lunedì 9 luglio 2012

"Onorevoli" carnefici della lingua sarda


di Mario Carboni (*)

Su Comitadu pro sa limba sarda denuncia il comportamento dei deputati sardi nelle Commissioni che ha favorito l'approvazione di un testo di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie che discrimina la lingua sarda e in pratica la condanna all'estinzione e impedisce il suo ingresso nelle scuole , nei media e nella società come lingua normale in regime di bilinguismo.
Su Comitadu pro sa limba sarda ha apprezzato l'intervento dell'Assessore alla cultura Sergio Milia che ha inviato una lettera ai parlamentari sardi affinché si mobilitassero per impedire l'approvazione del testo di ratifica approvato in sede referente dalla Commissione Esteri della Camera.
Probabilmente la fiducia nei parlamentari sardi e su un loro possibile intervento a difesa della lingua sarda e quindi della Specialità della Sardegna era mal riposta.
Questo perché della Commissione esteri fa parte l'On. Parisi di IDV che non ha mosso un dito, non ha fatto nessuna dichiarazione, proposto emendamenti, e forse non ha neanche partecipato alla discussione dell'importante disegno di legge, per impedire lo sbertucciamento della lingua sarda.
Ma l'iter della legge di ratifica è proseguito in sede consultiva andando all'esame di altre Commissioni.
La Commissione giustizia, della quale è Vice Presidente l'On Palomba di IDV e che comprende l'On Melis G. del PD e l'On. Cossiga G. del PDL, ha discusso ed approvato la legge pervenuta  dalla Commissione esteri senza che i sardi abbiano neppure alzato la voce o proposto emendamenti e anche in questo caso forse non hanno neppure presenziato ai lavori.
Anche i componenti sardi della Commissione cultura, che anch'essa ha approvato il testo di legge di ratifica che considera la lingua sarda di serie C rispetto alle altre minoranze linguistiche della Repubblica, On. Murgia e On. Caterina Pes, non risultano dagli atti parlamentari intervenuti in nessun modo e forse assenti alla discussione.
Non dissimile è stato il comportamento dell'On. Amalia Schirru del PD che, componente della Commissione Lavoro, non sembra abbia fatto nulla per impedire che si approvasse il testo di ratifica che potrebbe determinare un colpo mortale per la lingua e l'identità nazionale dei sardi e quindi delle sue aspirazioni di sovranità e d'autodeterminazione, ma forse era impegnata in qualche altro luogo.
Certamente ci si sarebbe aspettato che almeno nell'esame della Commissione per le questioni regionali la voce dei sardi si fosse fatta sentire alta, argomentata e ad orgogliosa difesa della lingua sarda.
Ma gli On. Guido Melis del PD e l'On. Mauro Pili del PDL, componenti di questa importante Commissione, non risulta che siano intervenuti a favore della lingua sarda e per impedire che l'approvazione  di una proposta di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, possa trasformarsi nell'opposto del suo spirito istitutivo e quindi strumento non di sostegno, difesa e sviluppo della lingua sarda, ma accabadora colonialista e centralista della lingua propria dei sardi.
Anch'essi forse erano impegnati altrove, probabilmente assieme ai loro colleghi parlamentari sardi nulla gliene importa della lingua sarda e quindi la lettera dell'On. Milia pur apprezzata, come è apprezzata la lettera in sardo a Monti o la recente versione bilingue del logo del sito web della Regione, risulta un buco nell'acqua stagnante di una cultura auto colonizzante dei partiti italiani e dei suoi Parlamentari  e quindi da criticare come da anni fa Su Comitadu pro sa limba sarda.
(*) Comitadu pro sa limba sarda

domenica 8 luglio 2012

Tzessu: sa normalidade s'est bortada in rivolutzione

Cando sa normalidade paret un'abbentu rivolutzionàriu, cheret nàrrere chi semus male postos. Càpitat chi sa Regione sarda apat in custas dies fatu una pariga de cosas chi in una Terra de bilinguismu sunt gasi normales chi mancu si nde diat dèvere arresonare. At postu su signu suo in sardu e in italianu e bene at fatu su Comitadu pro sa limba sarda a lu singiulare. E at fatu, comente si biet in sas fotografias, una reclame in sardu e in italianu. In prus de custu, at impreadu pro iscrìere s'unu e s'àtera sa limba sua in essida, sa chi a babbu tenet unu presidente de Regione, Renato Soru, chi est de sa parte contrària, comente ischimus.

