Uno che ponga, come faccio io, la nazione sarda come punto di vista da cui guardare le realtà politica, sociale, culturale e linguistica si fa amici e avversari, come chiunque, del resto, assuma un particolare punto di vista. C'è chi ritiene che ci sia, sul crinale della scelta, una contraddizione primaria fra destra e sinistra, secondo altri la contraddizione primaria è quella della lotta di classe e c'è chi la situa fra indipendenza e autonomia e così via dicendo. Io penso che in Sardegna la più importante contraddizione sia quella nazionale, quella che pone sul crinale la questione nazionale sarda e che consente di tirare una metaforica linea per terra per invitare tutti a schierarsi chi per la piena sovranità della Sardegna, chi per una autonomia controllata dallo Stato italiano.
Entrambi gli schieramenti hanno, naturalmente, piena legittimità e buoni argomenti per sostenere la propria scelta e, anche, elementi solidi per ritenere che la convivenza pacifica fra le due posizioni sia non solo possibile ma irrinunciabile. Il primo ha il dovere di mostrare che la prosperità dei sardi è strettamente legata alla massima espansione possibile dell'autogoverno; il secondo di sostenere che senza un mix di autonomia e centralismo, per la Sardegna non c'è futuro. Non siamo, si capisce, a una scelta radicale fra indipendenza e dipendenza, che in termini di lotta democratica e pacifica si può fare solo con un referendum d'autodeterminazione, siamo dentro una ricerca di compatibilità fra l'unità della Repubblica e il diritto internazionale all'autodeterminazione.
A costo di essere troppo didascalico, vorrei ricordare che esistono, in fatto di diritto all'autodeterminazione, due fonti, entrambe adottate dallo Stato italiano: il patto dell'Onu che non pone limiti a questo diritto di tutti i popoli e l'Atto unico di Helsinki che riconosce tale diritto ma lo combina con quello degli stati alla loro integrità territoriale. Entrambe le strade, almeno fino a quando i due trattati saranno in vigore, sono aperte e sceglierne una piuttosto che l'altra comporta una seria consapevolezza del come stia il popolo sardo in termini di unità, autostima, coraggio istituzionale. Per farla breve, insomma, io sono dell'idea che debba svolgersi all'interno della contraddizione nazionale la scelta, diciamo così, di posizionamento.
Pur essendo della prima metà del secolo scorso, mi ritengo e, anzi, sono un contemporaneo e so benissimo che moltissimi sardi si appassionano allo scontro Belusconi sì-Berlusconi no, come del resto a quelli che lo hanno preceduto: Prodi sì-Prodi no, De Mita sì-De Mita no, scendendo per li rami fino a De Gasperi sì-De Gasperi no. È un nostro sport antico quello di schierarsi con questo o con quel principe in lotta alla Corte di Madrid. Gran parte dei miei amici, in carne ed ossa o solamente telemateci, sono di sinistra e vorrebbero convincermi alla necessità e urgenza di stare con o contro uno dei principi che si guerreggiano alla corte di Roma. Ad alcuni basterebbe una adesione morale al loro progetto di regicidio non cruento; per altri non c'è altra soluzione se non quella del “o con noi o contro di noi”. A tutti rispondo: “Su questo non mi prenderete vivo”, pur essendo disposto a partecipare, con il mio punto di vista, al dibattito su che cosa, dei provvedimenti presi a Roma, convenga o non convenga alla Sardegna o le sia indifferente.
Per dire: mi va benissimo che il governo italiano abbia deciso di dare all'Aquila una dimostrazione del possibile nella ricostruzione post-terremoto, non mi dispero perché il G8 non si è fatto alla Maddalena, sono ovviamente imbufalito alla sola idea che si possa solo pensare di installare una centrale nucleare in Sardegna. Ma francamente la rincorsa a frugare nelle mutande altrui ha per me lo stesso valore delle critiche fatte a Comesichiama Casini e a Gianfranco Fini per i loro divorzi, fatti da cattolici praticanti. Al massimo, al Bar degli amici se ne può sghignazzare fra, naturalmente, i più informati, come per le storie di fellatio di Clinton, delle corna incrociate dei Sarkosy, degli amorazzi di Kennedy, delle scappatelle di François Mitterrand.
Per meglio esprimere che cosa intendo per un punto di vista guida delle scelte, racconto una testimonianza personale. Nel maggio 68, quando De Gaulle sparì per qualche giorno da Parigi, mi ritrovai nella hall dell'Humanité, il quotidiano del Pcf, proprio mentre parlava il segretario Maurice Thorez. “Camarades, la question du pouvoir est maintenant posée”, disse, compagni la questione del potere è ora posta. L'entusiasmo degli astanti, e mio, salì alla stelle. La cose, come si sa, andarono diversamente e vinse De Gaulle. Fu un carissimo amico, anch'egli comunista, messo ai margini perché firmatario del Manifesto dei 121 contro la guerra in Algeria, a farmi riflettere.
Durante quella lotta di liberazione, il Pcf fu sempre schierato contro gli algerini e essendo al potere dopo la guerra mondiale fu parte attivissima nella repressione sanguinosa dei primi sussulti della lotta di liberazione. L'occupazione dell'Algeria e la fine della guerra fu decisa da De Gaulle che, nell'occasione si scontrò, è vero, con la destra ma anche con il Pcf che fino all'ultimo gridò: “Algerie française”. Non amai mai De Gaulle, ma cominciai a prendere le distanze dal Pcf e dai “partiti fratelli” che mai, allora, ne presero le distanze su una questione per me cruciale.
43 commenti:
Credo di aver recepito la metafora esempio del pcf davanti alla guerra in Algeria. Del resto anche il Pci e l sinistra italiana erede di quella tradizione fece sempre dei distinguo tra le varie lotte di liberazione nazionale, che ricevevano la benedizione se erano di sinistra, mentre venivano tacciate di reazionarie se provenivano da ambienti nazionalisti lontani dal marxismo leninismo.
Basti pensare alle posizioni neanche troppo remote di personaggi della sinistra italiana contro la questione tibetana o ai distinguo praticati sulla questione palestinese.
Io credo che l'intervento fatto sulla mia nota in face book http://www.facebook.com/note.php?note_id=127660701172&ref=mf non abbia un intento ideologico, io credo che il "regicidio non cruento" sia una necessità che prescinda dall'ideologia e dalla storica contrapposizione destra e sinistra. Non dobbiamo come indipendentisti o autonomisti temere che la nostra opinione sia considerata di destra o di sinistra solo perchè coincide con una posizione politica della destra o della sinistra italiana. In altre parti del mondo, in Catalogna per esempi dove io vivo e lavoro, gli indipendentisti hanno ben chiaro che la politica spagnola e spagnolista non è un fatto che possa essere ignorato o marginalizzato dal dibattito politico catalano, il buon senso ci dovrebbe portare a pensare che non viviamo dentro bolle di sapone come avveniva negli stati nazionali ottocenteschi, che il mondo di oggi considera le frontiere come qualcosa di relativo, delle semplici linee immaginarie, sempre più esili, tracciate per convenzione. Berlusconi questo lo sa, ma in Sardegna, forse per l'insularità che resta comunque un confine fisico naturale, qualche indipendentista suppone di fare la propria lotta indipendentista a prescindere dalla vita politica dello Stato Italiano culturalmente egemone e dominante. Sarebbe come pretendere di giocare una partita di calcio senza la squadra avversaria. Occuparsi delle questioni italiane non significa disinteressarsi di quelle sarde, significa anzi giocare a tutto campo su un piano locale e su un piano internazionale. Sarei anti berlusconiano anche se fossi di destra, del resto io non mi riconosco ne nella destra ne nella sinistra, ne in quella sarda ne in quella italiana. L'appunto non è rivolto evidentemente a te che in questi anni hai mostrato equilibrio politico nei tuoi giudizi ma a una parte di neo indipendentisti che sono passati dall'immersione totale nella cultura italiana al suo rifiuto totale. Ritengo che la cultura italiana faccia ormai parte del mio bagaglio culturale e che non sia possibile rimuoverla autocensurando le faccende italiane come non rilevanti e non attinenti alla lotta di liberazione nazionale della Sardegna. La cultura italiana mi appartiene almeno quanto quella sarda, quella catalana, quella spagnola e quella francese, del resto sono europeo. Non autocastrerò il mio motivato anti berlusconismo per paura di fare un favore alla sinistra italiana nè tantomeno considero il mio anti berlusconismo un attacco unilaterale alla destra italiana. Contrariamente ai sardisti degli anni settanta e novanta io ho ben chiaro che andare contro una forza politica non significa necessariamente essere alleati di un'altra.
