di Francu Pilloni
Sabato scorso, nello storico Palazzo Vicereggio di Cagliari, sono state presentate le basi per dotare il sardo campidanese di regole certe e comuni per l’ortografia e le scelte lessicali più importanti. A sentire il Presidente della Provincia che ha presentato il lavoro di un comitato che ha svolto il lavoro, pare che si voglia fare sul serio e, ciò che più conta, procedere con un metodo alquanto democratico in quanto tutti possono fornire suggerimenti utili che migliorino la proposta contenuta in un volume intitolato appunto “Arregulas …”, nel senso di “Regole…”.
Chiaramente si fa riferimento a una lingua che è già stata “normalizzata” da secoli, qualcuno la chiama “Campidanese illustre”, ma il mio amico Carlo Pillai preferisce il termine di “Campidanese comune”, quello parlato e scritto non solo a Cagliari e interland, ma anche Oristano e in tutta quella mezza Sardegna che era la Provincia di Cagliari al tempo del Regno sardo. Una lingua dunque per “maestri” e non per “manovali”, che ebbe la sua patente di ufficialità, ad esempio, nell’Ordinanza del Prefetto di Cagliari del 1812 (cito a memoria) con cui si ordinava e si istruiva sulla lotta alle cavallette. Nel panorama di cattive prove di standardizzazione del sardo, c’è dunque una novità importante, anche perché in autunno il Consiglio Provinciale dovrebbe deliberare sulle “Arregulas”. In rete ci sono le proposte e anche un luogo di discussione.
Il mio parere, modesto e non richiesto, è che l’iniziativa non solo è lodevole e coraggiosa, di conseguenza dovrebbe scuotere un po’ di coscienze, anche se la considero ancora suddita di precedenti proposte o, forse, di punti di vista di personaggi evidentemente considerati importanti, di fronte ai quali ci si è “ribellati” curvando la schiena, come capita a noi, eterni vassalli. Questo comporta che nelle Regulas si trovino molte contraddizioni tra i propositi, i riferimenti portati ad esempio e i presupposti affermati in via di principio e gli esiti esposti in seguito. Senza trascurare una scelta di lessico molto restrittiva che penalizza la ricchezza espressiva della lingua stessa, oltre che escludere larga parte del popolo che in quella lingua si ritrova. Dunque a un errore tecnico si aggiungebbe un errore di strategia che, se non corretto come è possibile fare, anziché unire, spacca il fronte dei parlanti campidanese. Esattamente l’opposto di quanto il Comitato e la Provincia si augurano. Di quanto tutti ci auguriamo.
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