lunedì 24 agosto 2009

La risposta al nazionalismo italiano non è quello sardo

di Roberto Bolognesi

La discussione con GGG per ora si è calmata... [Bolognesi si riferisce agli interventi su questo blog di Giorgio Giovanni Gaias, un giovane militante di Destra, NdR]
Devo dire che GGG è davvero un ragazzo coraggioso e generoso: lo dico senza la minima ironia.
Come è normale a quell'età, però, si lascia trasportare da un idealismo che è tanto bello, quanto pericoloso.
Pericoloso quanto lo era il mio -di verso opposto- alla sua età.
Pericoloso come tutti gli idealismi.
Il concetto di Nazione è bellissimo...
E infatti in nome di questo bellissimo concetto sono stati commessi i crimini più orrendi, perché sono proprio questi bellissimi concetti che permettono a gente come GGG -a meno che non disponga dei "freni" giusti- di mettere a tacere quella che i cristiani chiamano la "coscienza" e io chiamo il buon senso.
In nome dell'Italia, perfino i Garibaldini potevano fucilare i cafoni di Bronte senza entrare in crisi.
Eppure erano "Italiani" che fucilavano altri "Italiani".
Per "salvare il Comunismo" -altro bellissimo concetto- Stalin ha fatto ammazzare più comunisti -senza contare anarchici e socialisti- di tutti i regimi fascisti messi insieme.
In nome di Cristo-altra bellissima figura-i Cristiani hanno ammazzato molti più Cristiani ("eretici" ammazzati dai Cattolici e Cattolici ammazzati dai protestanti) di tutti gli imperatori romani messi insieme.
Gli ideali sono come le droghe pesanti: a qualcuno possono essere utili per espandere la mente, mentre per altri sono pericolosissimi, perché disinibiscono quelle pulsioni distruttive che normalmente sono tenute a bada dai freni "morali" forniti dal buon senso.
Gli ideali forniscono "certezze".
GGG nel suo pezzo -gia pronto?- sulla necessità dell'ingresso dei giovani in politica dice "La battaglia più grande che ci spianerà una volta per tutte la strada che ci porta a un futuro solido e ricco di certezze."
Mamma mia!
Chi vuole un futuro ricco di certezze non sa accettare la realtà -per definizione piena di incertezze- ed è disposto a commettere molte porcherie pur di mettere a tacere la propria paura del mondo!
Poiché il futuro è imprevedibile a causa del numero enorme di variabili che determinano lo svolgersi della storia, il modo migliore per garantirsi il lieto fine è quello di eliminare il numero maggiore di "variabili".
Così Stalin ha cercato di facilitare la nascita dell'UOMO NUOVO, eliminando milioni di uomini "vecchi" che non si lasciavano rieducare.
E chi già sta per scagliarsi per condannare il comunismo in quanto tale, sappia che Stalin non ha fatto altro che riesumare il metodo usato nel medioevo dai cristiani: i pagani che non si convertivano, morivano.
Alla fine il risultato era lo stesso: arrivare a un mondo abitato da soli cristiani.
Per avere la certezza del ritorno di Cristo in terra.
Questa lunga premessa mi serve per dire una cosa semplice: la risposta al nazionalismo italiano, non può essere il nazionalismo sardo. Se vogliamo vincere la sfida della nostra soppravvivenza in quanto popolo sardo, la prima cosa da fare è rinunciare alle "certezze" dei nostri oppressori.
Una delle pochissime certezze che ho è quella di non voler diventare come loro.
E qualche idea (incerta) sul dove vorrei arrivare ce l'ho. Invito anche GGG ad andarsele a cercare su Diariulimba.

29 commenti:

Daniele Addis ha detto...

"la risposta al nazionalismo italiano, non può essere il nazionalismo sardo"

ahi ahi ahi, prevedo a breve un intervento di Bomboi sul nazionalismo sardo. ;)

zuannefrantziscu ha detto...

Prima che intervenga Adriano Bomboi (ma come cavolo si fa a mettere qui una faccina sorridente?), ha ragione Bolognesi nel dire che non si puà contrapporre quello sardo al nazionalismo italiano. Ma solo se si riferisce al nazionalismo Novecentesco che, non da solo ma anch'esso, ha riempito di crimini l'universo mondo. E' il nazionalismo degli stati-nazione, però, quello che ha egemonizzato la cultura politica del Novecento sino a nominare Nazioni unite l'organismo che rappresenta gli stati. La rappresentanza di nazioni non stati sovrani ci fu solo quando ebbero seggi la Bielorussia e l'Ucraina che, guarda caso, non avevano diritto di voto.
Il moderno nazionalismo, di quelle che non a caso si chiamano "nazioni senza stato", non si pone come nazionalismo contro nazionalismo ma come nazionalismo accanto a nazionalismo. La nazione sarda non è in conflitto con la nazione italiana (che esiste e esisterà fino a quando italiani se ne sentiranno parte): semplicemente vuole esistere ed esercitare i suoi diritti internazionali all'autodeterminazione.
Che poi l'esercizio di questo diritto comporti la creazione di uno stato sardo o sovranità piena all'interno della Repubblica e dell'Europa è, a ben vedere, solo una questione di opportunità. Restando dentro l'Europa che erode e eroderà sempre di più competenze agli stati-nazione, vale la pena di creare in Europa un altro stato? O non varrà la pena di esercitare i diritti di sovranità nel campo degli interessi concreti della Sardegna che non sono la moneta, la difesa, i rapporti diplomatici?
Il problema, caro Roberto, è che in campo nazionalista il caos e grande, ma la situazione non è eccellente. Come, del resto, dimostra la sua frantumazione su problemi di lancinante attualità, come questi: è possibile essere indipendentisti, per l'indipendenza della nazione sarda, e lottare contro il nazionalismo? E si può essere nazionalisti sardi andando per le case propagandando la dittatura del proletariato, rischiando di ridurre i legittimi appartenenti alla nazione sarda a diecimila residui operai sardi che di essere proletarizzati non ne vogliono sapere? Pare di sì.