Bisogna davvero ringraziare ZF per il suo intevento: mette davvero voglia di confrontarsi in questo stesso modo pacato, ma stimolante.
Dico anche che sarei completamente d'accordo col lui, se in Italia, a guidare la destra ci fosse, non dico un De Gaulle, ma un Fini.
Allora veramente ci si potrebbe confrontare unicamente su quelli che sono i nostri comuni interessi di sardi (io ho ancora molti problemi con il concetto di nazione: seriamente, non so cosa vuol dire).
Non avrei nessun problema ad avere un confronto aperto con una destra civile e democratica.
Non ho neanche problemi ad ammettere che certe istanze della destra mi sembrano giuste al punto da condividerle.
Ho l'età per sapere che l'adesione a una parte politica è per molti versi soltanto il risultato della particolare storia personale di ciascuno di noi.
E ho l'età per sapere che i galantuomini e i farabutti si trovano sia a destra che a sinistra e anche al centro.
Ma in Sardegna-regione italiana molto più di quanto sarebbe desiderabile-anche in Sardegna a rendere torbida la situazione c'è il fattore Berlusconi.
La democrazia in Italia è pesantemente intralciata dallo strapotere berlusconiano.
Non riconoscerlo, come fa ZF, rende molto difficile qualsiasi dialogo.
Dico difficile e, non a caso, non dico impossibile.
Detto questo, penso che sarebbe davvero magnifico se riuscissimo a discutere di come collocare la Sardegna nuova a cui tendiamo, all'interno dell'Europa e rispetto all'Italia.
Prima si deve, comunque, definire cosa vogliamo raggiungere.
Poi si può discutere di come: maggiore autonomia o indipendenza?
E solo alla fine si potrebbe litigare sul chi deve guidare il processo di emancipazione dei sardi.
Spero che Papi ci liberi presto della sua presenza-in un modo o nell'altro-e che non ci sia più questo fenomeno abberrante a polarizzare tutto e tutti.
Cari Nurra e Bolognesi, non vi pare che sarebbe troppo comodo potersi scegliere l'avversario? Da uomo di centrodestra potrei pretendere di scegliere, non so, fra Bersani e Marino e, perché no, Di Pietro. Con particolare predilizione per quest'ultimo: il suo becerume ci assicurerebbe trent'anni di governo anche senza Berlusconi.
Purtroppo io non posso decidere e così fra qualche mese avremo a che fare con l'intelligenza politica di Bersani. Mi rassegnerò e lo stesso consiglio a voi con Berlusconi per i prossimi quattro anni.
Per mia negligenza, non ho avvertito che in questa discussione non saranno accettati anonimi. Fatto salvo, va da sé, chi già ha scritto
Caro anonimo-qualcosa da nascondere?-io sarei invece felice se gli elettori potesse scegliere davvero! In un paese civile non è possibile controllare la quasi totalità dei media e per di più candidarsi alle elezioni.
L'anomalia di Papi viene tutta da questo imbroglio, cominciato ai tempi del grande statista Craxi.
Chi si ricorda il film di Comencini "Lo scopone scientifico", con Alberto Sordi e Bette Davis?
Mi sembra proprio la metafora della "democrazia" italiana oggi: a uno che ha risorse illimitate basta vincere una volta per schiacciarti.
Se questa è democrazia, io mi chiamo Piersilvio.
Quello che succede in questi mesi, comunque, era prevedibile ed è solo il risultato scontato della detenzione del potere assoluto: flippano tutti!
Da Nerone a Caligola, da Hitler a Stalin, da Mao a Pablo Escobar.
È stato proprio un documentario della BBC su Escobar che mi ha fatto capire che anche con Papi era solo questione di tempo.
Condoglianze anticipate!
Credo che il grande handicap del centro destra italiano e per riflesso del centro destra sardo, ancora incapace di esprimere una sua soggettività autonoma, come avviene per esempio in Catalogna con "Convergencia i Uniò", sia quello di legare incondizionatamente il proprio destino a una persona, l'uomo forte retaggio forse di nostalgie del ventennio.
Se nel centro sinistra italiano manca una leadership forte sfilacciata nell'azione di governo come di opposizione, nel centro destra la coalizione esiste la patologica dipendenza alla leadership berlusconiana, capace di saldare le diverse anime della coalizione.
È vero signor anonimo, per noi sardi non cambia niente, ma sono persuaso che la presenza nella scena politica di un personaggio come Silvio Berlusconi, sia una anomalia per un Paese democratico membro dell'Unione Europea, lo è ormai per sino per un paese dell'America Latina. Non stiamo più parlando della normale dialettica destra sinistra, stiamo parlando di qualcosa che va ben oltre e che dovrebbe iniziare a non riguardare piú l'ideologia politica ma il codice penale. Non è più tollerabile essere governati da personaggi che hanno un così basso senso della legalità.
Caspita quanti argomenti succulenti tutti in uno stesso post... gnam gnam :)
Iniziamo dall'eterno conflitto tra il "diritto all'autodeterminazione dei popoli" ed il diritto degli stati alla loro "integritá territoriale"... io questo contrasto lo posso capire per nazioni come la Spagna con la Catalogna, oppure l'Inghilterra con la Scozia... lí il danno all'integritá territoriale è evidente: Catalogna e Scozia sono prive di reali confini naturali con i rispettivi stati, in piú sono ricche ed il loro distacco rappresenterebbe un'effettiva perdita, ma la Sardegna? Cambierebbero veramente cosí tanto le cose per lo stato italiano se la Sardegna diventasse una nazione indipendente? Cosa perderebbe di concreto? Cosa cambierebbe per i cittadini italiani, nessuno toglierebbe loro il diritto di andare in vacanza in Sardegna o di comprare un appartamento o una casa. Qualcuno è in grado di spiegarmi quale sarebbe l'effettiva perdita per lo stato italiano?
Sul forum di IRS è stato messo il link a questa interessantissima tesi "ASPETTI EVOLUTIVI
DEL PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE
DEI POPOLI"
http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/20080308112302.pdf
Quando avró tempo la leggeró tutta, ma per il momento è interessante leggere quello che dice a pagina 11 dove dice "se un corpo sociale possiede alcuni elementi in comune(lingua,cultura,storia,territorio….)e mostra altresì la volontà di vivere ed essere riconosciuto come popolo,essendo tutti i popoli eguali e spettando loro eguali diritti,non v’è ragione o principio che possa invocarsi per negare ad esso l’autodeterminazione."
