domenica 26 aprile 2009

Gavoi: invidia, denti e pane e formaggio

di Simona C

Gentile Signor Pintore,
una breve replica a quanto da Lei detto.
Solo lo scorso anno ho potuto vivere un po’ del clima del Festival ed è stato bellissimo....
Leggendo pertanto il suo beffardo commento ho pensato: solo l'ignoranza, intesa come mancata possibilità di conoscere può averle fatto buttar giù simili parole. La invito a partecipare al Festival, a conoscerlo, a viverlo: ne resterà piacevolmente ammaliato. Perché capisca finalmente che le parole di qualunque scrittore non hanno cittadinanza.... E non venga a parlarmi di colonialismo, di fronte ad un gruppo di giovani con idee sane e meravigliose che da soli hanno mandato avanti questo incredibile progetto, che, mi permetta di dirlo, se non fosse per la caparbietà, l'ostinazione dei suoi organizzatori, caratteristiche poi queste del sardus vero, non avrebbe avuto vita lunga specie in un piccolo paese come il nostro.
Penso quindi alla lotta che ogni anno questi valorosi "isolani" compiono, contro chi non vuole che esso si svolga a Gavoi (questi sono i veri colonizzatori!!!) penso ai sacrifici iniziali perché fosse data vita ad un sogno così grande. Personalmente poi sono fiera di loro perché nell'abbandonare il precedente sogno di isola hanno optato per un'isola quella delle storie, che, mi creda, per tre giorni l'anno tiene unito il paese, in una felice sintesi tra saperi e sapori..

Cara Simona,
non capisco quale sia l'oggetto del contendere. Conosco Gavoi, i gavoesi, il festival cui ho assistito un paio di volte. Compresa quella (2006, se non sbaglio) durante la quale l'amico Salvatore Niffoi fu zittito perché parlò in sardo. E proprio perché lo conosco, posso criticare l'evento, non certo la generosità di chi ci lavora, né l'ospitalità del paese. Tutto sta nelle due ultime parole del suo molto gradito intervento: saperi e sapori. I primi sono messi a disposizione dai forestieri, i secondi dagli indigeni. E' questa pulsione ad acculturare gli indigeni, simpatici e folclorici fornitori di sapori genuini, che critico con tutta la mia rabbia.
Noto, piuttosto, che neppure lei sfugge alla tentazione dell'eguaglianza matematica critica=invidia. Chi critica il Festival lo vorrebbe portare via a Gavoi. Nella trappola dell'eguaglianza, lo dico tanto perché non si senta sola, è caduta in questi giorni una protagonista dell'edizione del 2007 (anche qui spero di non sbagliare). Nel suo sito, Michela Murgia usa questa categoria dell'invidia in una polemica con Paolo Pillonca che, senza peli sulla lingua, le aveva rimproverato una buona dose di approssimazione in cose scritte da lei in una guida della Sardegna. Non entro naturalmente nella polemica. Interessano di più le argomentazioni prodotte nel sito, fin dal titolo dell'articolo di apertura: "Pillonca e l'uva (Ecce homunculus)".
Scrive Michela Murgia: "L’unica cosa che posso ipotizzare è che il suo fastidio trovi origine nell’invidia di piccolo cabotaggio che spesso prende i letterati di provincia che si ritengono ingiustamente sottostimati, una sorta di corrosivo malessere dovuto al fatto che un altro ha magari la visibilità che vorresti tu". C'è tutta la filosofia della "nouvelle vague letteraria sarda" e del Festival che a lei, cara Simona, tanto piace.
Per quello che lo conosco, non mi pare che Paolo Pillonca nutra sentimenti di invidia. Ma semmai ne provasse, mirerebbe alto. Che so? Gadda, Hemingway, Proust, Tolstoj, forse Satta. Non lo considererei più un amico, se provasse invidia per Michela Murgia o a qualche altro militante della "nouvelle vague letteraria sarda". E se non di invidia si trattasse, cara Simona, ma un semplice esercizio della libertà di criticare le cose che non vanno? Del resto, sa?, se critico il Festival di Gavoi non è per trasportarlo, che so?, ad Ollolai o a Lodine: è perché mi piacerebbe che a Gavoi ci fosse un Festival di confronto e non un avvenimento durante il quale noi mettiamo pane e formaggio e i forestieri i denti per mangiare.
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7 commenti:

Daniele Addis ha detto...

Signor Pintore, mi potrebbe spiegare invece quale sarebbe la filosofia dell'esprimere una critica senza citare il nome del criticato ed usando formule come "giovanottona di belle speranze" o "diva dalle bianche braccia"? Il signor Pillonca potrebbe essere un premio nobel oppure una persona con meriti culturali eccezionali, ma questo non gli darebbe il diritto di attaccare in quella maniera chicchessia.

