venerdì 10 agosto 2012

Identidadi, lingua e innovatzioni po bogai traballu


de Giampaulu Pisu
In su cumbènniu fatu in Sàrdara, is aministradoris de 90 biddas at pedidu a sa s’arrespetu de s’art. 4 c. 5 L 482/99 (Scriri in is mòllius de pre iscrtitzioni scolàstica sa pregonta po babus e mamas chi si bolint avalessi de s’imparu de sa lìngua sarda po is fillus). Custa una sìntesi de su cumbènniu.
 “Po bogai traballu tocat a cambiai prospetiva ponendi impari identidadi e innovatzioni. Depeus difendi is spetzifitzidadis nostas: nuraxis, paesàgiu, cultura, lìngua… funt s’ùnica cosa chi is àterus no si podint copiai -su benidori est in is spetzifitzidadis nostas”, custus funt is fueddus de su sìndigu de Sàrdara ananti de is Aministradoris comunalis Sardus chi si funt adobiaus po fueddai de lìngua sarda in sardu. Po imoi funt 90 is sindigus chi ant deliberau po pediri a sa RAS chi fatzat aciungi a su mòlliu de pre iscritzioni scolàstica sa pregonta “boleis chi imparint su sardu a is fillus?” Aici cumenti narat sa lei 482/99 e cumenti faint in Friuli giai de 10 annus chene ai strobau totu custus consillus comunalis. Is sardus depint pretendi amarolla s’arreconnoscimentu de su deretu a sa cultura insoru in scola, lìngua e stòria innantis de totu. “Est cosa chi no benit a beni” at nau G. Pisu "chi deu sia lòmpiu a s'edadi de 23 annus chena de sciri ita est unu nuraxi o su casteddu de Murriali".
Po fai custu serbit duncas unu ufìtziu scolàsticu sardu chi traballit a su costau e impari a cussu de su Stadu, cun programas, lìburus e docentis preparaus (Oreste Pili). Su cumbènniu est sighiu cun sa proposta de formai unu comitau de aministradoris comunalis po portai ainnantis custa chistioni. Proposta fintzas a una lei noba po sa lìngua, sa L.R. 26/97 est bècia e una prus noba che sa friulana iat a podi andai beni. No unu comitau ma "una federatzioni de comunus cun d-una Carta po su bilinguismu” at propostu Oresti Pili assessori de Cabuderra. Àtera chistioni apretosa pesada de Pili est sa de sa ratìfica de sa Carta Europea de is Lìnguas de Minoria: in parlamentu funt andendi ainnantis fadendi fillus e fillastus e apetighedi su sardu, totu custu mancai sa lìngua sarda siat, de totu is minorias de s'Itàlia, sa prus manna po su tanti de sa genti chi dda fueddat.

