venerdì 26 giugno 2009

Il complesso del pigmeo e la sindrome da pensione

di Francu Pilloni

Non sono un medico, non mi sarebbe piaciuto farlo perché il sangue mi fa impressione, per questo non parlo come un medico, oltre che per il fatto che non ne ho la scienza. Tuttavia una cosa l’ho imparata nella mia vita e cioè che bisogna diffidare di un individuo di bassa statura. Qualcuno di questi (non tutti per fortuna) forma un complesso di rivincita su tutto e su tutti, non esclude alcun mezzo per arrivare in cima. Credo che il “complesso del pigmeo” sorga quando, ancora bambino, l’individuo passi sotto un albero di ciliegio che non gli ha riservato proprio nulla, essendo transitati i suoi compagni con le braccia che arrivano ben più in alto delle sue potenzialità.
È proprio a questo punto che si accorge di avere un problema. Problema che aumenta col passare del tempo a causa di altri vissuti, nessuno dei quali premia la sua bassa statura; problema che matura allorché chiede di ballare alla stangona per cui sbava, la quale le poggia “naturalmente” le mani sulle spalle, come qualcuno che vuol conficcare qualcosa nel terreno. Ecco, proprio il senso di sentirsi “interrato” produce il senso di frustrazione che si muta in rabbia vera e propria contro i “normali”. E il fatto che l’altezza dei suoi attributi arrivino appena al ginocchio di lei, non lo conforta, lo fa sentire esposto anche come maschio.
Ricordo benissimo la faccia di un amico che, giovanissimo alla fine degli anni ’50, cercò fortuna a Roma dove, nei suoi racconti imposti ai paesani, imperversava il gallismo gratuito, insomma la tecnica di “cuccare” come dicono oggi. Proprio in un pomeriggio domenicale il nostro seguì imperterrito una bella stangona romana che passeggiava in centro, insidiandola a un passo di distanza con le sue parole. Mentre scendevano per la scalinata di Trinità dei Monti, la bella si ferma, si volta, aspetta che il nostro abbia terminato la litania delle sue banalità, lo guarda con disgusto e gli fa: “Aò! Nun vedi che sei un bassotto!”. Infatti, pur stando un gradino più in alto, il nostro era costretto ad alzare la testa per vedere in faccia la bella romana. Ricordo ancora l’amarezza del suo viso quando lo raccontò, né capisco perché e come abbia voluto e sia riuscito a parlare di una così dura esperienza.
Non vado oltre, sono sicuro che ciascuno attinge nel suo vissuto qualcosa che assomiglia, che nella cerchia delle conoscenze abbia qualcuno che risponde ai requisiti.
L’altra questione è la sindrome da pensione, che affligge sia l’operaio che il manager, intesi come categorie, che talvolta subiscono traumaticamente il passaggio dall’attività all’inattività, dalla responsabilità alla libertà, insomma dallo stato di lavoratore in servizio a quello di pensionato. Spesso la tensione viene vissuta così visceralmente che il soggetto va fuori di testa, non di rado arriva al suicidio.
Ora, si provi a pensare ad un manager col complesso del pigmeo che, arrivato in cima alla carriera, abbia da par suo condotto il gregge dei suoi sottoposti come un bravo cane da pastore, uno di quelli che conduce il branco di volta in volta al pascolo o al recinto, ad abbeverarsi o a riposare all’ombra, sostituendosi interamente alle pecore anche nel percepirne i bisogni fisiologici. Si pensi allo stesso modo al nostro manager complessato, uno che all’autorevolezza ha sostituito l’autoritarismo, attorniato da un branco di sottoposti che spesso provano anche ad anticiparne i desideri e le aspettative.
Pensatelo ora in pensione, allorché si è accorto che l’ufficio da lui diretto continua il suo corso anche senza di lui, che i più devoti fra gli ex dipendenti gli hanno tolto il saluto, qualcuno gli fa lo sberleffo, magari ha tolto qualche scheletro dall’armadio. Bene, riuscite a pensarlo questo individuo che ha accumulato grande conoscenza e scarsa scienza, con grossi tarli che gli rodono dentro, con l’idea che le precedenti ossessioni, da tutti condivise in ufficio, siano il suo biglietto da visita, riuscite a immaginarlo nell’attualità, con tanto tempo libero davanti e tanto livore dentro… cosa gli resta da fare, quando neppure gli “amici” si fanno trovare al telefono?
Due cose gli restano: una è il suicidio, improbabile, non è nelle sue corde, meglio così!, sono gli altri, per convinzione profonda, a doverla pagare; l’altra, più probabile, è l’imperversare nei blog.
E non si creda che non costi sacrificio dover restare anonimi!