Daniele Addis ha detto...

E si puó essere autonomisti escludendo aprioristicamente l'opzione indipendentista? Si che si puó, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Allo stato attuale non si ha nessun nazionalismo accanto a nazionalismo, al massimo si ha un nazionalismo dentro un altro nazionalismo. Il risultato è che il nazionalismo piú grosso sta pian piano cancellando quello piú piccolo.

"Restando dentro l'Europa che erode e eroderà sempre di più competenze agli stati-nazione, vale la pena di creare in Europa un altro stato?"

Cavolo se ne vale la pena, è assolutamente necessario far sentire la propria voce in Europa in qualitá di nazione sovrana e non di remota provincia vacanziera della nazione italiana! I grossi stati-nazione sono l'ostacolo piú grosso nel cammino di formazione dell'Europa unita.

Anonimo ha detto...

Caro Davide,
naturalmente no, nessun autonomismo può escludere che il suo sviluppo possa essere l'indipendenza.
Il nazionalismo basco, quello catalano, quello gallese, quello scozzese stanno accanto a quello dei rispettivi stati e non mi pare proprio che il nazionalismo catalano (per dire) si senta fagocitato da quello spagnolo.
Quanto alla nazione sarda sovrana in Europa è proprio quello che sostengo io. Tu sostieni che la nazione sarda debba necessariamente esse stato, io sono molto molto più dubbioso.

zfrantziscu ha detto...

Sono io

DANIELE Addis ha detto...

Caro Pintore,
magari in Sardegna ci fosse un autonomismo anche solo lontanamente assimilabile a quello catalano, basco o scozzese. Ma la situazione da noi è molto diversa: appena un "autonomista" sente la parola "indipendenza" ecco che si affretta subito a dare ampie rassicurazioni al governo italiano sul fatto che l'Italia è una e indivisibile ecc... Secondo te puó risultare credibile?

Il nazionalismo catalano lotta da sempre con le unghie e con i denti, rivendica la propria specificitá ed ha un confronto continuo e duro con il governo spagnolo, come anche quello basco. La spada di damocle dell'indipendenza pende costantemente sul governo spagnolo, che si guarda bene dal violare l'autonomia basca o catalana. I nazionalismi in Spagna sono l'uno accanto all'altro, ma si guardano in cagnesco. Lí come in Scozia sono uniti da un patto di condivisione territoriale ed infrastrutturale per cui la creazione di una frontiera statuale non risulterebbe vantaggiosa per nessuno.

I confini della Sardegna invece sono ben delimitati: spostasi da essa per andare in Germania o in Italia fa poca differenza, sempre all'estero si va; stesso discorso per arrivarci.

Il problema peró è che siamo lontanissimi anche dall'avere la nazione sarda sovrana da lei auspicata.

giorgio giovanni gaias ha detto...

Qui siamo in sintonia almeno in apparenza perchè sono pienamente convinto che non ci possa essere una risposta al nazionalismo italiano con nessun altro nazionalismo..

Andrea Maccis ha detto...

Mi intrometto giusto per un pensiero, per mettere a fuoco un altro aspetto, non odiatemi :-)
Qualche tempo fa ho visto su facebook un video nel quale Bachisio Bandinu parlava della gestione economico-culturale delle "cose sarde" e tratteggiava molto semplicemente quelli che per lui erano motivi del fallimento generalizzato in Sardegna (fallimento generalizzato lo dico io, perchè a memoria non riesco a ricordare qualcosa che abbia indiscutibilmente funzionato qui da noi): si importano modelli esterni (turismo, commercio, cultura ecc.) e si cerca di farne degli accrocchi (improddus) per adattarli al nostro "ambiente" e la sardità di fondo viene fuori solo a livello ridicolo/folkloristico.
Ora, vi starete chiedendo cosa c'entri questo col post e i relativi commenti. In realtà quello che mi sembra ricorrente è la continua analisi e ricerca al fine dell'applicazione di modelli politici esterni.
Il nazionalismo italiano, il nazionalismo basco o quello scozzese, e chi più ne ha più ne metta.
Quello che invece sembra a me è che la vera emancipazione culturale, iniziata e ripresa più volte, non si sia mai conclusa, ponendoci in una condizione sfavorevole rispetto al sistema mondo.
E' come se fossimo degli studendi universitari che hanno appena dato qualche esame : entusiasti della conoscenza, capaci di citare nozioni, analizzare quello che abbiamo studiato e riproporlo, ma ancora troppo acerbi per partorire pensieri originali.
E così dal nostro passato o da quello che è esterno, non prendiamo spunti per qualcosa di nuovo, solo nostro e che ci calzi a pennello, ma importiamo modelli in blocco, pensando di poterli fare nostri con qualche piccolo ritocco.
Insomma, ci serve un modello politico esterno per capire se stiamo facendo passi avanti?
Io credo di no e nel frattempo sogno che arrivi "il nuovo" :-)

p.atzori ha detto...

Bomboi sarà al mare, altrimenti avrebbe già risposto.
In sostanza mi trovo d’accordo con lui e con ZF. Secondo me il problema concreto è il futuro dei nostri giovani, che si può coltivare solo con un sano nazionalismo sardo che si opponga a faccia alta al razzismo antisardo. Noi il razzismo lo subiamo e dobbiamo reagire con la necessaria energia. Definirsi “non nazionalisti” mi pare una sciocchezza bella e buona, caro Daniele, e mi ricorda Alice nel paese delle meraviglie, che per 364 giorni all’anno festeggiava il suo non compleanno. In questa posizione è sottesa credo l’ideologia che ammette solo il trionfo del proletariato. Proletariato oggi inesistente, ideologia che ha già dato i suoi frutti. La prospettiva dello Stato indipendente mi trova consenziente, anche se si può essere più dipendenti da indipendenti.
Solo che vorrei uno Stato non infestato da partitocrazie parassitarie e da caste. Quello italiano lo è.
Quello che mi fa specie nell’indipendentismo attuale è che non esiste una chiara posizione contro le rendite politiche parassitarie. E si che caddos de istalla e canes mandigadores locali e no stanno divorando l’avvenire dei nostri figli.
Ad esempio perché non dirlo chiaro che le Province sono enti inutili e dispendiosi dove si fa clientelismo?
Perché, mi chiedo, non si affrontano intanto i problemi concreti al posto di dividersi su prospettive future (Stato o non Stato), come quei due che si bisticciavano perché entrambi volevano ammazzare il porco che ancora dovevano far ingrassare?