Ora sto leggendo la "Storia della Sardegna" di Brigaglia-Mastino-Ortu (in attesa di avere sotto mano qualche testo di Casula... gli ho spedito un'e-mail per chiederglielo, ma magari l'indirizzo che ho trovato era sbagliato, oppure non lo usa piú) e sono arrivato a leggere all'indomani della "(im)perfetta fusione". Siotto Pintor si morde la lingua, si bastona gli zebedei e dice "Poche eccezioni fatte, errammo tutti..."; Federico Fenu "chiedeva" un parlamento autonomo ed una costituzione propria, giustificando tale richiesta con il fatto che siamo una nazione con tanto di "costumi, indole, lingua, storia, posizione geografica" e sosteneva la necessitá di fondare un'unione paritaria tra stati membri, ognuno dotato di una propria rappresentanza ed di un'autonoma capacitá di legiferare. Mi ha colpito poi particolarmente la figura di Giovanni Battista Tuveri (del quale cercheró di recuperare le opere) che prende a modello Svizzera e USA.
170 anni dopo stiamo parlando ancora delle stesse cose, solo che ora il principale problema sembra diventato il mantenimento dell'integritá territoriale della nazione italiana... a me sembra che si siano fatti non pochi passi indietro.
Ma veniamo a Berlusconi, visto, a seconda della prospettiva, come la causa o la soluzione di tutti i problemi dell'Italia. A me vien da ridere, soprattutto pensando al fatto che anche io lo ritenevo la causa dei mali della mia "adorata" Italia e dopo, molto dopo, pure della Sardegna. Non ero neanche piú di tanto influenzato dalla sinistra, mi bastava sentirlo parlare. Gli attacchi scomposti della sinistra, sempre pronta ad abboccare a qualunque esca, mi davano e mi danno fastidio soprattutto per la loro stupiditá.
Ma qua si chiede una destra normale... a me viene da ridere :D
Che destra normale si vuole se la sinistra è ugualmente anormale? La veritá è che lo stato italiano, cosí come è organizzato, è una buffonata, è ridicolo ed io non vedo persona piú adatta di Berlusconi per governarlo e tenerlo insieme. Politici di caratura internazionale come Blair, Tatcher, Zapatero, Obama, Angela Merkel (la penso diversamente da lei su molti argomenti, ma devo dire che mi piace molto come persona e politico) e molti altri non combinerebbero un tubo alla guida dell'Italia. Guardate che ci vuole bravura politica immensa per fare cosí tanto senza cambiare niente o addirittura peggiorando le cose! Il gioco di Prodi è stato troppo scoperto, era veramente troppo evidente il fatto che il suo governo facesse poco e male (malissimo). Berlusconi no, lui, da grande prestigiatore, riesce sempre a distrarre l'attenzione da quello che fa o non fa, non sta mai fermo, trova sempre qualcosa con cui distrarre i polli.
Il discorso dell'anonimo poi mi ha fatto sorridere, perché mi ha ricordato che i vari leader della sinistra (eccetto Prodi) sono stati scelti praticamente con il consenso di Berlusconi. Come dimenticare i reciproci attestati di stima tra lui e D'Alema alla vigilia e all'indomani della caduta del primo governo Prodi; oppure i suoi complimenti a Fassino, indicato come avversario a lui gradito, alla vigilia della sua elezione a segretario; o la sua felicitá al momento della nascita del PD quando diceva addirittura di volere iscriversi... credo che un avversario tanto gradito quanto Veltroni non lo troverá piú. Certo, il suo ruolo gli ha imposto di demolirlo, come anche Franceschini, ma ció non toglie che la destra è unita nel definire Uolter il miglior leader della sinistra dal dopo guerra ad oggi. Visto con un po' piú di distacco è tutto molto divertente.
Heylà! Sento che c'è carne al fuoco in questa discussione ma oggi non ho avuto tempo di leggerla. A presto! Adriano
Adriano, visto che molti di noi ti conoscono e che questa discussione è preclusa agli anonimi, mi permetto di toglierti dal semi anonimato.
Il post è di Adriano Bomboi
Roberto Bolognesi sostiene che "la democrazia italiana è pesantemente intralciata dallo strapotere berlusconiano".
Secondo me la democrazia in Italia è sempre stata intralciata da un difetto strutturale, per così dire. Come ho sostenuto da altre parti, l'Italia è un paese che è nato ed è tenuto insieme dagli interessi particolari di una o più élite e non da un senso civico condiviso ed elaborato "dal basso". Questo grosso difetto strutturale ha anche determinato il fatto che la classe politica e intellettuale italiana (almeno quella vicina al potere) è sempre stata estremamente avversa non solo a ogni diversità ma anche ad ogni tipo di elaborazione o istanza che venisse dal basso. E questo è vero sia che si parli di classe dirigente italiana di Destra che di Sinistra. Non è un caso strano che adesso chi cerca di ridicolizzare ogni forma di riscoperta delle lingue "minoritarie" siano soprattutto esponenti della sinistra. Berlusconi è solo l'espressione (ennesima) del difetto strutturale di fondo del mai riuscito stato italiano. Non posso che essere d'accordo con Daniele che mette in evidenza come anche la sinistra in Italia sia anch'essa anormale rispetto ad ogni standard europeo.
Preso atto di questo, il nostro compito dovrebbe essere quello di creare gli strumenti istituzionali in Sardegna per permettere una maggiore apertura e democraticità della società sarda. Gli strumenti per permettere che la futura società sarda sia più meritocratica, aperta, e possa permettere l'elaborazione di istanze economiche e politiche dal basso.
A questo proposito penso sia rilevante la segnalazione di due articoli, il primo di un economista olandese che parlando del fallimento dell'industrializzazione in Sardegna nel dopoguerra mette in rilievo come le politiche portate avanti o avvallate dalle élite politiche sarde a Roma non solo avessero prodotto le tristemente note "cattedrali nel deserto", ma soprattutto avevano causato la frustrazione di ogni iniziativa imprenditoriale e politica che provenisse "dal basso", dal territorio e dalla sua gente e che potesse mettere a frutto la peculiarità e le esigenze specifiche del territorio. Nel nostro articolo (sono un coautore assieme a Omar Onnis, primo autore, e gli altri) abbiamo cercato di mettere in evidenza che sebbene negli ultimi decenni ci siano state maggiori iniziative "dal basso" o "bottom-up" che hanno permesso la creazione di cooperative, pro-loco ecc. i tentativi di "localizzazione" delle strategie economiche (cioè i tentativi di creare strategie economiche bottom-up e che si basino sulla specificità economica culturale e del territorio), questi tentativi di localizzazione necessitano di maggiore potere e sovranità da parte degli attori locali.
http://www.informaworld.com/smpp/content~content=a713666384~db=all
http://www.informaworld.com/smpp/content~db=all~content=a913867092
A s'intendi mellus
Oliver Perra
Maledetta insonnia!
Se non fossi così stanco e non avessi così tante altre cose da fare risponderi a tutti!
Mamma!
Mai vista una cosa del genere (voi?)!
qui c'è gente che non è d'accordo e discute civilmente con gli altri cercando di trovare un terreno comune.
Penso che lo si debba a ZF, per il modo in cui ha impostato la discussione.
Grazie!
Interverrò su diversi punti appena possibile, ma dico già adesso che è vero un piacere discutere con dei democratici.
