Ognuno di noi, credo, ricorda le persone che non ci sono più per un episodio particolare, anche quando, come nel caso di Francesco Cossiga, le cose da ricordare, in bene e in male, sono moltissime. A me viene in mente la mattina del 31 marzo del 2007, quando al Mediterraneo di Cagliari presentammo la proposta di Nuovo Statuto speciale, “Sa carta de logu noa de sa natzione sarda”, in una sala affollatissima. Cossiga, che aveva letto la proposta fattagli avere tempo prima, chiamò al cellulare uno dei membri del Comitato per lo Statuto che collegandolo ai microfoni degli oratori diffuse nella sala la piena adesione di Cossiga alla nostra proposta.
Qualche anno prima, egli aveva presentato in Senato un disegno di legge di “Noa carta de Logu”, adattamento alla Sardegna dell'avanzatissimo statuto catalano, poi ripreso e presentato in Consiglio regionale dall'ex presidente della Regione, Mario Floris. Ma non ne fu geloso: sostenne la proposta del Comitato che aveva sì colto la sua provocazione, ma aveva preferito scrivere una cosa nuova, non mutuata da esperienze estere, per avanzate che fossero. Cossiga, a differenza di altri frequentatori della politica italiana (e, ahimè, sarda) sapeva benissimo le differenza che c'è fra i concetti di Nazione e di Stato. E pur essendo stato presidente della Repubblica italiana ed essendo rimasto convinto assertore della sua unità, sapeva che l'esistenza di diverse nazioni all'interno dello Stato non confliggeva con l'unità della sua Repubblica.
Certo, la cultura politica non si acquista sui banchi di un supermercato ed è difficile appropriarsene, soprattutto se non si vuole farlo e se ne temono le conseguenze. Raccontano le cronache dei disperati e periodici tentativi di Cossiga di convincere deputati e sanatori sardi ad essere autonomi prima di essere autonomisti e di metter mano ad un progetto di Statuto all'altezza della Sardegna. Qualcuno, Massidda del Pdl e Cabras del Pd, ci hanno provato, il primo facendo propria la proposta di Nuovo statuto del Comitato, il secondo con una timidissima e réfoulée proposta di riforma, ma vivaddio articolata e scritta.
A metà del prossimo mese, il Consiglio regionale comincerà a ragionare intorno ad una mozione del Partito sardo sull'indipendenza della Sardegna. Una occasione, comunque la si pensi, per cominciare con anni e anni di ritardo un cammino che si troverà fra i piedi un paio di cose inquietanti: una sentenza della Corte dell'Aja che considera legale la dichiarazione unilaterale di indipendenza e i decreti attuativi del cosiddetto federalismo fiscale. E si troverà davanti a un bivio: ingoiare quel che Calderoli e i suoi hanno apparecchiato o apparecchiare un tavolo nuovo.
Purtroppo, secondo quanto esce dalle segrete stanze, gli uni guardano con diffidenza le proposte degli altri e gli altri obiettano che non si può discutere su testi già articolati. L'eterna vicenda delle classi dirigenti sarde, incapaci di un minimo di unità se non sulle emergenze dettate dagli altri, una lettura banale e volgare della “costante resistenziale”, un modo di essere che scatta per resistere e si affloscia quando si tratta di pensare a che cosa fare. L'allora minoranza (il centrodestra appoggiò e se ne fece garante) la proposta del Comitato per lo Statuto; diventata maggioranza l'ha messa in un cantuccio, dimostrando ancora una volta che quanto si fa stando all'opposizione non va più tanto bene quando si governa.
Oggi quasi tutti incensano Francesco Cossiga e qualcuno persino ricorda il suo desiderio di vedere approvata una nuova carta costituzionale della sua terra. Detto fra noi, ho la netta sensazione che egli avesse bene in mente come solo forti autonomie (nel caso della Sardegna, solo quote molto ampie di sovranità nazionale) potessero garantire l'unità della Repubblica, altrimenti destinata a finire. Ma temo che, sepolto e, fra una decina di giorni dimenticato, Cossiga, la nostra politica riuscirà prima o poi a regalarci uno Statuto vecchio riverniciato a nuovo. Troverà coraggioso e al limite della temerarietà definire Nazione la Sardegna, tanto, poi, ci penserà lo Stato e ripianare debiti e a riparare i danni fatti da scelte avventate. In fondo la capisco: si sente assolutamente incapace di governare una Sardegna dotata di sovranità. È molto più rassicurante dipendere dai Berlusconi e/o dai Bersani, bravissimi gli uni e gli altri nel farsi carico delle insufficienze culturali e della pavidità di chi proclama il proprio autonomismo senza obbligo di autonomia.