martedì 7 agosto 2012

La disciplina di partito è salva. La Sardegna molto meno


Con la ipocrita complicità di gran parte dei deputati eletti dai sardi, anche la Camera ha deciso poco fa di assestare un colpo micidiale all’autonomia speciale della Sardegna e (delle altre regioni a statuto speciale). Una ferita pesantissima sia alla sua economia sia all’elemento principe della sua specialità, la lingua sarda. Ferita gravissima perché inflitta con il concorso attivo di molti dei 17 deputati che noi abbiamo spedito a Roma nell’illusione che potessero rappresentare i nostri interessi e non solo quelli dei rispettivi partiti.  Pochi, nella maggioranza che appoggia il Governo Monti, hanno anteposto la loro coscienza di rappresentanti del popolo sardo all’obbedienza al Partito, nel votare il decreto di Revisione della spesa.
Ho parlato di complicità ipocrita. Chi dei votanti a favore ha parlato pubblicamente del proprio atteggiamento non ha espresso un convinto appoggio al decreto di Revisione della spesa. I più, sia a destra sia a sinistra, hanno mugugnato, altri hanno detto cose di fuoco contro il provvedimento del Governo, annunciando poi che avrebbero votato a favore “per disciplina di partito”, in ricordo dei bei tempi del centralismo democratico alcuni e degli ordini di scuderia altri. Una pagina pessima nella storia della autonomia della Sardegna.
Di quanti hanno disubbidito agli ordini di scuderia (Mauro Pili, a quel che si sa, degli altri sapremo domani) dubito ci sia stato qualcuno a richiamare la porcellata fatta contro la lingua sarda (la friulana e l’occitana) e di mettere la questione nel paniere dei propri no a Monti. Dei votanti a favore del governo, solo Caterina Pes, del Pd, ne ha fatto cenno, ritenendo la questione a parole importante, ma non tanto da non farle cambiare parere. È da questo partito, il Pd, che sono venute le critiche più dure all’attacco portato dal governo alla specialità autonomistica. E invece di votar contro, vota a favore. Non servirebbe a niente, neppure se ne accorgerebbe il governo del voto contrario dei deputati sardi, secondo quanto ha affermato Giulio Calvisi. Una incredibile confessione di inutilità di ruolo, insomma. La confessione che in Parlamento si va per votare secondo disciplina di partito, non per fare gli interessi degli elettori.
Qui non si leggerà mai una lista di buoni e di cattivi, ma credo che l’anno venturo i sardi dovranno pur chiedere ai deputati e senatori da essi eletti che cosa hanno fatto per loro, in più di seguire la disciplina dei rispettivi partiti.

lunedì 6 agosto 2012

Scrittura nuragica. Il magnifico Toro alato o Bue Api di Villaurbana

Il bellissimo toro alato di Villurbana

di Gigi Sanna

Il Corpus delle iscrizioni nuragiche dell'età del bronzo finale, dopo la recente testimonianza epigrafica della pietra 'lingam' di Terralba, contenente la sequenza delle parole ' 'AG/ HE'/ NUL (1), si arricchisce di un ulteriore stupefacente documento epigrafico che tende a mutare radicalmente i precedenti e a confermare in pieno i nuovi orizzonti e gli scenari storico culturali già intravisti con l'esame delle decine e decine di documenti analizzati in questo blog e altrove (2).
Quali sono questi nuovi orizzonti conoscitivi che riguardano la storia della Sardegna tra l'età del bronzo medio, finale e l'età del ferro (XVI - IV/III secolo a.C.)? Ripetiamolo ancora una volta. Essi riguardano la religione, la cultura scritta, l'architettura, la scultura, la composizione umana della società cosiddetta 'nuragica'. In particolare sono caratterizzati: (sighi a lèghere)

