di Luca Campanotto
Habent sua sidera lites; non possono tuttavia sottacersi le numerose e gravi perplessità sollevate dalla Sentenza della Corte Costituzionale dd. 10 Febbraio 2009 - 18 Maggio 2009 - 22 Maggio 2009 n. 159, che ha definitivamente accolto quasi tutti i rilievi governativi formulati con l’impugnazione di alcuni commi della L. R. 29/07 della Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia, sulla lingua friulana (ricorso n. 18/08).
Sin d’ora chi scrive non nasconde certo tutta la sua delusione e preoccupazione. Sono letteralmente sconvolto. La Provvidenza ci ha tuttavia imposto quest’ardua prova affinché si possano approfondire e diffondere ulteriormente le ragioni fondanti l’identità linguistica e culturale di questa Regione Autonoma. Lo scatenarsi di certe opposizioni e resistenze è la più sicura conferma che il Friuli, finalmente, sta iniziando a fare sistema e si sta muovendo sulla strada giusta. Questi giorni entreranno sicuramente nella nostra storia.
Le peculiarità di una sentenza per nulla scontata e gravemente problematica.
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domenica 31 maggio 2009
venerdì 29 maggio 2009
A studiare l'epigrafia nuragica si scopre...

Continua con successo ad Oristano il corso di epigrafia nuragica tenuto dal professor Gigi Sanna. Nella seconda lezione, l’attenzione è subito rivolta all'analisi di alcuni riferimenti bibliografici che riportano ai secoli passati, quando si hanno le prime testimonianze di scritture o iscrizioni non interpretabili.
Scopriamo così che alcuni importanti studiosi avevano dato notizia di ritrovamenti di scritture non riconducibili agli alfabeti allora conosciuti. In particolare Zonchello S. A., nel suo "Il culto fallico in Sardegna e presso altri popoli della terra", ci da notizia del ritrovamento, presso il nuraghe Corbos (Silanus) di iscrizioni con segni definiti "geroglifici/punici" non traducibili. Anche il compianto prof. Sardella nel suo "Il sistema linguistico della civiltà Nuragica" ci da notizia che Erdas, nel suo libro "Sardigna"riferiva del rinvenimento presso il nuraghe Losa di analoghe iscrizioni (che il Sardella riconduceva ad un sistema cuneiforme).
Il Casalis (o meglio Angius che riporta la testimonianza) ci informa del ritrovamento , nei pressi di Nuralao, di un documento inciso su pietra con iscrizioni che nessuno dei "letterati" di allora fu in grado di tradurre.
Il panorama quindi si amplia; altri ricercatori e studiosi avevano evidentemente "intuito", nei secoli precedenti, la presenza di forme di scrittura non riconducibili al fenicio o latino, ma queste note in un modo o nell' altro furono lasciate cadere e non sufficientemente approfondite.
Ciò che emerge, quindi, è la scarsa conoscenza degli alfabeti pre-fenici ( es protosinaitico e paleocananeo) di molti archeologi, che privati di importanti strumenti di interpretazione, hanno avuto ed hanno tuttora difficoltà a riconoscere questi simboli come forme di scrittura.
Il ritrovamento delle cosiddette tavole di bronzo di Tzricotu ha in qualche modo rilanciato e legittimato nuove ricerche e approfondimenti sulla scrittura nuragica.
Molto interessante l’identificazione del simbolo "classico" fenicio-punico della Tanit come nuragico o, comunque fenicio arcaico. Rimarcando che proprio la presenza del simbolo della Tanit può aver spinto gli archeologi ad identificare frettolosamente i reperti come "Fenici".
Il coccio di Orani poi, che riporta segni simili a quelli della stele di Nora, fu prima ritenuto un falso, più per l’assioma "non può essere nuragico perché i nuragici non scrivevano" che per studi precisi, è ora riconosciuto ormai come autentico.
Il cosiddetto "brassard" di Is locci Santus, dove la presenza di alcuni segni simili ai numeri romani ha fatto prima pensare ad un reperto romano, è stato poi ricondotto addirittura al 13°- 14° secolo A.c. Esso riporta inciso inconfutabilmente un sistema di scrittura di rara bellezza e assoluta originalità. Da notare che il toro sulla lamina (facilmente riconoscibile dalle corna), venne addirittura interpretato come .... una pecora!!
