sabato 5 luglio 2008

I nuragici scrivevano eccome. E però... (1)

di Massimo Pittau

Sarà perché la mia opera «Origine e parentela dei Sardi e degli Etruschi» è uscita nel 1995 ed è ormai esaurita e l’altra mia opera «Storia dei Sardi Nuragici» è recente, dato che è uscita appena nel 2007 (Selargius, edit. Domus de Janas), sta di fatto che nessuno di coloro che in questi ultimi mesi sono entrati nella vivace discussione sulla eventuale “scrittura nuragica” ha mostrato di conoscere queste mie opere, nelle quali risulta un ampio ed impegnato capitolo sul tema «I Nuragici e la scrittura». Ed allora, per ovviare a questo silenzio, casuale oppure voluto, con questo mio odierno intervento riassumo quanto ho scritto in quel capitolo.
Premetto che intorno alla civiltà nuragica esiste un “luogo comune”, quello secondo cui essa sarebbe stata una "civiltà illetterata o analfabeta". Questo luogo comune, che per me è un autentico “falso storico”, è stato determinato in primo luogo da una implicita, strana ed assurda supposizione e pretesa: che i Nuragici, intesi come un popolo "tutto particolare" da ogni e qualsiasi punto di vista, si fossero dovuti creare un loro alfabeto pur’esso tutto particolare, ossia un loro sistema di scrittura originale e “nazionale”. Senonché non si è considerato che in effetti neppure quei geniali e civili popoli dell'antichità che sono stati i Greci, gli Etruschi ed i Romani, si sono creati ex novo un loro proprio alfabeto nazionale, dato che - come molti sanno - i Greci hanno preso l'alfabeto dai Fenici, gli Etruschi dai Greci ed i Romani dagli Etruschi. Gli stessi Fenici non si sono creati dal nulla il loro alfabeto, ma è del tutto certo che se lo sono creati sul modello di altri alfabeti di popoli del vicino Oriente, Sumeri ed Egizi in testa. Perché mai attendersi e pretendere dunque che i Nuragici si creassero un loro "alfabeto nuragico nazionale", quando in effetti nessun altro popolo antico può vantarsi di essersi creato tutto da sé e dal nulla questo strumento di cultura, il quale di certo costituisce una delle più grandi ed insieme delle più difficili invenzioni dell'umanità? Invenzione molto difficile, a creare la quale hanno contribuito vari popoli antichi e numerose generazioni di uomini.

IN SECONDO LUOGO è un fatto che in Sardegna sono state finora trovate almeno le seguenti iscrizioni: due iscrizioni in alfabeto geroglifico egizio (§ 50; fig. 11; fig. 12), alcune forse in alfabeto minoico incise su due dei noti talenti di rame, numerose in alfabeto fenicio, alcune in alfabeto iberico (fig. 14), alcune in alfabeto greco, quattro in alfabeto etrusco (nota 1); ebbene tutte queste iscrizioni dimostrano in maniera evidente e certa che fra i Sardi Nuragici c'erano individui che le sapevano leggere e molto probabilmente anche scrivere.
D'altronde, in termini generali, è a priori da ritenersi illogico e inverosimile che il popolo nuragico, che era stato per lunghi periodi a contatto immediato con altri popoli che conoscevano e usavano la scrittura, quali i Cretesi, i Ciprioti, gli Egizi, i Fenici, i Greci, i Lidi ed infine gli Etruschi, non conoscesse né usasse per nulla la scrittura. In termini più particolari, è illogico e inverosimile ritenere che in quel torno di secoli, mentre tutti i popoli circostanti avevano l'usanza di incidere sui loro vasi od oggetti d'uso scritte con la denominazione dell'autore o del possessore o dell'offerente o con la dedica ad una divinità oppure con l'indicazione della quantità della merce contenuta nelle anfore, ecc., solamente i Nuragici ignorassero del tutto questa usanza. Sarebbe esattamente come se nell'epoca attuale si supponesse che fra gli stati emergenti del terzo mondo ne esista qualcuno che non conosce ancora né adopera la scrittura!
A mio fermo giudizio, pertanto, non è mai esistita una “scrittura propriamente ed esclusivamente nuragica”, come d’altronde non è mai esistita una “scrittura propriamente ed esclusivamente fenicia o greca od etrusca o romana”.
Secondo me, i Sardi Nuragici per scrivere i loro messaggi nella loro lingua nuragica hanno scelto e adoperato di volta in volta, col trascorrere del tempo, uno degli alfabeti che adoperavano i popoli coi quali essi avevano più stretti rapporti. E precisamente essi hanno optato e adoperato prima l’alfabeto fenicio, dopo quello greco e infine quello latino.