sabato 4 agosto 2012

Caro Pili (e cari altri 17), la specialità non è solo fatto economico

Mauro Pili, deputato del Pdl, rispondendo ieri ad un mio articolo mi rimprovera di aver voluto sollevare “una polemica pretestuosa”. Io ne criticavo il disinteresse mostrato nei confronti della discriminazione del sardo contenuta in una norma del decreto di Revisione della spesa in discussione alla Camera, decreto contro il quale era intervenuto duramente, annunciando il suo voto contrario. Intanto sono grato a Pili per la sua decisione di dissentire pubblicamente; se questo del deputato sardo fosse non un’eccezione, ma una consuetudine dei rappresentanti del popolo sardo di interloquire con i rappresentati, credo che la politica ne godrebbe in reputazione, oggi decisamente bassa.
Una cosa, Pili ha ragione di rimproverarmi: aver liquidato troppo spicciamente il suo intervento: rimedio pubblicandone gran parte e riconoscendo che in esso si rintraccia una forte passione autonomista, non rarissima nei discorsi dei nostri parlamentari ma certo non consueta. E però non cambia la mia convinzione che non basti la professione di autonomismo per difendere la nostra specialità, se questa passione è il frutto dell’economicismo, del ritenere, cioè, che essa ci spetti solo perché più poveri e isolani. “La specialità della Sardegna” afferma Pili “si può misurare: se è cento la base di calcolo delle infrastrutture dell'Italia, sulle strade la Sardegna ha quarantacinque, sulle ferrovie ha quindici, sull'energia trentacinque, cioè esiste un divario sostanziale che non può essere richiamato da nessuno come una richiesta di favore, di solidarietà o di cortesia”.
Tutto vero e tutto misurabile, ma questo non spiega perché la Sardegna sia regione a Statuto speciale e la Calabria, per dire, no. E perché sia speciale così come lo è il Sud Tirolo che certo non soffre dello stesso gap di sviluppo. Un collega e amico di partito di Pili, l’ex ministro Renato Brunetta, ha spesso pontificato sulla necessità di abolire le regioni speciali con un argomento improntato all’economicismo: la specialità fu “concessa” per ragioni di emergenze economiche e fiscali, terminate le quali addio alla necessità di autonomie differenziate. Questa logica, che mi pare la stessa di Pili (e di moltissimi dei suoi 17 colleghi), porta inevitabilmente a considerare che la nostra specialità non avrà ragione di essere, il giorno – può capitare anche questo – il benessere economico dovesse investire la Sardegna. O avrà motivi meno validi o più fondati in  ragione della sua decrescita o crescita economica.
Non so se coscientemente o se solo per vaghe intuizioni nazionaliste granditaliane, il mondo neo-giacobino mediatico e i burocrati nostalgici del napoleonismo si stanno da tempo muovendo per abbattere le vere ragioni delle specialità: l’essere esse il luogo di minoranze linguistiche e, dunque, di culture e concezioni del mondo diverse da quelle della Nazione dominante. L’essere, cioè, nazioni a parte. Per ora, bersagli dell’aggressione sono le lingue più deboli in quanto non protette da eserciti e diplomazie statali: il sardo, il friulano e l’occitano, lingua questa – che volete gliene freghi al Corriere della sera, a La Repubblica, a Libero, a La Stampa, a L’Espresso? – che per gran parte della storia dell’Esagono francese fu antagonista della vincente langue d’oil.
Altre volte ho scritto su questo blog che il Governo Monti tende a far passare come misure di contenimento della spesa pubblica l’abrogazione delle garanzie costituzionali per le lingue di minoranza che non siano tutelate da trattati internazionali. C’è qualcuno che può seriamente credere che ridurre sardo, friulano e occitano a dialetti privi di tutela sia una misura economicamente valutabile? L’urgenza di rimodulare la spesa pubblica è indubitabile e su questa necessità si può ragionare, con la disposizione a tagliare tutto ciò che è spreco, foraggiamento di privilegi, clientelismo; ma nessuno può pensare di pagare tali riduzioni con il taglio netto della democrazia. Pena la confessione da parte dello statalismo che questo Stato nazionale ha fallito, non regge più e che al più presto va almeno smontato. Cosa di cui, per il poco che conta, sono profondamente convinto. L’attacco alle Regioni speciali, salvo la Sicilia (la cui autonomia è frutto del timore del separatismo e delle sue ragioni) tutte sedi di minoranze linguistiche, è “motivato” dalla necessità di contenerne le spese. Che sono, comunque, affari interni e soggette al controllo e alle eventuali censure dei loro cittadini, non dei professionisti dell’anti-casta e di incolti giornalisti che definiscono spreco l’impiego di denaro per tutelare lingue che, fosse per loro e per lo Stato, potrebbero utilmente estinguersi. Forse sarà difficile persino ai tecnici di Monti violentare la Costituzione fino all’abrogazione delle Regioni speciali, anche se con la Sicilia i tentativi sono arrivati a buon punto. Non sarà molto difficile, minare il nucleo della specialità della Sardegna e del Friuli abrogando la tutela delle loro lingue, se non entrerà in testa ai parlamentari espressi da queste due nazionalità che quello della discriminazione linguistica è solo un grimaldello.

