giovedì 31 maggio 2012

Scusate, amici indipendentisti, dove stanno "i presentabili"?


Sfuggendo all'obbligo, che non sento mio, di dover mettere la mia bandierina in una tanca, per di più accatastata da capi partito che stanno oltre il mare, mi posso permettere di chiedere a tanti amici indipendentisti, sovranisti e nazionalisti: “Voi che ritenete impresentabile il centrodestra isolano, è perché reputate invece presentabile il centrosinistra isolano, o c'è un'altra ragione?”. Lo chiedo a loro, perché immagino che non dovrebbero scandalizzarsi come al contrario fanno gli opposti portatori sani di verità rivelate. In questi anni di odi, antropologicamente fondati su un bipolarismo binario, una domanda del genere susciterebbe altrove stupore e incredulità. Ma come? Non ti rendi conto che la destra (o la sinistra) è il bene vs il male, la verità vs l'errore, e reciprocamente?.
Quanti, come gli abitanti del mondo sardista, dovrebbero essere indifferenti alla lotta dei principi castigliani nella corte di Madrid dovrebbero anche poter rispondere a quel quesito. Insomma, per un progetto di liberazione della Sardegna dalla dipendenza (soprassediamo al momento sullo sbocco istituzionale, confederalismo, sovranità, indipendenza), è utile appoggiare una delle fazioni nella guerra di successione al governo italiano, o sarebbe più utile allearsi non tanto con una delle fazioni quanto con chi, all'interno delle fazioni, condivide quel progetto di liberazione? Mi ha stupito il silenzio imbarazzato del mio mondo – quello latamente sardista, voglio dire – di fronte alla mossa di Ugo Cappellacci che non solo ha diffidato e messo in mora il governo italiano sulla questione vitale delle entrate, ma lo ha fatto utilizzando anche la lingua sarda comune, lo standard diplomatico usato nel passato solo da Renato Soru per delibere regionali. È un'avanzata positiva, passare dall'uso del sardo per documenti interni alla Regione a quello per rapporti inter-nazionali, quale che sia, ovviamente, la consapevolezza che di ciò abbia avuto il presidente della Regione.
Perché trovo imbarazzato, e forse imbarazzante, il silenzio dei partiti e dei movimenti indipendentisti, nazionalisti e nazionalitari? Perché ci leggo l'impaccio del dover ammettere che a destra si muove qualcosa di cui la sinistra non è capace. Ci leggo un disagevole dubbio: e se risultasse che la destra in Sardegna, defascistizzata e liberatasi dalla mitologia patriottarda e unitarista, avesse in testa una sovranità sarda? Certo, anche a sinistra, con Sinistra ecologia e libertà (Sel), è in atto un processo di avvicinamento ai temi della sovranità, sconfessato e vilipeso dall'altra sinistra. Ma a nessuno, credo, sfugge che se davvero i moderati si accingono alla svolta sardista che l'atto di Cappellacci fa presagire e gli annunci di Beppe Pisanu riempiono di credibilità, ci sarebbe davvero un bel dilemma: partecipare al governo della Sardegna con idee sovraniste o rendere testimonianza insieme a una élite della sinistra conquistata a queste idee.
So che una parte, non grande per la verità, del già modesto schieramento indipendentista più radicale non è indifferente alla seduzione di un accordo con il Pd, o meglio con la parte del Pd che vorrebbe ripetere con Renato Soru il tentativo di sardizzare il partito. L'ex presidente della Regione è l'unico, in quello schieramento – che, va ricordato, ha avuto altri quattro presidenti di Regione – ad aver dato prova di pensiero autonomista soprattutto in fatto di lingua sarda. Ed è, questa, una moneta spendibile anche se contrasta proprio con gran parte della intellighenzia universitaria e non solo del suo schieramento. Il problema che si pone al complesso del mondo sardista non è di facile soluzione. Ha una attrazione fatale per la sinistra e una ripulsione per la destra, entrambe molto ideologiche, soprattutto oggi che sinistra e destra si confondono in un governo. Tanto è ideologica che rimuove dal suo immaginario politico il neo-giacobinismo della prima e non riesce a tollerare i contorcimenti, anch'essi neo-giacobino, della destra. Come i suoi partner ideali, Sel e Pd, questo mio mondo giudica irricevibili e privi di credibilità i segnali di svolta della destra sarda, ma è disposto a chiudere un occhio sull'appiattimento del Pd sul governo italiano, certo non meno grave dei “rapporti gelatinosi con il governo Berlusconi” che sono rimproverati a Cappellacci.
Questi atteggiamenti del passato rendono – dice il segretario dei Democratici, Lai – non credibile la politica del presidente regionale. Giudizio assolutamente scontato, visto che viene dall'opposizione. Meno scontato è che definisca “iniziative folcloristiche” l'uso del sardo nei rapporti con il governo italiano. Lo sarebbe, scontato dico, se Cappellacci avesse scimmiottato un corretto uso del sardo da parte del Pd e se, contrariamente a quando annunciato, il governo sardo avesse usato “sua lingua” in un moto di stizza e non lo utilizzasse più nei suoi rapporti con il governo italiano. Per ora, che io sappia, solo Sardigna natzione ha usato e usa il sardo nei suoi rapporti interni ed esterni. Non gli altri movimenti indipendentisti, non i partiti nazionalitari, men che mai i partiti italiani, a destra come a sinistra come al centro, e su e giù.
Sogno una nazione sarda normale, nella cui società ci sia dato di poter scegliere tra una proposta sovranista improntata a principi di giustizia sociale e una proposta sovranista improntata a principi liberali, entrambe radicate sugli interessi del popolo sardo anche se questi dovessero essere conflittuali con il cosiddetto “interesse nazionale” che – lo sperimentiamo da 150 anni – è l'interesse della sola nazione italiana. Per ora, l'unica proposta sovranista raccoglie consensi molto intrecciati e eretici rispetto agli schieramenti ossificati e fra questi non ci sono quelli del Pd, di confusi riformatori, della sezione italiana di un inesistente partito comunista internazionale e di una frangia nostalgica.

