di Pietro Murru
Il parco del Gennargentu era una grande opportunità della quale noi sardi ci saremo dovuti appropriare. In Italia, e direi nel mondo, i parchi naturali sono stati sempre occasione di sviluppo. Non mi pare poi che i trentini o gli abruzzesi si pongano il problema dei turisti che “vengono a fare le foto ai nativi”. Forse dovremmo chiederci come mai ci sentiamo “nativi”. Avremmo potuto avere il parco, avremmo potuto farlo nostro, avremmo potuto farci venire i turisti 12 mesi all’anno, magari ospitandoli nei nostri alberghi o bed & breakfast, magari organizzandoci per bene, tutti insieme, perché ce ne sarebbe stato per tutti.
Invece il parco non si è fatto perché la lobby trasversale dei cacciatori appoggiata dai sostenitori del modello di sviluppo del tipo “alla Costa Smeralda” hanno raccontato ai “nativi” un sacco di cazzate, aggiungiamo poi un po’ di campanilismi di basso cabotaggio, incoraggiati per bene, e il gioco è fatto. Dunque per quattro “campioni” che vogliono continuare ad andare in quelle zone a sbronzarsi e a sparare a pennuti che pesano meno delle cartucce con le quali provano a colpirli, gente di cui mio nonno, che a caccia ci andava davvero e per fame, non avrebbe avuto neanche un briciolo di stima, per questa gente quei nostri gioielli naturalistici, prima o dopo, faranno la fine della Costa Smeralda, dove i sardi non possono nemmeno più entrare.
E si, perché la lobby dei cacciatori è solo un’avanguardia, dietro c’è ben altro, e altro che gli interessi dei sardi. Lo scorso anno sono stato a Santulussurgiu e la signora dalla quale alloggiavo, in uno splendido B&B, mi raccontava che le case della parte più vecchia del paese, e più straordinariamente bella, erano state quasi tutte acquistata da continentali. E si, perché mentre noi continuiamo a sparare cazzate e a far vedere ai turisti come siamo bravi a cuocere il maialetto arrosto, loro vengono qui, vedono i nostri tesori e vedono anche quanto siamo rincoglioniti, e zitti zitti comprano il nostro territorio e quanto di splendido ci sta sopra dandoci in cambio quattro specchietti colorati. E ci guardano sbigottiti sbraitare contro il parco mentre ci lasciamo colonizzare per davvero, e ci lasciamo colonizzare da quelli che il suv ce l’hanno sul serio, e magari hanno pure lo yacht.
In Costa Smeralda è andata proprio così, e di sardo non c’è più nulla, e i sardi, li si, sono i “nativi”, ed è esattamente questo che sta succedendo nelle nostre altre splendide coste e nell’interno. E la legge salva coste? Me lo ricordo quel paginone comprato da Briatore nei “giornali sardi” per spiegarci come quella legge fosse dannosa per noi “nativi”. E sta a vedere che adesso gli interessi del signor Briatore coincidono con quelli dei sardi. O magari vogliamo sostenere che gli allevatori sardi stessero aspettando la legge salva coste per ammodernare gli ovili? Ma di che parliamo?
Nelle campagna elettorale per le regionali Renato Soru non è praticamente mai comparso in tv, dall’altra parte Berlusconi ha condotto una campagna elettorale feroce su tutte le tv nazionali, per cosa? Per un bacino di un milione e mezzo (forse) di elettori? O magari perché anche il nostro caro presidente del consiglio, come Briatore, ha a cuore gli interessi dei sardi?
Caro Murru,
come è giusto che capiti, con chi scrive avendo idee e sale in zucca, non si può non essere d’accordo su alcune cose che lei dice, distaccati da altre e in aperto dissenso con altre ancora. D’accordo sul suo ragionare intorno alla Costa Smeralda, indifferente sulla sua critica a Berlusconi, in disaccordo profondo sul suo giudizio sul Parco del Gennargentu. O meglio, tanto per complicare di più le cose, d’accordo sulla funzione che avrebbe potuto avere il parco, in totale dissenso sul giudizio che lei da circa i motivi di contrarietà al Parco non idealmente inteso ma concretamente imposto.
