di Andrea Crisponi
Caro Gianfranco,
il tuo commento è quanto mai condivisibile. Noto che da un lato tante porte si stanno aprendo e dall'altro se ne chiudono altrettante. Risultato: siamo sempre punto e a capo. Da che mondo è mondo, al di là degli studi scientifici che stanno a monte, una lingua bisogna parlarla, per parlarla leggerla, come anche per capirla. La parola scritta poi, rafforza il pensiero perchè non si disperde ma, anzi, si conserva e si preserva evolvendosi.
Ciò che più mi porta a riflettere ora che sto fuori dalla nostra cara Sardegna, non è il rapporto che instauro con i ragazzi stranieri, con i docenti, ma sono le conversazioni che intavolo con altri ragazzi miei coetanei "continentali". Quella sorta di timore reverenziale, che qualche volta ci trasciniamo dietro come un pesante fardello, perde tutto il suo peso quando si ha a che fare con i luoghi comuni, con gli stereotipi. C'è chi, e sono tanti, pensa ancora che in Sardegna si cresca a "pane e pecora", che siamo tutti felici di essere leader nel Mediterraneo in quanto meta turistica (colonia direi io) di certi esponenti del mondo dello spettacolo o dello star system internazionale; c'è poi chi si rivolge ai "sardi" usando una retorica che si maschera di una mal celata ironia.
Ovviamente generalizzo, talvolta amo farlo contraddicendo chi, alla ricerca di spiegazioni specifiche e ineluttabili perde di vista una ipotetica quaestio, ma noto con rammarico che la subordinazione culturale è drammaticamente palese. Per contro, è sempre piacevole rispondere alle illazioni o alla spicciola ironia con la cultura: e noto con piacere ammutolire tanti "continentali" che forse si stupiscono del fatto che in Sardegna i libri circolino e qualcuno si appassioni e li capisca.
Forse, dirai, Andrea è permaloso e non comprende un certo umorismo campanilista; può darsi. Mi piacerebbe soltanto che la nostra lingua e la nostra cultura venissero considerati "altri", per tanti motivi, rispetto all'amalgama coatta riscontrabile in buona parte della penisola; mi piacerebbe che l'immagine della Sardegna non venisse accostata ai salumi, ai formaggi ed alle sagre paesane. Tutto questo è avvenuto sinora, nel recente passato, ma è bene rivendicare in qualche modo una nuova posizione che assumiamo in Europa e nel Mediterraneo grazie anche all'Università, alla ricerca (non è il momento migliore per chiamarle in causa, ne sono cosciente)che necessiterebbero una attenta revisione sia per quanto riguarda gli esuberi, sia per le discipline da insegnare in Sardegna, facendo attenzione a cosa possono offrire gli studenti sardi alla loro terra. Anche questo significherebbe dare un taglio a molti corsi che si tengono per formare nuovi migranti in fuga dalla propria terra.
E' solo una banale riflessione, confido nella tua accogliente ospitalità.
A menzus biere,
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