Dai commenti ai risultati elettorali di
ieri in Sardegna, mi pare assente una considerazione che potrebbe
sembrare banale e che invece non lo è: sono qualitativamente diversi
da quelli che si sono avuti, appena un mese fa, in Italia. Provo a
mettere in luce queste diversità. L'epidemia di sfiducia in tutto
ciò che sappia di politica (compresa l'elezione di un sindaco) si è,
naturalmente, diffusa anche in Sardegna, ma quel 1 per cento in più
di affluenza alle urne rispetto all'Italia è, forse, un timido
accenno al fatto che gli elettori cominciano a subodorare l'inganno
nella martellante opera di demolizione della politica. Forse, ripeto.
Ciò che è fuori di dubbio è che la
logica del voto sardo è diversa da quello del voto degli italiani.
- Il Centro, ridotto al lumicino in Italia, in Sardegna è uscito vincitore nell'Isola;
- Il Pdl, anche esso quasi raso al suolo nella Penisola e in Sicilia, qui resiste niente male;
- Il Pd, sicuro di ripetere in Sardegna il buon risultato ottenuto in Italia, si deve accontentare della speranza di rifarsi, fra 15 giorni, nei ballottaggi a Oristano e a Alghero;
- Di Pietro, reso arzillo dalle sue vittorie, si è ridotto a partitino dell'1 per cento sia ad Oristano sia dove, come ad Alghero, la sua politica era ben rappresentata da Beppe Grillo;
- Il vento grillista, che in Italia ha soffiato molto forte e promette di essere bufera nel futuro, ha ottenuto quasi il 15 per cento a Quartucciu e il 5,2% a Alghero (anche se la sua candidata è stata votata da quasi il doppio degli elettori;
- Dove, a Bolotana, si è presentato da solo, fuori dall'alleanza nazionale di centrodestra, il Partito sardo ha ottenuto il 20 per cento.
Questi dati, al di là del trionfalismo
di chi si sentiva moribondo e ha avuto una proroga di esistenza in
vita e al di là della delusione di chi si sentiva già vittorioso,
significano, credo, che val la pena di ragionare sulla realtà e non
sulle speranze, scambiate con l'annuncio di una ineluttabile
palingenesi del popolo sardo. Le difficoltà evidenti del governo
sardo e del suo presidente, lo sfarinarsi della sua maggioranza in
previsione dell'inevitabile sconfitta e anticipando il “si salvi
chi può”, la certezza che l'opposizione diffondeva della sua
vicina vittoria, avevano dato per scontato che la fine di Cappellacci
fosse questione di mesi se non di settimane. C'era già in agenda la
data di elezioni anticipate.
Forse ci saranno, è possibile. Ma non
per le ragioni che a destra e a sinistra parevano evidenti: la
sconfitta della prima e la vittoria della seconda alle elezioni di
domenica. Quel voto ha indubbiamente rafforzato Cappellacci
nell'immediato, ma non certo salvato. Il problema è che
l'opposizione, più che gridare e perseguire il tanto peggio, poco
altro ha saputo fare, facendo credere che bastasse schierare le forze
del bene contro quelle del male per conquistare le coscienze. Se le
elezioni saranno anticipate è perché c'è chi, come il Partito
sardo d'azione e suoi alleati, è pronto ad affrontarle, proponendo
agli elettori non incartapecorite alternative fra destra e sinistra
ma una scelta fra una Sardegna succursale dello Stato e un processo
di autogoverno.
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