mercoledì 30 maggio 2012

Un’isola sovrana col bilinguismo del suo presidente


 di Francesco Casula

Scrive Michelangelo Pira in «La Rivolta dell’oggetto». “Il Vicerè non aveva alcun obbligo di essere bilingue; alla traduzione dei suoi ordini potevano provvedere intellettuali bilingui suoi dipendenti. Il presidente della Regione (per dire le istituzioni e organizzazioni politiche sarde autonomiste) ha 1'obbligo di essere compiutamente bilingue: il suo compito non è quello di trasmettere ordini di una sovranità esterna bensì quello di farsi estensione di una sovranità interna partecipando alla costruzione di questa. Egli deve capire quel che si vuol fare della Sardegna da parte dei poteri esterni all'Isola, ma anche e soprattutto deve capire quel che la Sardegna vuol fare di se stessa e dei suoi rapporti con i suoi interlocutori esterni. E la volontà interna si forma e si individua sia parlando in sardo, sia parlando in italiano”.
Non so se Cappellacci abbia mai letto questo passo del grande antropologo sardo: comunque la diffida e la messa in mora al Governo Monti sulla vertenza entrate inviata al Presidente del Consiglio in due lingue, italiana e sarda, si muove dentro l’orizzonte politico e culturale auspicato da Pira. È una scelta importante e significativa che va nella direzione giusta: a condizione però che seguano atti politici conseguenti. Ad iniziare dalla costruzione della “sovranità interna”. Anche su questo versante occorre dire che qualcosa, dopo decenni di inerzia, finalmente si muove. Come l’approvazione nel Consiglio regionale, da parte di un variegato arco di forze politiche,  dell’ordine del giorno sardista in merito all’avvio di “una sessione speciale di lavori aperta ai rappresentanti della società sarda, per la verifica dei rapporti di lealtà istituzionale, sociale e civile con lo Stato, che dovrebbero essere a fondamento della presenza e della permanenza della Regione Sardegna nella Repubblica italiana”.
Se il progetto sovranista, proposto soprattutto da Paolo Maninchedda ma fatto proprio anche da forze politiche come Sinistra, Ecologia e Libertà, andasse avanti, potremmo finalmente inaugurare in Sardegna un nuovo corso: mettendoci alle spalle decenni di subalternità politica e culturale per imboccare con decisione la strada della rottura della dipendenza e della sovranità. Grazie anche alleanze e convergenze politiche che partano dai progetti e dai programmi e non dagli schieramenti.