Veramente bellissimo è il cosiddetto anello-sigillo di Pallosu (San Vero Milis), capolavoro con incisi ben 36 caratteri, esempio incredibile di microscrittura. Da questo importante ritrovamento, si deduce che i nuragici usassero sigillare e che quindi, verosimilmente, si scambiassero anche delle missive. Da questo anello inoltre, si deduce l' eccezionale capacità artistica di questo popolo, capace di scolpire statue "giganti" come quelle di Monti Prama come di lavorare o incidere i metalli con precisione assoluta.
Da segnalare anche il concio della chiesa Bosa, con la presenza di decorazioni a triangoli a vertici contrapposti, tipici della cultura nuragica, e il misterioso uccello in primo piano.
Una nota particolare merita il cosiddetto sigillo fittile di S. Imberia di Alghero, che un importante studioso definì "un manufatto nuragico ad imitazione di quelli orientali, ed infatti i segni grafici paiono lettere alfabetiche fraintese ". Fraintese ? E se fossero proprio così?
Ora aspettiamo con impazienza l’analisi particolareggiata dei reperti.
Un’ultima cosa denunciamo per il suo evidente interesse: i professori Zucca e Pettinato diedero notizia, tempo fa, del ritrovamento, a Villanovafranca, di un frammento in ceramica con segni cuneiformi.
Che fine ha fatto questo reperto? Sembra che nessuno sappia dare più informazioni a riguardo.
Nella foto: il sigillo di Su Pallosu
mercoledì 27 maggio 2009
Lettere della scrittura nuragica nei segni alzheimeriani

Mi chiedevo se anche la nostra antica civiltà nuragica avesse elaborato una cultura materiale in cui si potessero ritrovare simboli archetipici, sistemi di scrittura che esprimessero i contenuti del pensiero dei nostri antichi progenitori e la conferma l’ho avuta con la pubblicazione di “Sardôa Grammata” di Gigi Sanna, in cui l’autore individua la scrittura sacra del popolo dei costruttori dei nuraghi. Sorprendentemente molti segni del Sardo nuragico erano condivisi dalla “scrittura arcaica” dei miei pazienti, i cui segni non sembravano anarchiche e casuali produzioni di un cervello ormai demolito dalla malattia, ma “archetipi”, simboli ancestrali di una mente che opera a livello primordiale. I segni alzheimeriani hanno in sé caratteristiche di universalità che li accomuna agli alfabeti più arcaici, espressione di una mente primordiale che opera con elementi e simboli prototipici da cui verranno generate immagini e rappresentazioni più elaborate e complesse. Nulla più della scrittura è in grado di rappresentare l’organizzazione della mente assieme all’espressione artistica riscontrabile nelle diverse forme di cultura materiale: i simboli grafici e le produzioni artistiche sono l’impronta che il cervello lascia sulla materia e la loro comprensione rappresenta uno strumento, una finestra aperta verso l’evoluzione della mente.
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(*) Maris Rita Piras è responsabile del Laboratorio di Neuropsicologia e Ambulatorio per le Demenze, nella Clinica Neurologica Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari. Di queste cose ha parlato alla inaugurazione del corso di epigrafia nuragica tenuto ad Oristano dal prof. Gigi Sanna
martedì 26 maggio 2009
Etrusco: tutto è leggibile
di Herbert Sauren
Ho letto negli ultimi tempi recenti iscrizioni etrusche, ma non voglio mettere i miei risultati su questo blog per testi pubblicati da Massimo Pittau per rispetto, e invio un altro testo, quello dello specchio della Toscana, le cui immagini si trovano anche in internet.
La trascrizione generalmente accettata da chi si occupa di iscrizioni etrusche ignora le lettere conosciute negli antichi alfabeti come quello di Byblos, del vecchio arabo, dallo Yemen fino a Damasco, e le iscrizioni iberiche. Se gli scriba del periodo recente utilizzano antiche lettere, che sono presenti anche nei testi etruschi più antichi, è perché di regola la parola proviene dalle lingue semitiche. Esiste una abitudine ortografica tradizionale, che non cambia tanto facilmente le lettere.
Ci sono 5/7 lettere, la cui trascrizione etrusca è falsa.
1 : , ğ / g, ج, ג, no : p. 2 : , h$, ح, ח, no : V. 3 : , h, خ, ח, a volte anche E. 4. : , h, ه, ה, no X. 5 : 8, l, no F. 6 : , t, ت, ת, non X e diverso da 4 per via della gamba invertita più lunga. 7 : Θ , Th, serve per il fonema greco theta, per la dentale enfatica, t,, ط, tha, ט, thet, per la dentale assibilata, t, ث, thé, e per altre sibilanti.
