no!; 7. I nuragici erano un popolo contadino e non avevano bisogno di una scrittura per le necessità della loro vita; 8. Alcuni personaggi  giungono a fabbricare deliberatamente false "iscrizioni nuragiche"; 9. Come ben esplicitato in tutti i testi scientifici sulla civiltà nuragica, questa non ha mai conosciuto la scrittura 10. Gigi Sanna è una fiumana!

Caro collega, c'è un altro comandamento ad illuminare il cammino di certi archeologi sardi: “Nega sempre e non aver paura di dire il falso, se questo fa comodo”. Ce lo ricorda Marcello Madau cui è stato affidato il compito di presentare dieci volumi sull’archeologia sarda. Egli, nel solco della nouvelle vague archeologica che ha in Stiglitz il suo campione, recita il rosario sulla indefinita grandezza della civiltà nuragica: essa non ha bisogno “di falsi, scritture inventate (guarda caso, in oggetti sempre hors stratigraphie, fuori contesto) autodefinitesi scientifiche”. Il dogma del contesto come tutti i suoi fratelli non ha bisogno di essere dimostrato e, nella Religione madauiana, è circolare: ciò che non sta nel contesto non serve un tubo e ciò che si decide non serva è fuori contesto, anche se trovato nel suo contesto. Non sono io, caro Stella, a essere contorto: è questa Religione a non sollecitare la comprensione: è così e basta.
Il coccio di Pozzomaggiore, per dire, fu trovato nel suo contesto, la scritta del Nuraghe Aiga lo stesso, quella sul nuraghe Rampinu ugualmente, al pari della scritta in su Nuraxi. Ma non saranno questi esempi eretici a insidiare il dogma. Il contesto qui c'è. Sono le scritte a essere inventate o, come tu dici, ad essere attribuibili al protoromantico. Una volta, davanti a simili tentativi di imbrogliare le carte, mi inquietavo. Ora sento solo una profonda immarcescibile pena anche perché mi chiedo quanto camperebbero al loro posto di archeologi se, davanti al coccio trovato da un ragazzino nei pressi di Gerusalemme, avessero esclamato: “Pussa via tu, che sei fuori contesto”. [zfp]

venerdì 13 maggio 2011

Avviso ai naviganti

Per quasi ventiquattr'ore la piattaforma che ospita questo e milioni di altri blog è andata in tilt, sospendendo anche gli ultimi articoli e commenti. Cercherò di ripristinarli appena possibile. Chiedo venia a tutti i bloggers.

giovedì 12 maggio 2011

Delle scorrettezze di Blasco Ferrer e dell'origine degli insulti

Caro Gianfranco,

ti mando questo post per segnalare il fatto che uno dei corsisti del Secondo Corso di Epigrafia nuragica mi ha portato le scuse di una docente cagliaritana che, per un certo tempo, ha avuto da ridire nei miei confronti circa una mia dichiarazione sulla voce "hogyhano", voce che io avrei fatto derivare, per dichiarazione del sig. Blasco Ferrer, dal protosemitico (sic!).

Le scuse erano dovute al fatto che, invece di controllare la fonte diretta della (presunta) sciocchezza, la suddetta docente, con leggerezza, si era basata esclusivamente su di una frase scorretta quanto velenosa dell'autore del libro sulle (presunte) origini del paleosardo.

Ora, il sottoscritto della incredibile panzana niente sapeva anche perché per norma non ama leggere e neppure consultare testi di boriosi e presuntuosi linguisti, tanto più se già dalle prime battute intitolano i loro libri con espressioni da prodotti di supermercato come "risolto il rebus" o si lasciano andare, già dalle prime battute, a vele spiegate, ad auto incensazioni sulla bontà del metodo proprio (naturalmente "unum verum et bonum") e viceversa a tentativi di liquidazioni impietose di metodi di studi e di analisi altrui che altro torto non hanno avuto se non quello di essere "datati" e di credere anch'essi, talvolta, alla loro intangibilità e quasi santità nell'approccio scientifico.

Non voglio farla lunga (anche se potrei, nel mio piccolo, entrando nel merito dello studio sul sardo e sul basco, letteralmente campato per aria e, soprattutto, sulle amenità circa la scritta di Aidu Entos di Bortigali) e quindi ti sottopongo il passo del libro (non lo cito perché universalmente conosciuto da tutti, anche dalle casalinghe) del signore suddetto, assurdo motivo dell'inganno per colui che si è scusato: "Fra i candidati alla damnatio memoriae eccelle, per ambizioni iconoclastiche e disprezzo accademico, il volume di Gigi Sanna (2005), nel quale, fra tantissime eresie, il lettore apprenderà che il sardo ocru, ogru, ogu non deriva dal lat. OC(U)LUM, come tranquillamente registrano Meyer-Lübke, Wagner e qualsiasi Romanista anche agli inizi degli studi, bensì dal protosemitico (?) /hogyhanu/".