* Pubblicato anche su Sardegna Quotidiano del 29-5-2012

Conferència a L'Alguer subre "La scrittura nuragica"


martedì 29 maggio 2012

Assolti sì, ma prima rasi al suolo


Giacomo Spissu, presidente del Consiglio regionale fra il 2004 e il 2009, allora del Pds e oggi del Partito democratico, è stato assolto da un’accusa infamante, concussione, dopo sette anni di tribolazioni. Nel frattempo, la sua carriera politica è stata stroncata non dagli elettori, ma dai pm e dai media. Perché non sia frainteso, i pubblici ministeri hanno fatto il loro dovere, raccogliendo una denuncia per concussione e su questa accusa indagando. Anche i media, hanno fatto quel che dovevano fare, raccogliere notizie e pubblicandole. Il problema è capire come l'hanno fatto e con quali interconnessioni.
Assoluzione, dunque, ma da qui a dire che giustizia è fatta ce ne corre. Così come capita in altre lande, a Rignano, dove un gruppo di insegnanti è stato assolto dopo sei anni da accuse non meno infamanti: quelle di aver abusato di 21 bambini. Qui l’immagine degli assolti continua ad essere opaca: il caso è stato montato sei anni fa senza troppi riguardi per la presunzione di innocenza degli imputati che, infatti, “godono” del sospetto di essere stati ingiustamente scagionati. Per Spissu, no. Pare che i sospetti siano stati portati via dalla assoluzione. Resta il fatto che per sette anni intorno a lui c’è stata un’aurea di malfattore, periodicamente alimentata da notizie che, alla prova dei fatti, erano false.
La libertà di stampa e il dovere di perseguire i reati sono, ovviamente, cose fuori discussione. Ma quando esse entrano in conflitto con la libertà e la onorabilità delle persone non dovrebbe esserci un modo per far sì che quel conflitto non produca danni gravissimi? Tanto più che sono danni pagati da nessuno salvo che da chi li ha subiti. Come, appunto, è capitato agli insegnanti di Rignano e all'ex presidente del Consiglio regionale della Sardegna. 

lunedì 28 maggio 2012

Diserbanti nelle cunette: che scelta scellerata


di Diego Asproni

Viaggio tutti i giorni viaggia per lavoro, da molti anni. Attraversando strade e incroci, ogni giorno, è facile percepire il più piccolo cambiamento. Gli  spazi conosciuti sono così familiari che qualsiasi novità è subito avvertita. In questo periodo, mi aspettavo i soliti lavori con i tagliaerba nelle cunette. Ma al posto del solito taglio ho visto l’utilizzo dei diserbanti. Tutta la Nuoro – Siniscola ha le cunette pulite in questo modo.
Ho pensato alle campagne di sensibilizzazione per evitare le discariche lungo la 131, alle lezioni che si organizzano nelle scuole per educare al rispetto ambientale, al divieto del fumo nei locali, alle regole che le imprese industriali devono osservare per smaltire i rifiuti, ecc. Ma, le strade, non sono anche esse luoghi pubblici frequentati da migliaia di cittadini? Non è importante la salute di questi cittadini?
Immagino che l’incarico per la cura delle cunette sia stato dato da un ente pubblico (l’ANAS forse?) e immagino che gli amministratori e i funzionari di questo Ente abbiano valutato bene i diversi metodi di pulizia: i vantaggi e gli eventuali svantaggi. Mi chiedo cosa li può aver convinti per la scelta scellerata dei diserbanti: il risparmio? Bene. Quanto si è risparmiato per Km? Si è pensato a quanto pagheremo noi tutti in termini di salute? Quanto pagherà la terra contaminata, le coltivazioni confinanti con la 131, l’aria, l’acqua?
È dal neolitico che l’erba si taglia con la falce e a volte ho una struggente nostalgia dei nostri antichi contoneris: tagliavano l’erba, sistemavano le cunette, salutavano o parlavano con gli automobilisti, insomma una presenza umana. Ora abbiamo sempre fretta, e sembra che più sono grandi le macchine tagliaerba più sia conveniente il loro utilizzo. Ma per quello che so io, l’utilizzo dei veleni conviene solo a chi li produce.
Preferisco vedere tanti giovani sudati e con falci ben affilate che impiegano più tempo e più giornate per la pulizia delle strade. Forse spenderemo di meno, e più di qualcuno porterebbe almeno uno stipendio pulito a casa. Mi piacerebbe avere qualche risposta da chi è responsabile di queste scelte. Basta con i veleni!