SEMBRA CHE PROPRIO la Sardegna sia la terra che ha conservato il più alto numero di iscrizioni fenicie o – chiamamole molto meglio - fenicio-puniche, ossia lasciate non dagli originari Fenici che abitavano nella lontana Fenicia, l’odierno Libano, ma dai loro connazionali che si erano trasferiti nella costa dell’Africa centro-settentrionale, dove avevano fondato la grande città di Cartagine (nota 2). Orbene, delle iscrizioni fenicio-puniche rinvenute in Sardegna non è da escludersi che alcune, nonostante la loro scrittura sicuramente fenicia, in realtà portino un messaggio in lingua nuragica. Ad es., siccome la nota iscrizione fenicia di Nora non ha trovato sinora una traduzione neppure lontanamente condivisa dai semitisti, non è inverosimile che questa divergenza di opinioni sia la conseguenza del fatto che l’iscrizione in realtà porti un messaggio in lingua nuragica. A questa supposizione siamo spinti anche dal fatto che nell’iscrizione figura certamente anche il nome della Sardegna o dei Sardi (SHRDN) (fig. 13).
La medesima considerazione è da farsi rispetto ad alcune altre iscrizioni in alfabeto fenicio, per le quali esiste fra gli interpreti forte divergenza di opinioni.
A questo proposito è bene precisare che tutti gli alfabeti costituiscono non un “fatto naturale o connaturale” con la rispettiva lingua, ma sono semplicemente un “fatto artificiale e convenzionale” rispetto ad essa, per cui un alfabeto può divergere o staccarsi dalla rispettiva e originaria lingua. Ad es. in una carta medioevale che si trova a Marsiglia il messaggio che porta è sicuramente sardo medioevale, ma l’alfabeto adoperato è quello greco-bizantino.
Col passare del tempo, nel periodo in cui l’attrito fra i Sardi e i Cartaginesi divenne più forte ed i primi, attorno al 539-534 a. C., inflissero a questi, guidati da Malco, una pesante sconfitta, e durante il quale periodo si stabili un’alleanza fra i Sardi (o Serdaioi) e Sibari, la più potente città della Magna Grecia (come testimonia una iscrizione greca trovata nel 1960 ad Olimpia, purtroppo ignorata o trascurata dagli odierni storici della Sardegna; fig. 7), i Sardi optarono per l’alfabeto greco.

LO DIMOSTRANO ALCUNE iscrizioni che si trovano in due massi esterni e laterali dell’ingresso del nuraghe Rampinu di Onifai/Orosei, costituite quasi certamente da due abbreviazioni o sigle ITSN e TS e da un vocabolo TINHBEI, il quale non è assolutamente spiegabile col lessico della lingua greca (figg. 15, 16). Lo dimostra un’altra sigla, pure in caratteri greci, BE, incisa profondamente in un masso dell’ingresso sopraelevato volto a nord-est del Nuraxi di Barumini; il beta è a serpentina lineare di tipo corinzio-megarico e come tale riporta ai primi tempi della colonizzazione greca nel Tirreno (sec. VIII-VI a. C.) (fig. 17), Ma lo dimostrano soprattutto una quindicina di monete che riportano la leggenda SER(D(AIOI) oppure l’altra SARDOI in caratteri greci (figg. 8, 9). Ed è del tutto evidente e sicuro che si tratta di monete coniate dai Sardi e non certo dai Greci o dai Cartaginesi.

(nota 1) Le figure e le pagine richiamate sono della mia citata opera «Storia dei Sardi Nuragici».

(nota 2) È quasi incredibile che molti non facciano questa facile ma importante distinzione!

1 commento:

Anonimo ha detto...

interessante