venerdì 17 febbraio 2012

Grazie dei fior


di Francu Pilloni

Questa mattina a scuola non potevo far finta di nulla e ignorare il fatto del giorno:
Ragazzi – ho chiesto – alzi la mano chi non ha visto il festival.
Stigazzi! - ho pensato senza dirlo (non mi pagano per far ridere e poi questa è una scuola pubblica dove non si paga il biglietto per entrare) – siamo al 96% di share, solo una mano alzata su 25.
Perché non l’hai visto? – spero che non mi risponda che sono privi di tv. Lo guarderebbero come hanno guardato la bambina room, forse anche peggio perché gli zingari guardano tutti la tv satellitare. Si accorgerebbero che il bambino è povero, che ha il padre disoccupato, cose che io so senza averle chieste, perché vedo la mattina chi esce dal suv e chi da sotto l’ombrello del papà. Si appura invece che di tv ne hanno due, perché ha visto la partita col papà.
Una canzone – dico in tono professionale – si distingue per il testo, la musica e l’interprete. Il testo è come una poesia, è scritto come le poesie, a volte è bello quanto una poesia. Vediamo il testo della vincitrice.
Mi guardano come un terzino che ha subito un tunnel, ma io sono alla lavagna a scrivere Grazie dei fior.
Se uno ringrazia per i fiori, due cose saltano agli occhi. – dico subito – La prima: chi li riceve è una persona ben educata. Nina, cosa dici a tua nonna quando ti regala qualcosa?
Grazie, – risponde alzandosi in piedi – sempre grazie devo dire, altrimenti borbotta No mi naras mancu grazia?
Mi pare il minimo, - sentenzio, giusto per mettere una pietra miliare sulla via di ciascuno nel buon comportamento. Penso che oggi sono più stupido del solito, ma vado avanti - La seconda è che la persona è viva. In che occasione si regalano i fiori? Per la promozione, per il compleanno, per la festa della mamma, per San Valentino, per … sì, per tante altre occasioni, come ad esempio anche il funerale. Qualcuno di voi ha visto o sentito di un morto dire Grazie dei fior? Dunque, si tratta di una persona viva. Un morto è morto proprio per questo: non ringrazia, neppure li guarda i fiori ma resta impassibile e non starnutisce, anche se da vivo era stato allergico.
Mi volto alla lavagna e scrivo: ad uno ad uno li ho riconosciuti.
Vuol dire – mi anticipa Serena – che conosce bene i fiori e ha detto questa è una rosa, questa un’orchidea, questa una camelia…
Camelia, eh? Oppure – approfondisco io – che li conosce ancora meglio: questa rosa rossa è come quella del giardino qui all’angolo, il giglio è uguale a quello che cresce sul muro dei Porcu, la passiflora è identica a quella del muro di cinta dell’asilo. Oppure?
Oppure che riconosce chi glieli ha mandati, – arguisce Silvana, sempre con i piedi per terra – dal bigliettino.
Mi han fatto male, eppure li ho graditi: ecco, questo male: si parla di allergia, di punture alle dita o di cos’altro? – chiedo senza voltarmi e aggiungo: Son rose rosse e parlano d’amore. Ora – dico – sappiamo quale mazzo di fiori ha riconosciuto, ma non siamo sicuri che tutti i mazzi fossero di rose, e nel caso, che fossero tutte rosse. Possiamo supporre come possibile che ci fossero svariati tipi di fiori e, fra essi, diversi tipi di rosa?
Entra signora Peppina, la vecchia bidella. Guarda la lavagna e si esalta: Quella sì che era una canzone! La prima che ha vinto a Sanremo, più di 50 anni fa. Ero bambina io!
Il silenzio si concretizza perché tutti si guardano, ma nessuno parla. Signora Peppina ha portato la mano davanti alla bocca: Boccaccia mia… – pensa, si vorrebbe nascondere tutta dietro la mano.
Maestro, - Gianluca non soffre di sindrome di inadeguatezza – le dobbiamo studiare tutte a memoria? Anche Celentano? – aggiunge con tono di supplica come a chiedere: no, Celentano no!
Celentano? – chiedo sovrappensiero.
Sì, - insiste Gianluca – ieri c’era Celentano. Ha detto di chiudere le guerre e smetterla con i giornali.
Ma tu hai visto Zelig o … o…  - Non riesco a terminare perché cresce il coro: sì, sì, c’era Celentano.
A questo punto ricordo che dai banchi della maggioranza parlamentare è salito l’invito per gli insegnanti a non parlare di politica nella scuola pubblica. Perciò dico: di questo argomento, ciascuno me ne scrive tre pagine a casa. Per domani. So di aver messo in croce le mamme a dover scegliere cosa sì e cosa non è degno di entrare a scuola. Forse che le famiglie non devono collaborare per la crescita dei figli?
Il dopofestival è più greve del festival. A nessuno poi importa lo share.