domenica 27 maggio 2012

Ma Dio sarà felice veramente?


di Francu Pilloni  
Sopravvissuto agl’improbabili dilemmi dei dieci referendum sardi, risolti con l’audacia di un Alessandro Magno di fronte al nodo gordiano con un unico fendente di 10 SÌ, mi è rimasto accantonato un interrogativo di poco conto, di fronte ai flash d’agenzia che giungono dallo Stato del Vaticano: 
Dio è felice?
Richiesto su che cosa desiderasse di più nella vita, un mio alunno di Maracalagonis, 12 anni e QI 54, rispose che stare vicino al caminetto a mangiare porchetto arrosto e bere vino nero, vicino a un amico bravo a raccontare le storie, era il massimo: “Mi sentirei da dio, – disse – contento come un papa, felice come una pasqua”. Le metafore per esprimere le sensazioni più piacevoli sono un distillato del buon senso popolare che accredita Dio, il suo rappresentante in terra, il momento della sua vittoria sulla morte, come l’essenza stessa della felicità. Ma Dio sarà felice veramente?
La domanda che mi pongo non nasce dalla preoccupazione per la condizione della Divinità: non ho indizi che mi portano a pensare che Essa soffra di un momento di afflizione derivante, ad esempio, dalla piega  non entusiasmante che hanno assunto le sorti del genere umano il quale, al momento attuale, per palese apprezzamento e unanime valutazione,  non beneficerebbe di una fase appagante del suo sviluppo.  

sabato 26 maggio 2012

Sobrietà e bellezza dei nuragici visti da Demontis


di Franco Laner

Caro Gianfranco, chiedo ospitalità, approfittando della visibilità del tuo blog per compiacermi dell’iniziativa della Provincia di Casteddu di esporre ad Este (Pd) nel Museo Atesino, la Mostra sulla ricostruzione di abiti, armi ed utensili del periodo nuragico di Angela Demontis.
Este è una cittadina con notevoli trascorsi storici –bastino le vicende della famiglia degli estensi- ma potrei, da spocchioso abitante della capitale Venezia a cui i destini di Este sono stati storicamente legati, definirla profondo veneto, sbagliando però il tiro, considerata la sua storia culturale. Eppure l’impatto di questa Mostra che richiama la sconosciuta civiltà nuragica è stato forte e di assoluta sorpresa per i cittadini che conosco, abitandoci mia sorella.
Di fatto quasi nessuno conosce la civiltà nuragica, non solo ad Este, ma nell’intero continente, e la mostra a mio parere è stato un modo assai incisivo di promozione. Perciò, una volta tanto, trovo che i soldi spesi, assolutamente contenuti, siano stati ben  spesi per una significativa iniziativa.
Ma l’idea di vestire manichini è stata davvero intelligente. Fattezza dei costumi, specie femminili, con tessuti di tenui ed armoniosi colori hanno aggiunto un tono di sobrietà e bellezza, tutta isolana all’interpretazioni di Angela Demontis.
Anche se ci sono i guerrieri, ho ricavato l’impressione di una civiltà serena, misurata, morigerata, lontana dai clamori della guerra. Insomma anche la Demontis mi sembra abbia addolcito l’iniziale visione di una civiltà guerrafondaia, con fulcro nel nuraghe!
Complimenti dunque vivissimi ad Angela che ha creduto nel suo progetto, riuscendo a perforare le nebbie padane e che ci dice che nel nostro Paese ci sono giovani che meritano e che si impegnano, speranza di un periodo buio che stiamo attraversando.

