sabato 7 gennaio 2012

I pashdaran dell'ambientalismo in guerra contro i cacciatori

Non sono pregiudizialmente favorevole né contrario alla caccia, prendo atto che c'è chi la pratica e chi la avversa. Ma è dura mandare giù i pashdaran cosiddetti ambientalisti, i loro ukase, la catena di loro ricorsi presso chiunque offra un qualche possibile scacco dei loro nemici cacciatori, il loro disprezzo nei confronti dell'autogoverno, quello della Sardegna compreso. Questa aveva, prima che lo Stato italiano la cedesse all'Ue senza neppure chiederne l'accordo, competenza primaria sulla caccia. Adesso è l'Unione europea a dettare norme in materia e a queste si deve conformare la Regione sarda (ma anche lo Stato) con ristretti margini di autonomia.
Per modesta che sia, anche questa piccola autonomia residua è inconciliabile con il fondamentalismo di chi pensa di aver ragione sempre e comunque per investitura divina. E allora capita che la decisione di allungare di tre giornate la caccia al tordo, assunta nel rispetto del norme europee che per altro – dicono i cacciatori – avrebbero consentito ancora di più, è occasione di altri ricorsi. Questa volta direttamente alla magistratura penale e a quella contabile per – quando si dice l'enfasi – uccisione di animali, furto venatorio e abuso d'ufficio. Anche i cacciatori sono scontenti, per ragioni opposte, ma lasciano in pace magistrati, Commissione europea e Nazioni unite. Quando possono mettono in campo la politica e le proprie lobbies.
Spesso gli atteggiamenti totalizzanti hanno raggiunto gli scopi che le lobbies ambientaliste si erano prefisse, come con i Sic (siti di interesse comunitario), strumenti di tutela ambientale giusti in alcuni ambiti e distruttori di economie in altri. A volte, come nel caso del Parco del Gennargentu, è stato il loro integralismo a convincere le comunità ad opporsi con tutte le loro forze a un progetto di per sé non cattivo. Volevano tutto: comandare nell'ente di gestione al posto dei sindaci e dei consigli comunali, esautorare questi, far sì che fosse la burocrazia ministeriale romana a governare i territori che da millenni fanno parte delle identità comunitarie, etc. Hanno tirato la corda fino a quando si è spezzata. Oggi nel Gennargentu e nelle sue propaggini la stessa parola “parco” evoca espropriazioni e statalizzazione delle terre.
Anche sulla caccia stanno tirando troppo la corda.  

11 commenti:

Franco M. ha detto...

Io sono stato un cacciatore, però credo che oggi non valga tanto la pena andare a caccia. La selvaggina scarseggia sempre più e in compenso le armi sono sempre più precise.

Anonimo ha detto...

Anch'io ho appeso la doppietta da tempo. Non ho mai considerato la caccia uno sport ma l'esercizio di una passione, di un'istinto ancestrale.
Ora e anche per il futuro mi accontenterei almeno di poterle continuare a vedere le specie oggetto del contendere.
Sia chiaro la caccia è solo una delle tante cause che minacciano le specie selvatiche e anche se appare come la più cruenta, forse è quella che incide in misura minore a confronto delle altre concause.

maimone ha detto...

Non ho mai avuto simpatia per la caccia. Ho sempre pensato che, al contrario dei tempi antichi, quando questa era una necessità, ogi si tratti semplicemente di una passione come un'altra. Ognuno di noi ha le sue passioni, tutte rispettabilissime fino a quando non ledono i diritti e la dignità del nostro prossimo. Perciò, se da un lato riconosco il diritto all'esistenza dei cacciatori (peraltro, persone rispettabilissime, in genere), dall'altro mi pare ovvio che debba essere regolamentata. In fondo, anche i non cacciatori hanno il diritto di esprimersi sul problema, a meno che non prevalga l'idea che selvaggina appartiene a chi se la prende. Detto questo, tuttavia, sono d'accordo con ZFP che gli ambientalisti spesso esagerano, non solo sulla caccia, ma un pò su tutto. ZFP converrà, però, che nell'attuale società, non solo italiana, l'unico modo di contare e di incidere, spesso in modo eccessivo,é proprio quello di esagerare. Nello specifico, gli ambientalisti esercitano una militanza attiva H24 contro i loro ben individuati nemici, siano essi cacciatori, cacciatori di balene, speculatori edilizi, allevatori di animali da pelliccia etc etc, spesso con metodi ai limiti della legalità(vedi Greepeace). Apparentemente, sembra che i militanti ambientalisti non abbiano niente altro da fare nella vita tranne organizzarsi per contrastare gli odiati nemici, con le buone o con le cattive. Questi ultimi, invece,salvo rare eccezioni, sembrano presi da obiettivi più sostanziosi che non dedicarsi a contrastare gli ambientalisti. Insomma. gli ambientalisti sono sempre all'attacco, i loro avversari sempre in difesa. Ed é chiaro che ad ogni attacco ambientalista si crea un danno tra le file avversarie. La differenza probabilmente sta nella organizzazione che, con la militanza attiva, diventa man mano sempre più efficiente. Se ci pensiamo bene, questo modo di agire oggi va per la maggiore in tutti i campi della società. Non é necessario essere tanti, e neppure rappresentare vasti strati dell'opinione pubblica (ma gli anticaccia sono davvero tanti, forse la maggioranza assoluta). L'importare é organizzarsi e far... casino. In questo modo nessuno ti può ignorare e qualcosa si ottiene sempre, meglio ancora se si riesce a collocare qualcuno in determinati gangli, quali ministeri, apparato giudiziario etc. Non so perchè ma mi vengono in mente i gruppi di potere, più o meno occulti.

