Era scontato che gli esclusi prendessero cappello, accampando ragioni di non adeguata visibilità o di mortificazione territoriale. Così come era nelle cose che l'opposizione parlasse di montagna che ha partorito un topolino. Sarebbe stato degno di un chiodo nel muro che gli esclusi dicessero “Va bene, purché sia salvo il bene della Sardegna” e che l'opposizione avesse inventato qualcosa di più originale. Fatto sta che Cappellacci ha formato il suo governo dopo che, in un moto di ribellione contro i fiorentinismi dei partiti, aveva sciolto il vecchio.
Tutto bene? Manco per niente: si è preso molte più ore delle 48 che aveva detto essere necessarie e sufficienti per risolvere la crisi e, quel che è peggio, ha formato una giunta maschilista: neppure una donna fra i dodici assessori. Cosa che, immagino, le elettrici gli vorranno far pagare, quando Cappellacci chiederà loro di rinnovargli il consenso. Due errori politici, la lungaggine e il maschilismo, a cui l'opposizione ha risposto con la richiesta di scioglimento del Consiglio regionale. Un pesante errore, fatto nel mentre il Parlamento sardo discute di sovranità della Sardegna, di revoca del patto costituzionale del 1948, di autodeterminazione del popolo sardo (tutte cose condivise a sinistra e a destra).
Ai due errori politici di Cappellacci, parlamentari e consiglieri regionali del Pd hanno, insomma, risposto nella maniera più incongrua in un momento costituente: chiedendo al presidente della Repubblica di sciogliere il Parlamento sardo. Un atto di gravità eccezionale che suonerebbe inevitabilmente come un alto là alla scrittura della nuova Carta della Sardegna, tanto più grave perché, ne sono convinto, dettato da un riflesso condizionato e non da un disegno politico di alto profilo. Come fanciulli che, non riuscendo ad averla vinta con i compagnetti, chiedono l'intervento del babbo.
Salvo gli assessori riconfermati ed i nuovi su cui sarebbe preconcetto dare un giudizio di valore, Cappellacci ha nominato un assessore che, per la sua militanza nazionalitaria, potrebbe assicurare una direzione intelligente del processo di elaborazione del nuovo Statuto speciale. Mario Floris, ex presidente regionale ed ex presidente del Consiglio, fece propria nel Parlamento sardo il disegno di legge costituzionale firmato e presentato in Senato da Francesco Cossiga. Si trattava di un adattamento alla Sardegna dello Statuto catalano, una provocazione positiva in un momento in cui, si era nel 2002, la politica sarda traccheggiava intorno all'idea di dare qualche aggiustatina allo Statuto del '48.
Vi si parlava, in maniera incerta ma se ne parlava, di Nazione sarda, di bilinguismo, di autogoverno e della proposta si occuparono anche i giornali italiani come di un fatto degno di nota. Successivamente, Cossiga, appoggiò la proposta del Comitato per lo Statuto in una telefonata diffusa nel corso della assemblea di presentazione della proposta. Floris non è indipendentista, come gran parte dei politici sardi, e lo ha dichiarato nel suo intervento nel recente dibattito sulle riforme in Consiglio regionale. La sua idea è quella di un progetto che attraverso lo Statuto e “il patto per il federalismo che dobbiamo contrattare e sottoscrivere con lo Stato prima e con l'intero sistema delle autonomie locali poi, veda riconoscere alla Sardegna e ai sardi quei poteri di autonomia e di indipendenza politica, economica e finanziaria che sono propri di una Repubblica federale”. Un federalismo autentico, insomma, contrattato e non concesso, un compromesso fra una confederazione di entità indipendenti e una autonomia nazionale.
Meno di quel che il diritto internazionale consente alla Sardegna di pretendere, più di quanto l'attuale Costituzione consente. Floris è l'unico, del nuovo governo Cappellacci, che ha ricevuto un riconoscimento da parte dell'opposizione. D'altra parte, il centrodestra ha affermato durante la riunione degli “Stati generali” di qualche giorno fa di aver fatto propria la proposta del Comitato per lo Statuto.
Come dire? Ci sono le condizioni perché esca qualcosa di buono da questa fase costituente apertasi nel nostro Parlamento e, bisogna che così sia, nella società sarda..
2 commenti:
Caro GFP,
e se tu avessi ragione, come a me pare?
Se tu hai visto giusto e davvero "ci sono le condizioni perché esca qualcosa di buono da questa fase costituente apertasi nel nostro Parlamento", comincio a trattenere il respiro.
Quanto può durare però un'apnea?
Non credo che ci spaventi una previsione di settimane o di mesi, dato che il popolo sardo è sopravvissuto sotto il livello della storia per secoli.
Quanto al richiamo al Presidente della Repubblica da parte dei consigieri Pd (che tu stigmatizzi), affinché sciolga il Consiglio Regionale, suppongo che lo abbiano gridato sottovoce perché non lo sentisse.
Farai bene a prenderlo come un rito, un atteggiamento senza spiegazioni logiche che trova la sua giustificazone in su connotu: non si fa così col santo del paese, alla fine della processione, quando i fedeli si avvicinano alla statua, gli sfiorano la veste e gli sussurrano qualcosa, ciascuno il suo?
A sinistra la speranza non è morta finchè in mesu cresia c'è un "nonno" santo da implorare.
Certo che non sta neanche tanto bene se ha dimenticato la parte e aspetta solamente che un deus ex machina ravvivi la scena.
"En attendant Godot"? Dovremmo rileggerlo Beckett e allora, Francu, ci preoccuperemmo del poco fiato a disposizione per una così lunga apnea.
Invidio Gianfranco per il suo obbligato ottimismo. Mi aggrappo alla speranza che abbia ragione.
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