venerdì 3 agosto 2012

Il Parlamento sardo unanime sulla lingua. In quello italiano, i sardi assenti


La rissa continua che sembra dominare i lavori del nostro Parlamento, almeno a leggerne sui giornali, si è presa una benedetta pausa e all’unanimità ha approvato un ordine del giorno a tutela della lingua sarda, seriamente minacciata dalla proposta di ratifica della Carta europea delle lingue di minoranza. Nel loro documento, i consiglieri regionali affermano che la proposta del Governo Monti “desta notevoli preoccupazioni in quanto contiene delle forti limitazioni per il sardo proprio in due settori strategici per la promozione della lingua sarda quali l'istruzione e l'informazione, laddove sarebbe più congruo e auspicabile un assetto di tutela più stringente e adeguato alle caratteristiche dell'idioma regionale”.
Affermano, quindi, la convinzione “che l'elemento identitario della lingua possa costituire un punto di forza per far valere le ragioni della nostra Isola anche ai fini della rivendicazione dei seggi rappresentativi della Sardegna nel Parlamento europeo, come ribadito dallo stesso Parlamento europeo nel progetto di relazione 2007/2207 (INI) che dispone che "gli Stati membri potranno istituire circoscrizioni speciali per venire incontro alle esigenze delle comunità appartenenti alle minoranze linguistiche"”. E alla fine chiedono al Parlamento italiano “di prendere nella dovuta considerazione, in sede di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie (disegno di legge n. 5118/XVI), le istanze sopra rappresentate affinché la lingua sarda possa vedere garantiti i massimi livelli di salvaguardia e promozione in ogni settore della vita economica e sociale, con particolare riguardo all'ambito dell'istruzione e dell'informazione, in modo tale da consentire una sua piena ed effettiva tutela, tenuto conto del valore storico, identitario e culturale della stessa”.
Come si vede, si tratta di un documento importante, pur se forse dà per scontata la tiepidezza di alcuni deputati regionali e dei loro gruppi i quali non hanno voluto che la tutela del sardo, oltre agli ambiti dell’istruzione e dell’informazione, si estendesse anche a quello della giustizia. La Carta europea lo prevede e il Governo Monti ha deciso di assicurarla alle lingue come il tedesco, il francese, il croato e lo sloveno, tutelate da trattati internazionali. Siamo, ahinoi, nelle condizioni di doverci accontentare: l’unanimità può rappresentare un segnale forte al Governo del fatto che i rappresentanti dei sardi in Sardegna sono tutti per la difesa della lingua. Cosa che, purtroppo, non capita nei loro rappresentanti che i sardi hanno mandato a Roma, se non nel caso dell’Idv Palomba e dell’Udc Mereu, come in questo blog si è scritto.
C’è chi nel Parlamento italiano usa i toni forti da capopopolo e poi, davanti alla questione principe della lingua sarda, tace, come si trattasse di una cosettina da nulla. Ieri, alla Camera si discuteva della Revisione di spesa (quel provvedimento in cui si è intrufolata la discriminazione tra lingue nobili e dialetti come il sardo, il friulano e l’occitano). Mauro Pili, deputato del Pdl, ha lanciato accuse di fuoco contro il Governo Monti, affermando che alcuni provvedimenti economici rappresentano “un vero e proprio golpe costituzionale perché cancellano di fatto le regioni a statuto speciale e lo fanno nel modo più bieco e violento della storia repubblicana. Si tratta di un agguato vero alla Sardegna e alle regioni a statuto speciale”.
Una levata di scudi in difesa dell’autonomia, quella di Mauro Pili che ha annunciato il suo voto contrario. Filippica sacrosanta, per l’amore del cielo. Se non fosse che del golpe contro la lingua sarda, e quelle friulana e occitana, neppure si è accorto. Come se specialità della Sardegna risiedesse davvero nella sua insularità e nel differenziale economico, secondo quanto amano pensare gli economicisti. Senza rendersene conto, Pili sta dando ragione a quella scuola di pensiero (che dovrebbe essergli estranea, data la sua collocazione politica) secondo cui le specialità sono destinate a scomparire, una volta scomparso o attenuato il gap economico.