Sarà perché, insieme a decine di persone, ho cominciato a leggere, a studiare, a esaminare in tutti i dettagli la legge 394 quando, nell’autunno 1991, ancora era una proposta di legge; sarà perché fu chiaro da subito che quella legge aveva un vizio di centralismo intollerabile; fatto sta nessuno in quel 1991 (e per molti anni avvenire) ebbe intenzione di dire no all’idea di Parco in sé, ma solo ad una legge che, in fatto di centralismo, aveva una coda di paglia tanto infiammabile da prevedere che solo previa intesa con la Regione sarda il Parco si sarebbe potuto istituire.
La L. 394 è ancora in vigore e non sto quindi ad elencare tutte le mostruosità contenute: è sufficiente leggerla. Basti dire che l’Ente parco, di nomina ministeriale e con una partecipazione ridicola di rappresentanti delle comunità interessate, si sarebbe sostituito ai comuni persino nella concessione delle licenze edilizie. Ci fu, poi, una sovrapposizione di centralismo a centralismo: la Regione firmò le intese con lo Stato senza sentire i comuni interessati, come persino la legge prevedeva. Il che comportò in sindaci affini a Federico Palomba un profondo imbarazzo e la doppia adesione alle ragioni di partito e alle ragioni delle comunità contrarie e in sindaci non affini alla Regione un disaccordo totale.
Lei, forse, è convinto che fossero vere le cose che i giornali hanno scritto per anni sulla longa manus della lobby dei cacciatori, sugli interessi non confessabili dei boss dei territori che sarebbero stati disturbati dal controllo del Parco, sulla volontà di gruppi di potere interessati a fare dei Supramonti una Costa Smeralda montana. Le cose non stanno così e difficilmente si potrà perdonare ad alcuni giornalisti l’opera di mistificazione della realtà. Certo che alla fine si unirono anche i cacciatori alla protesta, ma, a parte la considerazione che sono anche essi titolari del diritto di cittadinanza, i cacciatori sono stati sempre una piccola minoranza che legittimamente difendevano i propri interessi ma che mai sono stati alla guida dell’opposizione alla legge 394.
Lei, caro Murru, è legittimato a non credere a me, ma è tutto agli atti. C’è anche, per dire, un verbale redatto in una riunione alla Provincia di Nuoro in cui, per certificare l’adesione al Parco dei sindaci, si danno per votanti sindaci che non erano presenti e assessori che non hanno votato. Sono gli stessi sindaci, del resto, che il 21 ottobre 2005 hanno partecipato alla manifestazione di 10 mila persone (tutti cacciatori? Tutti banditi? Tutti desiderosi di una Costa Smeralda nel Gennargentu?) e che ai presidenti dei gruppi consiliari hanno chiesto di affossare il Parco. Questo il titolo nella prima pagina dell’Unione sarda del giorno dopo: “Manifestazione a Cagliari, maggioranza e opposizione d'accordo con i sindaci / Il Parco spazzato via”. E questo l’incipit: “Maggioranza e opposizione d'accordo, Giunta e Consiglio regionale si schierano con i sindaci del Nuorese e dell'Ogliastra per ottenere l'eliminazione del Parco nazionale del Gennargentu e costruirne un altro con il consenso dei Comuni”.
Disposti ad un altro Parco, dunque. Allora, perché oramai, dopo tanti imbrogli, credo che le comunità abbiano l’idiosincrasia al solo sentire la parola Parco. Foss’anche un parco giochi.