Premetto che di Berlusconi e/o di Franceschini e compagnia bella non me ne frega nulla nel senso che rappresentano i volti dell'unica medaglia centralista che controlla la nostra terra. Se il punto di vista di partenza è pertanto la Sardegna, non esistono avversari privilegiati rispetto ad altri. Questo vale sia per gli autonomisti che per gli indipendentisti. Il centralismo è l'unico avversario possibile per la politica territoriale. Ad esempio: Ritengo che chi, alle ultime regionali, ha votato disgiuntamente sia IRS che PD, oppure sia Unidade che PD, ha configurato un voto inutile che annulla il senso dell'altro (centralismo contro territorialismo) e ciò indica l'assenza di idee chiare che abbiamo in Sardegna nell'identificazione di obiettivi e traguardi. O si sta con la politica territoriale (al massimo alleata programmaticamente con il centralismo), oppure qualora non ci siano accordi, non si dovrebbero votare i partiti che rappresentano proprio il sistema che avversiamo. Farsi trascinare dall'anti-Berlusconismo è solo un modo per perdere di vista quel concetto e quindi il senso di ogni politica territoriale che rasenti la decenza. Ho letto tutti gli interventi, da Nurra a Oliver Perra passando per Addis. Condivido molti passaggi dei vostri ragionamenti ed anche la tesi di Lorenzo Sanna -postata più in alto- la quale tra l'altro sul nazionalismo ammette senza timori che si tratta di un contenitore e non di un qualcosa dalla sola valenza negativa (come invece afferma IRS col "non-nazionalismo). Per il resto finirò di leggerla appena potrò. Per Pintore e Bolognesi una nota: Credo però che la questione non sia da porre in termini assoluti tra autonomismo ed indipendentismo, ovvero tra un beneficio nell'avere maggior autonomia dentro lo stato italiano ed il diritto internazionale all'indipendenza. L'autonomismo in fin dei conti non è l'autonomia, l'autonomismo è un percorso e quì in occidente, soprattutto, è ben difficile immaginare un indipendentismo che possa eludere l'autonomismo come percorso fondante della sua azione. Non si è mai verificato e non esiste dunque un indipendentismo che debba o possa dimostrare quanto si "stia meglio da soli" rispetto all'appartenenza all'Italia. L'autonomismo è un percorso ed ogni percorso contempla l'assorbimento di più obiettivi nel suo passaggio nella vita politica di un Paese: Istruzione, economia, ecc. Se il territorio non conseguirà gradualmente elementi strutturali di coesione sociale (date da lingua e cultura) e maggiori capacità amministrative (pensiamo alla fiscalità), non ci saranno mai chances per l'indipendentismo. Quest'ultimo, così come lo intendiamo maldestramente dalle nostre parti, non potrà mai configurarsi come passaggio immediato da una situazione all'altra. Da uno stato pre-esistente ad uno nuovo, ma la piena indipendenza può solo essere la risultante di un processo autonomistico costante e progressivo nel tempo. L'indipendentismo Sardo è un prodotto culturale delle rivoluzioni ideologiche del '900 ed in quanto tale, ovviamente, in Sardegna non ha mai potuto attecchire seriamente (e non solo per l'assenza di adeguati finanziamenti rispetto alla partitocrazia centralista). Negli anni, si è confusa l'autonomia (inesistente in Sardegna) con l'autonomismo (il processo di costruzione di quell'autonomia) e questo ha automaticamente tagliato le gambe ad un indipendentismo che non ha quindi basi sociali ed istituzionali su cui operare. Se la cultura Sarda ed il potenziamento dell'economia non passano attraverso una vera fase autonomista, l'indipendentismo non potrà mai parlare ad un tessuto sociale capace di assorbire i suoi intenti andando quindi oltre le classiche percentuali di voti. Ecco perché l'autonomismo non va necessariamente inquadrato come un fine (l'autonomia nello stato italiano) ma anche come un mezzo (trampolino strutturale e sociale verso un nuovo stato). Purtroppo abbiamo abusato di terminologie inappropriate al contesto dandoci così la zappa sui piedi...- Bomboi Adriano (U.R.N. Sardinnya)
Confesso di aver penato un po' nel comprendere quel “Non mi prenderete vivo” del titolo a questo articolo. Se non ne ho capito male il senso, Pintore non si rassegna a ridurre le questioni a una scelta fra “destra” e “sinistra”, fra Berlusconi sì-Berlusconi no. Io una scelta l'ho fatta quindici anni fa, ma rispetto il punto di vista di chi situa questo punto di osservazione nel topos Nazione sarda e suoi interessi. Se si pensa al fatto che io ho presentato come disegno di legge al Senato la proposta del Nuovo Statuto sardo, nella cui elaborazione Pintore ha avuto parte importante, si capirà che la questione della Nazione sarda mi trova tutt'altro che indifferente.
Dubito – ma mi sembra che egli non lo sostenga – che né gli autonomisti come me né gli indipendentisti possano rinchiudersi negli affari sardi come se questi non avessero rapporto con gli affari dell'intera Repubblica e non ne fossero influenzati. E vengo alla qualità autonomista del governo Berlusconi che molti interlocutori contestano, partendo da una considerazione forse banale ma vera: l'autonomia non si proclama, la si esercita, se se ne è capaci. Prendiamo uno degli aspetti più delicati del rapporto Sardegna-Stato: quello della facoltà che il governo centrale ha di opporsi davanti alla Corte costituzionale ad una legge della Sardegna.
Ebbene, nei suoi venti mesi di vigenza, il governo Prodi ha bocciato e rinviato alla Consulta ben 6 leggi sarde, fra cui quella nel cui titolo si parlava di “sovranità del popolo sardo”, una legge che, insomma, atteneva alla stessa ragion d'essere del popolo sardo. La Consulta bocciò anche questa senza che dal governo sardo amico si levasse una sola protesta. Nei suoi diciannove mesi di vigenza, il governo Berlusconi ha rinviato alla Corte una legge, quella Statutaria, anch'essa bocciata dalla Consulta. Pur avendola avversata, in buona compagnia anche con esponenti della sinistra in Sardegna, personalmente non ho affatto gioito della bocciatura, come si può leggere nel mio blog e, se non ricordo male, in prese di posizione sui quotidiani. Avrei preferito che fosse stato il Consiglio regionale a cambiarla, raccogliendo le istanze del centrodestra, dei sardisti, della sinistra raccolta intorno ad Andrea Pubusa ed altri.
Ma solo chi si trova in preda alla malafede può sostenere che il governo Prodi sia stato più rispettoso dell'autonomia sarda di quanto lo sia il governo Berlusconi o che con questo governo, come si legge qua e là, l'autonomia della Sardegna sia violata in maniera inedita, se confrontata con il passato.
(continua)
Nei quindici anni passati in Parlamento, ho constatato di persona che non esiste un centrosinistra pro Sardegna e un centrodestra avverso (o l'inverso di questo). Ho sempre visto gruppi dell'una e dell'altra parte tirare la corta coperta delle risorse verso le regioni più forti economicamente o politicamente, secondo le maggioranze al governo. Semmai, ho visto Berlusconi resistere spesso a questo tiro alla coperta, riuscendo spesso a portarla dalla parte della Sardegna. Che egli ami la nostra Terra, del resto, è mostrato anche da fatti che non hanno a che fare con l'economia, ma che hanno valore simbolico: conosce, parla e apprezza il gallurese e ha imparato su ballu tundu in cui spesso si butta.
Al di là degli aspetti che riguardano il rapporto tra autonomia e centralismo, c'è la questione della nostra capacità di esercitare l'autonomia (anzi, l'autonomismo, come correttamente suggerisce il signor Bomboi). Fatto sta, il centrodestra ha appoggiato l'iniziativa del “Comitato per lo Statuto” di proporre una Carta de Logu noa de sa Natzione sarda, un articolato che ha saputo coniugare il diritto dei sardi ad un pieno autogoverno in tutti i domini necessari al popolo sardo con l'unità della Repubblica. Io, lo ripeto, l'ho fatta mia e presentata al Senato come disegno di legge.
Da parte della sinistra solo il silenzio (e i toni sprezzanti usati dall'ex presidente Soru) e, ultimamente, l'accusa di “sfascismo” e, addirittura, di “separatismo” rivolta ad una proposta che attende solo qualcuno che entri nel merito di un nuovo statuto della Sardegna, di cui, dopo sessantanni, si sente un enorme bisogno.