giovedì 16 febbraio 2012

Il mio "Grande inganno"

Capita di non aver voglia di scrivere cose. E, come oggi, di rimandare gli amici di questo blog a cose già scritte, come questo mio romanzo fresco fresco di uscita: "Il grande inganno", edito da Condaghes come altri dei miei libri.


17 marzo 1861: il giorno del grande inganno! L'atteso passaggio del Regno di Sardegna in Regno d'Italia non avviene nonostante il disegno di legge fosse pronto. Centocinquant'anni dopo, tra le celebrazioni e le contestazioni contro lo Stato unitario, gli storici negano che un siffatto passaggio legislativo fosse mai stato predisposto. Sarà un giovane studioso a scoprire che il mancato mutamento fu dovuto all'interferenza dello Stato Pontificio...
Nell'anno 2011 a Firenze - capitale della Repubblica di Sardegna - il giovane studioso Austinu Moro scopre come nel lontano 17 marzo 1861 le trame dello Stato della Chiesa fanno fallire il sogno di politici e di élites intellettuali di cancellare il Regno sardo e far nascere quello italiano. A guidarlo nella ricerca è non solo il relatore della sua tesi ma soprattutto il diario del suo trisavolo e omonimo, sbarcato a Torino, allora capitale del Regno, come insegnante. 
Nel marzo del 1861, quando il parlamento subalpino stava per trasformare lo Stato sardo in Stato italiano, il Regno di Sardegna in Regno d´Italia, Vittorio Emanuele II re di Sardegna in re d´Italia, lo Stato Pontificio intervenne per cambiare il corso della Storia. La grave ingerenza di uno Stato estero negli affari interni della Sardegna influenzò le scelte dei suoi rappresentanti politici. Lo Stato continuò a essere sardo e non italiano non per libera scelta, ma per l'irresistibile ricatto di una potenza straniera. 
Un romanzo di fantapolitica che ci fa riflettere sugli avvenimenti storici che hanno determinato l´Unità d'Italia
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E' già nelle librerie sarde e si trova anche in Internet a questo indirizzo

