Una bella ballata di Enzo Jannacci sfotte coloro che "pur essendo testimoni di fatti importantissimi e determinanti dell'avvenire della civiltà, neanche se ne accorgono". Fra costoro, a leggere i giornali di oggi e ascoltado i telegiornali di ieri che riferivano della celebrazione di Sa die de sa Sardigna nel nostro Parlamento, sono certamente arruolati i responsabili della stampa sarda. Penso agli striminziti servizi televisivi di ieri che si sono occupati dello straordinario avvenimento (riportato integralmente nel sito della Regione) con lo stesso tempo dedicato a una notizia di cronaca nera; penso alla vergogna della "L'Unione sarda" che oggi gli dedica una decina di righe e una foto, ma penso anche a "La Nuova Sardegna" che, pur segnalando in prima pagina l'avvenimento a cui dedica un servizio più esteso, non resiste alla tentazione di segnalare un'avversione di fondo: "Soru in aula celebra Sa Die in campidanese". Non in sardo come è giustamente scritto nel sito della Regione e come lo stesso Soru ha detto: no, in campidanese.
Resta, spero, la svolta che il giornale vicino a Soru ha dato alla sua politica linguistica, che domenica qui ho segnalato. Ma resta intatta la fronda dei fans del re di Prussia, pervicacemente sardofobici. E insensibili all'emozione che ha preso me, e credo gran parte dei sardi correttamente informati (non molti purtroppo), nel vedere i deputati al Parlamento sardo in piedi e tutti insieme cantare l'inno nazionale sardo.
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