Una persona che, nel fare una "critica" (se avesse usato quei toni con me avrei risposto in maniera molto più pesante di quella usata da Michela Murgia), non è capace di citare il nome dell'opera oggetto della critica e del suo autore ha molto di più che qualche pelo sulla lingua.
Lei invece, non entrando nell'oggetto della polemica ovviamente, giudica il modo di rispondere della Murgia e fa sembrare quello che ha scritto Pillonca una normalissima critica. L'effetto è quello di far apparire la reazione della Murgia come arrogante ed esagerata.
Lei, quando critica senza peli sulla lingua, lo fa senza nominare l'oggetto della critica?
E' questo "un semplice esercizio della libertà di criticare le cose che non vanno?"
L'invidia avrebbe effettivamente dato una spiegazione di una critica espressa in quella maniera, ma se Lei assicura che di invidia non si tratta, allora rimane solo da pensare che si tratta di una persona che, quando critica, lo fa abitualmente in modo sgarbato, arrogante ed indegno per chi, per invidia, "mirerebbe alto".

Saluti

zfrantziscu ha detto...

Caro Addis,
ho scritto che non entro nel merito della polemica e così ho fatto, aggiungendo però un link all'articolo di Michela Murgia perché chi legge si faccia una opinione sua sui motivi del contrasto.
Segnalo però l'uso, anche da parte della Murgia, della categoria della "invidia" come chiave interpretativa della critica subita.
Lei critica, del tutto legittimamente, la mia risposta a Simona C. Non sarà invidioso anche lei?

Daniele Addis ha detto...

L'invidia non è la chiave interpretativa della critica subita in sé, è la chiave interpretativa del modo con cui è stata espressa quella critica.
Se Pillonca avesse scritto "Michela Murgia nel suo libro "Viaggio in Sardegna" ha scritto le seguenti cazzate:..." quella sarebbe stata una critica che, per quanto dura e diretta, non avrebbe avuto motivo di essere spiegata con l'invidia.
Invece si è preferito criticare senza citare il nome del libro e del suo autore, criticando nello specifico 2 passaggi del libro, ma esprimendo un giudizio generico sul libro e sui suoi lettori quando dice "una guida impropria della Sardegna destinata forse a turisti idioti" intendendo dire che chi lo ha letto e apprezzato è probabilmente un idiota.
Lei è liberissimo di spiegare come vuole la mia critica, ma almeno la Murgia, oltre che a utilizzare la categoria dell'invidia come chiave interpretativa del MODO in cui la critica è stata espressa, si è degnata di rispondere nel merito.

Simona ha detto...

Gentile Signor Pintore,
peccato non sia stato felicemente folgorato dal festival...
Mi dispiace essere stata fraintesa, non ho mai menzionato la parola invidia neanche in maniera sottintesa. Quando lei ha inteso ciò mi riferivo a determinate logiche politiche dei grossi centri che non perdonano all'entroterra barbaricino, in specie ai piccoli centri di crescere, tutto qui.
Mi riservo, scusandomi di ciò,di non rispondere e quindi di informarmi ulteriormente sull'azione del zittire lo scrittore Niffoi.Anche se presumo che ci sia stata una cortese richiesta di poter comunicare con un codice linguistico unico che è la lingua italiana.Lei poi insiste sul baratto cultura-cibi nostrani,con rabbia dice lei, io semplicemente non la vedo così, ma sono daccordo con lei sulla questione confronto delle culture. Un confronto che non sia però difesa della propria roccaforte, ma rispettoso scambio di cultura.E anche i nostri prodotti sono cultura...ma poichè trattasi di un festival letterario perchè allora non abbandonare inutili polemiche e proporre qualche idea letteraria relativa come dice lei al confronto? Credo che il festival apprezzerebbe ogni idea intesa in tal senso...e credo che un punto d'incontro si trovi sempre se si ha il coraggio di ascoltare da entrambe le parti.
La saluto cordialmente.

zfrantziscu ha detto...

Cara Simona, sono d'accordo: il confronto non è - non deve essere - difesa di una roccaforte. Non l'ho mai pensato, perché sono contrario all'autarchia in tutti i campi, quella culturale in primis. Quel giorno di Niffoi - si informi - due potevano essere le strade: tradurre per gli italofoni quanto diceva Salvatore o zittirlo. La strada scelta è stata quest'ultima: il sardo, in terra sarda, non è stata considerata lingua di comunicazione, traducibile come tutte le lingue. E questo mi fa imbufalire.
La prendo però sulla parola. Lei dice che basta fare una proposta. Eccola: la letteratura in sardo (ci sono ormai duecento testi) sia un elemento di confronto con le letterature altre. Del resto, il festival si svolge in Sardegna che oltre al pane e formaggio in sardo, produce anche letteratura in sardo. I traduttori simultanei possono benissimo sopperire alla difficoltà che gli alloglotti hanno di capirla.
PS per il signor Addis. Mi perdoni, ma non ho alcuna veste per intervenire nella polemica fra Pillonca e Murgia. Mi interessa solo capire se nei dibattiti e anche negli scontri è possibile cancellare la categoria dell'invidia, di solito usata da "un arrivato" per esorcizzare le critiche nei suoi confronti.
Posso dire, per esempio, che Milena Agus è noiosa e scrive così così, senza sentitmi dire che sono "invidioso del suo successo"?
Tutto qui.