martedì 14 febbraio 2012

I tappi di Coca Cola al tempo dei Nuraghi

Nella scelta di una metafora per farsi capire meglio si corre spesso il rischio di svelare retropensieri che, in quanto tali, si desidererebbe lasciare nascosti. E' capitato al dottor Momo Zucca che su L'Unione sarda di oggi commenta la sentenza di assoluzione di Gigi Sanna e di Silvio Pulixi. Criticando la disposizione di legge secondo cui è tassativo denunciare entro 24 ore il ritrovamento di un reperto, l'archeologo scrive: "Nell'attuale concezione dell'archeologia globale le cose in superficie sono analizzate tipologicamente, come nel caso di mollette in plastica o tappi della Coca cola. Ma questi non possono considerarsi bene archeologici".
Eccoci qui. I pedini di bronzo come i tappi di Coca Cola. I suoi colleghi Usai e Salvi avevano già detto più o meno la stessa cosa quando furono sentiti dal giudice: quella roba era antica ma priva di valore storico culturale. En passant, Momo Zucca concede che i piedini possano essere "presumibilmente un frammento miniaturistico di una figurina nuragica" e quindi, se le parole hanno un senso, un reperto antico di un qualche valore. Salvo poi abbandonarsi alla irritante metafora del tappo di Coca Cola.
Ha più volte scritto su questo blog Gigi Sanna che quei piedini sono un piccolo capolavoro dell'arte miniaturistica nuragica. Usai e Salvi lo negavo, starei per dire naturalmente e in osservanza al primo comandamento del Vero Archeologo: non ammetterai mai che possa fare ritrovamenti interessanti chi non appartiene alla Congregazione di Santa Accademia. Momo Zucca non lo esclude: presumibilmente è così. E noi? Sì, dico, noi gente che vorrebbe conoscere le cose fuori delle sciocche guerre di religione dei funzionari della Soprintendenza archeologica? Che cosa possiamo aspettarci da chi non teme neppure il ridicolo?
La esagitata e piena di fiele denuncia della soprintendente Lo Schiavo era già di per sé esemplificativa di una concezione propietaria del bene culturale. Ora si apprende dai giornali che suoi sottoposti, Usai e Salvi, hanno cercato di dimostrare come quello commesso da Sanna e Pulixi era un reato da incompetenti (nascondere il ritrovamento di un oggetto di nessun valore storico culturale). Non solo criminali, insomma, ma anche ignoranti. Credo che una lettura attenta della sentenza del Tribunale di Oristano darà altre sorprese. Varrà la pena leggerla con attenzione.

lunedì 13 febbraio 2012

Assolto Gigi Sanna, sconfessata la Soprintendenza

La denuncia della dr Lo Schiavo
Gigi Sanna e l'editore Silvio Pulixi sono stati assolti oggi dal Tribunale di Oristano dall'accusa formulata dalla soprintendente di Sassari Fulvia Lo Schiavo di aver denunciato con colpevole ritardo la scoperta, nella spiaggia di Maimoni di Cabras, dei piedini di un micro bronzetto. Quello che è riprodotto negli articoli che al fatto questo blog ha dedicato. Entrambi sono stati assolti, a quasi tre anni dal ritrovamento, perché il fatto non sussiste. Secondo il giudice, Sanna e Pulixi, hanno consegnato in ritardo il piccolo reperto perché non volevano essere ingannati dall'apparenza e prendere fischi per fiaschi.
Avremo modo di riparlare della decisione del Tribunale oristanese che, se riconosce la buona fede degli imputati fa fare una pessima figura alla Soprintendenza archeologica. Si può dire che la dottoressa Lo Schiavo, sapendo della tardiva denuncia fatta da Sanna e Pulixi, ha compiuto un atto dovuto. Ma un atto dovuto non può essere assortito alla mole industriale di ingiurie e di malevoli sospetti avanzati nei confronti soprattutto di Gigi Sanna. Basti leggere il testo della denuncia che la dottoressa Lo Schiavo, a nome della Soprintendenza archeologica di Sassari, ha fatto al nucleo dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale di Li Punti.