Dopo correzione della translitterazione e consultando i dizionari d’arabo, che includono il linguaggio popolare, e il dizionario semitico nordoccidentale, non restano se no le parole derivate dal latino, dal greco e raramente altre lingue indoeuropee. Vorrei dire che i testi etruschi sono decifrati, completamente leggibili e comprensibili.
Leggi tutto (in francese)
Ho letto negli ultimi tempi recenti iscrizioni etrusche, ma non voglio mettere i miei risultati su questo blog per testi pubblicati da Massimo Pittau per rispetto, e invio un altro testo, quello dello specchio della Toscana, le cui immagini si trovano anche in internet.
La trascrizione generalmente accettata da chi si occupa di iscrizioni etrusche ignora le lettere conosciute negli antichi alfabeti come quello di Byblos, del vecchio arabo, dallo Yemen fino a Damasco, e le iscrizioni iberiche. Se gli scriba del periodo recente utilizzano antiche lettere, che sono presenti anche nei testi etruschi più antichi, è perché di regola la parola proviene dalle lingue semitiche. Esiste una abitudine ortografica tradizionale, che non cambia tanto facilmente le lettere.
Ci sono 5/7 lettere, la cui trascrizione etrusca è falsa.
1 : , ğ / g, ج, ג, no : p. 2 : , h$, ح, ח, no : V. 3 : , h, خ, ח, a volte anche E. 4. : , h, ه, ה, no X. 5 : 8, l, no F. 6 : , t, ت, ת, non X e diverso da 4 per via della gamba invertita più lunga. 7 : Θ , Th, serve per il fonema greco theta, per la dentale enfatica, t,, ط, tha, ט, thet, per la dentale assibilata, t, ث, thé, e per altre sibilanti.
Dopo correzione della translitterazione e consultando i dizionari d’arabo, che includono il linguaggio popolare, e il dizionario semitico nordoccidentale, non restano se no le parole derivate dal latino, dal greco e raramente altre lingue indoeuropee. Vorrei dire che i testi etruschi sono decifrati, completamente leggibili e comprensibili.
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A Monti Prama, a Monti Prama
di Giorgio Cannas
La mia libera proposta (ispirata dal discorso del presidente Cappellacci in occasione della ricorrenza del 28 aprile, “Sa Die de sa Sardigna”, al Consiglio regionale), di trovarci tutti insieme a Monti Prama il giorno delle Europee, vuole essere un invito al di sopra delle parti, né destra né sinistra, né per questo né per quel candidato, che si sconfiggono fra loro.
L’appello vuole essere a vivere un momento nel quale tutti i Sardi possono ritrovarsi insieme e d’accordo, per dimostrare e dare esempio, come facevano i samurai (ma il sardo Ampsicora 2.000 anni prima l’aveva già fatto) i quali davano la vita, la cosa più importante, per cose altrettanto importanti, la dignità e l’onore.
Il Parlamento europeo deve sapere che una parte di questa “agognata” Europa unita, è esclusa e non ne può fere legittimamente parte.
La mia libera proposta (ispirata dal discorso del presidente Cappellacci in occasione della ricorrenza del 28 aprile, “Sa Die de sa Sardigna”, al Consiglio regionale), di trovarci tutti insieme a Monti Prama il giorno delle Europee, vuole essere un invito al di sopra delle parti, né destra né sinistra, né per questo né per quel candidato, che si sconfiggono fra loro.
L’appello vuole essere a vivere un momento nel quale tutti i Sardi possono ritrovarsi insieme e d’accordo, per dimostrare e dare esempio, come facevano i samurai (ma il sardo Ampsicora 2.000 anni prima l’aveva già fatto) i quali davano la vita, la cosa più importante, per cose altrettanto importanti, la dignità e l’onore.
Il Parlamento europeo deve sapere che una parte di questa “agognata” Europa unita, è esclusa e non ne può fere legittimamente parte.
Lingua friulana bocciata. Prodi come Ciampi
Prodi come Ciampi: le lingue delle minoranze vanno loro di traverso e, comunque, non riescono ad inghittirle. Nel 1994 il governo di centro sinistra di Carlo Azeglio Ciampi bocciò la timidissima legge “Tutela e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna", approvata nel 1993 dal Consiglio regionale della Sardegna. Qualche giorno fa, la Corte costituzionale ha confermato la bocciatura, decisa nel 2008 dal governo Prodi ormai dimissionario, delle “Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana” approvata dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia del dicembre dell’anno prima.