In questo senso, credo, Pintore ha ragione: una nuova carta costituzionale della nazione sarda non può essere di destra o di sinistra. Con una piccola aggiunta, però: il centrodestra ha fatto il suo dovere.
Allora non rimane che passare ai fatti e tentare di dare attuatività a quanto già seminato da tutti nel corso degli anni. - Bomboi Adriano
"Ma solo chi si trova in preda alla malafede può sostenere che il governo Prodi sia stato più rispettoso dell'autonomia sarda di quanto lo sia il governo Berlusconi o che con questo governo, come si legge qua e là, l'autonomia della Sardegna sia violata in maniera inedita, se confrontata con il passato."
ihihih, non si preoccupi, l'autonomia della Sardegna viene equalmente violata da qualsiasi governo italiano, su questo non ci sono dubbi. Il problema non è Prodi o Berlusconi, è lo stato italiano ed il fatto che la Sardegna ne faccia parte.
"Nei quindici anni passati in Parlamento, ho constatato di persona che non esiste un centrosinistra pro Sardegna e un centrodestra avverso (o l'inverso di questo). Ho sempre visto gruppi dell'una e dell'altra parte tirare la corta coperta delle risorse verso le regioni più forti economicamente o politicamente, secondo le maggioranze al governo."
Toh, ma non l'avrei mai detto! Che senso ha dunque restare attaccati ad una nazione del genere, visto che il proprio peso politico è praticamente inesistente?
"Semmai, ho visto Berlusconi resistere spesso a questo tiro alla coperta, riuscendo spesso a portarla dalla parte della Sardegna."
Come tira lui la coperta non la tira nessuno, giá. E ci puó citare qualche episodio pratico di questo "tiramento di coperta"? A me viene in mente il G8, la Sassari-Olbia, i 18 milioni nel dpef, la recentissima selezione delle tratte commerciali spagna-italia in cui la Sardegna non figura neanche per sbaglio, la bonifica delle aree inquinate a carico nostro, lo scarsissimo rispetto istituzionale suo e del suo governo nei confronti del governatore della Sardegna (se a lui piace farsi umiliare sono affari suoi, ma nel momento in cui rappresenta i sardi sono affari anche nostri)... ma il fatto che Egli parli e apprezzi il gallurese e sappia addirittura ballare "su ballu tundu" mi conforta di tutte queste cose.
E per finire, dulcis in fundo, si decreta che "il centro destra ha fatto il suo dovere"... ma io mi chiedo, anzi, richiedo, visto che l'ho giá fatto: siete al governo di "regione" e stato, sindacati e confindstria vi chiedono lo statuto, la sinistra tace e comunque non dice no... chi vi impedisce di promulgare sto benedetto statuto? Cosa vi serve ancora?
State lá a tergiversare e a fare grandi proclami, salvo poi difendere le scelte del governo "amico" di turno che ignora o bastona la Sardegna, ma non i suoi adorati parlamentari, peró di cose concrete non se ne vedono.
COSA VI SERVE PER PROMULGARE QUESTO BENEDETTO STATUTO CHE, SECONDO VOI, RISOLVEREBBE I NOSTRI PROBLEMI?
Un'ultima cosa: Lei dice che Prodi ha impugnato e fatto bocciare 6 leggi sarde in 20 mesi, mentre Berlusconi solo 1 in questi 19 mesi... è verissimo, grazie a Prodi che gli aveva fatto tutto il lavoro. Ma sul suo blog parlammo del fatto che NEI 13 MESI PRECEDENTI la fine della sua seconda legislatura, Silvio, quello rispettoso ed amante della Sardegna, di legi ne impugnó altrettante.
Qua il link:
http://consiglio.regione.sardegna.it/XIVLegislatura/Leggi_impugnate.asp
Non è un fatto di destra o sinistra, è un fatto di incompatibilitá tra nazione italiana e nazione sarda.
uff, me li devo rileggere prima di pubblicarli:
equalmente= equamente
Daniele, che dire=
AMEN!
che dire = che dire?
¡Hola!
¡No hay otro que decir!
Marco Pinna
Ho eliminato l'ultimo post perché non firmato
Caro signor Addis,
intanto che piacere ritrovarla anche qui a continuare un dialogo cominciato altrove. Lei sa come rispetti le sue convinzioni politiche e culturali e mi aspetto altrettanto rispetto da parte sua. Nel rispetto io credo sia contenuta la presa d'atto che abbiamo, su molte cose, pareri diversi e a volte in contrasto. Questo significa che io non mi sogno neppure lontanamente di indurla a pensarla diversamente sulle questioni dell'indipendentismo, della sua avversione al governo Berlusconi, della sua diffidenza nei confronti dei “partiti italiani”. Gradirei che lei non tentasse di farmi pensare come lei, riproponendo ogni volta che ci incontriamo temi su cui ho già avuto occasione di dirle come la penso io.
C'è, però, nel suo post una questione nuova: “COSA VI SERVE PER PROMULGARE QUESTO BENEDETTO STATUTO CHE, SECONDO VOI, RISOLVEREBBE I NOSTRI PROBLEMI?”. Certo, è vero che il centrodestra ha in Consiglio regionale i numeri necessari ad approvare “questo benedetto statuto”. Ma le sembra che la Carta fondamentale della Sardegna possa essere approvata solo da uno schieramento, senza che, cioè, ci sia una larghissima condivisione? Le potrei dire che tutti siamo scottati dalla approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione con soli quattro voti di maggioranza. Non voglio, però, tanto criticare quando invitare a non ripetere errori fatti e ad affrontare la riscrittura dello Statuto fuori da paradigma ideologici.
Ma devo confessare a lei e ad altri interlocutori (che, forse è solo una impressione, hanno accolto il suo post come fosse una pietra tombale sulle mie argomentazioni) che in questa discussione aperta con l'articolo di Pintore avevo visto una possibilità per confrontare idee sul che fare, piuttosto che sul che cosa è stato fatto. Il tono pacato, anche se fermo sui concetti, di questo dibattito mi avevano fatto intravedere una opportunità di confronto sulle necessità della nostra Terra, mettendo da parte logiche di schieramento per cui l'avversario sbaglia per definizione.
Spero davvero di non aver preso una cantonata e che tra le varie sensibilità qui espresse sia ancora possibile un dialogo sulla Sardegna che vorremmo. È mai possibile che tra autonomia, sovranità, indipendenza la scelta debba essere una e una sola, prendere o lasciare?
Sono solidale col sen. Massidda.
Il talebanismo e l'insolenza di Addis e molti indipendentisti mi fanno pensare che non potrà mai esserci verso di loro un grande consenso da parte degli elettori.
Se alcuni dei loro argomenti sono discutibili, la loro ineducazione e disabitudine a rapportarsi in modo civile coi propri interlocutori non può che vanificare i già di per se patetici e velleitari ideali.
Giuseppe Pintus
pro Giuseppe Pintus
Si Daniele Addis est talebanu e insolente, tando tue ite ses?