I deisti di Tuvixeddu


L'innamoramento della società dei migliori per il suo giovane idolo, Massimo Zedda, è in crisi. Il sindaco di Cagliari è sospettato di cedimento alla seduzione del mattone da una parte dei migliori. Il forte sospetto che Zedda, sindaco di una città impura, sia un impuro è stato avanzato da uno dei più ascoltati deisti di quella parte, lo scrittore Giorgio Todde che su La Nuova Sardegna scrive che “Cagliari non cambia la pasta di cui è fatta. E forse non la cambierà mai”. La pasta è quella di una città fondata sul cemento e – secondo Todde – il giovane sindaco era stato investito dalla società dei migliori della missione di far prevalere l'urbanistica sull'edilizia, di far vincere il verde di modo “che i viali sarebbero stati ombrosi, i centri storici restaurati e rispettati. Invece una delibera di giunta, di questa giunta, ci toglie ogni ingenua illusione”.
Che cosa sia successo di tanto grave è facile intuire se solo si pensi che Cagliari ospita Tuvixeddu e Tuvumannu, la necropoli punica che non solo è la più importante del Mediterraneo ma è, soprattutto, al centro degli appetiti edificatori di una grande impresa di costruzioni. La giunta Zedda propone come unica fascia di tutela integrale l'area gravata dal vincolo archeologico, consentendo le costruzioni al di fuori della necropoli e del cosiddetto catino. Praticamente – mi par di capire – anche i migliori, o diciamo gli ex migliori, fra l'invettiva anticapitalista e la legge decidono di scegliere questa. Quella di Tuvixeddu e dei progetti edilizi intorno ad essa è una storia annosa, disseminata di sentenze, ricorsi, altre sentenze e altri ricorsi. Una vicenda assai complessa che solo sacerdoti della Dea Ragione come Todde, Italia nostra e altri fondamentalisti pensano di poter tagliare con la scure. Zac, il bene qui, il male là: un déjà vu per cui il bene sta a sinistra, il male a destra (e, secondo i casi, al centro), con gente come me, né si destra né di sinistra né di centro – politicamente parlando – nel limbo ad osservare. Leggetevi l'articolo del giurista di sinistra Andrea Pubusa, capirete come le cose non siano così semplici.

domenica 12 febbraio 2012

L'alfabeto nuragico. Aggiornamento (al 2011): poche le sorprese



di Franco Tabacco
di Gigi Sanna


Caro Gianfranco,  ti mando, dietro richiesta di alcuni amici e di alcune persone che mi hanno sollecitato a presentarlo  (soprattutto in seguito all'annuncio della 'definizione' del codice simbolico sardo, presentato con la 'griglia di Sassari), l'aggiornamento, con alcune brevi considerazioni, dell'alfabeto nuragico. Con la presente tabella, alcuni segni si aggiungono a quelli del 2008. Sono i simboli fonetici (i significanti, pittografici e non) che sono emersi in seguito alle scoperte recenti che hanno riguardato non pochi documenti.
Te lo mando anche perché è stato definito e reso noto sia il programma sia il calendario del Terzo Corso di Epigrafia nuragica che avrà inizio in Oristano, presso la Facoltà di Scienze Religiose, il giorno 8 di Marzo. Con le tabelle di questo post i corsisti avranno modo di avere aggiornati in anticipo, con minore spreco di tempo durante le lezioni, propedeutiche e non, quei dati che sono già in loro possesso (tramite gli appunti e le dispense dei due corsi precedenti) ma che risultano, per così dire, un po' invecchiati (come del resto denuncia la stessa attività informativa di questo Blog)... [sighi a lèghere]