Anonimo ha detto...

Eccomi quà...mi pare ZFP abbia già detto tutto nel suo primo intervento. Rispecchia alla perfezione la mia visione sul nazionalismo e su come purtroppo questi sia inflazionato da letture discutibili e spesso contrapposte tra loro quì in Sardegna (comunisti, non-nazionalisti, azionisti, ecc). Abbiamo di tutto, tranne qualcosa che sappia politicamente espandersi e contenere la voracità del centralismo (e nazionalismo) italiano senza arrivare alla prevalicazione totale dell'avversario politico (e culturale)...Su U.R.N. Sardinnya da anni ormai siamo impegnati a confutare il disordine provocato da queste varie componenti (tra cui quella marxista) nel nazionalismo Sardo. Il "non-nazionalismo" è qualcosa di recente, lo si può spiegare in mille maniere e se potessimo indagarci sopra come una squadra investigativa scientifica che analizza il luogo di un delitto..ci troveremmo pure tracce della mano di Bakunin...Un simpatico signore che ha influenzato le giovanili ideologie universitarie in voga presso alcuni leader di IRS. Eppure IRS nei primi anni non si distingueva da Sardigna Natzione, nei manifesti cambiava solo la barba di Gavino Sale e allora qualche cittadino riusciva ad intuire che questi indipendentisti avevano o due leader diversi nello stesso movimento oppure ben due movimenti occupati a dire le stesse cose. Siccome la seconda opzione era ridicola, molti Sardi finivano col convincersi della prima opzione. Ma questo non mutava certo il bacino elettorale. Da quì un'altro elemento di critica lanciato gli anni scorsi da U.R.N. Sardinnya. E' così che lentamente nascono i veri motivi del "non-nazionalismo": Per dividersi da sardisti (visto l'anti-autonomismo ereditato da SNI) e per dividersi da Sardigna Natzione. Siccome però la cosa non bastava è stata anche ripresa qualche idea sparsa in giro dal nostro gruppo. E così quasi miracolosamente nelle manifestazioni di IRS sono persino comparse delle bandiere Europee e nel 2009 per la prima volta IRS ha scoperto che si vota per il Parlamento UE. Si è addirittura elaborato lo slogan "liberi, europei, mediterranei": tutti concetti che quando venivano da me riportati nel loro vecchio forum venivano sistematicamente cancellati senza prima evitare una buona dose di insulti. Con i marxisti di altre sigle invece gli insulti si sono reiterati anche nella corrispondenza privata del nostro Portale....La verità è che il nazionalismo Sardo in Sardegna è ancora in erba ed immaturo. Necessita di essere coltivato o non si tradurrà mai politicamente (e quindi culturalmente a seguito di azione di governo) in un profitto per la nostra terra. Un errore invece che pagano molti intellettuali (esterni a questi movimenti) è che, nonostante siano ben consci di tutto ciò, cadono anch'essi come molti Sardi nel tranello dell'ineluttabilità: Il pensare che tanto non si arriverà mai a nulla di buono. E questo talvolta li porta ad ignorare una sana e diretta critica verso i nostri movimenti. Qualche volta li porta persino a votare il classico "meno peggio": Partiti centralisti. Ma senza la critica non c'è costruzione, senza costruzione non ci sarà mai un'identità definita per il Nazionalismo Sardo. Non si tradurrà mai in una forte corrente omogenea così come si è determinata in altri contesti internazionali. Ed è anche nel caos che nasce il nazionalismo autoritario (marxista o meno) e quello anarco-pacifista che arriva addirittura a rinnegare se stesso. Ma tutto ciò non si contrappone, nè si accantona al nazionalismo italiano...lo agevola! - Bomboi Adriano

Giuseppe Mulas ha detto...

Tutti gli interventi mooolto interessanti!!

Vorrei chiedere a Piero Atzori quale nesso unisce il non-naziolalismo al trionfo del proletariato,il fatto che a nazionalismo si associ il concetto di destra ?

Inoltre da Bomboi Adriano mi piacerebbe sapere come conciliare tante sfumature importanti tra i vari movimenti indipendentisti,e associarli poi con il psdaz che e' proprio il partito autonomista per eccellenza ?

Credo anch'io che eccessive sfaccettature nell'universo politico indipendentista portino ad una dispersione di voti e a confusione da parte dei sardi,come dire si corre il rischio concreto di autoazzerarsi a vicenda, ma vedo inconciliabili anche iRS con UI,di quest'ultima il mitico Dr.Dhrer ha dato prova della distanza galattica negli approci, La Spisa docet,rispetto ad una immagine ben piu'pacata seppur ferma degli esponenti di iRS durante le ultime regionali.Per non parlare poi di A manca,un altro universo ancora.

Secondo la posizione anche di ZF.Pintore allora si potrebbe avere non piu' lo slogan di iRS che recita "Benvenuti nell'indipendentismo moderno", ma superarlo con "Benvenuti nel nazionalismo moderno".

Non sarebbe male, se non fosse per il fatto che il rischio del nazionalismo sia il primo spauracchio utilizzato dall'egemonia imperante per esorcizzare la deriva indipendentista,appellandosi sempre ai soliti mostri del '900 europeo.Non credete che sia cosa ardua lo sdoganare il termine nazionalismo e dargli una valenza legittima come da voi ben specificata ?

