Singolare sorte quella della lingua sarda, strumento di comunicazione per i più, indistinto blob limaccioso per altri, che si sentono, così, autorizzati a scrivere cose che mai e poi mai oserebbero dire di argomenti che conoscono. Temerebbero, a ragione, di essere lo zimbello non solo degli esperti, ma anche di un bravo dilettante. Verrebbe mai in mente ad una persona seria che volesse scrivere di questioni linguistiche, sostenere che i legislatori italiani facendo una legge di tutela del sardo hanno mescolato tabarchino e sardo, gallurese e sassarese? Evidentemente no.
O meglio sì, qualcuno lo fa. Tanto il sardo è un blob, una massa priva di forma e di consistenza, in cui chiunque può vedere quel che vuole. Così capita che un bravo scrittore come il sassarese Franco Enna, ex direttore didattico, confezioni un articolo pieno di pressappochismi e di informazioni false, di sue invenzioni di comodo e di idee bislacche verniciate di oggettività. Lo pubblica oggi su La Nuova Sardegna, in risposta ad un articolo di Diego Corraine che ieri ha sostenuto come la sola letteratura sarda sia quella scritta in sardo. Ciò di cui è convinto anche Enna che, citando una serie di autori sardi, afferma: “è fondamentalmente vero, ammesso però che ai suddetti sia mai venuto in mente di tentare di dimostrare il contrario”.
Ohibò, uno sguardo ai blog, ai forum e ai siti che oramai sono il solo spazio in cui si dibatte su questi argomenti, e Enna si sarebbe agevolmente reso conto che invece c'è, da parte di molti scrittori italofoni, il tentativo di dimostrare che la loro letteratura in italiano è parte della letteratura sarda. Non si capisce bene perché, ma così è, fin dalla invenzione della “nouvelle vague letteraria sarda” Gli sarà sfuggito. Del resto, mica è obbligo girare in Internet per tenersi informato, anche se non sarebbe male conoscere prima di sparare certezze.
Ma la legge 482 di tutela delle minoranze linguistiche c'è anche in carta. E per parlarne è obbligo conoscerla, pena la certezza di dire sciocchezze. Come questa: “La Legge statale 482 del ’99 ha riconosciuto a ben cinque varianti linguistiche regionali il valore di lingua autonoma: il campidanese, il logudorese, il gallurese, il sassarese e persino il tabarchino di Carloforte”. Potranno anche esserci cose mal dette e mal pensate in quella legge, ma questa corbelleria, i legislatori non l'hanno mai detta. Hanno scritto che “la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.” Niente tabarchino, niente logudorese, niente gallurese, niente campidanese, niente sassarese.
Nelle sue improvvisazioni sul tema, Franco Enna si lancia in un'altra invenzione: il correttore ortografico sardo ha il fine di “garantire anche al più ignoto poeta nostrano (ammesso che sappia usare il computer) di scrivere correttamente in limba, sia da un punto di vista ortografico che da quello grammaticale”. Magari, si arriverà un giorno, speriamo, anche ad un correttore grammaticale, ma per ora è solo ortografico. E per saperlo, bastava leggere anziché far lavorare la fantasia.
Lasciate libere le briglie della fantasia, ecco il nostro alle prese con la Lsc: Renato Soru, dice, “tentò di rendere operativa una «Limba sarda comuna», che risultò essere un ibrido logudoro-campidanese, buono solo per la burocrazia degli uffici anagrafici sardofoni, non certo per gli scrittori”. Un simile concentrato di pressappochismo e disinformatsia è un primato assoluto.
- Soru non tentò di rendere operativa la Lsc, la rese operativa con delibera del suo governo. Oggi oltre il 70 per cento degli sportelli linguistici se ne servono;
- La Lsc non risultò affatto un ibrido logudoro-campidanese; è una lingua naturale, parlata nel centro geografico della Sardegna che ha per questo influssi di dialetti meridionali e settentrionali;
- La Lsc, lingua in uscita della Amministrazione regionale, non è solo “per la burocrazia degli uffici anagrafici sardofoni” espressione che, al di là della assenza di qualsiasi senso compiuto, da contezza del fatto che Enna neppure sa di che cosa parla;
- La Lsc è buona anche per gli scrittori che si vogliano servire, come alcuni fanno, delle sue norme ortografiche. Sarebbe come dire che le lingue con cui l'Eliseo o Palazzo Chigi comunicano con i cittadini, il francese e l'italiano, non siano buone per chi scrive.
Certo, Franco Enna dice, poi, anche cose sensate sull'insegnamento del sardo a scuola, ad esempio. Ma, come diceva quel tal poeta, timeo Danaos et dona ferentes.