di Andrea Lai
Deo puru mi so ispantau, ca appo bidu su de battor assiomas de Cristiano Becciu (Bècciu, si a issu li piachet de prusu): de sa limba sarda 'nde poden faveddare e iscrivere sos sardofonos ebbia, sos chi su sardu lu ischin faveddare e iscrivere. Custa cosa, lu deppo narrere, a mimme non mi piachet: deo su sardu lu faveddo e lu iscrivo cando 'nde appo gana deo, non ca mi lu narat calecunu. Nemmos bi podet intrare in sa libertade mea. Si Becciu podet faveddare de italianu in sardu, deo potto faveddare de sardu in italianu!
Sa cosa prus de importu, peroe, est chi su sardu ei sa politica linguistica supra su sardu sun de tottu sos sardos: si calecunu at pessau chi sos italofonos deppen abbarrare a sa muda in custa faina, chi non bi deppen intrare, abbisumeu at pessau male, ca semus faveddande de politica linguistica chi semus fachende e amus a fachere chin su dinare de tottu sos sardos.
In italiano, adesso. Vedo che il senso del mio intervento forse è sfuggito un po', ma anche questo è tipico delle contrapposizioni che nascono ovunque ci sia il problema della promozione delle lingue minoritarie: io credo sinceramente nel dialogo e penso, perciò, che lentamente ne uscirà qualcosa. Nel mio precedente intervento, volevo rendere il quadro più chiaroscurato, condividere la mia idea di come le certezze incrollabili che derivano dall'applicazione di modelli sperimentati altrove possono essere il preludio della catastrofe (se avrò tempo e ospitalità, prossimamente porterò l'esempio di situazioni in cui l'applicazione di un modello di standardizzazione del tipo oggi sperimentato in Sardegna ha allontanato i parlanti dalla lingua minoritaria). Provo ad aiutarmi con parole di altri, allora.
"Documento sociolinguistico
Gli studiosi intervenuti al Convegno La legislazione nazionale sulle minoranze linguistiche. Problemi, applicazioni, prospettive. In ricordo di Giuseppe Francescato tenutosi a Udine nei giorni 30 novembre - 1 dicembre 2001, hanno preso in esame le problematiche inerenti l'attuazione della legge 482/1999, della legge 38/2001 concernente la minoranza slovena e in generale il quadro legislativo e normativo che investe la tutela delle parlate di minoranza.
Dal dibattito congressuale e dalla riflessione che ne è seguita sono emerse alcune osservazioni e preoccupazioni che la comunità scientifica, nell'intento di contribuire a una applicazione efficace e attenta alle effettive esigenze e ai reali equilibri delle comunità linguistiche oggetto dei provvedimenti di salvaguardia, offre all'attenzione di tutti coloro che sono coinvolti nella fase di attuazione delle misure previste dalle suddette leggi.
Di tali considerazioni forniamo qui di seguito un sintetico quadro riepilogativo, confermando la disponibilità delle Società scientifiche rappresentative degli studiosi di Scienze del Linguaggio (ad es. "Società Italiana di Glottologia", "Società di Linguistica Italiana", "Associazione Italiana di Linguistica Applicata") e delle strutture universitarie a cui essi fanno riferimento a offrire sistematica collaborazione alle istituzioni chiamate in causa.
- E' necessario che, per evitare pregiudizievoli effetti omologativi, nella tutela di ciascuna delle minoranze linguistiche interessate, si tenga conto:
a) della singolarità di ciascuna lingua locale
b) del peculiare profilo sociolinguistico, ossia della composizione del repertorio di ogni singola comunità linguistica
- Si deve tenere presente che caratteristica peculiare, anche se non esclusiva, di ogni lingua locale è l'oralità. Le iniziative di standardizzazione delle forme scritte devono tenere in massimo conto le effettive forme orali anche nelle loro varianti; tali iniziative devono comunque presentarsi come solamente indicative, evitando ogni carattere costrittivo che può essere percepito dai parlanti come una grave forzatura e condurre a risultati opposti a quelli desiderati.
- Deve essere favorita in ogni modo la 'comunicazione effettiva' accanto alla 'comunicazione istituzionale'. Questo significa che, soprattutto a livello di formazione, si deve operare ogni sforzo per l'educazione alla tolleranza normativa.
- Si devono riconoscere altresì tutte le condizioni di eteroglossia non menzionate dalla Legge 482 (ad es. tabarchini e galloitalici del Meridione) il cui status sociolinguistico sia di obiettiva alterità rispetto alla lingua nazionale e/o al tipo idiomatico prevalente nell'area di insediamento.
- Si deve valutare la necessità di garantire forme specifiche di riconoscimento e tutela delle minoranze disseminate o 'diffuse' e delle 'nuove minoranze' dotate di un proprio progetto di radicamento con apposite normative e relative risorse..." (il documento intero in http://web.uniud.it/cip/cip_conv_legislazione_naz.htm.
C'è di che riflettere, mi pare.
p.s.: mi scuso in anticipo se in qualche parte del mio intervento c'è traccia di polemica.
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