Attraverso la sua ministra della Giustizia, Paola Severino,
il governo italiano ci riprova con l’Asinara. Vorrebbe che a provvedere al
recupero ambientale nel Parco fossero dei carcerati scelti. Non un ritorno al
carcere speciale, né alla colonia penale ante Parco naturale, intendiamoci,
solo un “carcere leggero” che vattelapesca che cosa significa. La ministra sa o
immagina che anche questa proposta minimale è destinata a ricevere un no tondo
dalla politica sarda e, infatti, nella sua visita in Sardegna assicura che non
vuol imporre alcunché.
Sono ovviamente contento che la politica sarda abbia
espresso questa sua contrarietà alla restituzione dell’Asinara al destino di
carcere comunque condito: è la dimostrazione che, piano piano, si fa strada e
si diffonde il concetto di autodecesione, una volta patrimonio del solo sardismo
comunque coniugato. Contento, ma un po’ incredulo circa la affidabilità di
tanta insubordinazione. Tutti i partiti agenti in Sardegna, salvo pochissime e
inascoltate eccezioni, hanno osannato la creazione del “Parco nazionale
dell’Asinara”; quel “nazionale”, nella retorica unitarista che confonde ancora
oggi stato e nazione, ha l’ovvio significato di “statale”. E questo che cosa
significa se non che è lo Stato il dominus del Parco: ad esso spetta di
nominare le figure apicali dell’ente, ad esso spetta governarlo. La ministra,
membro della amministrazione dello Stato chiamata governo Monti, ha tutto il
diritto di disporre del Parco se gli altri ministri concordano. E se, come ancora
accade in questa Terra, la politica continua nella sua grande maggioranza ad
avere la lingua biforcuta: unitarista, ma però…
Se si continua a riconoscere allo Stato italiano il
predominio sulla Sardegna, non ci si può rammaricare che i suoi governi
prendano sul serio tale riconoscimento. Se ha la competenza assoluta e neppure
messa in discussione sulla amministrazione della giustizia, che può mai fare un
ministro se non esercitare questa competenza? Se i rappresentanti della grande
maggioranza delle forze politiche in Sardegna non solo non eccepisce sulla
consegna dell’Asinara ad un ente governativo, che può mai fare il governo
proprietario di quel bene se non utilizzarlo secondo propri criteri? Non è
detto che quella del Parco statale fosse strada obbligata. Si può anche dire di
no, come hanno fatto le comunità del Gennargentu con il Parco che gli stessi
partiti volevano paracadutare loro addosso.
2 commenti:
'Nci at pagu ita narriri: su cuadhu freau sa sedha si timidi. Feti ca, prima de torrar' a essiri cuadhus curridoris che mai mai, bai e cicadhi e candu, tocat a portar'is bastus. Deu no' nau, ma, giai chi si tocat a fai su molenti, a su mancu a si fari paga'i su viagiu!
Mi convinco,sempre di più,che questi tecnici hanno idee molto confuse e,sopratutto poco appropriate.L'oasi dell'Asinara deve restare tale perchè,principalmente è un bene dei sardi e tale deve restare.Quando lo capiranno i politici che la devono smettere di usare e sfruttare la nostra terra?Se non lo capiscono facciamoglielo capire noi.Cumpresu aiese?
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