Per il sig. Macis, parole sacrosante,ma in quanto a idee autoctone non siamo messi cosi' male nell'universo indipendentista,sono certo anche che non ci sia nulla di male nel trarre spunti da nazioni che vivono o hanno superato la nostra stessa situazione.

A si biri !

Anonimo ha detto...

Per Mulas: Come conciliare ad esempio IRS con il PSD'AZ? Ma non si può affatto conciliare: Ci sono svariati Sardisti che solo ultimamente si stanno accodando a Maninchedda i quali non avevano ben capito che cosa fosse questo "nuovo indipendentismo", ciò che su U Erre Enne dal 2005 chiamiamo semplicemente un "approccio graduale e riformatore per l'ottenimento di maggiore sovranità". L'acqua calda insomma. E niente ci assicura che costoro evolveranno il loro pensiero. Erano e sono finti autonomisti Sardi infatti coloro i quali fin'ora hanno visto l'autonomismo come un fine e non come un mezzo per un effettivo abbattimento del potere centralista (culturale e politico italiano). La creazione di uno stato è un'altra cosa ancora. Mentre erano e si rendono utopisti agli occhi di tali falsi autonomisti quegli indipendentisti che, ereditando inconsciamente alcuni dettami marxisti del passato, non riescono a concepire l'indipendentismo come un processo riformatore graduale ma come un qualcosa che dovrebbe arrivare subito e senza derive moderate all'obiettivo (il marxismo infatti prevedeva il rovesciamento repentino dell'assetto vigente e la rottura con i gradualisti). Timidamente oggi e molto vagamente ammettono che "sarà un percorso e che richiederà tempo" ma non ci illuminano sulle modalità salvo promuovere nei fatti nuovo settarismo. In altri contesti un maturo nazionalismo territoriale non crea vere e proprie battaglie tra autonomismo ed indipendentismo perché entrambi dovrebbero essere elementi reciprocamente funzionali: Due facce della stessa medaglia. Attivismo civile e pragmatismo amministrativo sui temi di interesse generale del territorio. In Sardegna non possiamo fare fusioni a freddo tra IRS e PSD'AZ per arrivare a quell'obiettivo, servirà tempo MA questo tempo dovremo usarlo per stimolare dibattiti, critiche e costanti inviti alla collaborazione ed alle riforme interne. Altrimenti quel traguardo non lo vedremo mai. Qualcuno inizia a capire e ripete come un pappagallo che "ci vorrà tempo per unire le varie anime del nazionalismo sardo", non magari attorno ad un partito ma quantomeno attorno ad una piattaforma programmatica. E' giusto, ma sbaglia perché si adagia sullo status quo senza criticare e senza stimolare il dibattito. Così quel traguardo si allontanerà... Perché all'elettorato comune non gliene frega nulla di chi si dichiara nazionalista sardo o meno, ma gli interessa trovarsi davanti una proposta politica credibile, compatta ed in grado di raggiungere dei numeri di governo. Per arrivare ad un vero nazionalismo che si unisca sui temi chiave della Sardegna dobbiamo interagire chirurgicamente su quegli elementi di conservazione che impediscono al nostro organismo (il nazionalismo) di avere un sano tessuto connettivo. In ogni organismo infatti un sistema nervoso centrale è quello deputato al controllo di tutti gli apparati e quando non funziona a dovere, quasi come in una malattia auto-immune (da noi generata per fattori storico-culturali), finisce non per aiutare l'organismo ma per danneggiarlo indirettamente. Dobbiamo cercare di uniformare quanto più possibile l'apparato mettendo controluce gli elementi di disordine manifestatamente incompatibili con questo contesto. Questo non significa che si debba arrivare per forza in futuro ad un Partito Nazionale Sardo, ma a maggiori forme di collaborazione tra sigle che siano anche in grado di riformare la loro offerta comunicativa all'elettorato. L'alternativa per fare un PNS subito esiste: Basta trovare almeno 20 milioni di euro da investire subito e vedrete come sedi e candidati locali inizieranno a sbucare dal nulla, ci sarà anche un travaso di amministratori da PD e PDL verso il PNS e molti si scopriranno nazionalisti!....Tutto questo farà risparmiare almeno 10 anni alla necessità di rimuovere ritardi e conservazioni personalistiche ed ideologiche dei movimenti correnti. Iniziate a fare colletta! :) - B. Adriano

Giuseppe Mulas ha detto...

Ok Adriano mi sto' avvicinando,quindi, il nazionalismo a cui lei si riferisce e' quello che ha creato gli stati nazione,e puo' e deve portare,attraverso un'autonomia non come fine ma come mezzo,all'indipendenza della Nazione Sarda piu' che dello stato sardo.
Secondo questo ragionamento quindi,l'autonomia tanto discreditata dai movimenti indipendentisti deve essere una parola da sdoganare tanto quanto la parola nazionalismo,in quanto e' la storia dell'autonomismo sardo,per la sua inconcludenza,ad aver dato adito ad una valenza negativa del termine stesso,visto piu' come ostacolo che come probabile mezzo per il raggiungimento della causa comune?

Ma come tracciare uno spartiacque tra il passato e il futuro dell'"autonomismo nazionalista" se non coniando anche un nuovo termine?Non le nascondo che ci si perde con tutte queste sfumature,e a molti solo a sentire la parola autonomismo gli si rizzano i capelli,cosi' come ad altri la parola indipendentismo.

p.atzori ha detto...

A Giuseppe Mulas,
la storia del totalitarismo del ‘900 è storia di discriminazione razziale nazionalista (nazionalfascismo) e di discriminazione per classe sociale (comunismo).
Dunque non mi pare eccessivamente ardito associare il “non nazionalismo” a una certa sinistra con la puzza al naso. Se poi a dichiararsi non nazionalista è un indipendentista non mi ci raccapezzo più. Può darsi che mi sbagli, ma non mi si è spiegato con quale strategia diversa da un sano nazionalismo s’intende arrivare alla piena affermazione della nostra nazionalità.
In ogni caso dovremmo misurarci maggiormanete sui problemi concreti attuali e meno su prospettive future da costruire. Cordialmente, Piero

Roberto Bolognesi ha detto...