Normale, duncas, s'impreu de su bilinguismu in sas atividades de su Guvernu sardu. Gasi e totu, de àteru, est istadu normale chi su Guvernu Soru apat fatu delìberas in sardu e chi in sardu siat istadu bortadu s'Istatutu ispetziale de sa Sardigna. Sa cosa pagu normale est chi in gasi meda annos custa “normalidade” siat istada ispetziale. Est de ispantu, e cosa bona meda, in prus de “normale”, chi bi siat istada una continuidade intre unu guvernu de tzentru-manca e unu de tzentru-dereta in contu de limba sarda. Sas peleas polìticas sunt e depent èssere totu un'àtera cosa.
No at a capitare, ma timo chi sa genia de sos economitzistas (bi nd'at de cada gasta, a un'ala e a s'àtera) ant a bogare a campu una de sas armas chi prus lis agradat: b'at àteru de fàghere, intamen de pensare a pònnere su sardu in su signu de sa Regione e in una reclame de giornale. S'armada de sos “c'è altro a cui pensare” est semper atzuda, mescamente cando su fatu pertocat sa limba sarda.

GorostiU5b3 ovvero il bosone di Blasco (parte I)

di Alberto Areddu
Sarà capitato anche a voi, vi svegliate un mattino e vi chiedete: ma non sarà che il mio cognome ha un qualche senso recondito, e se questo senso lo indirizzassi, ne sarei agevolato nella mia vita? Sì i cognomi, più ancora che i nomi (qualche centinaio), e diversamente dai segni astrologici, appena 12, sono migliaia, così ciascuno, sempre che non sappia di appartenere a quell'attestato 10 % di figli illegittimi, penserà "scientificamente" che qualcosa gli è rimasto della radice etimologica. Così (ipotizzo) è più facile che il nostro blogger si sia chiesto a un certo punto della sua vita se la pittura (e non la medicina, la veterinaria, o la botanica), lo avrebbe potuto accogliere tra i suoi cultori. Orbene, parlando amenamente in un altro stanzone del blog, son venuto a sapere che a metà giugno si è consumata una kermesse di tre giorni tra Cagliari, Galtellì, Dorgali, Alghero, dedicata a un evento straordinario. Beh, in un convegno straordinario si celebrava la gran scoperta di Blasco, per cui passerà indubitabilmente alla storia: le colleganze del basco in Sardegna nei millenni passati: archeologi, genetisti, linguisti (tra cui Alberto Nocentini, pensa te), si sono scomodati per celebrare nell'ora segnata dal destino, la scoperta del bosone di Blasco (altrimenti noto come, tra gli scienziati, come BlascoABCA13).
E già: Blasco=Basco, chissà in quale momento della vita si sarà accesa la illuminante agnizione negli occhi dello, fino ad allora sostraticamente reticente, studioso di Barcellona? E come intitolare sto popo' di convegno megagalattico? Già  aveva celebrato (ne parlammo altrove) il Natale 2010, in quel di Loceri (appena 2.500 € pagati dal comune per 'sto fior fiore di manifestazione), con la floreale dedica all'agrifoglio, ora con l'imprimatur del Magnifico Rettore di Cagliari, Prof. Jubanne Melis, l'Università cagliaritana tutta, e altri enti pubblici e privati, il nome di tale pianta viene ribadito, in groffu 'e s' istadiale, nella brochure ben appaiato a palesi allusioni genetistiche (via, anche la mia serva filippina sa che U5b3 è il comune gene sardo-basco!), e a un bel feto macrocefalo.
Uno pensa: Monti ci sta tagliando tutto, forse non arriveremo a fine anno, che tagli pure, ma mica si può tagliare per un'occasione di gala così importante, è un po' come la prima alla Scala, a cui anche il più sinistrorso dei contestatori non potrà dire di non esserci stato! "U5b3 Iberia e Sardegna legami linguistici, archeologici e genetici dal mesolitico alla tarda età del bronzo", hai capito, non stiamo mica parlando di badiale raccolta differenziata, qui c'è veramente qualcosa di importante e di che inuzzolire il palato.  Che peccato, che occasione perduta, non esserci stati, pensate mi volevano invitare, ma non mi hanno invitato, perché "avrebbero sicuramente distrutto le mie tesi e ridimensionato il mio Io ipertrofico", e probabilmente cuoricini come sono, hanno voluto che non venissi perturbato nell'errore, come mi suggerisce il mio spirito alato a nome Illiricheddu, che era preso in esami e non è potuto intervenire. Per cui richiamandolo dalle sue solite sollecitazioni, ora che ha tempo, lascerò a lui, a breve, esprimersi, ché ne sa più di me, e proprio sul golostri. Guarda te!