2 commenti:

Gabriele Ainis ha detto...

Gentile sig Pilloni,
abito in un piccolo condominio, al secondo piano. Sotto di me vive una simpatica cagnetta (si chiama Sissi) che si tiene in casa due esseri umani ridotti in schiavitù, Ogni tanto, nonostante sia beneducata, lascia in giro degli omaggi poco simpatici, e capita di pestarli sotto la suola di una scarpa.
Quando capita, non mando una lettera a Sissi, naturalmente, lascio perdere e mi incazzo per un paio di minuti, poi non ci penso più.
Lei mi chiederà: Ma perché allora rispondi a me?
Un momento, capiamoci, non voglio assolutamente paragonarla a Sissi, ci mancherebbe, mi chiedo soltanto perché lei perda il suo tempo interessandosi di me!
Detto in altri termini: perché perde tempo con un pigmeo? (Assieme ad altri folkloristici frequentatori del blog?) Si rende conto che è la seconda lettera che dedica al terribile problema del gaddaroballo?
Io ad esempio non rispondo a Sissi perché per me ciò che fa è irrilevante, fastidioso. Ma non mi sognerei mai di assalirla dicendole che è una bastarda! (anche se è vero, però tanto simpatica e intelligente, basta vedere come comanda i miei due amici).
Chissà! La mente umana è un sistema complesso che si studia con la teoria delle reti, ed io, in materia sono scarsino. Il motivo lo saprà lei (forse) però, a beneficio di chi ha voglia di leggere, le dico la mia opinione.
Lei scrive di me perché il pigmeo gaddaroballo parla per fatti, e chiede di ragionare con la propria testa. A un rompiballe di tal fatta che si risponde? Con i fatti, ovviamente: mi dica ad esempio cosa c’è di sardo a El-Ahwat (nulla) cosa c’è di shardana nel libro di Ugas (nulla) se sia vero o meno che il curriculum di Zertal sia mediocre (sto aspettando), se sia vero o no che il sig Sanna non ha alcuna credibilità scientifica (non ha mai pubblicato nulla di rilevante) e così via....
Peccato che per rispondere con i fatti bisognerebbe averne, e invece non ce ne sono! E allora?
Allora si urlacchia un po’ si solleva polvere, la nebbia per cercare di mascherare una sconcertante verità: che non ha nulla da dire! Per cui risponde come può, perché qualcosa bisogna cercare di dire.
E io, allora, perché le rispondo?
Perché lei è un aiuto preziosissimo per dimostrare che nella fantastoria e fantascienza che propugnate non c’è nulla di serio, come non potranno fare a meno di notare i frequentatori del blog. Io parlo per fatti, lei per pigmei. Crede che i lettori siano cretini?
Certo per parlare con i fatti bisogna conoscerli. Ad esempio per trovare l’articolo di Zertal che ho mandato al sig Pintore, ho passato due giorni alla biblioteca nazionale di Torino, ho attivato un prestito interbibliotecario e pagato dodici euro e cinquanta (recentemente l’hanno anche aumentato, accidenti!). Studiare costa, sa? É più tedioso che leggere un’intervista, ma io sono fatto così, cosa vuol farci, se leggo un’intervista pretendo di capire i fatti che ci sono dietro. Altri si accontentano, io no (questo devo averlo già detto).
Quindi scriva ancora e tanto, i lettori del blog non aspettano altro: risposte prive di fatti e dense di insulti, un bel modo per darmi ragione.
Quando vorrà parlare di fatti (sto ancora aspettando che il sig Pintore mi risponda in merito a Zertal e al resto) le risponderò volentieri.
Cordialmente
G. Ainis

Gabriele Ainis ha detto...

P.S – A proposito di identità: ho personalmente comunicato al sig Pintore, che ricevendo le mie mail e i miei post può rintracciare il mio IP e la località dalla quale scrivo, così come può controllare chi si nasconde dietro un proxy. Fortunatamente gli anonimi in rete sono molto meno anonimi di quanto credono di essere.
Ci sarebbe anche da dire che crackare blogger.com è una cosa da ragazzi (diciamo tredici anni, basta vedere i siti italiani di hacking), quindi se un burlone volesse, pur non essendo il sig Pintore, potrebbe capire facilmente se sia poi vero che gli amanti dell’antropologia non scrivano anche altro.
Ma naturalmente certe cose non si fanno: meglio cercare negli elenchi telefonici, non si trova un accidente ma non si viola la legge. E poi dà la possibilità di non rispondere ai fatti.