giovedì 11 novembre 2010

Quel proconsole dell'archeologia sarda

Ai nostri soprintendenti archeologici non manca certo la fantasia. Parlando con un giornalista hanno assicurato: “La situazione dei siti archeologici è sotto controllo”. A parte qualche problema con un costone davanti a Nora, il palazzo di Re Barbaro a Portotorres e alcuni resti di epoca romana, il resto è tutto ok. Del resto, dice Marco Minoja, soprintendente di Cagliari e Oristano “il grosso del patrimonio monumentale sardo è costituito dai nuraghi, opere ciclopiche che hanno resistito tremila anni. Difficile che possano venire giù”.
E dopo la fantasia, la faccia tosta. Lamenta il Minoja la scarsità di fondi pubblici e come dargli torto. Pensate, dice, che “quest'anno solo 100 mila euro li abbiamo spesi per i lavori urgenti a Nora. Come si fa a ipotizzare una programmazione ordinaria nel territorio con 250 mila euro restanti? Non si può. Ecco perché si deve ricorrere sempre agli interventi straordinari. Per Nora ho chiesto e ottenuto un milione di euro ricavati dall'otto per mille. Come si vede una disparità enorme”.
A parte che anche quel milione di euro è denaro pubblico, affidato dai contribuenti allo Stato, chi ha deciso di impiegarlo per Nora, invece, che so?, per recuperare, bonificare e aprire al pubblico le tombe di Sa Pala Larga, sigillate a cemento e invase dall'acqua? O per liberare il Nuraghe Losa dall'ingombro scandaloso dell'elettrodotto che lo sorvola? O per terminare gli scavi delle tombe di gigante di Madau? Chi, insomma, detta le priorità?
La risposta in questa frase: “Oggi si vuole fare una legge regionale per promuovere il discorso sulla Sardegna nuragica e Atlantide con un finanziamento di 15 milioni e magari non si mettono a bilancio i fondi per il restauro di un sito o di un monumento. Sono i politici a dettare le priorità e di questo si devono assumere le responsabilità.” Basta leggere la legge, che batte sul dente che duole, la civiltà nuragica, per rendersi contro che essa è fatta anche per restaurare siti e monumenti. Ma non solo quelli che sono degni per Minoja: i resti di epoca romana e quelli di epoca punica e quelli di epoca fenicia e i resti di tutto ciò che non puzzi di nuraghe. Che sono lì da millenni e mica si metteranno oggi a fare i capricci.
Se davvero fossero loro a dettare le priorità, i politici sardi avrebbero una grande responsabilità: non aver chiesto al governo sardo di esprimere il proprio non gradimento a funzionari dello Stato che pensano, e agiscono, come proconsoli.

L'assessore della cultura incontra su Comitadu pro sa limba sarda

In attesa del varo del Piano triennale per la Lingua Sarda 2011-2013, l’assessore della Pubblica Istruzione Sergio Milia ha incontrato una delegazione de Su Comitadu pro sa limba sarda per valutare indirizzi e strumenti di intervento della Regione a favore della diffusione della lingua e del suo utilizzo. Dalla riunione, cui hanno partecipato Mario Carboni, in veste di coordinatore dell’organismo, Gianfranco Pintore, Maria Antonietta Piga, Michele Pinna e Antonimaria Pala, è emersa la disponibilità dell’assessorato ad avviare con il Comitato percorsi di ascolto e concertazione delle linee strategiche della Regione in materia di politica linguistica. 
“E’ stato un incontro più che positivo – ha sottolineato l’assessore Milia – dove si è deciso di portare avanti azioni comuni in difesa della lingua sarda, per la sua valorizzazione e per il suo maggior radicamento culturale”. Le proposte del Comitato, che ha espresso apprezzamento per la sensibilità mostrata dall’esponente dell’esecutivo regionale con l’avvio di diverse iniziative tra cui l’Atlante Toponomastico e il Correttore regionale ortografico, saranno approfondite in una serie di incontri programmati periodicamente dall’assessore con gli esponenti dell’organizzazione. 
“Uno dei progetti a più breve termine, da condividere con il presidente Cappellacci e gli altri assessori  – ha anticipato Milia – riguarderà la realizzazione della versione in lingua sarda del sito istituzionale della Regione Sardegna, così come già avviene in Catalogna e negli altri paesi europei dove sono presenti minoranze linguistiche”. Intanto, l’attenzione è concentrata sulla prossima Conferenza regionale della Lingua Sarda, importante strumento di raccordo tra la Regione e gli enti locali, le Università, le istituzioni scolastiche, le Sovrintendenze e gli operatori culturali del territorio.