Leggi tutto


mercoledì 11 maggio 2011

Stiglitz: "Abbiamo un posto nella storia". Quale, di grazia?

In una cosa sono d'accordo con Alfonso Stiglitz. Condivido con lui la considerazione, fatta in una conferenza su Atlantide e i nuraghi, secondo cui c'è il rischio di pensare “che l'essere semplicemente nuragici non basti a garantirci un posto nella storia”. Basta, evidentemente, e avanza, a patto che quel posto nella storia sia identificato e identificabile nell'essere noi stessi e non, come Stiglitz mi sembra voglia far credere, raccattatori di civiltà altrui, principalmente fenicia e greca. “Melqart per i fenici ed Eracle per i greci sono le divinità fondanti, quelle che portarono la civiltà nei luoghi visitati” scrive l'archeologo.
Sarà perché ho una spiccata stima del significato delle parole e della loro organizzazione in pensiero, ma in quella frase – così come in quelle che la precedono e seguono nel testo della conferenza – c'è il senso del discorso contingente e della concezione generale del nuragismo: un contenitore di successive ondate civilizzatrici non un luogo di reciproca acculturazione. Sul resto della conferenza, sviluppo della requisitoria contro Sardegna = Atlantide già contenuta nella scomunica dei Duecento pronunciata contro Sergio Frau, non ho alcunché da dire. La pensa così e così scrive. Ci sarebbe, è vero, da capire come faccia a dare coerenza a due affermazioni. La prima è che le Colonne d'Ercole sono una metafora. La seconda è che le Colonne sono situate qui o là al seguito degli amati fenici e dei greci, ma assolutamente non lì. Mistero che, comunque, non mi appassiona.
Torno al “posto nella storia” dei nuragici. Qual è? Certamente quello di costruttori di torri e tombe di giganti. Certamente quello di ospiti di fenici e greci. Solo questo? Forse sì: “La Sardegna nuragica, soprattutto in questi ultimi anni, è afflitta da una quantità di pubblicazioni che di volta in volta la collegano a Atlantide, Shardana, Giganti, Adoratori di Yhwh, All’isola dei Feaci…” scrive il nostro. Leggiamo che cosa non è: non è Atlandide, non è la terra dei Shardana, non è la terra dei Giganti (quali? Quelli di Monti Prama o quelli delle omonime tombe?), non è la terra in cui si pregava Yhwh, non è quella dei Feaci. I puntini di sospensione lasciano capire che la lista dei “non è” è ancora lunga e che sotto la mannaia di Stiglitz sono destinata a cadere altre teste. Chi sa se un giorno alla lista dei “la Sardegna nuragica non è” contrapporrà una lista di “la Sardegna nuragica fu”?
C'è un elemento comune, oltre ad Atlantide, che rende solidale un ceto accademico pluridisciplinare che si esprime pubblicamente e che va da Stiglitz a Lupinu, da Bernardini a Maninchedda: l'irrisione infantile della presenza di Yhwh in Sardegna. Gira tutto intorno alla categoria deista del “non può essere”. Sono ormai diverse decine i documenti trovati in Sardegna in cui compaiono segni che messi insieme a quel nome portano. Ve le legge Gigi Sanna, fra chi ha il dono della parola. So di fare una domanda a chi non ha voglia né interesse a rispondere, ma la faccio egualmente; l'ho fatta al dottor Bernardini qualche giorno fa, la faccio al dottor Stiglitz. Negate che in Sardegna siano state trovate scritte prefenicie (protosinaitica e protocananee soprattutto)? E che in queste scritte compaiano segni che portano all'idea e al nome del Dio unico?
Sono molto interessato, e con me lo sono le migliaia di lettori di questo blog, a conoscere le vostre conclusioni scientificamente fondate, non basate sull'irrisione e le battute di spirito come fino ad ora è successo. Ripeto l'impegno preso qualche giorno fa a pubblicare queste conclusioni e a non consentire che alcuno utilizzi nei suoi commenti l'arma dell'insulto e dell'ingiuria. Naturalmente nel reciproco rispetto.