Potrei tranquillamente definirmi "nazionalista non statalista", un po'come mio compare ZF (nel senso di complice!), così come ai miei tempi mi definivo "comunista non leninista", ma cosa avrei risolto?
Il problema non è quello del definirsi-cosa che porta sempre a fondare nuove sette protestanti e nuovi movimenti politici-ma quello di definire cosa vogliamo, perché lo vogliamo e come vogliamo arrivare a raggiungerlo.
Io qualcosa in proposito l'ho detta: personalmente, voglio poter tornare in un paese civile che permette a chi lavora (ho ha lavorato) di vivere una vita degna di essere vissuta.
La Sardegna oggi non lo ho è e io me ne rimango in Olanda: poca gente conosce davvero la mia storia, per cui guardatevi bene dal giudicarmi. ;-)
Ora il problema è molto semplice: per la Sardegna, l'indipendenza/lo stato è un mezzo o un fine?
Per me è uno dei mezzi possibili e basta.
Il fine rimane quello del vivere bene.
Ma se l'indipendenza/lo stato fossero davvero l'unico mezzo per arrivare al nostro fine, come ci si arriva?
Ecco, come ammesso anche da Bomboi, come sempre ci si scanna per stabilire CHI ci porterà alla felicità, senza avere la più pallida idea di COME arrivarci a questo paradiso in terra.
La mia compagna olandese, che poco conosce la Sardegna e poco si interessa di politica, ma ha molto buon senso ha detto: "La Sardegna non può essere indipendente, perché ha una classe dirigente penosa".
Giuro di non averglielo suggerito io!
Ma questo è da molti anni il mio discorso: tocat a strantaxai una curtura sarda, po tenni una classi dirigenti sarda.
Fatu custu, si podeus certai puru po biri a chini at essi su chi cumandat.
Ma fintzas a candu sa chistioni de sa limba non at essi su centru de sa politica "natzionalista" e sigheis a si certai a pari IN ITALIANU, non at a sutzedi propriu chi nudda!

Daniele Addis ha detto...

Piero, addirittura "razzismo antisardo", non ti sembra di esagerare? Da cosa deriva questa impressione?
Magari dal fatto che gli altri italiani ci percepiscano come "diversi"? Se è cosí questo non è razzismo, è semplice constatazione del fatto che i sardi, come gli spagnoli, i tedeschi, i francesi, ecc... non sono italiani, oppure si puó ipocritamente dire, prendendo e prendendosi in giro, che sono italiani in modi "diverso".

Per quanto riguarda la posizione dei movimenti indipendentisti sulle partitocrazie parassitarie, non so che dirti... i vari movimenti indipendentisti, dal PSd'Az a IRS, non fanno altro che puntare il dito sul parassitismo della classe politica nazionale e NAZIONALE (a voi stabilire quale sia il "nazionale" minuscolo e quello maiuscolo), cosa ti serve di piú, qualche comunicato ufficiale?

Non vedo nemmeno che connessione ci possa essere tra non-nazionalismo, marxismo e trionfo del proletariato. Una cosa di cui mi sono reso conto da quando sono diventato indipendentista è che se c'è una parte della politica italiana che è ferocemente nazionalista, che è impregnata di retorica risorgimentale e patriottica, questa è la sinistra, e piú a sinistra vai, piú nazionalisti sono. Certo, se gli dici nazionalisti si offendono perché gli ricorda il fascismo, ma quelli sarebbero pronti pure a rinnegare di avere una madre se i fascisti esaltassero i "valori" della maternitá.

IRS poi non fa altro che citare ad esempio di indipendenza di successo l'Irlanda, se fossero marxisti o puntassero al "trionfo del proletariato" probabilmente prenderebbero ad esempio Cuba... ma l'Irlanda è quanto di meno comunista ci possa essere in Europa!

Al PSd'Az sto guardando con molta piú fiducia ora, perché Maninchedda sta cercando di imprimere una direzione piú marcatamente indipendentista al partito. Il problema è che Maninchedda non è il partito, dietro anche il PSd'Az ha un apparato elefantiaco (del tutto simile a quello dei partiti italiani) che non ci pensa minimamente a mettere in discussione la propria poltrona per prendere una posizione piú decisamente indipendentista.

Il vero problema è che sino a che coloro che si definiscono "autonomisti" saranno piú impegnati a DELEGITTIMARE, SCHERNIRE e TACCIARE di UTOPISMO chi si dichiara indipendentista, il loro "autonomismo" non sará mai credibile e partirá sempre da una posizione di estrema debolezza contrattuale nei confronti dello stato.

Ma, tornando al "nazionalismo", vediamo come viene usata questa parola:

"Il fatto è che intorno al 1961, l'indottrinamento nazionalista era, a scuola e altrove, totalizzante e che conoscere non dico la storia vera, ma altre possibili interpretazioni della storia, era possibile solo a un ristrettissimo numero di specialisti."

Qua zfp utilizza "nazionalista" come sinonimo di "falso".

"Difficile dire quale degli interventi di nazionalisti succedutisi in questa estate piagnona (in questo ambito) sia il più mistificante"

qua gli interventi dei "nazionalisti" sono "mistificanti".

Il Prof. Bolognesi dice bene, la risposta non puó essere il nazionalismo sardo. Perché, se il nazionalismo degli altri è una cattiva cosa, quello sardo dovrebbe essere buono? Il nazionalismo degli altri è cattivo, il nostro invece no.
Se poi ritenete che al termine "nazionalista" si possa dare un significato buono ed un altro cattivo, allora considerate il non-nazionalismo come non-nazionalismo-cattivo, vedrete che dormirete sonni piú tranquilli. Che poi se IRS si definisce non-nazionalista, mica impedisce agli altri di essere nazionalisti.