Siat ite si siat, bae cun Deus, Frantzi'.
12 commenti:
Presidente, mi mancherai.
A sos mortos nudha si non bonu.
Fit democristianu chin “piccone”.
E i-como totus nd’ana fare ‘e sonu,
Finas chie pro macu e pro matzone
Jutu l’aiat timendelu che tronu.
Chi podidu l’iat totus a unu muntone
Cumpagn’ e amigos chena de perdonu
Tiat aer mandhadu a fundhu de presone.
Solu ca fit galu bonu cristianu
E nos dae subr’ abbaidat risulanu.
Nel condividere in toto quanto scritto da Zuanne Franciscu, mi sento di aggiungere che mi dispiace che la messa funebre invece di farla in quel di Cheremule come da Cossiga desiderato la si farà in altro luogo.
Bae cun Deus, Frantzì, cussu Deus chi as semper cretidu e pregadu. S'istoria t'at a zudicare. Deo, pro contu meu, petzi una cosa ti la poto narrer: no ses mai resessidu a cimprender bene chie fisti, o sardu o italianu. Tant'est chi fintzas in su baule as cherfidu duas banderas. A bi pensare bene non se su primu. Fintzas Gramsci e Lussu appena toccada Terramanna si sun abizados ca su sardu est atera cosa dae s'italianu, ma non si sunu mai postos a isolver su cunflitu. Est craru chi sa carriera personale benit prima de onzi atera cosa. Gai tue ses istadu unu grandu presidente e sa Sardigna? Aliga fit e aliga istat
uno dei personaggi più oscuri, anticostituzionali, incomprensibilmente acclamati di questa repubblichetta...
Mi da vergogna vedere la bandiera della nostra nazione sulla bara di quest'uomo.
Non mi mancherà affatto.
Grazie al fatto quotidiano unico a ricordare con estrema lucidità (e senso del dovere di informare con la verità) le nefandezze di questo individuo.
Un uomo geniale comunque, un uomo comunque, e, questo si, che riposi in pace...
sono in sintonia con l'ultimo commento.cossiga era italiano. penose le interviste alla tv,si direbbe fosse un santo ma gli orrori commessi non si cancellano con la sua morte.non mi manchera' per niente.non e' con questa gente che la nostra terra si risollevera'
@ Davide Casu Artista.
Non capisco di quale bandiera e di quale nazione stia parlando. Se la bandiera è quella di "questa repubblicchetta", dovrebbe, per Lei, essere in perfetta sintonia con quanto pensa dei suoi abitanti "incomprensibilmente acclamanti" Cossiga (ricorda quando scrivevano il suo nome con la K e le due esse alla nazi?).
Quanto alla "nazione", veda di non confonderla con lo Stato.
Un disturbato mentale.
Inadeguato ad sostenere le responsabilità di governo che obliqui giochi di potere lo hanno condotto ad affrontare.
Marionetta in un teatrino recitato da altri,
ha picconato quel poco di buono che restava,
ha rivendicato una italianità che non ha mai capito,
ha abusato dei simboli della sua sardità per costruirsi una personalità che non aveva,
ha taciuto quando doveva parlare,
ha parlato quando doveva tacere.
Vuoto a perdere.
Per rispondere a tono ai post di sopra rischierei di dare al mio intervento un effetto nocivo, che andrebbe al di là delle mie intenzioni, e che lo stesso Cossiga credo mi rimproverebbe: fare di Cossiga un idolo.
è questo che si rischia ogni qualvolta occorra controbattere a chi fa di una persona o di un idea un Belzebù. per cui non userò quei toni.
però, io non riesco a capire quale Film sulla vita e azione politica di Cossiga alcuni abbiano in mente.
So però che un conto è soffrire di depressione, un altra è avere turbe mentali dipingendo la persona come uno squlibrato.
Così di primo acchito non riesco a individuare le norme costituzionali violate da Cossiga
Oppure perchè abbia abusato dei simboli della sardità (è un delitto usare la bandiera sarda?) quando probabilmente se non lo avesse fatto sarebbe stato accusato d'essere italianoide e italianista tout court.
se certi argomenti non si esplicano meglio rimangono solo polemica partitica e giornalistica alla Scalfari, per citarmne uno, che anche dvanti alla morte di un ex amico non smentisce se stesso anche se è smentito dalle lucide intuizioni (mica quelle di un folle..) di Cossiga sulla fine della prima repubblica.
per cui d'ora innanzi o si parla di Cossiga sgomberando il campo dalle accuse precostitite (un utopia lo riconosco) o non se ne parli, e lo si consegni alla storia e agli storici.