venerdì 25 maggio 2012

Nos depes milliardu e mesu: e como paga

 Custu est su testu in sardu de s'atu de intima a su guvernu italianu pro otènnere su milliardu e mesu chi s'Itàlia depet a sa Sardigna.
Atu de intima pro s’atributzione de sas partetzipatziones a cumone a sos tributos erariales  cunforma a s’artìculu 8 de s’Istatutu Ispetziale de sa Regione Autònoma de Sardigna . 
Sa Regione Autònoma de Sardigna (cod.fisc. 80002870923), chi at sea in Viale Trento, n. 69, Casteddu  (09123), in sa persone de su Presidente pro tempore, Ugo Cappellacci, in virtude de sa deliberatzione de sa Giunta regionale n. 20/49 de su 15 de maju 2012  antepostu
-      chi  Sa Regione Autònoma de Sardigna, in cunforma a s’art. 8 de sa l. cost. n. 3 de su 1948, "Istatutu Ispetziale  pro sa Sardigna", si giuat de su benefìtziu de unu regime de  partetzipatziones a cumone a sas intradas  erariales de s’Istadu;  chi s’art. 8 de s’Istatutu est istadu annoadu pro more de s’art.1, comma 834, de sa l.n. 296 de su  2006 (lege finantziària de su 2007); 
-      chi su comma imbeniente n. 838 previdit chi "sa partetzipatzione noa a cumone de sa Regione  Autònoma de Sardigna a totu sas impostas erariales intrat a regime dae s’annu 2010  chi, a dies de oe, s’Istadu no at galu dadu esecutu prenu a su regime nou de sas intradas econòmicufinantziàrias  de sa Regione; 

A Washington D.C. con triglie al cartoccio e funghi trifolati nel cuore


di Francesco Cesare Casula

Quando il gravido Boing 747 pestò la pista bordata di lumini arancioni del National Airport e fece a gara con gli altri aerei per guadagnarsi finalmente il terminale telescopico, entrambi erano stremati da nove ore di volo transoceanico, via New York. Lei, elegantissima, dritta come un fuso, occhieggiò la fine del segnale di fasten seat belts e schizzò via veloce col suo beuaty case davanti a tutti per arrivare prima ai rulli del bagage claim. Lui, più anziano, le tenne dietro faticosamente nella trachea oscura del lungo tunnel d’uscita, gravato dal borsone, dal borsello e dalla macchina fotografica: e fu quarto. Le loro valigie arrivarono per ultime. Si guardarono in cagnesco, colpevolizzandosi a vicenda.
Superato il bailamme di immigrati centramericani con scatoloni legati a spago, le vacanziere coppie di raffinati diplomatici con le mazze da golf, i garruli gruppi di tosati militari in licenza coi bauli d’ordinanza, si diressero traballanti verso la chiassosa stazione dei taxi e scodellarono in faccia a un lucido negrone al volante la frase in inglese preparata da giorni: «State Plaza Hotel, please». Dovettero mostrare l’indirizzo scritto a stampatello su un foglio, per farsi capire.

giovedì 24 maggio 2012

Intima in sardu de sa Regione a su guvernu italianu

Su guvernu sardu at mandadu a su de Itàlia una intima in limba sarda e in sa limba de su guvernu. Custu est su comunicadu de s'Ufìtziu pro s'imprenta de sa Presidèntzia de sa Regione.