Tanit ha detto...

Come vorrei vedere gli ambientalisti agguerriti, allo stesso modo, nei confronti di coloro che coltivano in modo non del tutto naturale...possibile non accorgersi dell'ecatombe di volatili che si verifica nel periodo delle semine??? Miriadi di uccelli che letteralmente lasciano le penne nel tentativo di rubare qualche seme al contadino...(cosa contengono questi semi??? Qualche deterrente per i roditori...???)...
Beh forse non è un problema generalizzato in Sardegna...tuttavia...nello stivale...

maimone ha detto...

x Tanit

hai centrato uno dei tanti gravissimi problemi che attanagliano il nostro ambiente. Purtroppo, come giustamente si é detto in un post precedente,non é la caccia la madre di tutte le cause del degrado ambientale. Un simile dispiego di energie a difesa dell'ambiente, a mio parere, andrebbe utilizzato meglio di come si fa adesso, e soprattutto senza fanatismi. L'ambientalismo, per alcuni, sembra diventato una sorta di nuova religione, assolutamente intollerante delle esigenze altrui. Nelle sementi si mette un pò di tutto, compreso ciò che hai detto tu. Sai com'é, gli agricoltori tentano, a modo loro, di difendersi da chi ritengono un loro nemico, che vuole rovinargli l'annata. Pensa anche agli anticrittogamici e insetticidi vari, che non vengono impiegati contro gli uccelli, ma il prezzo lo pagano anche loro con una riduzione progressiva della loro natalità (calo nella deposizione delle uova e scarsa vitalità dei pulcini), quando ingeriscono gli insetti intossicati, accumulando il veleno nel proprio organismo. Si tratta di problemi grossi, a valenza planetaria, ben più importanti di 3 giornate di caccia in Sardegna. O perlomeno, meritevoli di un impegno superiore a quello che si profonde contro 3 giornate di caccia.

francu ha detto...

Dico subito che sono un cacciatore, andavo a caccia dietro mio padre dall'età di 8 anni anche se, come lui, non sono mai stato un fanatico.
Per via di esperienza diretta ho appreso che, tutto sommato, la caccia è solamente l'obbiettivo tattico, selezionato scientificamente perché la bagarre che è stata montata dà visibilità e consenso fra chi non è uscito in campagna più di due volte nella vita e conosce gli animali per via dei cartoni animati: domani potrebbe toccare alla pesca sportiva, perché, in fondo, si potrebbero trovare cento "buone" lacrimevoli ragioni convincenti per far smettere certuni dall'asfissiare in aria i pochi pesciolini rimasti vicini alle nostre spiagge, per poi prendere di mira la raccolta dei funghi o degli asparagi, ecc. ecc.
Ben più grossa lotta invece esiste fra le associazioni ambientaliste, come comunemente si autodefiniscono, ragione per cui potrebbero denunciarsi per usurpazione di titolo.
Perché dunque tutto questo affacendarsi contro un calendario venatorio sardo che è il più restrittivo fra quelli delle regioni italiane?
Se qualcuno si dovesse recare in un qualsiasi giorno dell'anno presso gli uffici dell'Assessorato Regionale all'Ambiente, capirebbe il motivo, poiché almeno la metà dei cittadini in attesa di essere ricevuti dall'Assessore sono rappresentanti delle associazioni "ambientaliste". E non si dovrebbe stupire più di tanto se dalla parlata quei signori non si ricondurrebbero alla provincia del Medio Campidano o dell'Ogliastra, ma piuttosto a quella di Roma: l'obbiettivo dei signori dell'ambiente sono i fondi regionali, la caccia è solo un falso scopo.
Dopo questa brutta figura autonomistica e politica, c'è qualcuno pronto a scommettere che il presente o futuro Assessore regionale all'Ambiente avrà la capacità di resistere alle richieste di finanziamento dei progetti presentati da certi ambienti?
Chi sa come farlo, cerchi la lista dei progetti finanziati e vedrà che qualcuno è stato penalizzato.
Ecco i motivi veri per cui scoppiano le guerre mediatiche: povero imbecille chi s'illude con le idealità, perché non sa che le contropartite sono come i siluri, che corrono sott'acqua e sono invisibili ai poeti affascinati dal gioco delle onde e dalla schiuma del mare.

maimone ha detto...