giovedì 2 agosto 2012

A bellu a bellu, ma si trement

Antonello Mereu, deputadu de s'Udc de Carbònia, at fatu aprovare dae sa Cummissione de sos trasportos de sa Camera unu pabiru chi punnat a torrare a sas limbas sarda e friulana sos deretos iscantzellados dae su disignu de lege guvernativu de ratìfica de sa Carta europea de sas limbas. In su pàrrere chi sa Cummissione de sos trasportos, paris cun àteras, depiat dare pro sa proposta de su Guvernu, si cunsiderat chi “il nuovo testo del disegno di legge in oggetto riconosce alti livelli di protezione alle lingue protette da accordi internazionali quali il tedesco, lo sloveno, il francese e il ladino, mentre per le lingue di cui alla legge n. 482 del 1999, tra cui il sardo e il friulano che hanno larga diffusione sul territorio nazionale, sono previsti livelli di protezione più bassa, con particolare riguardo ai paragrafi concernenti l’istruzione scolastica, i media, la giustizia e la pubblica amministrazione”.
Pro custu, Mareu at propostu in sa relata chi at fatu a sa Cummissione, e custa at aprovadu chi su pàrrere positivu b'est, bastante chi “siano assicurati alla lingua sarda e friulana, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, i medesimi livelli di protezione previsti dai paragrafi concernenti l'istruzione scolastica, i media, la giustizia e la pubblica amministrazione per le lingue protette a accordi internazionali, quali il tedesco, lo sloveno, il francese e il ladino”. Sa lìtera de s’assessore sardu de sa Cultura, Sergio Milia, a sos parlamentares sardos in Itàlia cumintzat, duncas, a tènnere carchi torrada bona, mancari chi a s'apellu de sa Regione sarda no apant torradu imposta sos parlamentare de sos partidos prus mannos chi in Sardigna collint botos.
De singiulare b'at finas su chi at iscritu eris su segretàriu de sa Cisl sarda Mario Medde, inchietu ca “Anche la lingua sarda rischia di finire nel mirino del centralismo autoritario statale che, in modo diretto e indiretto, cerca sistematicamente di ridurre gli spazi dell'autonomia speciale della Sardegna”. Contra a custos assàchios, Medde pedit impostas fortes a sa Regione “fino alla mobilitazione dei suoi organismi istituzionali".
Ammentende chi in custas oras su Cunsìgiu regionale at a botare una motzione chi botzat sa proposta de ratìfica de sa Carta europea gasi comente l'at ammaniada su Guvernu e pedit pro su sardu su matessi amparu de sas àteras limbas, Medde narat galu chi “qualora la mozione del Consiglio regionale dovesse restare inascoltata, la Regione sia pronta a coordinare iniziative a tutti i livelli istituzionali. Il riconoscimento pieno, effettivo e integrale di minoranza linguistica, tutelato dal Consiglio d'Europa e ratificato dalla 'Carta delle lingue regionali o minoritarie', potrebbe anche essere introduttivo alla risoluzione del problema dell'insularità e alla ridefinizione dei collegi elettorali per l'elezione del Parlamento europeo.
Recenti episodi hanno confermato la disattenzione di importanti organi dello Stato verso la lingua sarda e la sua validità nel comune uso orale e scritto anche in documenti ufficiali. L'ultimo si è verificato il 19 luglio scorso quando è stato reso noto che la Corte di Cassazione, in una sentenza depositata il 28 maggio 2012, ha dichiarato che 'quella sarda non è una lingua madre ma forma linguistica dialettale non riferibile al concetto giuridico e alla nozione tecnica di lingua utilizzata da minoranze linguistiche. Si è di fronte a una nuova forma di centralismo autoritario che la Regione deve contrastare in modo efficace”.