La diffida e la messa in mora al Governo Monti sulla vertenza entrate è stata inviata in due lingue al presidente del Consiglio: in italiano e in sardo. Lo annuncia il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, che stamane ha abbandonato l'insediamento del tavolo sul federalismo e che ha preannunciato al ministro Gnudi l'arrivo dell'ufficiale giudiziario a Palazzo Chigi. "Da questo momento - ha aggiunto il presidente - le nostre comunicazioni con l'Esecutivo saranno scritte sia in italiano che nella lingua dei nostri avi. Vogliamo ribadire così il nostro orgoglio e la nostra identità sarda: quella di un popolo con storia, tradizioni, cultura e lingue proprie. Il nostro non è un piagnisteo assistenzialista, ma è la rivendicazione di rispetto, di pari dignita, di ciò che spetta di diritto alla nostra isola. Vogliamo perseguire la via dello sviluppo con progetti che abbiano origine in Sardegna, rispettosi dei nostri valori e del nostro immenso patrimonio ambientale e paesaggistico, ma dobbiamo essere messi nelle condizioni di farlo. Nel corso della storia - ha concluso Cappellacci - tutte le volte che l'Italia ha chiamato, la Sardegna ha risposto e ha dato il suo contributo. Purtroppo non possiamo dire che a parti invertite sia accaduto lo stesso"

Cari sardi indipendentisti: il 'grillismo' non vi dice niente?


di Gigi Sanna

Il miglior commento, a mio giudizio, del successo dei seguaci di Beppe Grillo ovvero del movimento a Cinque Stelle è stato quello del giornalista e opinionista Mario Sechi il quale, parlando a caldo in televisione dei dati elettorali, ha insistito sul fatto che quello di Grillo è un movimento allo 'stato nascente' e che, in quanto tale, non si arresterà nel giro di poco tempo. Nessuno si illuda. Avrà vita lunga e non vorrà avere nessuno al suo fianco. Le logiche di partito non lo interesseranno minimamente. Sarà solo di proposito contro tutti e punterà tutto sulla sua 'felicità', sulla fantasia e sulla sorpresa. E sicuramente vincerà.
Forse è appena il caso di ricordare che uno 'stato nascente' è un particolarissimo (e irripetibile)  momento della condotta degli uomini che, di fronte a posizioni irrigidite di natura politica, economica, sociale e culturale, fanno tutti assieme 'movimento'  per abbattere, con un vigoroso sforzo comune, tutte le barriere che ostacolano la libertà e impediscono tenacemente il nuovo. Il movimento per sua natura è pre-logico, senza rigidi programmi, fondamentalmente anarchico, intuitivo e, soprattutto, si fonda sull'abolizione totale delle differenze. In un movimento, ci spiegano i sociologi e i filosofi della scienza della politica,  tutti si sentono in improvvisa sintonia: diventano amici, solidali, pronti ad aiutarsi reciprocamente. E' bandito l'egoismo e i 'capi' del movimento sono scelti dallo stesso movimento in quanto esso è ben consapevole  che senza di essi, che ne interpretano efficacemente volontà, desideri e speranze, la lotta rischia d'essere inutile o poco efficace. Il capo o i capi, una volta scelti,  sono lo stesso movimento, lo incarnano. E non sono i cosiddetti 'intellettuali' ad essere i leader, come si potrebbe pensare, ma in genere uomini di particolare carisma e sensibilità, capaci di grandi intuizioni e di capire 'cosa' vuole, 'dove vuol andare', un esercito di persone solo potenzialmente rivoluzionarie.