Signor Giuseppe Pintus, lei non ha la più pallida idea di cosa sia il moderno indipendentismo e nè cosa proponga, altrimenti non si sarebbe lanciato in questo autentico pregiudizio. Vi sono anche molti indipendentisti, come me, che vedono nell'autonomismo un passaggio obbligato. E questo non ci discosta affatto (in questa fase) dall'ipotesi statutaria sostenuta anche dal Senatore Massidda. Abbiamo già tante rogne a trattare con i Talebani indipendentisti, adesso non abbiamo bisogno pure dei Talebani centralisti. Spero abbia modo di riflettere sulla necessità di riformare seriamente la carta statutaria Sarda perché è anche nel suo interesse. - Bomboi Adriano
Al Sen. Massidda: Nel Consiglio Regionale Sardo e negli ambienti sindacali ci sono forze che da tempo hanno manifestato interesse alla revisione statutaria. Se l'iniziativa legislativa può partire dall'isola con un qualche consenso bipartisan, credo che in Parlamento anche le forze del PD Sardo non dovrebbero tirarsi indietro ed una qualche forma di approccio condiviso si possa trovare. Quello che manca a mio avviso è un input che faccia partire il processo. Ci sono molte persone alla finestra ma nessuno scende in strada...Non credo si possa paragonare il caso di qualche tempo fa per la riforma del Titolo V della Costituzione con questa faccenda. Anche l'indipendentismo ha bisogno di questa riforma statutaria, altrimenti i figli del signor Pintus a scuola non studieranno mai la loro storia, non impareranno mai la nostra lingua e tutti non avranno mai potenziali vantaggi economici dal fatto che alla Regione vengano trasferite alcune competenze amministrative. Inoltre con il tempo anche i mass-media locali dovrebbero adeguarsi se partisse una vera rivoluzione linguistica in seno alla Pubblica Istruzione Regionale. E senza tali riforme, ovviamente l'indipendentismo non riuscirà ad andare oltre la solita fascia di proseliti...Certi indipendentisti purtroppo sono il prodotto di alcuni retaggi Marxistici post-sessantottini e non riescono ad identificare un percorso graduale ed ancora meno quindi riescono ad immaginare che una parte di questo percorso possa coincidere con altre forze politiche. Il Nazionalismo Sardo non ha frontiere o bandierine di partito. - Bomboi Adriano
Gentile Sen. Massidda,
mi potrebbe gentilmente indicare, citandolo magari virgolettato, il brano in cui Le avrei mancato di rispetto?
E' perché le ho chiesto qualche esempio pratico del "tiramento di coperta" da Lei citato e poi ho enumerato una serie di episodi nei quali, secondo me, tale tiramento non c'è stato per niente?
Tra l'altro la sua manifesta volontà di non volermi indurre a pensarla diversamente su questioni come indipendentismo, "avversione al governo Berlusconi" (mentre io al massimo ho manifestato avversione "motivata" da fatti specifici e non da pregiudizi verso il governo italiano, a prescindere dal fatto che a capo vi sia un Prodi o un Berlusconi o altri) o diffidenza verso i partiti italiani (anc'essa motivata da fatti specifici, non frutto di ideologia), mi potrebbe indurre a pensare che Lei mi ritenga un "fanatico" (come tra l'altro mi ha già appellato in passato, ma poi credevo che ci fossimo chiariti) ed in questa opinione non ci vedo granché di rispettoso.
Io invece non la ritengo per niente un fanatico o un servo di Berlusconi (come gran parte della sinistra considera chiunque venga da quella parte politica), ma la ritengo una persona con opinioni in molti casi diverse dalle mie, ma che vorrei cercare di comprendere. Visto che ritengo che Lei cerchi di fare in buona fede gli interessi dei sardi e degli italiani (io considero invece non conciliabili questi due interessi, ma accetto il fatto che la si pensi diversamente), allora le pongo quesiti e le faccio notare cose secondo me importanti. Si chiama confronto di idee ed è bello e proficuo fino a tanto che non si arriva a posizioni dogmatiche sulle quali uno non ammette che la si possa pensare diversamente o che lo si possa indurre a pensarla diversamente. Siccome io non penso che la sua vicinanza politica a Berlusconi o il suo autonomismo o il suo attaccamento al partito siano frutto di un qualche dogmatismo, allora mi sono permesso di esprimere il mio punto di vista motivato riguardo a questi punti.
Lei invece sembra ritenere il mio indipendentismo e la mia "avversione" al governo italiano (che io non avverso se non nella misura in cui viola la sovranità dei sardi), che Lei riduce a semplice antiberlusconismo, magari perché è abituato ad avere a che fare con persone di sinistra che sono antiberlusconiane fanatiche, quindi le viene più comodo trattare come tale anche chi non lo è, come frutto di un qualche dogmatismo o fanatismo, quindi magari non ritiene opportuno impiegare tempo ed energie per convincermi del fatto che magari mi sbaglio.
Io ho semplicemente risposto punto per punto al suo intervento su questo blog e su questo argomento. Se Lei non ritiene opportuno che, all'interno di un blog, si possa rispondere, allora magari non dovrebbe intervenire dove questa opportunità è data e si dovrebbe limitare a scrivere articoli sul suo sito non permettendo i commenti o introducendo una moderazione.
Per quanto riguarda lo statuto, volevo semplicemente far notare, come ha anche fatto Bomboi, che il centro destra ha tutti i numeri necessari per far partire la macchina che porterà alla riscrittura, a prescindere dal consenso o meno della sinistra. Fino ad ora, però, vi sono stati solo proclami, niente di più.
Sul signor Pintus penso che sia meglio sorvolare. Lei, senatore, ha tutta la mia solidarietà in quanto non si merita di essere accompagnato da persone che, dicendo di sostenerla, insultano il suo interlocutore... sarebbe oltremodo vile da parte mia o di chiunque imputare a Lei la colpa di atteggiamenti tanto bassi e ridicoli. Il bello è che persone del genere si riempiono la bocca con parloe come "civiltà" e squalifica il pensiero di chi la pensa diversamente come "patetico e velleitario ideale"... a me darebbe abbastanza rabbia se un mio intervento in cui parlo di rispetto fosse seguito da un altro in cui uno che dice di volermi dare sostegno si abbandona a insulti.
P.S. Checché ne dica Bomboi, che ha dimostrato una volta per tutte qual'è la sua attività principale, non sono per niente contrario alla riscrittura dello statuto di autonomia, anzi, cercavo proprio di spronare acché chi si dovere si muovesse.
P.P.S. Se il rispetto consiste nel prendere atto che ci sono semplicemente persone che la pensano diversamente, allora c'é qualcuno che ne è completamente privo e tende molto semplicisticamente a squalificare come "marxista post-sessantottino" chi di marxista non ha proprio niente e con il 68 non ha avuto nulla a che fare, neanche anagraficamente, ma semplicemente la pensa in maniera diversa dalla sua.
Spero di aver capito male io Addis ma il "Talebanismo" non era riferito a te. - B. Adriano
Onorevole Massidda, comprendo la posizione scomoda (uso una metafora), di "avvocato del diavolo", però ..... ne hanno di motivazione, argomenti ed energia Daniele e Adriano! Con qualche normale differenza di vedute tra i due.
Lei dice: "prima del partito viene la Sardegna", quindi è d'accordo che,"meno male" questi due "tosti interlocutori" nel loro sentire politico si pongano al di là della linea ideologica convenzionale destra-sinistra?
Cordialmente
Marco Pinna
Forse è inevitabile che su un blog la discussione sia fatta di nodi da ciascuno dei quali partono fili che trasformano un dibattito sull'aglio in battibecco sulla cipolla. Naturalmente, essendo questo uno spazio assolutamente libero, ciascuno faccia come pensa giusto.
A me non resta che una sommessa preghiera: tornare al nocciolo della questione da cui la discussione ha preso le mossa.
Vedi Bomboi,
se qualche "civilissimo e tollerante" sostenitore di un senatore della repubblica intervenisse a darti del "talebano" e dell'"ineducato" ed io intervenissi a mia volta dicendo:
"lei non ha la più pallida idea di cosa sia il moderno indipendentismo e nè cosa proponga (...) Vi sono anche molti indipendentisti, COME ME, che vedono nell'autonomismo un passaggio obbligato. (...) Abbiamo già tante rogne a trattare con i Talebani indipendentisti, adesso non abbiamo bisogno pure dei Talebani centralisti."
cosa capiresti? Il senso che capisco io è "io sono indipendentista, ma non sono mica talebano e ineducato come quello lì".