lunedì 30 luglio 2012

Cannonate mediatiche contro lingue e autonomie


Sarà durissima da ingoiare, ma adulti e vecchi dovremmo rassegnarci a restituire ai nostri figli e nipoti quel che lo Stato (e noi per la parte che ci tocca) ha sperperato in diversi lustri. Dovremo rassegnarci, indipendentemente dal fatto che individualmente o come gruppi familiari abbiamo partecipato ad aumentare il debito pubblico. Molti dei tagli alla spesa annunciati saranno duri, altri ingiusti, altri malamente sopportabili. Ma ce ne sono di intollerabili per il loro carico ideologico, come quelli minacciati contro gli elementi di democrazia linguistica di cui più volte anche su questo blog si è scritto. Con quei tagli non si risparmia se non qualche briciola, ma si rischia di distruggere un clima di tolleranza e di pacifica convivenza fra lingue e nazionalità diverse della Repubblica, clima che si è costruito in decenni di battaglie culturali e politiche.
Il “risparmio”, la “lotta agli sprechi” sono categorie in sé affatto condivisibili. Ma spesso nascondono, sia nella politica sia nei media che le agitano, un odio ottusamente giacobino nei confronti delle autonomie territoriali, linguistiche, culturali. I professionisti dell’anti-casta, cui pure va il merito di aver fatto i conti in tasca ai ceti politici, alla fine non riescono più neppure a velare quale sia il loro sogno: il ritorno ad un centralismo napoleonico, quello del Risorgimento e del suo figliolo il Fascismo, che mai del tutto vinto, con la Costituzione era stato almeno scalfitto. Le pulci fatte alle autonomie regionali, quelle speciali soprattutto, e a quelle locali, ai loro costi, hanno poco a che fare con l’economia e molto con la statolatria e la diffidenza per l’autogoverno.
Uno dei padri fondatori dell’anti-casta, Sergio Rizzo, scrivendo del riordino delle Province afferma che esso “non verrà deciso dall’esecutivo, ma dalle autonomie locali, cioè dalle stesse Province. Un po’ come dare al cappone il potere di scegliere come e in quale modo celebrare il Natale”. Del “risparmio” a gente così non può fregargliene di meno: quel che vogliono è che sia l’esecutivo centralizzato a decidere quando e come immolare i capponi, cioè i cittadini nell’idea che se ne è fatta. Del resto, sono i professionisti dell’anti-casta che hanno pompato, fino a far fare una magra figura a Mario Monti, la campagna per il commissariamento della Regione siciliana con la falsa previsione di un suo prossimo fallimento per via degli sprechi perpetrati.
La lotta agli sprechi nella pubblica amministrazione, giusta per l’amor del cielo, è arrivata a tale punto di paranoia che, come mi è capitato di leggere qualche giorno fa, un altro giornalista dello stesso stampo e cordata ha indicato fra i motivi della crisi economica in Catalogna il fatto che lì si spendono soldi per tradurre in catalano libri scritti i altre lingue e che molti altri euro vengono dilapidati per fare radio e televisione in catalano. Tempo fa, nell’agosto del 2009, L’Espresso scrisse cose simili contro il “dialetto friulano” e un mese dopo fu la volta del Corriere della sera, seguiti poi da La Repubblica e da La Stampa. In tutti gli articoli, lo scandalo è che per tutelare e promuovere il friulano si spendevano soldi.
Sono passati due anni e i burocrati che allignano nel governo Monti sottraggono la politica all’imbarazzo di ridurre ai minimi termini quella democrazia linguistica che i giornali avevano appena intaccato, con pressapochismo e fornendo notizie false e tendenziose.
Nel decreto di Revisione della spesa e nel disegno di legge di ratifica della Carta europea delle lingue sardo, friulano e occitano sono ridotti a dialetti. Ed ecco che su questa trovata si sdraia una giornalista di Libero, Cristina Lodi. Si spendono soldi per il “dialetto friulano”, persino per tradurre il Vangelo nella “parlata locale” e poi si vede che per treni e strade “siamo alla Preistoria”.
Il sardo, in questa kermesse dell’ignoranza finalizzata, è trattato sul Corriere della sera del 28 scorso con meno arroganza, ma con una approssimazione impressionante. Mi ritrovo in quanto scrive Roberto Bolognesi, I bugiardi della sera.