Dal punto di vista della potenza (e della prepotenza) dello Stato, le due sentenze sono ineccepibili e poco importa che dal 2001 la Costituzione ponga sullo stesso piano equiordinato Regione e Stato. I governi italiani di una parte e dell’altra, senza distinzione di colore voglio dire, del resto continuano a mettere in campo e a far valere la vocazione giacobina che li ispira. Anche se è vero che l’idiosincrasia in materia predilige il centrosinistra.
Bisogna per onestà dire, che grandi responsabilità hanno i ceti politici delle Regioni speciali, incapaci di adeguare i rispettivi statuti ai bisogni di democrazia linguistica. Se le potestà legislative in merito – questo è banalmente detto quando afferma la Consulta – sono deboli, non si può poi pretende di fare leggi più avanzate delle competenze.
E dire che, sia pure in maniera inadeguata, il Friuli Venezia Giulia ha nel suo Statuto norme di tutela delle lingue non italiane parlate nella Regione: anche il nome della Regione è nelle tre lingue nazionali (Regjon Friûl Vignesie Julie/Dežela Furlanija Julijska Krajina/Region Friaul Julisch Venetien) in più di quello statale italiano. Nello Statuto sardo, non si parla di lingua sarda neppure una volta: i sardi non si auto-riconoscono dal punto di vista linguistico. Immaginatevi che cosa sarebbe successo, se fosse andato avanti il disegno di legge del governo Soru che dettava norme di una nostra politica linguistica e che si ispirava alla legge friulana: mancu terra aiat tocadu. Anche di qui, la necessità che la lingua sarda sia costituzionalizzata, sia, cioè, proposta con norme coraggiose che, per esempio, facciano tesoro delle censure della Corte costituzionale in merito. Misure timide, refoulées direbbero oltralpe, esporrebbero la lingua sarda e le leggi di valorizzazione alla certa scure dei giacobini italiani. Di destra, di sinistra, di centro, di su e di giù.
Non basterebbe, però, la ancora indimostrata volontà della politica, ci vuole una capacità di scelta che prescinda dalle urgenze elettorali. Per dire, deve sconfiggere la idiozia affiorante qua e là della divisione della lingua sarda in “lingua campidanese” e “lingua logudorese”. C’è infatti chi non si limita a parlare di lingua sarda e di varietà “campidanesi” e “logudoresi”, arriva all’abominio di parlare di due lingue e di due nazioni. Mi immagino lo spasso dell’Anonima giacobina, il giorno che arrivasse alle sue orecchie questa scelleratezza, nata fra l’altro nella mente di chi, poi, neppure riesce a spiegare dove corrano i confini delle “due lingue”.
Se dovesse continuare questa cupio dissolvi, questa libidine autodistruttiva, sarebbe meglio far finta di nulla e sperare che neppure si accorgano che esistiamo.
PS – Forse per un innato bisogno di par condicio, stamattina avevo titolato questo articolo come nella foto qui accanto, ingannato dalla data del ricorso governativo contro la legge friulana. Era l’epoca di passaggio di poteri da Prodi a Berlusconi. Un lettore, mattiniero anche lui, mi ha avvertito (e ho controllato): la bocciatura della legge friulana è uno degli ultimi atti firmati da Romano Prodi, già dimissionario.
Dal punto di vista della potenza (e della prepotenza) dello Stato, le due sentenze sono ineccepibili e poco importa che dal 2001 la Costituzione ponga sullo stesso piano equiordinato Regione e Stato. I governi italiani di una parte e dell’altra, senza distinzione di colore voglio dire, del resto continuano a mettere in campo e a far valere la vocazione giacobina che li ispira. Anche se è vero che l’idiosincrasia in materia predilige il centrosinistra.
Bisogna per onestà dire, che grandi responsabilità hanno i ceti politici delle Regioni speciali, incapaci di adeguare i rispettivi statuti ai bisogni di democrazia linguistica. Se le potestà legislative in merito – questo è banalmente detto quando afferma la Consulta – sono deboli, non si può poi pretende di fare leggi più avanzate delle competenze.
E dire che, sia pure in maniera inadeguata, il Friuli Venezia Giulia ha nel suo Statuto norme di tutela delle lingue non italiane parlate nella Regione: anche il nome della Regione è nelle tre lingue nazionali (Regjon Friûl Vignesie Julie/Dežela Furlanija Julijska Krajina/Region Friaul Julisch Venetien) in più di quello statale italiano. Nello Statuto sardo, non si parla di lingua sarda neppure una volta: i sardi non si auto-riconoscono dal punto di vista linguistico. Immaginatevi che cosa sarebbe successo, se fosse andato avanti il disegno di legge del governo Soru che dettava norme di una nostra politica linguistica e che si ispirava alla legge friulana: mancu terra aiat tocadu. Anche di qui, la necessità che la lingua sarda sia costituzionalizzata, sia, cioè, proposta con norme coraggiose che, per esempio, facciano tesoro delle censure della Corte costituzionale in merito. Misure timide, refoulées direbbero oltralpe, esporrebbero la lingua sarda e le leggi di valorizzazione alla certa scure dei giacobini italiani. Di destra, di sinistra, di centro, di su e di giù.