Propongo però di metterci una pietra su e di continuare oltre, OGNUNO PER LA PROPRIA STRADA.
Per tornare al nocciolo della questione, ribadisco che il problema della Sardegna non è certo Berlusconi in sè (è Berlusconi in me, come diceva Gaber), ma il fatto che gran parte del suo destino dipenda da fattori alieni che vengono decisi e stabiliti a Roma, il tutto con il compiacente permesso di Cagliari.
Per tornare al recente episodio delle "autostrade del mare", io non ritengo affatto un'ingiustizia il fatto che la Sardegna ne sia rimasta tagliata fuori. Dico di più, è giusto e normale che ciò sia accaduto perché la Sardegna, dal punto di vista politico, economico e demografico, ha un peso infimo rispetto al resto della penisola. Credete che un mercato di 1600000 persone potrà mai competere con uno di 58 miolioni e passa? Assolutamente no, è semplicemente impensabile. Il fatto è che quel piccolo mercato dovrebbe avere la facoltà di intrattenere indipendentemente rapporti economici e diplomatici con le altre nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, oltre che con il resto d'Europa, di modo che vi sia anche per lei la possibilità di fare accordi bilaterali, o trilaterali o multilaterali.
Il fatto anomalo, inquietante per chi si dichiara liberale o democratico, è che si ritiene cosa assolutamente giusta e normale che, affiché arrivino merci a Cagliari o a Olbia o a Porto torres, bisogni aspettare le decisioni di Roma.
Si dice che il mercato sardo è in competizione con quello spagnolo... si tratta di una sorta di legge universale che non può essere cambiata, oppure è un qualcosa che, attraverso trattative economiche e diplomatiche, indipendenti dalla volontà italiana, tra Sardegna e Spagna potrebbe trasformarsi in una fruttuosa collaborazione?
Daniele, buona parte delle persone che stanno al seguito di questo o quel partito italiano spesso vedono ancora l'immagine dell'indipendentismo per come dei noti movimenti l'hanno costruita negli anni: Alquanto penosa e spesso caratterizzata da intolleranza assoluta. Il signor Pintus è il prototipo perfetto di assimilazione di quello stereotipo, ma che colpa ne ha? Per "Talebani" mi riferivo a quelli che hanno contribuito a consolidare quello stereotipo, che tutto possiamo definire, meno che "scienziati della comunicazione". Solo da qualche anno ed anche per via della nostra costanza è entrato con timidezza nel dizionario indipendentista una nuova gamma di terminologie, tra cui "Pubblica Opinione". Se vuoi fare qualcosa di costruttivo, ne abbiamo già parlato in altra sede, dovresti sollecitare il tuo movimento di fiducia a superare etichette lesive per l'unità e la formazione di una piattaforma programmatica che si renda utile in sede di elezioni. Un movimento può avere tutte le buone idee che vuole, ma se poi non si traducono in voti diventa tempo perso e ci si mette sullo stesso piatto della bilancia del tanto contestato "autonomismo". Che qualcuno non sa neppure bene cosa sia. Per adesso sappiamo solo che non si mangia, sappiamo che lo usano i partiti di Berlusconi e Franceschini come specchietti per le allodole e sappiamo anche che ha una natura seriale: Si presenta spesso durante le campagne elettorali...Ma vedrai che un giorno o l'altro lo incastriamo....- Bomboi Adriano
Daniele Addis pone la questione in modo molto proficuo: è inevitabile che la Sardegna e i suoi interessi vengano marginalizzati e ignorati nell'assetto istituzionale politico italiano (di qualunque colore o indirizzo: Daniele Addis ha fornito alcuni esempi eloquenti). Sarebbe infatti impensabile che avvenga il contrario.
Allora, molto pragmaticamente mi chiedo: questo nuovo statuto a cui si sta lavorando permetterebbe alla Sardegna di intrattenere indipendentemente rapporti economici e istituzionali con altri paesi d'Europa e dell'area mediterranea? In quale misura questi rapporti sarebbero controllati e monitorati dallo stato italiano?
Il mio parere personale è che uno statuto che ponesse le basi per fare queste cose sarebbe un piccolo passo, ma inevitabilmente sarebbe insufficiente e metterebbe in luce i problemi legati alla limitata sovranità. Faccio un esempio: la Scozia ha una autonomia enorme in quanto le materie su cui il parlamento scozzese ha potere (le materie "devolute") sono svariate e vanno dallo sviluppo economico, all'educazione e la sanità. Nonostante quest'ampia autonomia, il governo scozzese e gli scozzesi si stanno rendendo conto che questa non è sufficiente a perseguire i loro interessi efficacemente. Per esempio, il governo scozzese ha investito molto in energie alternative, soprattutto l'eolico e, seppure con alcune contraddizioni, persegue una politica di investimento e ricerca in queste fonti. Il governo britannico tuttavia ha in progetto di costruire alcune nuove centrali atomiche, alcune delle quali potrebbero essere costruite in Scozia. Siccome le politiche energetiche e sul nucleare sono comunque rimaste appannaggio dello stato britannico, la Scozia si troverebbe nella posizione di dover accettare una decisione che contrasterebbe con una materia su cui la Scozia dovrebbe avere sovranità come le strategie di sviluppo economico.
Da persone che hanno a cuore il destino della Sardegna dovremmo inoltre cominciare a vedere anche il contesto più ampio, quello dell'Unione Europea. Da molte parti si continua a parlare di "Europa delle Regioni", cioè dell'idea che regioni come la Sardegna, la Catalogna, Baviera ecc. possano avere un peso e potere istituzionale concreto all'interno delle istituzioni dell'Unione Europea. In realtà, nell'Unione Europea gli stati membri hanno il potere di controllare l'accesso delle regioni ai processi decisionali. In pratica, nonostante esistano istituzioni europee e associazioni che dovrebbero dare una voce agli interessi delle regioni (Il Comitato delle Regioni, la Conferenza delle Regioni Marittime Periferiche, ecc.), gli stati membri fungono da "guardiani" delle regioni e controllano l'influenza che queste possono esercitare sui processi decisionali. Questa è un'altra delle ragioni per cui partiti come Scottish National Party in Scozia e Plaid Cymru in Galles chiedono l'indipendenza: nonostante queste "regioni" (io preferirei parlare di nazioni senza stato) abbiano avuto un accesso rilevante alle istituzioni dell'Unione Europea (la Scozia ha anche partecipato al Consiglio dei Ministri Europei in luogo della Gran Bretagna), questi partiti sostengono che solo in quanto stati indipendenti e sovrani Scozia e Galles potranno avere un ruolo efficace nei processi decisionali a livello europeo.