E' quanto ieri sera il nuovo assessore della Cultura Sergio Milia ha comunicato ai giornali che stamattina si guardano bene da pubblicare o citare. Lo hanno fatto finire nel cestino, già pieno di documenti comunque riguardanti la lingua sarda. Eppure, oltre a quella, piuttosto inconsueta, di un incontro fra un assessore della cultura e il Comitato per la lingua sarda, c'è una notizia unica: riguarda l'impegno all'ascolto e alla concertazione delle linee strategiche della Regione in materia di politica linguistica. Sarà per un'altra volta. [zfp]

mercoledì 10 novembre 2010

Quella indigesta prosa in sardo

di Micheli Podda

Un minestrone di verdure spigolose e rinsecchite difficili da inghiottire: questa è la sensazione durante la lettura di un brano in prosa sarda. Con tutto il rispetto per i numerosi cultori che, con passione, dedizione e impegno, tentano di ridare vita e dignità alla lingua dei nostri padri. 
Motivo? Da parte mia e dei lettori in genere, la mancanza di dimestichezza verso il sardo scritto. Da parte degli scrittori la sempre più diffusa abitudine di spacciare per prosa sarda quella italiana travestita da sarda. E' incredibile quel che si riesce a fare! Continuando così, ma senza dover aspettare tanto, la "lingua sarda" sarà quella più ricca fra tutte le lingue del mondo, perchè avrà al proprio attivo, oltre al proprio lessico, tutte le voci ed accezioni della lingua italiana, circa trecentomila, naturalmente sardizzate, con "u" o "s" finali e con "tz" in corpo di parola. Sarà, o meglio è già una lingua composta prevalentemente di "neologismi", dunque oltre che ricca anche nuova e moderna, in linea con i tempi; che fortuna, ne faremo di strada!
Qualcuno va anche oltre, e prende un'altra scorciatoia: fa letteratura sarda scrivendo direttamente in italiano. Certo, sembrerebbe un po' troppo,  ma almeno il tentativo di bluff è manifesto, quantomeno non si fa finta di scrivere in sardo coprendo un malcelato italiano.
Vorrei portare qualche esempio di quel che affermo, ma non cito i documenti degli Ufìtzios de sa Limba Sarda, nè documenti politici in sardo, nè traduzioni di testi di storia, di scienze...perchè lì è fin troppo chiaro, ognuno lo vede immediatamente. Voglio mostrare qualche caso più serio e sottile, di quelli che possono sfuggire a chi pure è bravo, attento e competente, nell'idea di convincere studiosi e appassionati  ad essere più prudenti e sopratutto a ricercare continuamente fra chi ancora parla un sardo schietto, emendando però all'occasione, diffidando di tutto e di tutti per individuare la gramigna italiana. 