venerdì 10 febbraio 2012

Una spada per Lilliu


di DedaloNur

Alcune settimane fa, nella teca n. 24 del Museo Sanna dedicata al nuraghe Tertenia, ho notato una spada Iroxi. Questa spada non è menzionata in alcun articolo, studio, notiziario, da me fin qui consultati; da qui la mia immediata curiosità per l'oggetto. Si tratta dunque, almeno per quanto sappia il sottoscritto, di un ulteriore rinvenimento rispetto alle spade finora studiate e pubblicate, per far due nomi, da Ugas e dalla Lo Schiavo. Per tentare di saperne di più, ho aperto una discussione nel Forum Paradisola, nella quale un gentilissimo utente ha confermato come la spada non sia nominata in alcun modo negli articoli sulle campagne di scavo al Nuraghe Tertenia effettuati dalla Dott.ssa Basoli come pure non è nominato il c.d. “Vaso distillatore”. D'altronde il Prof. Ugas, contattato da P. L. Montalbano ha confermato come la spada sia in tutta evidenza una Iroxi. Si attendono informazioni dal museo. La Lo Schiavo senz'altro è all'oscuro del rinvenimento, perché nella guidina Delfino sul Museo Sanna da lei curata e datata 1991, descrive sì i reperti della teca n.24, ma non cita alcuna spada.
Dunque a far data dal 1991, la spada non doveva essere ancora esposta, altrimenti difficilmente sarebbe sfuggita alla ricercatrice. La stessa, nel suo recentissimo saggio sui lingotti oxide del Mediterraneo centrale, v'è un apposito paragrafo dedicato al Nuraghe Tertenia: niente da fare anche lì, la spada continua ad essere ostracizzata dalla letteratura. Visti i precedenti, difficilmente quella spada potrebbe provenire da un sito nuragico: sia esso un nuraghe, una tomba dei giganti o un pozzo sacro. Le precedenti spade, sarà già noto a tutti qua dentro, furono rinvenute tutte in contesti Bonnannaro del Bronzo Antico. La spada di Maracalagonis, forse in una allée couverte; le altre nel famoso ipogeo Iroxi. Quella del Museo Sanna è la prima spada di tal tipo ad esser stata rinvenuta, ad oggi, nella Sardegna centrale: essa allarga dunque il quadro di conoscenze sulla cultura Bonnannaro e dunque sulle prime fasi di vita del mondo Nuragico. E conferma molto bene, infine, una vecchia intuizione di Lilliu: quella sul carattere guerresco della cultura Bonnannaro e dunque della civiltà nuragica di cui essa è figlia.
Inoltre, come qui diceva l'archeologo Castangia: “le spade di S.Iroxi assieme alle spade di El Argar sono le uniche spade del Bronzo Antico europeo. Nel resto dell'Europa la spada, come oggetto arriva nel Bronzo Medio più o meno dappertutto. Quale delle due sia precedente è da vedersi, vari ritengono quelle sarde, ma di sicuro non c'è nulla di orientale nella cosa, almeno che io sappia al momento.” Per quel che valga la mia opinione, documentandomi meglio, ho potuto constatare come in effetti Castangia abbia ragione e non solo. Per quanto sempre io, ho potuto riscontrare - e sono ben accette informazioni più esatte ancorchè contrarie in tal senso - le Spade El Argar sembran più recenti di quelle nuragiche: si datano infatti dal 1600 a.C. in poi. Queste considerazioni non vogliono essere attestazioni di primati sardi: nessuno vince la coppa dei campioni, per la spada più antica. 
Però servono molto bene a sottolineare il grandissimo valore di queste spade per la storia sarda e dell'Europea occidentale. Non intendo e non mi permetto di criticare il lavoro di nessuno: del resto in ogni lavoro vi può esser qualcosa che vada storto. È nota purtroppo la tendenza a scavare e a non pubblicare il rinvenuto, e tale tendenza, è altrettanto arcinoto, riguarda l'Italia, non solo la Sardegna. Il sistema impedisce al singolo di far puntualmente il suo dovere. Questo mi pare sia il caso. Ma a fronte dell'importanza del reperto, non sarò dunque criticato, almeno spero, nel dire che il mancato studio della spada sia un enorme spreco e dunque un danno. Sono quindi ben accetti consigli utili per ottenere informazioni al riguardo, di qualsiasi genere esse siano. Dalle eventuali notizie di scavi a Tertenia, restituzione di oggetti trafugati alla segnalazione di siti Bonnannaro noti in letteratura nei quali, a rigor di logica la spada potrebbe esser stata rinvenuta, e ovviamente la segnalazione delle segnalazioni: che la spada è già stata pubblicata, studiata, e che il sottoscritto è semplicemente un ignorante.