Consiglierei di leggere questo numero monografico della rivista "Regional and Federal Studies" intitolato "Whatever happened to the Europe of the Regions" e da cui ho tratto le conclusioni che riporto sopra.
http://www.informaworld.com/smpp/title~db=all~content=g903190865
Oliver Perra
In conclusione, mi fa piacere leggere che il Senatore Massidda vorrebbe coinvolgere più attori nella riscrittura dello statuto e mi piacerebbe sapere in che modo si vorrebbe attuare questo coinvolgimento, attraverso una elezione di una assemblea "costituente"? Tuttavia penso che qualunque passo verso una maggiore autonomia non farà che riproporre problemi come quelli che ho elencato sopra. Alla fine, tra autonomia, federalismo, indipendenza e sovranità bisognerà pur scegliere se si ha a cuore l'interesse della Sardegna e dei cittadini di Sardegna. Un'ultima considerazione: nonostante la differenza di obiettivi, i partiti e movimenti indipendentisti sono interessati ad un dialogo sulla costituente, vedete per esempio questa discussione:
http://www.irs.sr/forum/viewtopic.php?t=4125&start=0
Nonostante qualcuno qui dica il contrario, nessun partito o movimento indipendentista vuole fare rivoluzioni di ottobre e dal momento stesso che i movimenti indipendentisti partecipano alle istituzioni presentandosi alle elezioni per governare è chiaro che perseguono il fine dell'indipendenza attraverso le riforme istituzionali. Il problema allora è molto pragmatico: lo statuto può servire a dare sovranità in materie fiscali, a dare sovranità nelle relazioni commerciali? Parliamone. A me personalmente interesserebbe anche che lo statuto ponesse le basi giuridiche perché nel futuro i cittadini sardi possano anche decidere democraticamente sull'indipendenza. A proposito, concordo con Daniele Addis che dice che l'atto unico di Helsinki (quello che sancisce l'integrità territoriale) è un problema superabile. Tra l'altro, questo atto non è mai stato tirato in ballo in casi come quello della Scozia: Il governo britannico ha sempre citato difficoltà economiche e pratiche quale ostacolo all'indipendenza scozzese, ma nessuno ha mai tirato in ballo trattati internazionali che negherebbero alla Scozia il diritto all'indipendenza qualora venisse accettata democraticamente.
Oliver Perra
Per Oliver Perra: Sono d'accordo su tutto, tranne che su qualche dettaglio. Sui trattati internazionali sappiamo tutti che sono carta usa e getta a seconda del contesto e dell'utilità che possono trarne alcuni influenti membri della Comunità internazionale, così è chiaro che i due pesi e le due misure si troveranno sempre. In merito alla "rivoluzione d'ottobre", il discorso e più ampio ed è stato esaustivamente trattato in più edizioni presso il nostro Portale. La matrice attuale dell'indipendentismo Sardo deriva dall'ultima ventata giunta con il movimento internazionale del '68. Alcuni principi di piccoli movimenti contigui al PSD'AZ (che con Mossa portarono a posteriori al Sardismo indipendentista di Porto Torres), finirono per applicare alcuni concetti tipici del marxismo-leninismo: Rottura con i moderati (autonomisti del PSD'AZ) ed elusione completa di passaggi graduali (nello spirito rivoluzionario infatti, come ricordava anche Karl Popper, non esistono fasi graduali). Questo spirito si era per buona parte impiantato nel nucleo del Partidu Sotzialista Indipendentista Sardu. Movimento che dopo la caduta del Muro di Berlino (89), nel 1993 finalmente si evolve in Sardigna Natzione, riconoscendo alla pratica indipendentista l'universalità ed il primato rispetto ad ideologie allora imperanti (tra cui appunto il socialismo). Sardigna Natzione dunque fece un enorme passo in avanti rimuovendo il Marxismo ma preservando tuttavia la battaglia all'autonomismo (solo certi settori per la verità) e preservando soprattutto alcuni comportamenti ereditati dal retaggio marxista: L'assenza di gradualità. Dinamica replicata poi nel 2002 in IRS. Insomma, non basta eradicare via le etichette e le ideologie se poi un certo modus operandi era ed è a grandi linee lo stesso. Attualmente IRS (e pure SNI) riconoscono che servirà per l'indipendenza "un percorso graduale" ma nessuno specifica quale sia. Forse perché si sa che in politologia, a meno che non si vogliano cambiare alcune terminologie...il percorso si chiama autonomismo (un processo graduale e progressivo di introduzione della sovranità). Che non va confuso con l'autonomia (che per l'indipendentismo può essere un mezzo e non un fine). Il problema è che l'indipendentismo Sardo non ha a che fare con la Scozia o la Catalogna, quì non esiste un tessuto sociale permeato da un nazionalismo Sardo diffuso e pertanto anche il solo dare addosso all'autonomia contribuisce ad utopizzare l'indipendentismo agli occhi dei "non addetti ai lavori". Amen. Bomboi Adriano
Sono pienamente d'acordo a metà col mister... pardon, con Bomboi Adriano soprattutto su questi passaggi: bla bla bla... il riformismo... bla bla bla... urn bla bla bla...i massimalismi...bla bla bla...dopo la caduta del muro do berlino bla bla bla...eppoi bla bla bla eppoi bla bla bla eppoi bla bla bla....
Ubaldo Marcheselli
Caro Ubaldo tutto nudo e tutto caldo...è proprio così. - B. Adriano
Si sarà capito che il mio è un punto di vista di indipendentista che sostiene iRS. I motivi per cui ritengo che ogni autonomismo sia inefficace possono essere trovati negli esempi che ho fatto sopra: per quanta autonomia si possa ottenere, questa sarà limitata e subordinata ai rapporti di forza tra entità autonoma e quella centrale. Questo non vuol dire allora che bisogna fare la rivoluzione e assaltare il palazzo, ma il fatto è che è necessario agire politicamente ponendo le basi per una piena sovranità. Per esempio, si vuole riscrivere lo statuto sardo? Facciamolo, ma a me premerebbe che nello statuto si ponessero le basi per riconoscere la Sardegna come uno nazione che ha il diritto un domani, di poter decidere democraticamente del suo futuro. Si vuol aiutare gli imprenditori sardi? Benissimo, riduciamo il carico fiscale alle imprese, o facciamo in modo di poterlo fare, di avere il potere istituzionale per poterlo fare. Vogliamo che l'energia in Sardegna costi meno? Investiamo nelle energie alternative e nella ricerca. Cosa c'entra con l'indipendentismo? C'entra perché c'è in queste proposte (non a caso prese dall'elaborazione politica di iRS) una linea che le lega che è quella di acquisire sovranità in ambiti vitali per la Sardegna.
Ma senza autonomismo e senza riforme, come lo spieghiamo ai Sardi cos'è (ad esempio) l'albero giudicale? Non è meglio farlo dal posto più idoneo (la Pubblica Istruzione) piuttosto che recapitare volantini in giro come i Testimoni di Geova? Perché se la maggiorparte dei Sardi non troverà molti elementi territoriali attorno a cui unirsi, per automatismo, nel tempo non capirà neppure i movimenti che parlano di certe cose. Ed infatti è sempre successo così. L'elaborazione culturale di IRS? E qual'è? L'introduzione dell'albero arborense che usava pure il vecchio Movimentu Patriotticu Sardu? Oppure il moderno nazionalismo introdotto come concettualità dal nostro gruppo anni fa ed erroneamente chiamato "non-nazionalismo"? Oppure l'apertura al libero mercato? Fu introdotta dal PSD'AZ negli anni '20 con le teorie di Carlo Rosselli. Oppure ancora l'apertura all'Europeismo? Il nostro gruppo è stato il primo ad introdurre una bandiera Europea nel circuito indipendentista quando nel vostro vecchio forum ci accusavano di "imperialismo e lobbysmo dell'Europa". A parte che da anni poi il PSD'AZ è membro dell'ALE/EFA. Il tema ambientale invece l'aveva anche il PSD'AZ da anni ed è attualità corrente visto che in mezzo mondo dagli accordi di Kyoto in poi la cosa è tornata prepotentemente alla ribalta. Dovete piantarla con le etichette, la rissa contro le forze politiche affini e l'atteggiamento superbo di sentirvi il centro quando in realtà non avete inventato nulla di particolare che già non fosse stato trattato da terzi ed avete inasprito divisioni che a fine anni '90 si stavano risolvendo (e pure con buoni auspici elettorali). Vedrete che ne guadagneremo tutti. - Bomboi Adriano (U.R.N. Sardinnya)
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