Quando chiude un quotidiano – e oggi
lo ha fatto Sardegna24 – c'è sempre una confessione di
impotenza. Ed è un fatto drammatico sia per chi ci lavorava, sia per
il gruppo che lo ha edito, sia per chi lo ha accompagnato nella vita
illudendosi che fosse forte di lettori e sostenitori. Accomiatandosi,
il direttore Giommaria Bellu ha assicurato che si tratterà di una
breve assenza dalle edicole e sinceramente sarei contento se così
fosse, anche se a me Sardegna24 non
piaceva. Né, temo, piacerà se risorgendo continuerà ad essere un
giornale fazioso teso a formare più che a informare.
Del
resto, il fallimento del quotidiano, perché di questo al momento si
tratta, mi pare strettamente legato al suo essere replica settaria di
un altro quotidiano legato al centrosinistra, La Nuova
Sardegna. Ha affollato un'area
politica e culturale che, evidentemente, non è in grado di fornire
tanti lettori e sostenitori quanti sono necessari a far vivere due
quotidiani, simili nell'ispirazione ideale e diversi quanto a
tradizione, radicamento e target, borghese moderato l'uno,
intellettuale e agitato l'altro.
Gli
scrittori di sinistra, i registi di sinistra, gli artisti di
sinistra, gli intellettuali di sinistra si sono raccolti oggi intorno
al giornale che chiude per piangere la dipartita di un caro di casa.
Uno sforzo finanziario pari a quello retorico avrebbe credo – basta
leggerne i nomi – assicurato lunga vita al quotidiano. E, chi sa?,
potrebbe contribuire alla rinascita. Tutto sta nel vedere se esiste,
in Sardegna, un pubblico di lettori disposto a metter da parte le
capacità di riflessione ed accontentarsi di quelle agitatorie.
Comunque sia, buona fortuna alla redazione e alla direzione di
Sardegna24. Un
quotidiano fazioso vivo è sempre meglio di un quotidiano settario
morto.
2 commenti:
Non ho mai letto una parola su "Sardegna 24", anche perché ne ignoravo l'esistenza.
Ciò si spiega con la mia ignoranza, con quel mio non essere né intellettuale, né di sinistra, ma, dici tu GFP, "Un quotidiano fazioso vivo è sempre meglio di un quotidiano settario morto".
Se è la parafrasi del popolare "meglio un asino vivo che un dottore morto", sono d'accordo con te a condizione che l'asino non si metta a fare il dottore.
Purtroppo non sono fico quanto Maninchedda e, se c'è da versare una lacrima, mi dispiace, ma le ho esaurite tutte quando Paraulas ha chiuso. Anzi, ha temporaneamente interrotto la pubblicazione cartacea.
Fatte le dovute riverenze all’ Informazione, totale e completa, come suo dovere e diritto di tutti, possiamo dire che c’è stampa e stampa? Per rimanere ai quotidiani: ci sono quelli a tiratura nazionale e ci sono quelli locali; ci sono quelli generalisti e quelli che hanno un target ben preciso. Una volta c’erano quelli di partito – Unità, Avanti, Popolo, Secolo d’Italia – e quelli indipendenti. Senza stare a scompisciarci sull’ultimo aggettivo, una cosa fatemela dire: che bei tempi quelli dell’ “arco costituzionale”
Allora si sapeva chi era buono e chi era cattivo, poco importava che il buono per uno potesse essere cattivo per l’ altro e viceversa. Il mondo era diviso in due e se proprio era necessario, per ribadire il concetto, si tirava su una cortina di ferro o un bel non metaforico muro. Cosa ci vuoi fare? Ogni cosa capo ha. Ora, poi, con questa crisi, non si può largheggiare come quando si stampava moneta, La Merkel ci bacchetta.
Nel mare magno della stampa italiana, colla seconda repubblica, avevano preso il largo cinque portaerei, di diverso tonnellaggio, “Repubblica”, “Corriere della Sera”, “Stampa”, “Giornale-Libero”, “Sole 24 Ore”, ognuna con la sua flottiglia di naviglio ausiliario e in tempi di vacche grasse ci si poteva permettere anche qualche doppione, così, tanto per far un favore a un amico. Capirai che tutto diventa più complicato, è difficile raccapezzarsi. Qualcuno ha più sentito parlare dei giornali di partito? Adesso vanno quelli di corrente o, meglio, di spiffero e tornano utili i sottomarini che navigano a quota periscopio inquadrando il buco della serratura.
Nella bufera i primi a volare sono gli stracci che non hanno un robusto sostegno finanziario. Chi siano gli armatori delle portaerei lo sappiamo. Però, la crisi è crisi e qualcuno si fa i conti in tasca e vede che quelli di “Sardegna 24” non tornano più. D’altra parte vecchie e gloriose testate come “Il Mattino”, “Il Secolo XIX”, “Il Gazzettino”, “La Nazione” che rispecchiavano Napoli, Genova, Venezia, Firenze, oramai sono ridotti a stampa locale. Non so, non so, “Il Tempo” di Roma.
Per tornare a “cuile”, quanto durerà “La Nuova”? Qualcuno ha già pensato di abrogare dalla carta redazionale le due Isole Maggiori, per causa di forza maggiore. Pensi che Carlo de Benedetti vorrà tenere alta la Fiaccola Repubblicana in Sardegna col carburante sempre più caro? Teniamoci cara “L’ Unione”, finché regge, poi dovremmo tornare ai segnali di fumo, da nuraghe a nuraghe.
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