Magari di Maria Coscia e di Paola Frassinetti, la
prima del Pd, la seconda del Pdl, non resteranno grandi tracce negli annali del
Parlamento italiano, ma una menzione sicuramente l’avranno. L’idea di far
studiare a scuola l’inno di Mameli, insieme alla Divina Commedia, al Canto
notturno del pastore errante e al Canzoniere,
è loro. E niente meno che la Commissione cultura della Camera l’ha fatta
propria, dopo che generazioni di parlamentari avevano anteposto il pudore alla
tentazione di mostrare il proprio patriottismo con strumenti di retorica
patriottarda.
Non è detto che la legge Coscia-Frassineti sia
approvata prima della fine della legislatura, forse saranno individuate altre
urgenze. Certo è che lo spettacolo di Roberto Chauvin Benigni, quello che aveva
dato patria italiana a Scipione l’Africano, ricordate?, ha fatto scuola, anche
grazie agli elogi sperticati fatti da gente che, pure, ha mostrato in altre
occasioni di avere una cultura non banale. La sua esegesi di quei versi tronfi e
ridondanti ampollosità sarà la guida alla lettura e allo studio a memoria della
schiava di Roma che Iddio la creò? Credo – sono anzi sicuro – che gran parte
degli insegnanti avranno quel po’ di decenza necessaria a insegnare ai loro
discenti che versi come “I bimbi d'Italia /
Si chiaman Balilla”
o “Stringiamci a coorte /
Siam pronti alla morte” è meglio
dimenticarli che esaltarli.
I
rappresentanti del Sud Tirolo hanno chiesto e ottenuto che gli studenti della loro
nazionalità siano esentati dall’obbligo di studiare i versi dell’inno. Non mi
pare di aver saputo che analoga richiesta sia stata fatta dai rappresentanti
della Sardegna. C’è sempre tempo per rimediare a quel che pare una vendetta per
aver, la Sardegna, dato i natali al padre di Goffredo.
8 commenti:
Beh i Sudtirolesi sono stati conquistati nel pacchetto che ci ha dato il Trentino, sfilandoli all'Austria-UNgheria. Secondariemente dal '45 hanno un forte partito autonomista che ha lavorato per mantenere vive le tradizioni locali e far crescere la locale economia; terzo se lì si votasse per andarsene liberi o tornare all'Austria, quelli vincerebbero. Ecco tutte queste condizioni per la Sardegna non ce le vedo. Indi l'inno di Mameli, che ahimè viene impartito nelle scuole (insieme alla cattolica religio), insieme alla bandiera va visto come lultinmo appiglio di un'identità che non essendosi mai realizzata, sta di fatto per venire meno. Lei davvero crede che fra cinquant'anni si parlerà ancora di Italia e di Europa? S'aggrappano a segni vuoti perché vuota è la loro mente.
Aggiungerei che il Sud Tirolo di oggi è il frutto di accordi internazionali garantiti dall'Onu che solo recentemente (durante il governo Prodi) ha smesso di tenere sotto controllo l'Italia. D'accordo con quel che lei scrive, dunque: non confondo i poteri dei sud tirolesi con i nostri. Il problema è che la politica sarda neppure si è accorta che, comunque, era in discussione quella legge che, convengo con lei, è un tentativo di evocare una identità mai realizzata. E che, comunque, si vuol sovrapporre ad identità reali, fra cui anche la sarda. Per quel che serve, il mio è un invito a farla valere.
Su chi si insinnat in iscola, si tenet valore, siat isse Dante o Leopardi, non benit mai leadu a giogu, forsis est pagu istudiadu o istudiadu a mala gana; a bortas però unu torrat a lèghere a mannu cussos versos immortales, ca tenent valore.
Su chi non tenet valore, benit leadu a giogu, istudiadu comente faghent sas monincas e mai prus torradu a lèghere, ca non balet a nudda. E in prus si tratat de nche frundire su tempus. A mannos però podent cantare totu paris, finas dae domo issoro, in antis de su cumintzu de una partida de fùbalu. Giagu Ledda
Caro Gianfranco, la verità è che l'Inno di Mameli lo insegnano già alle scuole materne... Mia figlia di quattro anni lo sa a memoria, insieme a "Dimonios" ovviamente!
Caro Vito, immagino non ti sfuggirà la differenza fra l'iniziativa di un insegnante e un obbligo di Stato. E che non si possa equiparare un "inno nazionale" e una canzone che, pur seducente, canta "s'onore de s'Italia e de Saldigna" e che, insomma, è solo un po' meno bolsamente nazionalista.
propongo l'insegnamento de "l'avvelenata" di Francesco Guccini che, fra l'altro, potrebbe sostituire egregiamente l'inno nazionale, visto come vanno le cose...
Sì Gianfranco, hai ragione. Questo appigliarsi agli inni, alle bandiere è chiaramente reazionario, in un momento in cui i valori che servirebbero sarebbero altri.
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