di Michele Podda
Si continua a girare intorno al problema senza mai affrontarlo in modo efficace e decisivo; questo è il fatto vero. Passare dai numerosi corsi di lingua e cultura sarda effettuati in quasi tutte le scuole della Sardegna in questi ultimi quindici anni, a dei corsi in alcune scuole (data anche l'esiguità delle risorse finanziarie, la somma irrisoria di 50.000 €.) con l'obbligo dell'uso veicolare della lingua sarda, non costituisce alcun passo in avanti; anzi...
E' proprio "l'uso veicolare del sardo" che mi preoccupa. Ci rendiamo conto di quale tipo di lingua sarda sarà utilizzato nell'insegnare qualunque materia, lingua sarda compresa? L'italiano sardizzato, sia a livello lessicale che sintattico, la farà da padrone. La lingua sarda, scaraventata improvvisamente in un contesto assolutamente improprio, quale è l'insegnamento scolastico, diventerà un ibrido che di sardo non avrà quasi niente, tolte le desinenze con la "u" e con la "s" e, forse, qualche fonema caratteristico.
Persino nei paesi dell'interno, le generazioni nate negli anni sessanta presentavano l'inclinazione irresistibile all'uso dell'italiano travestito da sardo. La televisione, la scuola, la musica, la moda e quant'altro parlavano italiano e più esso veniva utilizzato anche nella lingua sarda, più costituiva segno distintivo di progresso e modernità, di essere in linea con i tempi nuovi.
Attualmente neanche si fa più finta di parlare in sardo, neanche quel sardo ibrido che si diceva; si parla quasi esclusivamente italiano e basta. Persino gli adulti e gli anziani sono stati costretti ad adeguarsi alle nuove esigenze, pena l'essere totalmente esclusi da un rapporto con le nuove generazioni, rapporto già di per sé in crisi profonda. Dunque conoscenza del sardo da parte degli alunni equivalente quasi a zero.
Con questa iniziativa dunque gli alunni delle scuole coinvolte nei corsi avranno come primo vero approccio alla lingua sarda lo studio di una materia scolastica insegnata in sardo veicolare, che non potrà che essere quell'ibrido che si diceva. Qualunque docente infatti, pur con tutta la sua buona volontà, dopo una vita trascorsa ad insegnare la materia in lingua italiana, non potrà improvvisamente esprimere in un sardo accettabile quegli stessi contenuti, ma utilizzerà anch'egli quell'italiano sardizzato a cui nessuno di noi purtroppo può sfuggire.
Ogni docente consapevole di questo handicap si arrampicherà sugli specchi per cercare di rimanere più fedele a un sardo corretto, ma certamente non potrà riuscirci, perché obiettivamente impossibile. Perché allora non desistere da questo progetto e non partire invece da uno studio della lingua sarda utilizzando, per cominciare, l'italiano? Quale sarebbe l'obiettivo da raggiungere se non quello della conoscenza del sardo, con questo progetto? Sinceramente temo che spesso i politici, ben sostenuti dai burocrati loro vicini, siano interessati maggiormente all'iniziativa ad effetto, alla visibilità che da essa può derivare, al fatto di poter dire che "l'insegnamento col sardo veicolare l'ho introdotto io per primo". La correttezza dei risultati per la salvaguardia e la conoscenza della lingua sarda può ben passare in secondo ordine.
E non si dica ancora, come altre numerose volte, che comunque è meglio che niente! Non è vero, talvolta bisogna avere il coraggio di dire che il malfatto può essere ben peggio del non fatto, come in questo caso. Gli alunni fanno in fretta ad imparare il "sardo porcheddino", conoscendo già l'italiano: basta travestirlo con desinenze e fonemi di sicura appartenenza al sardo e il gioco è fatto; con buona pace della vera lingua sarda, quella parlata dalla gente dei paesi, i nonni e i genitori, gli adulti e gli anziani, i "non studiati" soprattutto e tanti scrittori e poeti, tutti depositari del nostro patrimonio linguistico.