martedì 9 novembre 2010

Una ciofeca nel Paleosardo targato Blasco Ferrer

di Alberto Areddu

Come prevedevamo, ma saetta previsa vien più lenta, il tanto preannunciato (in due articoli, uno su Quaderni Bolotanesi e l'altro sulla ZRPh) saggio che avrebbe dovuto reindirizzare la futura ricerca sulle origini del paleosardo, si è rivelato un'autentica ciofeca. Il saggio di cui stiamo parlando è intitolato: Il Paleosardo. Le origini linguistiche della Sardegna neolitica, Ed. De Gruyter, per la gloriosa serie delle BZRPh, al modico prezzo di € 89. Il testo è comunque ampiamente scaricabile dal sito http://paperc.de/10311-paleosardo-9783110235609, previa registrazione.
I motivi che sostanziano la cattiva qualità dell'elaborato sono tanti. Innanzitutto, la proposizione della chiave basca, già da diversi anni sondata e rivelatasi inconsistente (richiamo qui i lavori dello studioso basco della Sapienza Julian Santano Moreno), secondariamente il modus stesso in cui viene decantata tale miracolosa scoperta. Tutti i predecessori del Blasco Ferrer appaiono come dei poco capaci, superficiali, ampiamente stroncati dalla critica e così via. Lasciamo parlare uno che aveva previsto tutto, il Pittau (Paleosardo: fine di un rebus):
"Nell’articolo in questione [su Quaderni Bolotanesi] il Blasco ha anche scritto che «la Comunità scientifica ha già stroncato in più sedi internazionali le note ipotesi sulla parentela del Paleosardo con l’Etrusco (Massimo Pittau) e quella più recente che considera la lingua encorica dell’Isola un sistema “italide” vicino al Latino (Mario Alinei)»; ed anche questa volta, con disonestà scientifica e pure umana, il Blasco non ha citato nessun autore e nessuno scritto."

lunedì 8 novembre 2010

Scultura di Eleonora d'Arbareê a Mogoro? Forse

di Gigi Sanna

Che avesse perfettamente ragione Francesco Cesare Casula, docente di Storia Medioevale dell'Università di Cagliari, quando nel 1984 comunicò di aver individuato, effigiati nei peducci pensili della volta a crociera dell'abside della chiesa di San Gavino Martire in San Gavino, i busti dei Giudici di Arborea Mariano IV ed Ugone III, della Giudicessa reggente Eleonora e di Brancaleone Doria marito di questa?
L'ipotesi, come si sa, oggi è quasi 'passata' e, comunque, tenuta nella massima considerazione, ma in quegli anni fu motivo di aspre polemiche e molto contrastata, in alcuni ambienti, da parte di storici e di storici dell'arte.
A rafforzare però l'annuncio della scoperta della chiesa di San Gavino come 'pantheon' degli Arborea spunta oggi inopinatamente una effigie singolare che si trova nel peduccio di un'arcata di una antichissima casa di sicuro periodo basso -medioevale della cittadina di Mogoro, sede questa – come si sa - di un' importante curatoria giudicale .
Detta effigie, di chiara tipologia medioevale, riproduce le fattezze di una donna dai lunghi capelli divisi da una scriminatura centrale e ricadenti sulle spalle. Il busto di essa è assente perché interamente sostituito, in maniera – sembrerebbe - assai significativa e allusiva, da una splendida decorazione ovvero da un singolare e ricco motivo fitomorfo (albero con rami e foglie).
E' apparso subito abbastanza evidente allo scopritore Bernardino Maccioni (noto Dino), noto poeta e cantautore mogorese, nonché studioso appassionato delle varie antichità del suo paese, che la singolare scultura presentava delle forti analogie con la figura femminile che nella chiesa medioevale di San Gavino rappresenterebbe, stando agli studi del prof. Casula, la figura di Eleonora (1340 -1404), figlia di Mariano IV d'Arborea e sorella di Ugone III e di Beatrice.


La doverosa prudenza con cui Gigi Sanna riferisce le convinzioni dello scopritore della comunque importante statua di Mogoro non può toglierci la sensazione che forse siamo di fronte ad una notevole scoperta per la nostra storia. Il professor Cesare Casula, che individuò a San Gavino la statua di Eleonora (riprodotta all'interno di questo articolo), gli altri medioevalisti e gli storici dell'arte renderebbe un grande servizio alla Sardegna, esprimendo il loro parere su questa statua. Intanto, a chentu annos cun salude e trigu a muntone, Gigi Sa'. [zfp]



