di Alberto Areddu
Gentile Gianfranco, probabilmente ha letto il mio articolo in fretta [Aresu si riferisce alla mia risposta, NdR], io ce l'ho proprio con la lingua burocratica da cui si è inteso partire, come se fosse questo il vulnus che impedisca l'esistenza di una lingua sarda moderna: Non credo che ritagliare, o creare calchi immediati dall'italiano sia buona cosa, ci son buoni tutti, il problema si porrebbe anche nel caso contrario quando si volesse creare una genuinità del sardo espresso: il rischio sarebbe la sua non comprensibilità ai più.
Io credo che la lingua come dice la parola stessa debba nascere dalla società, non da gruppi spesso giovani che hanno delle capacità migliori di quelle di tradurre pedissequamente l'italiano in burosardese. Nè credo come ci si dice che in Sardegna ci sia bisogno di comunicare in sardo negli uffici, perché forse solo qualche vecchio non capisce compiutamente l'italiano.
Se si partisse da ciò che di nuovo offre la società forse sarebbe meglio, e forse sarebbe meglio individuare un posto ove far gemmare queste iniziative, altrimenti si rischia di creare delle trascrizioni autistiche e fini a sé stesse.
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