Nella foto: Un momento della manifestazione contro il Parco del Gennargentu
2 commenti:
Pietro Murru ha sritto:
Caro sig. Pintore,
innanzi tutto la ringrazio per lo spazio che mi ha dedicato e per la particolareggiata risposta al mio intervento. Le questioni che lei mi segnala essere state le ragioni delle barricate contro la legge istitutiva del parco del Gennargentu io le ho inserite nella categoria “campanilismi di basso cabotaggio”, con tutte le debolezze, certo, delle ampie categorizzazioni e con i distinguo non sottolineati che inevitabilmente ci finiscono dentro. Ritorno parzialmente sui mie passi riconoscendo una certa rilevanza ai problemi di cui lei fa cenno, continuo a pensare, però, che noi sardi non avremo dovuto permettere che quei problemi non si superassero o che addirittura la loro risoluzione non venisse rimandata dando comunque la priorità all’istituzione del parco. La legge poteva essere modificata, gli accordi tra le parti potevano essere trovati, se solo entrambe le parti avessero veramente voluto il parco, perché se il problema fosse stata veramente le legge e non ciò che essa istituiva io credo che la vicenda avrebbe avuto un altro esito. Continuo ad essere convinto che foschi interessi sulla Sardegna abbiano soffiato su una certa tendenza di noi sardi a non centrare bene il problema quando si tratta di capire come difendere davvero i nostri interessi, infatti, sottolineo ancora, il parco non si è fatto, non ne è stato fatto uno diverso nelle regole istitutive. Credo che noi sardi dovremmo tenere a mente un obbiettivo fondamentale: il nostro territorio va preservato ad ogni costo. Quando l’avremo perduto avremo perduto tutto, le lotte per vedere riconosciuta la nostra identità di popolo con la nostra lingua e la nostra storia, quella vera, diventeranno battaglie di retroguardia che ci faranno apparire ridicoli ai nostri stessi occhi, perché sapremo di essere ormai stranieri in patria, sapremo di aver perduto definitivamente la cosa per noi più importante: la nostra terra. Sulla Sardegna incombe una colata di cemento, ecco perché parchi e leggi salva coste sono obbiettivo di feroci campagne mistificatrici, diffamatorie e screditanti nei confronti di chi si batte per quelle ragioni (tipici elementi di un certo fare mafioso, non certo di chi si confronta per trovare, anche, compromessi politici che tengano d’occhio gli interessi delle popolazioni).
E così arrivo pure alle mie critiche verso questo governo italiano, e sottolineo questo perché è certamente vero che tutti i governi precedenti a prescindere dal colore si sono occupati poco e male della Sardegna ma questo mi pare voglia dare il giro di vite definitivo. (Circa la questione del colore dei governi, poi, occorrerebbe sempre ricordare che, tranne qualche recente parentesi rosso sbiadito tendente al bianco leggermente rosato negli ultimi quindici anni, il colore è stato sempre lo stesso, prima al governo c’erano quelli di prima e oggi ci sono i compari di quelli di prima. E si, perché forse è vero che certa cultura di sinistra è entrata in un certo modo, forse non sempre positivo, dentro le questioni sulle ragioni dell’autonomia, ma bisognerebbe ricordare sempre che al governo c’erano e ci sono altri.) A lei sembra normale una campagna elettorale come quella condotta dal presidente del consiglio per accaparrarsi una regione con quattro elettori? A me non sembra giustificabile soltanto politicamente. Esagero? Le ricordo che questo è il governo dei condoni edilizi e dello scudo fiscale, e all’estero non ci sono i soldi degli onesti lavoratori che hanno risparmiato una vita, e io credo che l’elenco si potrebbe pure allungare senza rischiare di uscire fuori tema. Non le sembra sospetto che un governo che ha così “a cuore” l’ambiente sia così affezionato alla Sardegna (non per tutto, peraltro, come lei sottolinea bene nel suo ultimo articolo sul blog)? Che sia tanto affezionato da tenere pure all’ammodernamento degli ovili? Questo è il governo del ritorno al nucleare, mentre il mondo va da tutt’altra parte. Dove pensa che si faranno le centrali nucleari? La Sardegna è uno dei pochi siti nuclearizzabili in Italia. Una centrale, o più di una, in Sardegna, magari non proprio una delle prime, non comporta alcun prezzo politico, per di più in Italia nessuno ha mai pagato un prezzo politico per una promessa fatta in campagna elettorale e poi non mantenuta, specie se nel frattempo ha cambiato poltrona. E poi, fra qualche anno, quando anche gli affari per i quali parchi e leggi salva coste sono un impedimento saranno stati felicemente conclusi, sulla pelle della nostra terra, a chi importerà di perdere quei quattro voti dei sardi?
Pietro Murru
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