sabato 7 luglio 2012

Sardi e Shardana: Le ragioni dell’identità e la questione di El Ahwat

di Giovanni Ugas
A metà del mese scorso, Giovanni Ugas ha parlato  in Israele del ruolo degli Shardana del Vicino Oriente e della identificazione degli Shardana coi Sardi.
La relazione (El Ahwat Shardana and Sardinia) è stata svolta in un convegno promosso dalla Università di Haifa. Quello che segue è il testo in italiano della relazione del dottor Ugas.
Prima di iniziare, ringrazio il prof. Avraham Ronen e il prof. Adam Zertal  per l’invito a partecipare a questo convegno nella bella e panoramica sede dell’Università di Haifa. Questo invito mi  richiama l’indimenticabile esperienza di scavo di el Ahwat vissuta nel 1997 e nel 2000 insieme ai miei allievi dell’Università degli Studi di Cagliari e ai validi collaboratori di Zertal, Dror Ben Yosef, Nirit Lavie Alon, Raphael Kimchi, Amit Romano, Oren Cohen e Avi Sa’id. Allo stesso modo, non posso scordare la gentilezza e l’accoglienza di tanti  altri studiosi israeliani  a cominciare dal compianto prof.  Michael Heltzer.
Finora sono decisamente limitate le ricerche sul terreno che hanno portato a individuare le tracce degli Shardana nel Vicino Oriente. Ricordo quelle di Moshè Dothan e di Jonathan Tubb. Non so se Adam Zertal avesse l’obiettivo di trovare a el Ahwat  un insediamento degli Shardana, certo è che la sua indagine ha aperto una nuova strada investigativa sul  campo che si innesta sull’antico percorso teorico avviato da De Rougée e da Chabas, quello dell’origine occidentale degli Shardana, troppo affrettatamente messo in disparte dall’archeologia e dalla storiografia dopo gli studi del Maspero. Con questo intervento, che procede lungo un analogo orientamento, intendo riproporre molto rapidamente il mio pensiero sulle problematiche dell’origine degli Shardana, sui loro possedimenti nel Vicino Oriente e sul significato di El Ahwat. [sighi a lèghere]

venerdì 6 luglio 2012

Arzana e quel reportage con aggettivi eccessivi

di Vittorio Sella
Ci sono pregiudizi duri a morire nel circuito della informazione che si occupa di banditi e banditismi. Spesso si cade nell'errore di abbinare il giudizio negativo sul  racconto delle imprese del fuorilegge al paese in cui è nato il bandito. In questo modo viene coinvolta l'intera comunità condannata a subire un'ondata di luoghi comuni in chiave spregiativa. Ma c'è anche chi si spinge più a fondo, va oltre l'aspetto del vivere sociale della collettività-paese ed equipara l'assetto urbanistico de centro abitato alla forma dell'arma usata dal bandito al centro delle cronache.
Nel recente passato un paese del nuorese, martoriato da una criminosità elevata, è stato equiparato alla forma di una pistola. Qualche giorno fa ad un paese dell'Ogliastra è toccato scoprire che  l'assetto urbanistico del  proprio centro abitato assomiglia alla forma del fucile. Poche righe leggibili all'interno di un ampio reportage pubblicato a cura di Attilio Bolzoni  nell'inserto La Domenica di Repubblica con il commento dello scrittore sardo Marcello Fois. Al centro dell'ampio servizio giornalistico ci sono le vicende di Attilio Cubeddu, definito l'ultimo bandito.
Fatti di cronaca nera che i quotidiani  sardi hanno più volte messo in risalto. Ma in questa occasione ciò che colpisce è l'aggettivazione  che  Attilio Bolzoni seleziona per offrire al lettore domenicale un quadro della comunità di Arzana, paese dove Attilio Cubeddu è nato. Ogni  aggettivo è un giudizio senza appello in attesa dell'uscita di scena dell'ultimo bandito di Arzana “paese con il destino segnato” e “con il marchio ignobile”. L'affondo è leggibile qualche riga prima, quando è descritta la forma urbanistica di Arzana, simile “alla forma di un fucile” secondo le parole che  Attilio Bolzoni scrive di aver “raccolto da un amico sardo”.
E cosi le ha riportate senza quello spirito critico che negli anni '60 e '70 del secolo scorso animava la schiera degli inviati speciali che si precipitavano in Sardegna per narrare vicende di banditismo, di sequestri di persone, di sottosviluppo e ansie di rinascita. Gli inviati di quella generazione, prima di scrivere, bussavano alle porte degli storici, degli antropologi, dei giuristi e dei grandi avvocati. In molti vi era la voglia di capire, di andare  oltre le misure repressive, ad eccezione di qualcuno, speciale al contrario, favorevole alla soluzione finale come mi era capitato di leggere in un settimanale di vasta diffusione.
Parole che avevano l'effetto di contribuire a far salire la febbre alta nel corpo in sofferenza della società sarda. Da giovane studente liceale ne soffrivo perché avvertivo l'assenza di orizzonti e di futuro. Ora che so i confini tra i fatti delle cronaca e le opinioni non riesco a giustificare quella sequenza di aggettivi sulla popolazione arzanese. Che trovo sotto processo in attesa di appello.