Daniele Addis ha detto...

Forse è colpa mia che non riesco a spiegarmi, non so.
Cerco di farla il più semplice possibile: Lei sta giudicando la reazione (il ricorso della Murgia alla categoria dell'invidia per spiegare (ma più che una spiegazione è un'ipotesi) il modo in cui Pillonca ha espresso la propria critica... non bisogna essere troppo fini o raffinati per capire la differenza tra critica in sè e modo in cui questa critica è stata fatta... mi scuso per la lunga parentesi), ma non tiene minimamente conto dell'azione che l'ha suscitata (il modo, che preferisco non qualificare, di Pillonca di esprimere le sue critiche).
Lei dice di voler star fuori dalla polemica, ma vi interviene comunque, solo che lo fa da dove le fa più comodo.
E' un po' come andare a sgridare qualcuno che dà uno schiaffo a chi lo sta minacciando con un coltello.

Ma credo di non essere ancora abbastanza chiaro, provo con un'altro esempio. Prima faccio un esempio di critica semplice e diretta, ipotizzando che su un altro blog, mio o di altri, io scrivessi:

"Gianfranco Pintore, nel suo blog, parla di Giovanni Ugas e dice che i dati in suo possesso sugli Shardana sono dati scientifici, invece a me pare che le cose non stiano proprio così."

Ora invece faccio un'altro tipo di critica, sempre su un altro blog:

"Un presunto patentatore di sardità, all'interno di un dominio internet che definire blog sarebbe offensivo persino per i blog dedicati all'ultimo degli amici di maria de filippi e che viene regolarmente letto ed apprezzato probabilmente da pochi microcefali la cui triste vita si esaurisce nella tastiera del computer, spara castronerie sesquipedali su shardana, festival e qualsiasi cosa in odore di sardità, pretendendo di stabilire quanto di sardo ci debba essere nei festival organizzati da altri.
Questo Yeti del Gennargentu dimostra di essere capace di sentenziare sui festival organizzati da altri... probabilmente perché è incapace di organizzarne uno egli stesso".

Mi dica ora, che categorie utilizzerebbe per rispondere alla prima critica e quali per rispondere alla seconda?

Saluti

Larentu Pusceddu ha detto...

Caru Janne Frantziscu,
lezende sa polemica tra Paulu Pillonca e Michela Murgia so torradu in secus de 27 annos. Semper su matessi teatru: su mastru supra sa tèrima e s'iscolanu a manos abertas supra su bancu, isettande, mischinu, sos corfos cun sa frunza. Jeo penso chi Paulu , cun Michela, si l'apat chircada. Est semper istadu gai: unu professore presumidu chi pensat chi totu sos ateros sian ignorantes. Est su modu, frequente, e non sa sustantzia chi fachet irballare sa zente cando b'at unu cunfrontu de ideas. Ja ti l'ammentas su 82, s'annu de s'arga contra a "S'arvore de sos Tzinesos"? A Paulu, chi tando fit prus zovanu e prus polemicu de oe, nois l'amus cuntrastadu peri in su meritu, ma no l'amus mai n
egadu su rispettu e s'amichentzia. E sa limba sarda in su caminu literariu suo, si carchi iscambeddu in prus l'at acatadu est, fortzis(?) peri curpa sua. In sa matessi manera presumida, peroe, mi paret l'apat rispostu Michela Murgia e a tie, acra che ferru, Simona C, pro esser reu de ignorantzia, ca as criticadu, cun meritu e argumentandelu, su festival de Gavoi, s'urtimu esempiu de su ditzu " Pinta sa Linna e batila a Sardigna", ca su chi fraican in foras est semper menzus, siat isse romanzu, o trasti, o idea, o limba de su chi amus e fachimus nois. Ma fortzis Simona no ischit chie ses tue: unu zornalista e iscrittore ch'at iscrittu in zornales famados e pubricadu romanzos in limba italiana (sa chi agradat a issos) e in limba sarda. Meritos, custos sì, chi poden aberu facher naschire imbidias in sos coros de chie isputzit sa limba sarda, ma non ca est limba "morta", ma ca non la connoschen. E tue non l'as rispostu cun sa istrale, ma cun s'elegantzia de s'omine chi ses, a medas parmos in susu de sos ateros. Fortzis cando Paulu, Michela e peri Simona an a imparare custu cumportamentu, su mundu literariu e culturare sardu at a caminare prus dignitosu e lestru, e a conca arta.
Larentu Pusceddu