Perché tanta fretta, dunque, di utilizzare il "sardo porcheddino" come lingua veicolare? Per imbastardire ulteriormente quel poco di buono che ancora resiste? No, non è questo che serve; l'urgenza è altrove. E' nella necessità di introdurre l'insegnamento obbligatorio del sardo in tutte le scuole di ogni ordine e grado, nello studio e nella conoscenza della lingua sarda nei suoi caratteri generali, con particolare attenzione, in ciascuna scuola, al dialetto o ai dialetti del luogo. Certamente ci sarebbero letture, dialoghi, ricerche, coinvolgimento di sardoparlanti di ottima qualità, ma lingua veicolare per il momento dovrebbe essere l'italiano, per rispetto del sardo, che così rimarrebbe altro, com'è.
On. Assessore, chieda dunque ad ogni scuola un programma di lavoro per due ore settimanali in ciascuna classe secondo queste linee, incaricando docenti di lingue e di lettere che garantiscano la propria capacità e disponibilità a tale insegnamento. Dia incarico ad una commissione didattica di livello regionale o provinciale di valutare i programmi-progetti e di suggerire eventuali integrazioni o modifiche, e stabilisca inoltre che il voto in pagella sulla lingua sarda faccia media con quelli delle altre materie di studio e concorra alla valutazione globale dei risultati raggiunti da ciascun alunno.
Si avrebbe subito:
- maggiore prestigio e considerazione per la lingua sarda, normalmente disprezzata o usata in contesto folclorico;
un corretto approccio al sardo, effettuato con gradualità e sicurezza, data la complessità della materia;
- l'acquisizione di esperienza anche da parte dei docenti, che avrebbero così l'occasione e il tempo di informarsi e prepararsi per il meglio all'uso veicolare del sardo;
- la possibilità di conoscere i caratteri generali di tutta la lingua sarda nelle sue principali varietà, da cui ricavare più precisamente i caratteri specifici del dialetto locale;
- la possibilità di conoscere opere letterarie in lingua sarda di buona qualità, per poter concretamente acquisire gli strumenti della lettura e della scrittura;
- la possibilità di coinvolgere e valorizzare, nell'attività didattica, familiari degli alunni o altre persone di assoluta competenza linguistica del sardo, opportunamente individuati dai docenti.
Tutto ciò subito. In seguito, il tempo sarà maestro, come si dice qui da noi.
2 commenti:
L'impressione, forse sbagliata, che
si può ricavare dalle considerazioni tue, puntuali e precise, sulla lingua sarda, è che sarebbe opportuno racchiuderla in una specie di scheletro o gabbia protettiva.
In questa operazione, il tutore dovrebbe essere l'italiano che, ormai diventato invasivo, se non conrollasse il meccanismo di "conservazione" non ci sarebbe possibilità di salvezza per la nostra lingua.
L'ipotesi è da prendere in seria considerazione ma rimane un retrogusto che sa di tappo. Il pericolo che ci vedo è che "su sardu abarridi imbrassimau che santu Natziu in is Capucinus de Castedhu".
La mia, di impressione, è che la nostra lingua sia rinchiusa tra grosse sbarre italiane cui si aggiungono, in un crescendo esponenziale, delle lucide barrette inglesi. Non ha bisogno di essere protetta ma semplicemente liberata, perchè sia conosciuta quantomeno da coloro ai quali appartiene.
Tutore l'italiano NO, ma qualunque lingua va bene, persino il tedesco di Wagner o Wolf, e lo stesso italino dunque, per studiarla e valorizzarla; per cominciare, come detto.
Purtroppo non potrebbe essere neanche imbalsamata, così come si presenta di questi tempi, gravemente mascherata e sfigurata. Ora bisogna soltanto CONOSCERLA PER INTERO e proporla alle nuove generazioni COME MATERIA DI STUDIO; il resto arriverà di conseguenza.
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