Giuseppe Mulas ha detto...

Eya o prof.Bolognesi,tenidi arrexoni fustetti,no ci funti dudas.Ma deu ollu scetti cumprendi beni custa incarraxada de nominisi e cali significau ddi's 'onanta Z.F. e Bomboi,poitta mi praxidi a chistionai sciendi de itta seus chistionendi,no mi paridi cosa allena.Fustetti, cummenti naràt Gramsci,iat'a olli i auspicada ca sa classi subalterna (sarda)si fezzada issa e tottu dirigenti de sa cultura po ci bolai s'egemonia(italiana),a pustis arribbada su de governai politicamenti.E tenidi arrexoni caru professori.

Anonimo ha detto...

Nel mondo ci sono tanti nazionalismi (come è stato detto): c'è quello italiano che ha la tendenza a mitizzare qualcosa che nella realtà non è stato, come c'è il nazionalismo scozzese che non ha la più pallida idea di prevalicare nessuno. Così come c'è un certo nazionalismo basco che ancora fa ricorso alle bombe e per cui il franchismo (nei suoi ritardi ideologici) non è mai finito. Il problema è che IRS (per giustificare il settarismo con cui si divide dagli altri) ha dovuto confezionare un vocabolario tutto suo sulla natura del nazionalismo. Così, in maniera alquanto penosa, è arrivata ad elogiare il nazionalismo autonomista degli eschimesi in Groenlandia e non manca mai neppure di citare come esempio i cugini nazionalisti anglosassoni...ciò nonostante, si persiste ad attribuire un solo significato (negativo) al nazionalismo equiparandolo agli estinti autoritarismi del '900. A parte che in politologia non mi sono mai imbattuto nel "non-nazionalismo"... Che diavolo significa? IRS elegantemente poi sostiene che non faranno del male a nessuno se si etichettano come vogliono. Ai Sardi certamente la cosa non interessa, i danni piuttosto sono tutti nell'ambito indipendentista ed autonomista: Si alimentano le divisioni tra queste fazioni, si inasprisce l'anti-autonomismo (e quindi ci si preclude anche la possibilità di quel famoso passaggio graduale verso la sovranità), si alleva una generazione di indipendentisti settarista ed estranea al conseguimento di capacità amministrative e non si capisce che senza fare riforme (istruzione, lingua, ecc) le "coscienze" non si svegliano di certo con Radioindipendentzia e i volantini. Qualche tempo fa Franciscu Sedda ha detto che "si sta costruendo la Nazione". Considerando gli elementi costitutivi che la compongono direi che c'è già, casomai va estesa attraverso un vero processo autonomista alla restanta fascia di popolazione maggioritaria. Forse voleva dire che dobbiamo costruire un vero nazionalismo territoriale compatto ed efficiente. Perché quello attuale non ci è di alcuna utilità, produce più danni di quanti non ne risolva. Sulla gente che critica l'autonomia...probabilmente costoro non hanno le idee chiare. Di cosa vanno cianciando? Quale autonomia? Vi pare di vivere in una comunità autonoma? La lingua Sarda è veicolata dalle istituzioni nelle scuole e nei media? La storia? La Regione ha capacità fiscali ed amministrative pari a quelle di altre comunità etniche europee? Io vedo solo centralismo attorno a me. Quindi non si capisce che cosa stiano criticando. L'aver inflazionato il termine "autonomismo" (a causa del passato sardista) non ha fatto altro che coadiuvare l'azione propria dei centralisti i quali possono continuare a raccontare balle ed amministrare lo status quo. IRS quando si riferisce a PD e PDL non deve chiamarli "classe autonomista", deve usare i termini appropriati come fanno altri indipendentismi ed autonomisti nel mondo: deve chiamarli "classe centralista". - Bomboi Adriano

Daniele Addis ha detto...

Ma se PD e PDL sono centralisti e IRS, SNI, PSd'Az ecc... sono indipendentisti, gi autonomisti dove sono?

Anonimo ha detto...

Secondo te un partito come lo Scottish National Party sta a farsi le seghe mentali chiedendosi se il suo operato sia da definirsi autonomista o indipendentista? Sono indipendentisti, qualche volta si definiscono autonomisti, ma hanno sempre lavorato (anche esplicitamente affermandolo) per conquistarsi spazi maggiori di sovranità e giungere in futuro all'indipendenza. Per loro Laburisti e Tories sono centralisti. Vi pare che hanno tempo da perdere ad alimentare battaglie intestine sulle etichette perdendo così terreno di fronte al centralismo? Il nazionalismo (quando ha le idee chiare) usa qualsiasi pista per aprirsi gli spazi necessari a conseguire i suoi obiettivi, ANCHE graduali se la situazione non consente di fare diversamente. Io non capisco in base a quale criterio politico-culturale ed istituzionale definire "classe autonomista" partiti come PD e PDL...Per quali motivi? Che cosa hanno di autonomista? L'indipendentismo in Sardegna deve imparare ad usare i termini appropriati e non farsi seghe mentali nella ricerca di maggiore autonomia perché è il primo passo per l'indipendenza ed anche per rendersi credibili come progetto di fronte ad un elettorato che a condizioni correnti non può certo assimilare tutte le istanze dell'indipendentismo in poco tempo. Se l'autonomia in Sardegna non c'è (e sfido chiunque ad affermare il contrario), vorrei capire chi è che interviene su riforme cruciali per la tutela della nazione se noi siamo impegnati a non governare e scannarci per nulla. Se non si creano le condizioni strutturali (economiche e culturali) per la popolazione, ad uno stato (o ad un maggiore benessere territoriale) non ci si arriverà mai. - B.A.

p.atzori ha detto...