domenica 7 novembre 2010

Pompei e Sa Pala Larga. Ed Ollolai, c'entra c'entra

di Gigi Sanna

Sa Pala larga? E che è? Dove si trova? Non ne parla nessuno né qui in Sardegna né altrove. Né se ne parlerà, suppongo. Chi ne parla sono i nessuno, i sardisti reazionari piagnucoloni, gli scalmanati, i perdigiorno solo in vena di fare casino per il casino, magari facendosi appoggiare da qualche sprovveduto bastiancontrario e non allineato archeologo 'istranzu' . Tutto Ok per quanto riguarda la tutela dei beni culturali isolani. Infiltrazioni d'acqua, crolli, rischio di annullare le tracce della 'scrittura' del passato? E chi se ne frega? Dalle domus de janas vengono asportati i graffiti del neolitico? Scompaiono cervi e tori? Si sfregiano le pareti? E chi se ne frega! A Monti Prama c'è stato (e forse c'è ancora!) per un ventennio un vero e proprio saccheggio del sito, l'asportazione clandestina della maggior parte delle teste delle 40 e più statue di Monti Prama, il furto collettivo di un intero tempio a colonne o ad Antas? E chi se ne frega? Chi se ne frega del passato dei Sardi! Quasi fossero Fenici o Punici!
Le ultime notizie ci dicono che è crollata la Casa dei Gladiatori di Pompei. Un disastro terribile, storico, culturale, architettonico, artistico. Ma guarda un po'! Già ne parla la stampa di tutto il mondo! E' il capo dello Stato in persona che giustamente s'indigna, che anzi s'incazza a morte e che chiede spiegazioni!
Qui i 'capi' politici nel loro piccolo non s'indignano, buoni buoni non protestano neppure, non chiedono spiegazioni. Ci mancherebbe, con tutte le rogne giornaliere della spartizione del potere e del controllo del voto popolare! Tutto Ok. Articoli di accorato appello di giornalisti e di 'sedicenti' studiosi,petizioni di parlamentari, migliaia di firme di gente incazzata per l'indifferenza circa la sparizione e l'imboscamento delle testimonianze documentarie scritte degli antichi Sardi? E chi se ne frega! Tutto Ok. Qui c'è il passato dei pidocchiosi sardi pelliti, cioè il nulla assoluto degli antenati di Ampsicora, mica il passato glorioso di Roma, con tutto il ricordo di morte, sublime davvero, dei gladiatori delle colonie, sardi compresi.


Proprio così, caro Gigi. Chi se ne frega? Oggi i giornali si indignano, giustamente, per il crollo a Pompei. Fra essi Il Corriere della Sera che dà tre pagine al disastro, una delle quali è dedicata all'allarme del mondo dell'archeologia e dei beni culturali in genere in Italia. C'è un grido che riguarda, nell'ordine, Abruzzo, Campania. Emilia Romagna, Friuli, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia, Veneto, Lombardia, Toscana. E sì, la Sardegna non c'è, la situazione dei suoi beni culturali non desta neppure una piccola preoccupazione.
Noi vecchi paleo sardisti, più o meno indipendentisti, sappiamo bene come mai e, essendo mediamente di buone letture, sappiamo perché: l'Italia, anche nelle sue strutture periferiche, difende giustamente le sue radici classiche, fenicie, puniche, greche, romane. L'Unione sarda pubblica oggi una interessante intervista con il soprintendente Rubens D'Oriano sulle radici greche di Olbia, non del nome della città, proprio dell'insediamento umano. Quello che, come certificano i resti di nuraghi e monumenti nuragici, preesiste a greci, fenici, romani. Mica glielo ha imposto Bondi di dire che gli antichi abitanti di Olbia erano greci. Mica lo impone Bondi a privilegiare l'ennesimo scavo di Sirai rispetto alla messa in sicurezza di Sa Pala Larga (oggi inconsapevole portavoce di tanti altri scempi).
È lo Stato, non questo o quel governo, a imporre a scuola l'amore per il classico e la disistima per il barbaro. Se è vero, come dicono i retori dell'Autonomia, che lo Stato in Sardegna è la Regione (terribile sciocchezza, ma viene detto) io credo che debba essere la Regione a fare quel che Roma fa per la civiltà classica: assumere preistoria, protostoria e storia sarda come radice del nostro essere comunità, o se vi vuole nazione.
In questo senso – ma va raffinata – va la proposta di legge dei Riformatori sardi, quella dei dieci milioni annui per il nuragismo. Non è un caso, credo, che essa abbia suscitato l'indignata reazione di quanti pensano e proclamano che “i nostri antenati erano alti e biondi e si chiamavano romani e greci e punici e fenici”. È una buona maniera per essere riconosciuti anche da quelli che classico uber alles. Chi sa perché mi torna in mente quanto raccontava il nostro comune amico Michele Columbu.
Quando era sindaco di Ollolai, si accorse un giorno che le carte del TCI segnalavano Gavoi ma non Ollolai. Scrisse: “Caro Touring club, mi accorgo oggi che ignorate il mio paese e mi dispiace. Sappiate però che anche Ollolai ignora il TCI”. Qualche tempo dopo, una nuova edizione della carta riparò all'omissione. Caro Touring club – scrisse allora il sindaco – vedo con grande piacere che avete finalmente riconosciuto Ollolai. Sono però desolato nel significarvi che Ollolai continua a non riconoscere il TCI. Non so perché, ma mi sa che questo ricordo sia appropriato. [zfp]