Io ho stimato Cossiga, pur nei suoi mille limiti condivisi da un intera generazione ingabbiata nella guerra fredda, nella mentalità della classe politica italiana che ci ha consegnato il debito pubblico, oltre che con tutta quella generazione di sardi in conflitto perenne con la propria identità di sardo.
Vedere il quattro mori annodato al tricolore, non l'ho trovato ne di cattivo gusto, ne segno di abuso e di vanagloriosa autorappresentazione. l'ho trovato simbolo di tale conflitto.
ma è un conflitto e un problema di Cossiga o piuttosto di noi sardi non sopportare la vista di quel nodo?
un moribondo cerca nei simboli il sigillo e il conforto ad una vita per dire questo sono stato.
chi ci polemizza sopra rende se stesso strumento di sciocche polemiche.
consegnamolo agli storici e si spera...tra vari anni, avremo un Cossiga che non è ne idoletto e santino, ne il belzebù di capo marrargiu.
salve.
Sia consentito a uno che ha avuto il tempo e la ragione di scrivere Kossiga con le due esse trasformate in SS, di considerare un uomo come un coacervo di contraddizioni, le stesse che sono insite nello stesso concetto di democrazia. C'è sempre il tentativo di trasformare la democrazia in un valore, da sistema qual è. Israele, Iran e Gaza sono democrazie, senza che questo comporti concetti valoriali.
Gli Stati uniti sono una democrazia e lo erano volta a volta con Nixon, Bush padre e Bush figlio; tanto lo sono che quei presidenti sono stati volta a volta sconfitti e mandati a casa. Nella loro azione hanno utilizzato gli strumenti della democrazia. Questa non è, come piacerebbe credere alla scuola di Scalfari, valore positivo quando governano gli amici e valore negativo quando al governo sono i nemici. E' un sistema. Cossiga ne fu interprete. Il suo (e di altri prima e dopo) esserne buon interprete e cattivo interprete dipende esclusivamente da un giudizio politico e in quanto tale non oggettivo.
E' per questo che nelle contraddizioni dell'uomo Cossiga e Kossiga, è legittimo trovare elementi di giudizio positivi (la sua sardità) e negativi (fu uno statista coerentemente italiano). Caro Davide, bastasse svillaneggiare "la repubbichetta" a non farla più essere Repubblica, l'indipendenza della Sardegna sarebbe all'ordine del giorno. E come tu sai così non è. Il mondo e gli uomini sono molto più complessi di come ci piacerebbe fossero.
x elio:
la bandiera alla quale mi riferisco è quella della mia nazione, overo La sardegna, perciò non confondo assolutamente stato con nazione.
X Dedalo:
Gli ultimi due anni del settennato di Cossiga sono disseminati da azioni fuori dai binari del ruolo che il parlamento gli aveva concesso. Per non parlare delle innumerevoli esternazioni durante di questi 52 anni. L'appoggio a ETA in euskadi (nenache dirli terroristi o anarchici, semplicemente assassini), l'apologia di uno stupro per le origini sarde del condannato con attenuanti...
sono veramente innumerevoli...
X Zuannefrantziscu:
Ho molti amici continentali, per cui, repubblichetta non è riferito al mio indipendentismo, bensì allo stato minimo a cui è stata ridotta la democrazia e la repubblica nel nostro stato, nella loro nazione...
é ovvio che l'indipendentismo non si faccia con queste simili osservazioni, sta di fatto che questa però è una repubblichetta, e non aggiungo aggettivi...
Io quest'uomo lo ricorderò così, con le sue stesse parole, quelle della famosa intervista rilasciata nell'ottobre 2008 al Quotidiano Nazionale.
http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=32976406
Non sono parole di venti o trent'anni fa, soltanto due. E questo è il concetto di democrazia che questo individuo applicava.
Non mi mancherà per niente.
Salude a noi fintzas a torrare issu...
«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».
Ossia?
«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».
Gli universitari, invece? «Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che? «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che...
«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».
Anche i docenti? «Soprattutto i docenti».
Presidente, il suo è un paradosso, no? «Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che in- dottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».
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