A Daniele,
Ho usato espressioni un po’ iperboliche per rendere l’idea. Il “razzismo antisardo”, se vuoi chiamiamola discriminazione è certamente esistito, basti pensare al Niceforo e alla corrente di pensiero positivista che poi ha dato supporto al nazismo. Le maligne leggende antisarde ce le testimonia inoltre Maurice Le Lannou negli anni cinquanta del secolo scorso. Lo stesso ci ricorda che le aveva già riscontrate Domenico Alberto Azuni. Attualmente secondo me esiste ugualmente una discriminazione antisarda, più sottile ma altrettanto perversa ed esiste anche un’autodiscriminazione, che altri chiamano mancanza di palle, altrimenti non saremmo a questo punto. Tracce di discriminazione si possono trovare ad esempio nel trattamento riservatoci in passato nelle navi Tirrenia, o sempre nel passato nelle tasse sui nostri terreni sassosi come se fossero quelli della Val padana.
Oggi le cose non mi sembrano punto cambiate.

Quanto al dito puntato da parte degli indipendentisti sulle partitocrazie parassitarie, questo dito puntato contrasta ad esempio con la prassi della ricerca di poltrone nelle province, organi chiaramente inutili che a certi indipendentisti servono al più a sottrarre poltrone agli avversari, se non proprio a garantirsele per loro medesimi. L’Eurispes ha chiaramente rilevato che il 73% di ciò che le Province incamerano lo spendono semplicemente per esistere come enti. Solo il 27% va a frutto. A queste condizioni neanche a me interessa più lo Stato sardo.
Apprezzo infine la tua distanza da certa sinistra. Io ho imparato a tenermene alla larga anche analizzando la vicenda politica e umana di Antonio Gramsci. La stessa Costituzione italiana che a sinistra si vuole congelare è un compromesso cattocomunista che non ha dato buoni risultati.
Cordialmente, Piero

Daniele Addis ha detto...

Bomboi, e che palle con sto' scorrisc nescional parti, pare che per farti contento bisogni copiarne le strategie con la carca carbone!

"Sono indipendentisti, qualche volta si definiscono autonomisti, ma hanno sempre lavorato (anche esplicitamente affermandolo) per conquistarsi spazi maggiori di sovranità e giungere in futuro all'indipendenza."

Ma lo sai che mi ricordano qualcuno? Ah, si, la Lega Nord! Si chiama "Lega Nord per l'indipendenza della Padania", a volte si definiscono autonomisti o federalisti e lavorano (eccome se lavorano) per conquistarsi sempre maggiori spazi di sovranitá per giungere (in futuro) all'indipendenza. Hanno aperto qualche sede in Sardegna, a me sembra che facciano per te. Certo, dovrebbero almeno modificare il nome in "Lega sarda" per accontentare i nazionalisti. Comunque loro sono non-nazionalisti e non-sardisti, NON e non ANTI, quindi di questa dichiarazione c'è solo da prenderne atto. Nazionalisti (non quelli cattivi, quelli buoni) e sardisti ci possono parlare e, in futuro, si potrá pure arrivare ad alleanze programmatiche, che problema c'è?
Il PD ed il PDL sardi hanno di autonomista che si trovano in una regione definita "autonoma". Io sono d'accordo con te che siano statalisti, ma molti dei loro componenti sono convinti in buona fede di essere autonomisti. Secondo me gli sforzi dovrebbero essere indirizzati in modo da far capire loro che autonomisti non sono e da convincerli a diventarlo veramente... un patatrac piú forte insomma di quello che sta avvenendo in Sicilia.
Il considerarli centralisti e basta senza provare a dialogare con loro ed a convincerli a diventare realmente autonomisti non porterá da nessuna parte (secondo me).

Anonimo ha detto...

L'SNP rimane in Europa il più grande esempio di successo di un moderno nazionalismo, è inevitabile nominarlo spesso. Ma potremmo anche parlare del PNV Basco a cui alleati minoritari e più rissosi di esso non hanno mai negato un'alleanza in tempo di elezioni. Sarà possibile arrivarci anche in Sardegna? Speriamo. La Lega Nord funziona perché sa parlare al suo territorio: Non intende proletarizzare le genti e neppure proporsi come "non-nazionalista"...Semplicemente fanno il loro lavoro in base ad accordi programmatici e soprattutto ottengono risultati. Non vedo perché criticare qualcosa che funziona, la critica la si fa su ciò che non funziona ed è il nostro nazionalismo territoriale (incluso quello "non-nazionalista"). E perché poi dovremmo "convincere" PD e PDL che non sono autonomisti? E' l'indipendentismo che deve sviluppare capacità di governo e passare ai numeri di un consiglio regionale per condizionarne l'operato: Solo da quel momento in poi PD e PDL troveranno ridicolo attribuirsi dei compiti che fattualmente farebbero gli indipendentisti. Tagliereste insomma le gambe alla loro volontà di continuare a dire fandonie. Ma se nessuno li sfida sul loro terreno, quelli continueranno a spararle sempre più grosse mantenendo in realtà lo status quo. Un ipotetico PNS che tuona (ad esempio) sull'assenza di fondi all'isola renderebbe ridicolo l'operato dei Pidiellini che a chiacchiere hanno difeso l'isola ma nei fatti hanno votato sì in Parlamento il DPEF capestro. Sulla denominazione formale della Regione: Anche le "Repubbliche" socialiste sovietiche si reputavano appunto "repubbliche" ma non per questo il mondo libero ha omesso di usare il termine appropriato per descriverle: Regimi. Perché la Sardegna è autonoma (SOLO) sulla carta lo è automaticamente anche la sua classe dirigente? La cosa non sta in piedi. - B.A.

p.atzori ha detto...