Io non ho voluto dire queste cose, che Francu ha esternato. Però le avevo pensate. Ricordo che molti anni fa un'associazione ambientalista intentò (o minacciò d'intentare) causa alla Fiat perché voleva chiamare un'auto con il suo simbolo, e cioé il panda. Qualche anno dopo notai che un giornale ambientalista (in carta riciclata, s'intende) era finanziato dalla Fiat. Così va il mondo. Prendiamolo per quello che é, che é meglio.

Anonimo ha detto...

Bah! A pensar male ci s'azzecca, oggi come non mai.
Si può sospettare di tutto e di tutti, con buona probabilità di aver ragione.
Tuttavia ritengo ancora valido il principio che generalizzare sia sbagliato.
I fatti, le questioni, andrebbero considerate e valutate caso per caso, dopo averle indagate, analizzate e valutate obbiettivamente senza pregiudizi e interessi di parte.
Nel contesto generale del tema in argomento, cioè limitare ulteriormente il prelievo venatorio, a tutela delle specie selvatiche a rischio a causa della loro scarsa consistenza, credo, aldilà delle posizioni più estreme, sia il provvedimento immediatamente più necessario. Accettarlo (moltissimi cacciatori sarebbero favorevoli a chiuderla per qualche anno,lasciando aperta solo la caccia al cinghiale), sarebbe un grande sgesto di buon senso e lungimiranza.
Lo stesso discorso non si può fare nel settore della pesca, non tanto quella sportiva in quanto incide in misura minima, quanto quella professionale, la quale è il vero nodo della questione. La pesca è un settore troppo importante dell'economia, occorrono provvedimenti urgenti per tentare di rinvigorire la consistenza delle popolazioni ittiche, ma occorre, contemporaneamente adottare misure che assicurino il sostentamento degli operatori del settore.
E,considerata l'attuale situazione economica generale, non è semplice.

francu ha detto...

Io non ho generalizzato, ma ho parlato perché sono venuto a conoscenza di questi meccanismi per via diretta. Potrei citare sigle e cifre, non di questi ultimi anni però, perché sono fuori, ma assicuro che il meccanismo è ben collaudato e resisterà a lungo.
Certo che so, come cacciatore, che la selvaggina nobile stanziale è sofferente. Infatti mi chiedo per quali qualificati interventi a suo favore siano spesi i contributi annuali che ciascun cacciatore versa annualmente.
Se pensassi male, mi verrebbe da sospettare che si usino per elargire contributi alle associazioni animaliste e nient'altro.
Ma nessuno fra chi può ci vuole vedere chiaro, perché anche gli animalisti hanno un'anima e soprattutto un voto.

maimone ha detto...

x Marco

io non entro nel merito del tuo intervento che mi trova pressoché d'accordo. Ci tengo però a sintetizzare alcuni personali concetti:
1) l'ambientalismo é un valore della nostra società dal quale non si può più prescindere, e quindi non può essere monopolio di determinate parti politiche o di determinate associazioni.
2)I problemi dell'ambiente riguardano l'intero pianeta e vanno risolti a livello globale. Ed é in questa direzione che, a mio parere, vanno indirizzati gli sforzi. Mi domando, ad esempio, qual'é il senso di limitare le emissioni gassose da parte dell'Europa, se queste vengono rimpiazzate da un incremento di quelle dell'India e della Cina. Si, mi rendo conto del progresso da parte nostra (che ne siamo stati i principali responsabili), ma per il pianeta non cambia nulla.
3)Mi domando allora il perchè questo impegno quasi religioso contro 3 (diconsi 3)giornate di caccia in Sardegna. In fondo, come hai detto pure tu, la caccia non é la causa che incide maggiormente sulla sopravvivenza delle specie selvatiche (salvo qualche eccezione, per la verità)e, soprattutto, é una pratica in continuo calo di appassionati.
Io, purtroppo, ho il riflesso condizionato. Ogni qual volta che si parte lancia in resta contro qualcuno o qualcosa il mio primo pensiero é sempre lo stesso: cui prodest? Lo so, a pensare male si fa peccato, ma quasi sempre s'indovina, come diceva uno che di queste cose se ne intende.

Anonimo ha detto...

Mah!
Ammetto che la questione è piuttosto complessa e articolata e ci sono sul "tavolo" le mille ragioni dei "pro" e dei "contro", tutte rispettabili.
Certo, come giustamente precisa maimone:

" 2)I problemi dell'ambiente riguardano l'intero pianeta e vanno risolti a livello globale. Ed é in questa direzione che, a mio parere, vanno indirizzati gli sforzi. Mi domando, ad esempio, qual'é il senso di limitare le emissioni gassose da parte dell'Europa, se queste vengono rimpiazzate da un incremento di quelle dell'India e della Cina. Si, mi rendo conto del progresso da parte nostra (che ne siamo stati i principali responsabili), ma per il pianeta non cambia nulla."

Sarà pure niente ma come individuo posso fare almeno la mia infinitamente piccola parte.