giovedì 5 luglio 2012

Sardi e colpevoli per definizione

La notizia è passata quasi inosservata. Ne ha parlato, in una pagina interna, L’Unione sarda. Ed è un peccato, perché il rinvio a giudizio di tre sardi a Varese innova la Costituzione italiana e la convenzione europea di Shengen. L’una assicura che “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” senza che – pare di capire – gli spostamenti costituiscano indizio di reato. La seconda salvaguarda la libertà di circolazione dei cittadini europei, compresi i sardi; anche in questo caso – ma forse si tratta di una mia impressione – non prevedendo che trovarsi a Nizza anziché a Oliena sia di per se un indizio di malaffare.
Così non la pensano il Gip di Varese né il Tribunale della libertà della stessa città. Tre sardi, uno di Fonni e due di Oliena, sono in galera da sette mesi perché sospettati di detenzione di una pistola. Gli indizi di colpevolezza, scrive il Gip, sono “gravi” e fra questi c’è “la comune origine degli indagati” e “l’assenza di legami degli stessi con il territorio della provincia di Varese che ne giustifichino la permanenza in loco”. A confermare la sensazione che ci si trovi davanti a una scuola di pensiero giuridico-costituzionale innovativa, c’è la sentenza del Tribunale della libertà: “Ad ulteriore elemento a carico è costituito dalla loro ingiustificata presenza in territorio del tutto differente da quello di loro dimora (tutti in provincia di Nuoro)”.
Alla fine del mese, i tre extra-comunitari visti da Shengen ed extra-italiani visti da Varese, saranno processati da un tribunale che ne dovrà appurare innocenza o colpevolezza. La speranza è l’ultima a soccombere e c’è dunque da sperare che il verdetto non tenga conto dei “gravi indizi di colpevolezza” rintracciati dai magistrati innovativi.

mercoledì 4 luglio 2012

Ed ecco finalmente la parola "Nuraghe". In una scritta a Terralba

di Gigi Sanna

Caro Gianfranco, lo si voglia o non, le testimonianze sulla documentazione nuragica continuano al ritmo che tutti vedono (ma non completamente) dalla frequenza dei post specifici nel tuo blog (io ormai non li conto più). Taluni possono ignorare e restare scettici ad oltranza, altri storcere il naso per inveterati pregiudizi. E mi sta bene, perché fa parte del gioco della ricerca. Altri possono ancora fare gli ipocriti, disprezzare, screditare, persino calunniare. E questo naturalmente non mi sta affatto bene. Qualcuno però (cosa pensare se non alla paura per ciò che di nuovo sta emergendo?), come ognuno può vedere, si sta spingendo sino alla (insistente) azione criminale e alla pura follia di condotta. E questo ritengo che non stia bene, non solo al sottoscritto ma alla civile convivenza.
La scritta di Terralba



Comunque, insisto nel dire che il tempo così scelleratamente impiegato sarà ancora perso e produrrà solo l'allargarsi di una macchia, sempre più vistosa, circa la deontologia professionale, che già sta travolgendo e travolgerà nell'immediato, senza scampo, una certa (ma i nomi sono sempre quelli!) archeologia inconcludente, incapace di fare vera ricerca, intollerante e cocciuta nel porre e riproporre fradici paletti del cosiddetto 'consolidato'. Di costoro il sottoscritto ed altri ancora (lo hanno detto, scritto e sottolineato in mille salse) non si curano per il cosiddetto 'riconoscimento' (la frase regolare è: non ce ne frega nulla!); ma di costoro si curano certamente per la cattiveria estrema che ha l'unico scopo di creare un clima sempre più pesante al fine di ostacolare ciò che è vano ostacolare.
In ragione di ciò ti mando ancora un documento della 'scrittura' dei sardi dell'età del bronzo (certamente uno dei più interessanti, come potrai vedere) per dare testimonianza e prova che non si può nascondere in nessun modo o tentare di annullare quello che emerge ormai, a ritmo continuo, da 15 anni e più. Due o tre anni fa in una discussione accesissima sulla scrittura nuragica uno scettico aveva affermato, grosso modo: se, come credo, tutto è una bufala, così come per il mito di Atlantide sarda, la cosa inevitabilmente si sgonfierà. Ora, l'osservazione era giusta o relativamente giusta (le prove solo 'indiziarie' di Frau non sono le prove 'oggettive', sperimentabili della scrittura!), ma si dà il caso che nulla da allora si sia sgonfiato. Anzi! Riteniamo che il seguente post sulla documentazione, che segue a tanti altri (e anticipa quelli che verranno nei prossimi giorni e mesi), ne sia una validissima prova. [sighi a lèghere]