mercoledì 23 maggio 2012

Se la politica sarda (in parte) diventa sovranista


In Sardegna non abbiamo ancora votato e, a differenza di quanto è accaduto in Italia, non sappiamo che cosa i partiti si sono fatti. Una piccola vendetta antiautonomista del governo Monti ha spostato al 10 e 11 giugno le elezioni nei 68 comuni, solo in 3 dei quali si avrà il doppio turno. Ma i giochi sono già fatti; le liste sono già presentate e tutto è avvenuto, ovviamente, senza tener conto degli umori elettorali e degli avvertimenti lanciati in Italia ai partiti tradizionali. Se questi avranno ripercussioni qui da noi, lo vedremo tra una ventina di giorni. Interessante è cominciare a ragionare su quel che si muove dentro la politica sarda, consapevole – per la parte che lo è, naturalmente – del marasma che la agita. Si intravedono almeno tre direttrici, due delle quali nel senso di una più o meno forte affermazione di identità sovranista e una ancora indecisa fra una voglia di autonomia e la paura di esercitarla. Gli schemi bacucchi sinistra-centro-destra naturalmente continuano ad affiorare qua e là, forse per pura forza di inerzia, ma riaffiorano concetti come “moderati” e “progressisti” che costituiscono comunque una approssimazione migliore e più adatta ai tempi.
Mi ritrovo nella analisi (della parte sarda della questione) che Vito Biolchini ha fatto nel suo blog di quanto succederà dopo le elezioni (La vittoria farà bene a Grillo e il Pd si impone dappertutto. Ma non si illuda: a destra si è aperta una voragine pericolosissima. E in Sardegna? Quattro riflessioni post voto). In quasi tutto, salvo nella affermazione secondo cui il centrodestra “cavalca strumentalmente” la questione del conflitto con lo Stato. Sarà perché mi sono emendato da molto dall'infantilismo del considerare sempre e comunque in malafede l'avversario-nemico, ma trovo affermazioni del genere orticanti, oltre che inutili a comprendere i fenomeni politici .
I sardisti stanno con successo cercando di mettere a profitto l'ordine del giorno sovranista con cui il Consiglio regionale si è impegnato a riconsiderare l'appartenenza della Sardegna alla Repubblica italiana. L'idea loro, e in primis di Paolo Maninchedda, è di coinvolgere in un progetto per la sovranità della Sardegna tutti coloro che ci stanno, rovesciando il malvezzo tutto politichese che prima costruisce uno schieramento e poi cerca di riempirlo di contenuti. È successo nel passato non solo alla sinistra (L'Ulivo, per esempio) e alla destra (il Pdl) con i risultati noti, ma anche allo stesso Partito sardo che negli anni Ottanta fece lo stesso, entrando nello schieramento di sinistra invece di costruire uno schieramento intorno ad un programma. L'indicazione programmatica contenuta nell'ordine del giorno sovranista è stata fatta propria, oltre che dal Psd'az che ne è l'autore, da gran parte del Pdl, dall'Udc e dalla sinistra di Sel.
Il Pdl, che in Sardegna è reduce da pesanti sconfitte alle comunali e provinciali passate, si affida a Beppe Pisanu e al suo progetto di costruire in Sardegna una entità politica che ponga al centro della sua azione gli interessi dell'Isola. Dovrebbe essere ovvio, ma è invece una novità e non solo a destra Se quello di Maninchedda è un disegno sufficientemente chiaro, quello di Pisanu è ancora indistinto. Ma ho personalmente pochi dubbi che la politica sarda si avvii ad essere quella normalmente praticata nelle altre nazioni senza stato dell'Europa. Allora sì che prenderebbe senso la distinzione fra una sovranità di segno moderato e una sovranità di segno progressista, moderatismo e progressismo che hanno oggi quasi esclusivamente il senso di un confuso scimmiottamento di quanto accade altrove.
In questo quadro è difficile capire quale ruolo voglia ricavarsi il Pd, combattuto fra forze interne che vorrebbero un partito autonomo e federato e altre che non resistono alla tentazione della dipendenza. Nel Parlamento sardo, ha votato contro il documento sovranista, dando delle spiegazioni del tipo: “Non lo votiamo perché lo vota il centrodestra” e bacchettando SeL perché “così fa il gioco della destra”. Il transito dall'autonomia concreta, quella ormai decrepita che conosciamo, all'esercizio del diritto all'autodeterminazione è percepito dai più come urgente e inevitabile. Lo sbocco più immediato è quello della sovranità in domini vitali per la Sardegna, una soluzione che potrebbe mettere d'accordo una grande maggioranza di sardi, senza per altro pregiudicare un futuro di indipendenza. Il processo è comunque in atto, anche, ma non solo, come risposta a una crisi economica che disvela ogni giorno di più la natura coloniale del rapporto Italia-Sardegna. Dei partiti sulla scena sarda, solo il Pd, oltre ad alcune frange di destra, sembra non averne consapevolezza. Potrebbe, naturalmente, essere una scelta consapevole di conservazione, magari con qualche modifica, dello statu quo in materia istituzionale. Sarebbe un contributo alla chiarezza e alla semplificazione.