sabato 18 ottobre 2008

Mettiamo i puntini sulle i...

di Andrea Lai

Caro Gianfranco,
qualche piccola puntualizzazione.
Per la ricerca sociolinguistica della RAS, affermano di SAPER PARLARE una varietà locale (non solo il sardo) il 68,3% degli intervistati. Quelli che poi dicono di FARLO REALMENTE sono molti di meno: per es., coi figli dice di farlo il 16% ca. (col tabarchino siamo sopra al 50%: ben più vivace del sardo!).
Questi dati sono in linea coi dati ISTAT del 2006: in Italia il 45,5% degli intervistati dice di usare in famiglia solo o prevalentemente l'italiano. Prendendo il dato disaggregato per regioni, in Sardegna si sale al 52,5%. La famiglia, si sa, è il luogo in cui il "dialetto" è più parlato: se più della metà degli intervistati dice di usare in famiglia l'italiano qualcosa vorrà dire (nello stesso ambito dice di usare il dialetto o un'altra lingua meno del 15% dei coinvolti). Si può confrontare con la Calabria, o il Veneto: qui, rispettivamente, solo il 20,4% e il 23,6 degli intervistati dice di usare solo o prevalentemente l'italiano (il 31,3%% e il 38,9% il dialetto).
Mi permetto di puntualizzare perché altrimenti sembra che in Sardegna sono più quelli che parlano in sardo di quelli che parlano in italiano, il che non giova certo alla causa del sardo.
Sulla Gelmini, poi ci sarebbe da discutere, ma su altre basi. Ciao.

1 commento:

sardus filius ha detto...

Ciao Andrea,
mettendo "i puntini" sulle "i" si potrebbe pure pensare di ragionare sui dati della ricerca finanziata con i fondi della Regione, se non fosse che pare non siano più attendibili perchè manipolati da "un salame di grana fine" (all'ungherese), aggiustati "a dovere" per dimostrare non so bene quale tesi o teoria di "sociologia linguistica", un corso di studi nella solita, triste facoltà, di "scienze delle merendine".
Sarebbe potuto essere interessante, ci si trova invece a ... è frustrante!
Ho letto solo ora questo post, mi si scuserà ma non sono uno che esce molto, navigo ancora con difficoltà e, quando trovo un "approdo sicuro" mi fermo sempre con piacere.
Il luogo dove ancora "il dialetto" è più parlato è ... il bar!
La famiglia non esiste più o se c'è "è virtuale", si sente solo in occasione "della paghetta". Quando ci si riunisce in casa c'è la radio, la televisione, il giornale, i libri, la lavatrice, i piatti da lavare, il telefono che suona, il caffè sulla cucina e il marito (o la moglie) che grida: ci sono anche i depliant degli sconti sulla spesa (quanto sardo? Quanto italiano?); anche i "prodotti sardi", che sono "Genuini per Natura" (con la "G" maiuscola in segno di garanzia), si trovano per lo più etichettati in italiano (con la scusa che "i turisti" non la capirebbero). Quanto sardo parliamo e, se parliamo tanto sardo, com'è che non lo si riesce più a sentire?
Sono pochi i luoghi dove si parla il sardo, stanno crescendo quelli dove si scrive in limba ma, concordo con te, non giova certo alla causa del sardo!!!
Il sardo parla con gli occhi, senza parole comprende e capisce, intuisce che "mettendo i puntini sulle i ..." si potrebbe arrivare fino ... all'inferno. Quando all'inferno non ci vuoi andare, non c'è problema, con molta facilità ti ci mandano loro!!!