Sa literadura est meda prus de literadura

de Antonimaria Pala

In s'arrèsonu de custas dies in sa Nuova Sardegna, si giogat a cunfùndere s'iscritore cun s'opera sua. B'at literadura in limba minoritària e literadura in limba de cumandu ma cando sa literadura est in una limba minore chi est ufitzializada e amparada dae una lege de s'istadu, non si cumprendet cale est sa discriminante chi nche li leat su diritu a èssere literadura autònoma dae sa limba printzipale de s'istadu.
Cando unu contadore iscriet in sardu faghet literadura sarda. Cando impreat àtera limba pro contare, est unu iscritore sardu chi faghet sa literadura de sa limba chi impreat, italiana chi siat o in limba diferente. E non b’at bisonzu de si partzire in duos. S’òmine e s’iscritore arreat intreu e fortzis finas prus forte. Non creo chi si como deo o chie si siat si ponet a iscrìere unu romanzu in tedescu, siat faghende literadura sarda, mancari siat ambientadu in Sardigna o tenzat gente e fainas chi pertocant sa terra nostra.
Cando custu capitat in istados comente a cussu italianu chi est plurinatzionale e multilimba, sa cosa est crara. Non tenet sa isfumaduras chi cumbinant in àteras situatziones estremas, comente a istados post coloniales. Sa Sardigna est galu colònia, ma cun una limba reconnota. Unu iscritore sardu chi iscriet in àtera limba chi non siat sarda sighit a èssere sardu su matessi. E finas iscritore sardu, abarrat, sena chi niune lu potzat contrariare.
Gasi comente, si iscriet in sardu, nemos nche lu podet bogare dae èssere parte de sa literadura natzionale sua. Est craru chi pro cumprendere a fine custu, tocat de cumprèndere chi sa Sardigna est una natzione. Sa literadura chi nche bessit a campu si no iscriet in sardu pigat su nùmene dae sa limba. Ca sa literadura no est petzi s'iscritore ma meda de prus su contu in una limba pretzisa. Sos iscritores chi impreant carchi paràula de àtera limba siat sarda o frantzesa o ingresa o italiana sighint a èssere parte de sa literadura in cussa limba e non bi abastat chi nche pischent carchi paràula o frasighedda pro li dare su sègliu de su logu dae in ue leat a imprestu carchi nùmene de logu o manera de nàrrere fitianu pro inditu editoriale sighende sa sugestione de una Sardigna pintada comente la cherent sos de fora.
Duncas est malu a cumprèndere (pro como) s’afannu de chie si cheret parte de sa literadura sarda iscriende in italianu o de chie cheret mutire sa literadura sarda comente multilimba. Fortzis – ma tenzo dudas meda – si una die sos sardos si ant a autodeterminare e ant a pònnere s’italianu comente limba ufitziale posca de nche àere ispèrdidu su sardu, amus a faeddare de literadura sarda finas pro cussa cosa contada in italianu. Ma mi paret prestu a ispìnghere a cuss’ala, dae como, mancari pessende a sa republichedda italiana de Sardigna indipendente o federada cun s’Italia.

Sa debata in contu de custa chistione est aberta e siat in Facebook, e siat in sos sitos de Roberto Bolognesi e de Michela Murgia. [zfp]