Non basterebbe, però, la ancora indimostrata volontà della politica, ci vuole una capacità di scelta che prescinda dalle urgenze elettorali. Per dire, deve sconfiggere la idiozia affiorante qua e là della divisione della lingua sarda in “lingua campidanese” e “lingua logudorese”. C’è infatti chi non si limita a parlare di lingua sarda e di varietà “campidanesi” e “logudoresi”, arriva all’abominio di parlare di due lingue e di due nazioni. Mi immagino lo spasso dell’Anonima giacobina, il giorno che arrivasse alle sue orecchie questa scelleratezza, nata fra l’altro nella mente di chi, poi, neppure riesce a spiegare dove corrano i confini delle “due lingue”.
Se dovesse continuare questa cupio dissolvi, questa libidine autodistruttiva, sarebbe meglio far finta di nulla e sperare che neppure si accorgano che esistiamo.

lunedì 25 maggio 2009
Caro Marcello Fois, vai avanti
Caro Marcello Fois,
quello spirito volterriano che mi impone di battermi per la tua libertà di fare quel che ritieni giusto e che a me pare sbagliato, mi fa dire: "Continua con il festival di Gavoi". Che con me non si sia fatto non dico abuso ma neppure uso di quel precetto, non me ne fa dimenticare la saggezza. E dunque continua. Da parte mia, continuerò a criticare, quando mi sembreranno sbagliate le scelte che il tuo festival fa.
Tu sai quanto mi dispiaccia che Gavoi sia utilizzato come Campo di Marte per confronti culturali a cui solo assistiamo, senza poterci partecipare se non come produttori di eccellenti beni materiali. E' una formula che non mi piace e, siccome lo posso fare, lo dico e lo scrivo. Penso anche, e ne ho scritto, che la Regione fin dai tempi di Soru e dell'assessore Mongiu dovesse esercitare una moral suasion nei confronti degli organizzatori affinché la Sardegna non fosse rappresentata solo come luogo di avvenimento. So dai giornali che il Festival potrebbe essere a rischio e, sfrondate dai toni da agit-prop del presidente della Provincia di Nuoro (Dio mio, Deriu, le elezioni sono solo l'anno venturo), le preoccupazioni sono anche le mie. Non ho mai pensato che far cessare le critiche coincida con la scomparsa dell'oggetto delle critiche. Anzi la ritengo una pessima tentazione, ammesso che davvero ci sia.
Una volta mi ha definito "un prezioso nemico". Contraccambio con un invito: continua a essere il mio. Magari, se puoi, accettando il senso delle critiche.
quello spirito volterriano che mi impone di battermi per la tua libertà di fare quel che ritieni giusto e che a me pare sbagliato, mi fa dire: "Continua con il festival di Gavoi". Che con me non si sia fatto non dico abuso ma neppure uso di quel precetto, non me ne fa dimenticare la saggezza. E dunque continua. Da parte mia, continuerò a criticare, quando mi sembreranno sbagliate le scelte che il tuo festival fa.
Tu sai quanto mi dispiaccia che Gavoi sia utilizzato come Campo di Marte per confronti culturali a cui solo assistiamo, senza poterci partecipare se non come produttori di eccellenti beni materiali. E' una formula che non mi piace e, siccome lo posso fare, lo dico e lo scrivo. Penso anche, e ne ho scritto, che la Regione fin dai tempi di Soru e dell'assessore Mongiu dovesse esercitare una moral suasion nei confronti degli organizzatori affinché la Sardegna non fosse rappresentata solo come luogo di avvenimento. So dai giornali che il Festival potrebbe essere a rischio e, sfrondate dai toni da agit-prop del presidente della Provincia di Nuoro (Dio mio, Deriu, le elezioni sono solo l'anno venturo), le preoccupazioni sono anche le mie. Non ho mai pensato che far cessare le critiche coincida con la scomparsa dell'oggetto delle critiche. Anzi la ritengo una pessima tentazione, ammesso che davvero ci sia.
Una volta mi ha definito "un prezioso nemico". Contraccambio con un invito: continua a essere il mio. Magari, se puoi, accettando il senso delle critiche.
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