Due cose dette qui mi va di rimarcare. Una di Roberto Bolognesi, anzi della sua compagna:
"La Sardegna non può essere indipendente, perché ha una classe dirigente penosa".
Commento: tutti sappiamo quanto tale giudizio corrisponda al vero. Il problema è allora formare una nuova classe dirigente. In attesa si può ridurre il numero dei consiglieri, per cercare di escludere i più penosi, i ronzini di stalla dell’autonomismo.
L’altra affermazione che m’interessa commentare è di Daniele Addis quando dice che “ i sardi, come gli spagnoli, i tedeschi, i francesi, ecc... non sono italiani”…
Commento: alla luce della lezione del prof. F.C.Casula, pur condividendo nella sostanza la posizione di Addis, si sa che siamo diversi per indole, tradizioni, ecc., siccome tra gli italiani siamo comunque i fratelli maggiori, direi che dobbiamo farci forti di questo. Il nostro giocattolo Italia dobbiamo smontarlo perché è mal riuscito. La strada del vittimismo non ha dato nessun frutto e corrisponde all’idea risorgimentale e fascista che l’Italia costituisca per noi la “madrepatria”. Né madre né matrigna, tutt’al più l’Italia è per la Sardegna una figliastra snaturata da riportare sulla retta via. Questo dovrebbe essere il nostro atteggiamento nei conflitti istituzionali futuri da far scoppiare a testa alta. Altrimenti l’opzione indipendentista continuerà a non avere alcuna chance.
Buona giornata a tutti, Piero

p.atzori ha detto...

una fiz''e bagassa

Andrea Maccis ha detto...

"Il nostro giocattolo Italia dobbiamo smontarlo perché è mal riuscito."
E' proprio questo punto di vista che secondo me si dovrebbe rinnovare: è il giocattolo Sardegna che non ha mai funzionato.
E' come se si desse per scontato che i problemi della Sardegna dipendono esclusivamente dal far parte dell'Italia, io non ne sono mica così tanto sicuro... ma magari sbaglio eh.
I problemi generali italiani si sommano ai nostri certo, ma i "problemi italiani" fanno più danno in Sardegna dei "problemi sardi"?
Io non sono detentore nè di verità nè di soluzioni, ma mi chiedo se un cambiamento nelle domande che si pongono i movimenti indipendentisti gioverebbe alla scena politica.
Ora si chiedono "Cosa potremmo fare da indipendenti?" e dicono "Quando saremo indipendenti faremo così".
E se invece cambiassero in : "A prescindere dall'Italia, cosa potremmo fare ora?", "Cosa abbiamo profondamente sbagliato fino ad ora?"
Solo mie opinioni personali eh, ma non vorrei che l'indipendenza politica (come dice Bolognesi) fosse solo un falso problema e di fondo ci fosse sempre il solito, ricorrente, apparentemente irrisolvibile problema dell'indipendenza culturale.
Buona giornata a tutti.

p.atzori ha detto...

Caro Andrea Maccis, non posso che condividere il tuo ragionamento. Magari i sardi avessero maturato il salto di qualità verso la libertà che tu in qualche modo auspichi. Solo ragionando a prescindere dall'Italia si può finalmente entrare in quella fase di conflitto istituzionale che ci porterebbe alla piena autonomia, ossia all'indipendenza.

Roberto Bolognesi ha detto...

Mi rendo molto bene conto che per me è facile parlare del COME anziché del CON CHI arrivare a quell'altrove (aterue!) a cui tendiamo, dato che io "altrove" ci sono già.
Posso permettermi di pensare a delle soluzioni, senza poi preoccuparmi di di trovare le persone con chi si dovrebbero mettere in pratica, visto che tanto io non ho la possibilità di realizzare queste soluzioni.
Mi rendo conto comunque molto bene che il problema del CON CHI è uno dei problemi fondamentali da risolvere: alla fine le cose le devono fare gli individui e la "chimica" interpersonale è quasi sempre determinante per il successo di qualunque impresa.
La STORIA non esiste: quello che esiste sono le nostre storie di piccoli individui.
Detto questo, penso che l'unico contributo che posso dare io sia proprio quello di uno che ha il privilegio/handicap di non dover/poter ragionare in termini di CON CHI portare avanti concretamente le cose che ritiene necessarie.
Scusate la franchezza, ma conosco la situazione sarda (e la politica in generale) sufficientemente bene da poter dire che tutti questi -ISMI di cui si è parlato corrispondono a persone fisiche ben precise.
Una delle poche cose che la STORIA può insegnarci è che i "grandi uomini" sono quelli che la STORIA stessa sceglie come strumenti.
In attesa che la STORIA si pronunci, mi sembra completamente inutile continuare a discutere su quale -ISMO ci porterà in paradiso.
Parliamo invece di cose sulle quale tutti quanti (in modo diverso) siamo d'accordo, senza però finora essere riusciti a concentrarci su quello che ci unisce.

1. LA MANCANZA DI UNA CLASSE DIRIGENTE SARDA DEGNA DI QUESTO NOME.
Cause? Effetti? Soluzioni?

2. LA CONTINUITÀ TERRITORIALE CON L’ITALIA.
È necessaria? A chi serve? Chi dovrebbe finanziarla? Perché?

3. LA GESTIONE DEL TERRITORIO
Da parte di chi? In che modo? Con quali obbiettivi? Di chi è il “territorio”?


Come argomento per poterci scannare liberamente propongo;

4. COSA È L’IDENTITÀ?

ma per non ridurre tutto al solito casino, limitandoci a scegliere tra l’Irlanda (prima del mare di soldi ricevutio dall’UE) e il Veneto attuale. Quindi: è meglio la “indipendenza” politica (con annessa dipendenza “culturale” dalla chiesa cattolica), unita a un’immutata miseria materiale e alla perdita della propria lingua “inutile”, ma ufficiale, oppure la ricchezza materiale, unita alla vitalità della propria lingua (non riconosciuta ufficialmente) e alla “dipendenza” politica (accompagnata da un’importante influenza sulla politica dello stato centrale) e a una cultura enofoba diffusa tra la popolazione?

Ovviamente, sarebbe stato più facile scegliere tra Catalonia e Sardegna, ma sarebbe stato anche troppo facile.

Roberto Bolognesi ha detto...

P.S.
Ovviamente: cultura xenofoba